Notifiche
Cancella tutti

Integrazione SI' avvoltoi NO!


cubainforma
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1957
Topic starter  

www.cubainformazione.it

L'integrazione è il migliore spaventa avvoltoi dell'America Latina

Dopo aver sorvolato l'Argentina, per diversi anni, gli avvoltoi del sistema finanziario internazionale sono in procinto di dare un'artigliata contro l'economia della nazione sudamericana, con imprevedibili conseguenze regionali e globali.

La decisione della magistratura degli Stati Uniti di dare il suo sostegno a un gruppo di avvoltoi che affrontava il Governo argentino, non solo é un rischio per la stabilità di quel paese, ma un terribile precedente sulla potenza che ha raggiunto il capitale finanziario/speculativo.

Dalla Patagonia agli Urali, la sentenza di New York dà un terribile colpo alla sovranità di tutti gli Stati, che vedono come i diritti del capitale valgano più di un paese ed il futuro dei suoi abitanti.

Anche se con nomi diversi, i sicari dell' Argentina, oggi, sono gli stessi che hanno giocato con il subprime (crediti spazzatura) nel 2008, portando il mondo a una delle peggiori crisi dagli anni '20 del secolo scorso. Gli stessi che hanno causato il fallimento di intere nazioni nella vecchia Europa - come Irlanda, Grecia e Portogallo - i cui costi sono pagati dai lavoratori e non dai banchieri speculatori.

E quel che è ancora peggio, la sentenza dimostra quanto siano indifesi i popoli dinnanzi al sistema creato per proteggere il denaro e la sua circolazione in una economia globale.

L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, l'organismo che rappresenta tutte le nazioni sovrane del mondo, si pronuncia, a stragrande maggioranza, contro il blocco USA contro Cuba, o a favore che il Regno Unito si segga con l'Argentina per discutere il problema dell'enclave coloniale delle isole Malvinas. Ma non si muove foglia.

Tuttavia, un singolo giudice in un tribunale degli Stati Uniti può far vacillare le finanze di un paese di oltre 40 milioni di abitanti. A suo lato ha tutti gli organismi creati per blindare il capitale, dopo la II Guerra Mondiale, come sono la Banca Mondiale (BM) ed il Fondo Monetario Internazionale (FMI), per citare i più noti.

È semplicemente il risultato di un modello di civilizzazione che mette le finanze prima dell'essere umano. Il resto sono conseguenze.

UN NUOVO CAPITOLO DI UNA VECCHIA STORIA

I fondi avvoltoio sono la punta dell'iceberg di un problema storico dell'economia argentina e della gran parte dei paesi in via di sviluppo, in particolare in America Latina e nei Caraibi: il debito estero.

Statisti come il C.te in Capo Fidel Castro intravidero, con decenni di anticipo, le conseguenze di questo fenomeno per lo sviluppo dei popoli del Terzo Mondo.

"Il pagamento di questo debito e l'ingiusto sistema delle relazioni economiche è la più flagrante e brutale violazione dei diritti umani che possa essere concepito", ha detto nell'agosto 1985 in un vertice a L'Avana per discutere la questione. "Può avere un futuro un continente in queste condizioni? Può avere giustificazione un tale sistema?" si chiedeva.

Nel caso dell'Argentina solo il periodo della dittatura, tra il 1976 e il 1983, ha lasciato un conto di oltre 44 miliardi di dollari, che si è triplicato nella voragine neoliberista sino a 144 miliardi.

Il governo di Néstor Kirchner, dal 2003, ha dovuto ricostruire un paese in crisi, che ha vissuto un fallimento totale, nel 2001, a causa delle ricette che introdussero gli stessi che oggi esigono che si paghino i fondi avvoltoi.

Da allora e grazie alla continuità dei cambiamenti condotti da sua moglie, Cristina Fernandez, il paese ha vissuto oltre un decennio di sistematico recupero dell'economia, dell'occupazione e dei servizi sociali.

Tra le difficoltà e le poche vie d'uscita che l'Argentina aveva, il Governo scommise di adempiere ai propri obblighi del debito con i cambi del 2005 e poi nel 2010, a cui aderirono circa il 92% degli obbligazionisti indipendenti.
L'Esecutivo ha stanziato, negli ultimi dieci anni, più di 174 miliardi di dollari per onorare tali pagamenti - anche a scapito delle sue riserve internazionali -ed ancora ha un debito di oltre 200 miliardi.

Per quanto contraddittorio possa sembrare questo enorme sforzo che, ogni anno supera le spese in qualsiasi altra sfera della società, è fatto al fine di garantire il finanziamento estero dello sviluppo nazionale e le entrate in valuta estera.

Ora, una piccola parte di obbligazionisti - l'8% dominata dai fondi avvoltoi - minaccia di rendere vano il sacrificio e portare il paese in default ed ad un blocco del mercato dei capitali internazionali contro Buenos Aires.

Né per gli avvoltoi né per i giudici di New York hanno la minima importanza gli effetti che potrebbe avere sull'economia argentina una situazione di questo tipo. Soprattutto in un momento in cui il Governo affronta problemi come l'inflazione dei prezzi e la svalutazione della moneta.

La stessa Presidentessa ha denunciato le pressioni e manipolazioni interne di alcuni settori per capitalizzare a loro favore la situazione dei fondi avvoltoi. Un nuovo segno della guerra economica che le destre stanno testando nella nostra regione contro i processi di cambiamento.

UNITI O DOMINATI

60 anni fa, il leader argentino Juan Domingo Peron lanciò un avvertimento per l'America Latina e i Caraibi: "L'anno 2000 ci troverà uniti o dominati".

Anche se è iniziato il secondo decennio del secolo, il dilemma sussiste.

La reazione regionale all'assalto dei fondi avvoltoi è un esempio di quanto è cambiata l'America Latina e i Caraibi dagli anni della "lunga notte neoliberale" quando gli economisti dicevano senza mezzi termini che il problema era che "eccedeva" la metà della popolazione.

I nuovi attori di una integrazione regionale di tipo nuovo, come la CELAC, UNASUR, il MERCOSUR e ALBA hanno dato il loro appoggio incondizionato al Governo argentino per affrontare l'assalto dei fondi avvoltoi e hanno avvertito sulle implicazioni per tutti i paesi del Sud del mondo.

Tuttavia, è ancora in corso il consolidamento di un regime finanziario regionale alternativo a quello proposto dai centri di potere, attraverso la Banca Mondiale e il FMI, che sia vantaggioso per gli obiettivi di sviluppo dei popoli e non delle multinazionali.

Le opzioni sembrano infinite e sono all'ordine del giorno da diversi anni. Manca dare l'impulso finale alla promettente 'Banca del Sud' così come ad un 'Fondo del Sud' che funzioni come depositario delle riserve internazionali, grandi tra i paesi che aderiscono all'iniziativa.

Ci sono esperienze in meccanismi di compensazione regionali per impedire il monopolio del dollaro come è il caso del SUCRE, fra le nazioni dell' ALBA. Allo stesso modo Argentina e Brasile hanno un sistema simile per il pagamento nelle loro valute locali, che è stato poco utilizzato.

Risulta anche vitale uno sguardo oltre i confini, poiché i problemi latino-americani e dei Caraibi sono gli stessi che affrontano altre regioni emergenti. A questo proposito, il ruolo dei paesi del gruppo BRICS e le sue iniziative per rompere la dipendenza del sistema finanziario diretto da Wall Street sono degni di nota.

Nello stesso modo in cui si è parlato di dotare la regione di istituzioni proprie ed indipendenti per analizzare questioni come i diritti umani e le politiche sociali il caso dei fondi avvoltoi rende evidente la necessità di contare su un meccanismo autonomo per la risoluzione delle controversie, che rompa la dipendenza dalle piazze centrali come New York o Londra.

Queste sono solo alcune delle misure che potrebbero funzionare, nel prossimo futuro, come il migliore spaventa avvoltoi.

La integración, el mejor espantabuitres de América Latina

Tras
sobrevolar Argentina durante varios años, los buitres del sistema financiero internacional están a punto de dar un zarpazo contra la economía de la nación sudamericana, con impredecibles consecuencias regionales y globales.

La decisión del poder judicial de estados Unidos de dar su apoyo a un grupo de carroñeros que se venían enfrentando al Gobierno argentino, no solo es un riesgo para la estabilidad de ese país, sino un terrible precedente sobre el poder que ha alcanzado el capital financiero-especulativo.

Desde la Patagonia hasta los Urales, el fallo de Nueva York da un mazazo sobre la soberanía de todos los estados, que ven cómo los derechos del capital se ponen por encima de un país y el futuro de sus habitantes.

Aunque con nombres distintos, los sicarios de Argentina hoy son los mismos que jugaron con los subprime (créditos basura) en el 2008, hasta llevar al mundo a una de sus peores crisis desde la década del 20 del siglo pasado. Los mismos que causaron la quiebra de naciones enteras en la Vieja Europa —como Irlanda, Grecia y Portugal—, cuyos costos han ido a parar a los trabajadores y no a los banqueros especuladores.

Y lo que es aún peor, el fallo demuestra cuán desprovistos se encuentran los pueblos ante el sistema creado para proteger el dinero y su circulación por una economía globalizada.

La Asamblea General de la ONU, el organismo que representa a todas las naciones soberanas del mundo, se pronuncia mayoritariamente en contra del bloqueo de Estados Unidos a Cuba, o a favor de que Reino Unido se siente con Argentina a discutir el problema del enclave colonial de las Islas Malvinas. Pero no se mueve ni una hoja.

Sin embargo, un solo juez en un tribunal de Estados Unidos puede hacer tambalear las finanzas de un país de más de 40 millones de habitantes. A su lado tiene todos los organismos creados para blindar al capital después de la II Guerra Mundial, como son el Banco Mundial (BM) y el Fondo Monetario Internacional (FMI), por solo mencionar los más conocidos.

Es sencillamente el resultado de un modelo de civilización que pone a las finanzas por encima del ser humano. El resto son consecuencias.

UN NUEVO CAPÍTULO DE UNA VIEJA HISTORIA

Los fondos buitres es la punta del iceberg de un problema histórico de la economía argentina y la de buena parte de los países en desarrollo, en especial de América Latina y el Caribe: la deuda externa.

Estadistas como el Comandante en Jefe Fidel Castro vislumbraron con décadas de anticipación las consecuencias de este fenómeno para el desarrollo de los pueblos del Tercer Mundo.

“El cobro de esta deuda y el sistema injusto de relaciones económicas es la más flagrante y más brutal violación de los derechos humanos que puedan concebirse”, dijo en agosto de 1985 en una cumbre en La Habana para analizar el asunto. “¿Puede tener porvenir un continente en esas condiciones? ¿Puede tener justificación semejante sistema?”, se preguntaba.

En el caso de Argentina, solo el periodo de dictadura entre 1976 y 1983 dejó una factura de más de 44 mil millones de dólares, que se triplicó en la vorágine neoliberal hasta los 144 mil millones.

El gobierno de Néstor Kirchner a partir del 2003 tuvo que reconstruir un país en crisis, que vivió una quiebra total en el 2001 a causa de las recetas que implantaron los mismos que hoy exigen que se les pague a los fondos buitres.

Desde entonces y gracias a la continuidad de los cambios conducidos por su esposa, Cristina Fernández, el país ha vivido más de una década de recuperación sistemática de la economía, del empleo y los servicios sociales.

En medio de las dificultades y las pocas salidas que tenía Argentina, el Gobierno apostó por cumplir con sus compromisos de deuda con los canjes del 2005 y luego en el 2010, a los que ingresó cerca del 92% de los bonistas independientes.
El Ejecutivo ha destinado en la última década más de 174 mil millones de dólares para honrar esos pagos —incluso a costa de sus reservas internacionales— y aún tiene una deuda que supera los 200 mil millones.

Por contradictorio que parezca, ese esfuerzo descomunal que anualmente supera los gastos en cualquier otra esfera de la sociedad, se hace con el objetivo de garantizar el financiamiento externo del desarrollo del país y la entrada de divisas.

Ahora, una minúscula parte de los bonistas —el 8 % dominado por los fondos buitres— amenaza con echar por tierra el sacrificio y llevar el país a la cesación de pagos y a un bloqueo del mercado de capitales internacional contra Buenos Aires.

Ni para los buitres ni para los tribunales de Nueva York tiene la menor importancia los efectos que podría tener en la economía argentina una situación de esa clase. Sobre todo en momentos en que el Gobierno enfrenta problemas como la inflación de los precios y la devaluación de su moneda.

La propia presidenta ha denunciado las presiones y manipulaciones internas de algunos sectores para capitalizar a su favor la situación de los fondos buitres. Una nueva muestra de la guerra económica que están ensayando las derechas en nuestra región contra los procesos de cambio.

UNIDOS O DOMINADOS

Hace más de 60 años, el líder argentino Juan Domingo Perón lanzó una advertencia sobre América Latina y el Caribe: “El año 2000 nos hallará unidos o dominados”.

Aunque ya va caminando la segunda década del siglo, la disyuntiva no ha desaparecido.

La reacción regional a la arremetida de los fondos buitres es un ejemplo de cuánto ha cambiado América Latina y el Caribe desde los años de “la larga noche neoliberal”, cuando los economistas decían sin tapujos que el problema era que “sobraba” la mitad de la población.

Los nuevos actores de una integración regional de nuevo tipo como son la Celac, Unasur, Mercosur y el Alba han dado su apoyo incondicional al Gobierno argentino para enfrentar la arremetida de los fondos buitres y han alertado sobre las implicaciones para todos los países del Sur.

Sin embargo, aún está pendiente la consolidación de un esquema financiero regional alternativo al que proponen los centros de poder a través del BM y el FMI, que sea beneficioso a los objetivos de desarrollo de los pueblos y no de las trasnacionales.

Las opciones parecen infinitas y están en la agenda desde hace varios años. Falta dar el impulso final al prometedor Banco del Sur, así como a un Fondo del Sur que funcione como depositario de las reservas internacionales, cuantiosas entre los países que se adhieren a la iniciativa.

Existen experiencias en mecanismos de compensación regional para evitar el monopolio del dólar como es el caso del SUCRE, entre las naciones del Alba. Asimismo, Argentina y Brasil tienen un sistema similar para el pago en sus monedas locales que ha sido poco utilizado.

También resulta vital una mirada allende las fronteras, pues los problemas latinoamericanos y caribeños son los mismos que enfrentan otras regiones emergentes. En ese sentido, el protagonismo de los países del grupo BRICS y sus iniciativas para romper la dependencia del sistema financiero dirigido desde Wall Street son dignos de tener en cuenta.

De la misma manera que se ha hablado de dotar a la región con instituciones propias e independientes para analizar temas como derechos humanos y políticas sociales, el caso de los fondos buitres hace evidente la necesidad de contar con un mecanismo autónomo de solución de controversias, que rompa la dependencia de plazas centrales como Nueva York o Londres.

Son solo algunas de las medidas que podrían funcionar en un futuro cercano como el mejor de los espantabuitres.


Citazione
Condividi: