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L'anno del petrolio e dei mutui spazzatura


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Il prezzo del greggio è raddoppiato ancora in dodici mesi (+500% in sei anni). Mentre le banche centrali cercano di salvare il sistema del credito scaricandone i costi sul «pubblico»

Un anno da ricordare, per l'economia globale. Soprattutto per due fattori di crisi che non hanno un legame causale diretto ma che incidono pesantemente su altri due elementi-chiave a sostegno della crescita mondiale: la tenuta dei consumi statunitensi e quella del sistema del credito.
Il prezzo del petrolio ha dominato la scena per tutto l'anno, venendo scavalcato - nella scala delle preoccupazioni - dai mutui subprime solo da agosto in poi. Insieme, sembrano rappresentare una vendetta dell'economia reale su quella finanziaria. In parte rilevante è così, ma non del tutto. Il 2 gennaio il greggio della migliore qualità costava appena 56,09 dollari al barile. Nelle settimane successive è persino sceso a 50,48: quasi la metà del record poi toccato a novembre (98,60) e di nuovo sfiorato in chiusura d'anno (97,85).

Dal punto di vista dei mercati finanziari è stata una festa: le maggiori compagnie petrolifere hanno visto volare le quotazioni azionarie, con guadagni medi del 30% e picchi del 100%. I paesi produttori hanno beneficiato della bonanza, al punto da essere gli unici - insieme alla Cina - a disporre della liquidità necessaria per fare grandi acquisizioni (segnaliamo che la borsa di Londra, che incorpora ormai Piazza Affari, è diventata proprietà di Abu Dhabi e Qatar nella misura del 46%). La performance borsistica appare comunque irripetibile agli analisti e induce aspettative di crescita più moderate. Ma dal punto di vista dei consumi, con la benzina Usa al livello record di 3 dollari per gallone (in pratica 2 euro per quasi 4 litri), si annunciano tempi cupi e un po' freddini (sono esplosi anche i prezzi di gasolio e gas da riscaldamento). Anche perché - nonostante le ricorrenti assicurazioni su un prossimo rientro dei prezzi energetici nella «normalità» - nessuno si azzarda più a prevedere un ribasso delle quotazioni. Al massimo un aumento a ritmi un po' più contenuti, visto che l'economia Usa sta vivendo un forte rallentamento, che potrebbe anche tramutarsi in una vera e propria recessione.
La crisi dei mutui subprime è invece un esempio da manuale su come l'ansia di produrre risultati finanziari (e borsistici) sempre migliori possa tramutarsi in una tragedia realissima. I subprime sono infatti quei mutui che vengono concessi a una clientela al di sotto di ogni sospetto (sono detti anche «mutui ninja»: not income, not job or asset), da cui era logico aspettarsi una grande quantità di mancati pagamenti. La soluzione di «finanza creativa» adottata per garantirsi da tale rischio è nota: una serie di cartolarizzazioni a catena che hanno distribuito il rischio su praticamente tutti i protagonisti del sistema del credito: ovvero le banche e i loro «prodotti».

Il blocco del sistema è stato per ora evitato dalle banche centrali (Federal Reserve e Bce, in primo luogo) grazie a enormi immissioni di liquidità sui mercati e all'accettazione come «garanzia» di titoli che poggiavano su crediti altamente incerti (subprime compresi). In casi particolari, come la banca inglese Northern Rock - diventata improvvisamente famosa per le lunghe file di clienti precipitatisi a ritirare i propri risparmi - si è arrivati alla nazionalizzazione. Ma l'accettazione di crediti dal valore incerto è a sua volta un modo di far pagare ai cittadini (ovvero al «pubblico») i fallimenti di una privatissima speculazione.

L'anno che si sta per aprire eredita una situazione critica, di cui non si intravede soluzione certa. L'unica cosa che si può dire è che la «cura» anti-crisi finanziaria sarà costosa per i bilanci pubblici di mezzo mondo, ma in linea teoria potrebbe forse produrre risultati concreti. Per i prezzi dell'energia, invece, è facile prevedere una crescita costante (e tutti gli istituti del settore, a fine anno, hanno rivisto al rialzo le proprie stime, sia pure un po' inferiori ai prezzi correnti). Potrebbero modificare il quadro soltanto improbabili scoperte di maxigiacimenti di livello tale da cambiare il totale delle «riserve accertate» (ma negli ultimi 30 anni è venuto fuori solo Kashagan), oppure una recessione globale.

Francesco Piccioni
Fonte: www.ilmanifesto.it
30.12.07


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