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Nobel (con polemica) a chi scoprì l'Aids


Tao
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Medicina, premio a Montagner e Barré-Sinoussi. Con loro zur Hausen

E così l'Aids finalmente ha vinto il Nobel. A ventisette anni dalla scoperta dei primi casi negli Stati Uniti di una sindrome fino ad allora sconosciuta, che colpiva soprattutto uomini giovani con una batteria di malattie mortali - alcune delle quali molto rare -, le cosiddette infezioni opportuniste, il 76enne Luc Montagnier e la 61enne Françoise Barré-Sinoussi, entrambi ricercatori a Parigi, hanno vinto metà del premio Nobel per la medicina e la fisiologia 2008. L'altra metà dell'ambito premio se l'è aggiudicata il tedesco Harald zur Hausen (del Centro tedesco per la ricerca sul cancro di Heidelberg), 72 anni, per la scoperta del papillomavirus umano, che causa il cancro alla cervice dell'utero.

Il fil rouge che collega le due metà del premio (dieci milioni di corone svedesi, circa un milione di euro, che verranno consegnate dal re Gustavo a dicembre) è che i due virus - microrganismi che utilizzano il materiale genetico delle cellule umane per potersi riprodurre e sopravvivere - colpiscono milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto nei paesi più poveri. E si trasmettono entrambi per via sessuale. Il cancro della cervice uterina è il secondo tumore più diffuso fra le donne, mentre il virus dell'Hiv, a livello mondiale, colpisce ormai quasi l'1% della popolazione, «un livello - come spiegano da Stoccolma - che suggerisce decisamente una prevalenza sempre crescente dell'Aids per gli anni a venire».

La storia della scoperta del virus dell'Hiv è intricata. Sebbene fin dal 1982 risultasse chiaro che l'Aids (sindrome da immunodeficienza acquisita, come venne subito battezzato) si era già diffuso a macchia d'olio in tutto il mondo - solo un anno dopo i primi casi osservati - l'idea che fosse causato da un virus ha faticato a farsi strada nella comunità scientifica (ancora oggi esistono persone che, senza fondamento alcuno, sostengono che il virus dell'Hiv non è la causa dell'Aids). Non era infatti ovvio che l'Aids potesse essere una unica malattia e che sintomi che coinvolgevano quasi tutti gli organi potessero avere una unica causa.

La caccia al responsabile del virus iniziò quasi subito e nel 1983 Barré-Sinoussi e Montagnier, all'Istituto Pasteur di Parigi, iniziarono a studiare i linfociti dei malati di Aids e a isolare un virus di circa 100 nanometri di lunghezza (un nanometro è un miliardesimo di millimetro) che colpiva le cellule T CD4+.

Negli stessi anni Robert Gallo, che lavorava agli Nih (i National Institutes of Health americani) descriveva la scoperta di un virus molto simile a quello dei francesi. Fu allora che nacque una lunga e sgradevole querelle scientifica internazionale su chi avesse la paternità della scoperta (con accuse reciproche di plagio - i due fecero pubblicamente pace solo qualche anno fa, con lo scopo - dissero - di unire gli sforzi contro la lotta all'epidemia). Nel 1985 comunque i team francesi e quelli americani che lavoravano sul virus (battezzato con nomi diversi a seconda del gruppo che lo aveva studiato) concordarono che si trattava sempre dello stesso virus - che è un passo scientifico in avanti niente affatto banale - e soprattutto gli diedero il nome con cui è conosciuto oggi: virus da immunodeficienza umana di tipo 1, o Hiv-1. La polemica raggiunse addirittura i capi di stato dei due Paesi, tanto che nel 1987 Ronald Reagan e François Mitterand dovettero firmare nel 1987 un accordo per condividere i diritti del brevetto per il test sul sangue.

Il numero di persone colpite fino ad oggi da quando è scoppiata la pandemia si aggira attorno ai 60 milioni di persone, e di Aids sono morte circa 25 milioni di persone. Alla fine del 2007, secondo il programma delle Nazioni unite Unaids e l'Oms, al mondo c'erano 33,2 milioni di persone infette (di cui 2,1 milioni di nuovi infetti nel solo 2007). 2,1 milioni di persone sono morte di Aids in quello stesso anno. E l'infezione, che all'inizio colpiva soprattutto uomini omosessuali e tossicodipendenti, oggi colpisce tutti, uomini e donne, gay ed eterosessuali, ricchi e poveri.

La comunità scientifica di fronte al premio di ieri è divisa. «Meritava anche Gallo», dicono in molti. La stampa anglosassone sottilinea che Gallo è «unaninemente riconosciuto come uno dei co-scopritori del virus e indipendentemente dal laboratorio di Montagnier, anche se pubblicò un anno dopo», come scriveva ieri il Times . Willy Rozenbaum, uno dei ricercatori francesi che parteciparono alla scoperta e oggi direttore del Consiglio Nazionale francese sull'Aids, ha detto che «è un peccato che oggi siano premiati solo quelli del gruppo Pasteur» perchè «se si toglie un pezzo del puzzle, si finisce con il non avere nulla in mano». Anche Lucia Lopalco, immunologa del San Raffaele di Milano, si dice dispiaciuta per l'esclusione di Gallo che «ha mantenuto negli anni un altissimo profilo scientifico». «Come donna - continua - sono contenta per Françoise, che non solo è una scienziata straordinaria, ma una persona di grandissimo spessore umano». Per parte sua, Guido Silvesti, direttore della virologia clinica della scuola di medicina dell'università della Pennsylvania dice che «è giusta l'idea di darlo a Françoise che ha scoperto il virus e quindi anche a Montagnier che era il suo capo. Così funziona il Nobel. Gallo ha fatto molte scoperte importanti nei primi tempi dell'infezione (più dei francesi), dice Silvestri, ma non ha scoperto il virus. Purtroppo al tempo si incaponì a volersi attribuire anche il merito della scoperta originale. Ma ora l'importante è pensare alla ricerca e non a rivangare vecchie polemiche». Per parte sua Gallo, elegantemente, ha commentanto che per lui è stato un «dispiacere» ma che i tre meritavano certamente il Nobel.

Per quanto riguarda la seconda metà del premio, la sua assegnazione è stata molto meno controversa. Zur Hausen è stato il primo a postulare nel 1974 che il papillomavirus umano (Hpv) fosse legato al cancro della cervice uterina (uno dei tre tipi di tumore che possono colpire l'utero), che fino a una cinquantina di anni fa era la prima causa di morte per cancro fra le donne, molto più del cancro alla mammella (che lo è oggi). Nel 70% dei casi, questo tipo di tumore è causato da alcuni fra i moltissimi ceppi dell'Hpv. Il cancro alla cervice uterina però è uno dei pochi tumori la cui incidenza negli ultimi 40 anni è diminuita notevolmente grazie allo screening, effettuato mediante visita ginecologica e pap test. La vaccinazione obbligatoria introdotta dall'ex ministro della sanità Turco secondo molti oncologi dovrebbe consentire di ridurre ulteriormente l'incidenza e di abbattere la mortalità, anche se il vaccino copre solo una parte dei ceppi di virus cancerogeni. Inoltre, in ciascun paese sono diffusi ceppi differenti: per questo si può solo stimare che il vaccino protegge dalla metà ai due terzi dei ceppi cancerogeni. Quindi regolari visite ginecologiche e screening continuano a essere necessarie. Per essere efficace (anche se l'efficacia di un vaccino non è mai il 100%), sottolineano i medici, il vaccino va effettuato prima di iniziare ad avere rapporti sessuali - ed è per questo che si fa alle bambine.

Per quanto riguarda il vaccino per l'Aids, ci vorranno ancora molti anni, nonostante gli sforzi che vengono profusi in tutto il mondo. Non dimentichiamo però che oggi la sopravvivenza di persone infettate dal virus dall'Hiv è quasi equivalente a una persona sana, e che, come scrive il comitato per il Nobel, «gli sviluppi senza precedenti di diverse classi di farmaci antiretrovirali è anche il risultato della conoscenza dei dettagli del ciclo di replicazione del virus» e «mai prima d'ora la scienza e la medicina hanno proceduto tanto velocemente nello scoprire, identificare l'origine e nel fornire nuove medicine per una malattia».

Lucio Tancredi Barone
Fonte: www.liberazione.it
7.10.08


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zeppelin
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