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Torniamo ad Augusta?


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Fonte: http://www.indicius.it/Politica/papa_condom.htm

Torniamo ad Augusta?

di Carlo Bertani

Le esternazioni di Papa Ratzinger sul preservativo – la sua inutilità, secondo il suo pensiero – hanno riattizzato fuochi mai sopiti fra la Santa Sede ed il resto d’Europa. Fuori del coro, è rimasto soltanto lo Stato della Chiesa – quello con i nuovi confini, che vanno dal Brennero a Lampedusa – mentre anche la cattolicissima Spagna ha fatto spallucce, decidendo d’inviare stock di preservativi in Africa.
Notiamo che, ancora una volta, la rivolta dei “principi” del Nord s’è fatta sentire: per fortuna, in modo meno “eclatante” rispetto al ‘500. Ci è risparmiato il sangue.

La posizione della Chiesa – non vorremmo apparire maleducati od anticlericali – ci sembra quella del medico che cura la dissenteria con i tappi: proporre la famiglia come l’antidoto alla frammentazione sociale, in Africa, è proprio curare il sintomo senza cercare la causa del male.

La frammentazione della società africana, la sua disgregazione – perché basi condivise di socialità non esistono più – ha precisi artefici, con tanto di nomi e cognomi. Si parte da Vasco da Gama per finire con Kitchener – tanto per citare due colonialisti – passando per una pletora d’avventurieri colorati dalla scia del sangue.


La Chiesa Cattolica, in quei secoli – ricordiamo il Concilio di Trento (1545 – 1563), la “pubblicità” (necessità di pubblicazioni) del matrimonio, dunque il non riconoscere i matrimoni fra africani, quindi la possibilità per i negrieri di separare le famiglie – ha immense responsabilità nel lungo calvario dei neri.

La seconda parte delle dichiarazioni di Ratzinger è rivolta contro gli integralismi: ora, nessuno difende qui l’integralismo, inteso come l’essere refrattari all’altrui credo, per finire nel maleodorante stagno del “noantri” e basta.

Dobbiamo però riconoscere che le uniche istanze di ricostruzione di una cultura non europea, non bianca, non importata – in Africa – giungono dall’Islam. Molte scelte degli islamici non ci piacciono, ma riflettiamo che avvengono in un panorama deserto, una tabula rasa dove – come affermò Léopold Sédar Senghor, ispirato poeta e politico africano – “Il ventre delle donne africane, la cassaforte di una cultura lunga 30.000 anni, fu violata”.

Oggi, chi violò, pretende di possedere le miracolose “chiavi” per riaprire il forziere: non esiste più nessun forziere, c’è invece da ricostruire la società africana su nuove basi, che solo loro potranno trovare e scegliere. Il fenomeno delle Corti Islamiche somale ne è – con tutti i limiti “naif” del caso – un esempio, e noi occidentali armiamo gli etiopi per distruggerle, per riportare tutto al nostro dominio neocoloniale.

Da ultimo, notiamo che solo lo Stato della Chiesa Esteso non si pronuncia, forte di quel “cuius regio, eius religio” stabilito ad Augusta (1555) per dirimere le diatribe fra Protestanti e Cattolici. Evidentemente – vista l’aperta confessione del Gran Ciambellano Papalino di Palazzo Chigi – siamo rimasti soli: chiederemo la revisione della Pace di Augusta?

Bisognerà radunare nuovamente i principi tedeschi, dalla Sassonia alla Renania, qualche Asburgo, più un messo pontificio (qui, non ci sono problemi) ed un po’ di comparse.
Il sottoscritto si candida, sempre che non vi siano più autorevoli richieste, per svolgere il compito d’amanuense, scrivano, imparziale segretario del nobile consesso. Sarebbe così divertente che lo farei gratis.

(21 Marzo 2009)


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