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Siria: la tregua ha portato armi ai terroristi


helios
Illustrious Member
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Siria: la tregua ha portato armi ai terroristi

Sono già cinque i velivoli siriani abbattuti in un mese; segno che con la parziale cessazione delle ostilità sono arrivate nuove e letali armi.

La fragile tregua in Siria, contro tutte le attese, regge perché in fondo fa comodo a tutti: all’opposizione “moderata” per dimostrare di esistere e sedersi al tavolo di Vienna; ai terroristi e tagliagole stranieri che hanno ricevuto nuove armi dai loro sponsor; ai russi che hanno annunciato “missione compiuta” e ritirato qualche velivolo usurato; allo stesso esercito siriano che così ha potuto concentrare i suoi sforzi, riconquistando Palmyra e procedere verso Deir Ezzor. L’instabile tregua in Siria regge anche perché si continua a combattere in maniera più selettiva contro l’Isis e il Fronte Al Nusra, mentre nella galassia dei gruppi ribelli in molti hanno scelto la via della riconciliazione e hanno posato le armi e altri, invece, sono rimasti a leccarsi le ferite.

Il governo di Assad avrebbe certamente preferito cavalcare l’onda vittoriosa e prendere anche quegli ultimi cinque chilometri, che avrebbero completamente tagliato fuori i ribelli di Aleppo dai loro rifornimenti in Turchia; ma sarebbe stato uno smacco troppo grande per la Coalizione guidata da Washington. Un successo troppo netto e rapido – solo sei mesi! – non avrebbe fatto altro che inasprire le posizioni della Casa Bianca contro Damasco e destato così sgomento negli sponsor dei terroristi (Turchia e Arabia Saudita in primis) da temere qualche folle colpo di testa. Così, mentre Obama cercava di tenere a bada i due riottosi alleati, allo stesso modo Putin frenava il governo siriano diffidandolo dal sentirsi troppo sicuro di sé e dal tentare qualche prova di forza.

Quello che di certo tutti sanno è che questo sarà l’ultimo anno di guerra. Spezzato il redditizio traffico di petrolio e di opere d’arte, sfatato il mito dell’invincibilità degli uomini in nero e infranta la catena logistica dei ribelli, basterebbero pochi mesi per spazzare via le ultime sacche di resistenza ed è qui che iniziano i problemi, motivo per cui la tregua continua. Nessuno ha un preciso piano per il dopo. La Russia voleva impedire il successo dei jihadisti e la disgregazione del Paese e ha problemi più impellenti in casa che sostenere Assad senza se e senza ma; gli Stati Uniti e i loro alleati europei hanno scommesso sulla caduta di Damasco ma, più che tentare di sabotare la restaurazione, non faranno; e i turchi e i sauditi da soli non sono in grado di ribaltare l’esito del conflitto. Si parla già di dare alla Siria un modello federale che ricalchi a grandi linee le differenze confessionali ed etniche; un modello stile Iraq che però qui vedrebbe un potere centrale sicuramente più forte e un esercito nazionale artefice della vittoria e non sconfitto e sciolto. Eppure, anche questa soluzione, che permetterebbe con qualche accorgimento diplomatico (per esempio dando il potere a un altro alawita del clan) all’amministrazione americana di non perdere proprio la faccia, preoccupa non poco il sultano Erdogan che si ritroverebbe un’altra regione autonoma curda lungo i confini meridionali. Una regione governata dallo stesso Ypg che continua a bombardare, nonostante la tregua.

Così nell’incertezza si procede per strappi: mentre il governo siriano approfitta dello stallo per indire nuove lezioni – svoltesi il 13 aprile scorso – e per annunciare un’offensiva imminente contro Aleppo; l’Isis utilizza le armi chimiche e gli attentati per dimostrare di essere ancora viva e temibile; la Turchia fornisce armi antiaeree ai terroristi. Nel silenzio dei Media occidentali sono già cinque gli aerei abbattuti in un mese. Non si sa quanti siano i missili antiaerei e i manpads a disposizione dei gruppi jihadisti; eppure gli attacchi sono avvenuti vicino a Damasco, a Hama e Aleppo; chiaro segnale che le armi a disposizione sono molte e diffuse sul territorio. L’invio di questo genere di dispositivi di lancio in un contesto frantumato come quello siriano è un atto non solo irresponsabile, ma anche disperato perché a differenza dell’Afghanistan non muterà l’esito del conflitto. Una volta scacciati dal Paese questi terroristi stranieri, traditi dai loro sponsor e nemici dell’Occidente, verso chi volgeranno questi terribili missili?

Di Alvise Pozzi

Intellettuale Dissidente

http://parstoday.com/it/news/middle_east-i8749-siria_la_tregua_ha_portato_armi_ai_terroristi


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