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Calabria-Salvini eletto grazie a Scoppelliti, ex sindaco condannato e indagato per.....


marcopa
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Salvini eletto in Calabria, grazie a Scopelliti, condannato poco dopo

https://lecorvettedellelba.blogspot.com/2018/06/salvini-eletto-in-calabria-grazie.html

Giuseppe Scopelliti dal "vota Salvini" al carcere
Diventa definitiva la condanna a oltre 4 anni per l'ex governatore della Calabria. In un mese è passato dalla campagna elettorale a sostengo della Lega alla galera per aver falsificato i bilanci di quando era sindaco di Reggio. Ma non è l'unica ombra calabra che pesa sul Carroccio
L'Espresso
DI GIOVANNI TIZIAN
05 aprile 2018

Dal sostegno elettorale alla Lega di Matteo Salvini al carcere di Reggio Calabria. Un mese intenso, quello di Giuseppe Scopelliti. Prima la campagna per il voto del 4 marzo con il suo nuovo Movimento nazionale per la sovranità- fondato insieme a Gianni Alemanno, sotto processo per finanziamento illecito in un filone scaturito da Mafia Capitale- a sostegno della Lega. Poi, chiusa la parentesi delle politiche, nei giorni delle consultazioni, ecco che arriva la condanna a 4 anni e 7 mesi per falso in atto pubblico confermata dalla Cassazione con l'interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. La vicenda risale a quando Scopelliti era sindaco di Reggio: l'accusa condivisa dai giudici è di aver falsificato i bilanci comunali.

Un'altra tegola per la narrazione legalitaria di Matteo Salvini, che dopo gli arresti di ieri in Sicilia e l'indagine su i due volti più noti della Lega al Sud, deve fare i conti con il verdetto contro Scopelliti, che per la Lega ha fatto campagna elettorale nel suo feudo elettorale, a Reggio Calabria.

L'appoggio è stato proficuo, garantedo in provincia di Reggio un buon risultato, vicino al 7 per cento, in un territorio che ha accolto con favore l'endorsmente dell'ex governatore, il quale è riuscito a piazzare nelle liste del partito di Salvini anche suoi candidati.

Superato lo Stretto, infatti, i Salvini boys non hanno nulla a che spartire con la tradizione democristiana che ritroviamo da Palermo a Catania. Qui prevale il nero degli eredi politici del Movimento sociale. L'alleanza politica sui territori è stata fatta, appunto, con Giuseppe Scopelliti Scopelliti. Lui, però, non si è candidato, proprio per non creare imbarazzo al Capitano della nuova Lega sovranista. La condanna, in effetti, è arrivata. Ma c'era anche un'altro macigno che pesa sull'ex governatore della Calabria: è in attesa di capire l’evoluzione di un’inchiesta dell’antimafia sul livelo occulto della ‘ndrangheta, in cui è indagato. Tuttavia, i dirigenti della Lega non hanno esitato a incassare il sostegno di Scopelliti.

Anzi, l’ex governatore e già sindaco di Reggio ha lavorato dietro le quinte, mettendo a disposizione il suo blocco elettorale mobile che fa gola a molti. E, visto il risultato, ha funzionato. Dal canto suo Scopelliti non rinuncia certo a piazzare sue pedine nelle liste. Una su tutte: Tilde Minasi, fedelissima fin dalla prima giunta comunale. Lei non è stata eletta. A differenza del segretario della sezione calabrese della Lega-Noi con Salvini: Domenico Furgiuele, un passato nella Destra di Storace, e, ora, fresco deputato.

Quando Furgiuele era un ultras del Sambiase ha collezionato un Daspo, che la Questura affibbia solo ai tifosi più agitati. Una delle prime apparizioni di Matteo Salvini in Calabria è del 2015, quando insieme a Furgiuele hanno organizzato una conferenza stampa all’Aerhotel Phelipe, di proprietà della famiglia dell’imprenditore Salvatore Mazzei, suocero di Furgiuele. Il parente del candidato di Salvini a Lamezia ha i beni sotto sequestro dall’antimafia. Lui rigetta ogni accusa, sostiene di essere una vittima, forte anche di un assoluzione da un processo per concorso esterno. Di certo, però, Mazzei è sfortunato nella scelta dei partner: un suo vecchio socio, imprenditore delle sale bingo, è stato pizzicato di recente dalla guardia di finanza di Lamezia per una presunta bancarotta fraudolenta.

Dettagli per Furgiuele. Che ha così ormai quasi rimosso dalla memoria quel passaggio di un informativa della polizia in cui viene tirato in ballo per aver offerto alle persone sbagliate due stanze dell’hotel di famiglia, lo stesso in cui Salvini è stato ospite tre anni fa. I detective che indagavano su un caso di omicidio del 2012, infatti, scoprono che i sicari dopo la spedizione hanno alloggiato nel quattro stelle senza pagare alcunché. «Erano ospiti del signor Domenico Furgiuele, genero del signor Mazzei, proprietario dell’Hotel», si legge nel documento anticipato dall'Espresso nell'inchiesta di copertina sui "Legami pericolosi" della Lega di Salvini. L’episodio non ha avuto alcun rilievo penale, Furgiuele non poteva immaginare che quelli fossero gli autori del grave delitto. Si era fidato di un amico, a sua insaputa coinvolto con quella gentaglia. «Un equivoco, solo un equivoco. L'ho chiarito nelle sedi opportune, infatti non sono indagato. Parliamo d'altro?» ha dichiarato a Repubblica subito dopo il voto. Una storiaccia, insomma, da dimenticare. Furgiuele, ora, è concentrato sul futuro governo.

Di certo, però, dal sostegno di Scopelliti ( il condannato) al deputato con il suocero-imprenditore sospettato dall'antimafia, la Lega in Calabria rischia di sembrare già vecchia. Un po' come nella vicina Sicilia.


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marcopa
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http://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/229-ndrangheta/70548-processo-gotha-scopelliti-era-cosa-dei-de-stefano.html

Processo Gotha: ''Scopelliti era cosa dei De Stefano''
Dettagli Pubblicato: 31 Maggio 2018

di AMDuemila
"In quegli anni la 'ndrangheta era diventata il socio privato del Comune di Reggio Calabria". A dirlo è il maggiore dei Carabinieri Antonio Parillo raccontando degli anni in cui era sindaco Peppe Scopelliti (detenuto per il “caso Fallara”), nel corso del processo "Gotha". Nel banco degli imputati, tra gli altri, l'ex senatore Antonio Caridi e l'avvocato ex parlamentare Paolo Romeo, considerato, assieme all'avvocato Giorgio De Stefano (già condannato in primo grado nel troncone abbreviato) ai vertici della cupola degli invisibili della 'Ndrangheta. Parillo ha ripercorso quanto emerso nell’operazione “Mammasantissima”, che ha scoperchiato appunto l’esistenza di una cupola massonico-mafiosa che avrebbe fatto il bello e il cattivo tempo negli ambienti economici, sociali e politici di Reggio Calabria.
Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, il maggiore ha spiegato come la 'Ndrangheta avesse un vero e proprio controllo grazie a dei “volti puliti” utilizzati dalla famiglia mafiosa dei De Stefano per infiltrarsi nella politica. “Sarra (ex sottosegretario regionale) e Romeo hanno permesso alla 'ndrangheta di infiltrare le istituzioni. Sarra era il volto pulito attraverso cui la 'ndrangheta entra nella politica locale per attingere ai fondi pubblici" a detto Parillo.
Il carabiniere all'epoca al Ros di Reggio Calabria è partito dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Aiello, ex direttore operativo di Fata Morgana, società impegnata nella raccolta e smaltimento dei rifiuti. “La Fata Morgana - ha detto Parillo - è una fonte di ricchezza per la 'ndrangheta e per la politica, soprattutto in vicinanza delle contese elettorali" Quale altro momento per chiedere assunzioni e convogliare i voti?
Il pentito Aiello ha riferito che il suo interlocutore sarebbe stato Antonio Caridi all'epoca assessore comunale all'Ambiente, arrestato poi nell'agosto 2016 e tornato in libertà pochi mesi fa. Secondo gli inquirenti il politico che poi arrivò velocemente a Palazzo Madama, era strumento della cupola massonica retta da Paolo Romeo. Aiello ha raccontato che a Caridi sarebbero state consegnate ingenti somme di denaro a titolo di tangente. Ma i potere dei De Stefano non si sarebbe limitato solo agli affari dei rifiuti ma anche ad altri importanti settori della vita cittadina: “Scopelliti era cosa dei De Stefano” ha detto Parillo in aula.
Ad avere un ruolo di un certo livello all'interno del sistema marcio, sarebbe stato anche Peppe Agliano, factotum di Scopelliti che il maggiore Parillo ha definito: "garante tra Aiello e Fata Morgana e i De Stefano".


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marcopa
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REGGIO. Il Consiglio regionale si spacca, niente solidarietà per Soumayla
 Pubblicato: 05 Giugno 2018 00:08

L'omicidio del giovane maliano Soumayla Sacko, avvenuto sabato scorso a San Calogero, e le dichiarazioni del ministro dell'Interno Matteo Salvini contro il sindaco di Riace scuotono anche il consiglio regionale. Il parlamentino, tuttavia, non reagisce in modo compatto, anzi. La brutale uccisione di Sacko offre il pretesto per un'aspra guerriglia politica, nel corso della quale maggioranza e opposizione si sono reciprocamente accusate di voler strumentalizzare i fatti di San Calogero. Il casus belli é rappresentato da un ordine del giorno che impegnava il presidente della Regione a testimoniare vicinanza ai migranti della Piana di Gioia Tauro e alle organizzazioni sindacali nelle quali Sacko Soumayla militava per garantire migliori condizioni di lavoro ai braccianti stagionali. Il testo é presentato da Mirabello, Romeo, Nucera e Giudiceandrea e promuoveva ogni iniziativa "che possa rimuovere possibili cause di discriminazione in danno dei migranti e tenere vivo l'interesse affinchè possano al più presto essere assicurati alla giustizia i colpevoli dell'omicidio" di Sacko, "un atto vile che assume caratteristiche anche a potenziale sfondo xenofobo".

"Il tema della nuova schiavitù che si sta registrando nell'area di Rosarno non ci può lasciare indifferenti, la politica deve usare un linguaggio che non sia da campagna elettorale", dice Mirabello con un chiaro riferimento alle ultime dichiarazioni del neo capo del Viminale Salvini, in queste ore al centro della polemica anche per le sue affermazioni contro Mimmo Lucano, definito "uno zero". Sebi Romeo (Pd) è ancora più esplicito: "Dopo la formazione di un governo che vede come ministro dell'Interno Salvini, che sul tema ha posizioni lontane dalla cultura democratica del nostro Paese, è bene che questo Consiglio prenda posizione. Bisogna sostenere l'idea che siamo tutti uguali e che le discriminazioni non sono possibili”. Il dibattito, a questo punto, si infiamma. Gianluca Gallo (Cdl) chiede di "affrontare questi problemi in modo serio. Dobbiamo porci il problema di come creare regole civili di convivenza, altrimenti si tratta della solidarietà di un attimo". Per Vincenzo Pasqua (Misto), il Consiglio non può discutere di "congetture", dal momento che le indagini non hanno ancora fatto luce su quanto accaduto. "Oggi – sottolinea – il nostro compito è cercare di non trasformare una tragedia in una discussione con risvolti politici".

"Non ho mai condiviso i toni di Salvini – chiarisce Fausto Orsomarso (Misto) – ma parlare di visioni culturali rispetto alla morte di un uomo significa confondere i piani e strumentalizzare il dibattito”. “Esprimere solidarietà – gli fa eco Arturo Bova (Dp) – non significa strumentalizzare la discussione. Si tratta di una polemica di cui si poteva fare a meno. Qualcuno avrebbe invece dovuto scandalizzarsi per il fatto che il sindaco di Riace sia stato definito uno Zero”. Secondo Domenico Bevacqua (Pd), la campagna elettorale ha decretato "la vittoria del populismo e su questo dobbiamo interrogarci tutti. Non si governa con gli annunci e con i proclami come sta facendo Salvini"."E una speculazione sulla morte delle persone", urla ancora Orsomarso. "La speculazione la sta facendo lei", replica a tono Giudiceandrea. Mimmo Tallini (Forza Italia) va giù ancora più duro: "Rispetto a un tema che non comporta alcun rischio, avrei apprezzato di più un ordine del giorno a favore della madre del ragazzo ucciso da un'autobomba (Matteo Vinci, ndr). Su questo la commissione Antindrangheta non ha detto una parola". Bova, il presidente, è visibilmente contrariato.

In Aula, intanto, scoppia la bagarre. Baldo Esposito prende la parola, ma viene interrotto da Bevacqua che invoca un cambio nell'ordine dei lavori. Il consigliere pd a sua volta viene duramente rimbrottato dal compagno di partito Giudiceandrea, che invoca il rispetto delle prerogative dei capigruppo: "Perchè non ti fai mai i fatti tuoi!?". Bevacqua più tardi abbandonerà l'aula tra gli improperi e troverà anche il tempo di confrontarsi animatamente con lo stesso Giudiceandrea nell'anticamera dell'assemblea. Le urla arriveranno fino all'aula a interrompere il discorso di Gallo, che commenterà con malizia: "E’ in atto la resa dei conti nel centrosinistra”. Esposito alla fine riesce a riprendere la parola ed è netto: "Una cosa è la solidarietà, un'altra è la mozione che impegna il presidente: vogliamo forse mettere in dubbio il fatto che le forze dell'ordine vogliano assicurare i colpevoli alla giustizia? Con queste scenette non abbiamo scritto una bella pagina di politica”. Seguono diversi conciliaboli per arrivare a un testo di sintesi tra le varie posizioni. La conclusione è però da teatrino della politica: Gallo, dopo una polemica con Irto, chiede l'appello nominale, al termine del quale l'assemblea viene sciolta per mancanza del numero legale (troppe, anche oggi, le assenze tra i banchi della maggioranza).Per Sacko nessuna mozione, nessuna solidarietà ufficiale. (fonte ilvelino) 


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