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Ci libereremo

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Tonguessy
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ci sono due scuole di pensiero per il cambiamento (apparentemente contrapposte).

La prima vuole la rivoluzione (o almeno una serie di rivolte), quindi un cambiamento strutturale improvviso.

La seconda una graduale conquista del potere che lo riporti a essere funzionale per la collettività.

Non è detto che i fenomeni sociali prossimi escludano una delle due, o entrambi. Il fatto è che bisogna prepararsi, perchè potrebbe succedere addirittura prima di quanto siamo comunemente disposti ad accettare.

Il fatto, semplice semplice, è che il sogno modernista è stato abbandonato e stiamo vivendo le ultime propaggini di quella realtà. Stiamo nel frattempo formando un nuovo sogno, quello che guiderà la nostra specie per parecchi secoli a venire. Concorrere nella formazione di questo nuovo sogno è il compito che abbiamo. Dotarci delle armi necessarie per affrontare le difficoltà che incontreremo nel realizzarlo l'altro compito.

Le modalità di realizzazione non sono prevedibili a tavolino. Diciamo che una rivoluzione diventa l'unica soluzione quando tutte le altre hanno fallito. Quindi c'è tempo prima che ciò accada. Nel frattempo si può tentare l'inversione di marcia, ovvero riavvicinare i vertici alla base.
Se anche questo non avverrà, la cesura sarà insanabile e la rivoluzione inevitabile. Ma, ripeto, questo richiede ancora tempo. Deve mancare il pane per poter succedere. E occorre che una parte dell'esercito dia l'appoggio, visto che le armi appartengono ai militari.


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AlbaKan
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ci sono due scuole di pensiero per il cambiamento (apparentemente contrapposte).

La prima vuole la rivoluzione (o almeno una serie di rivolte), quindi un cambiamento strutturale improvviso.

La seconda una graduale conquista del potere che lo riporti a essere funzionale per la collettività.

Vero, però non mi sembra che quelli della 1° categoria non alzano il sedere dal divano...basta il pensiero per fare la rivoluzione?

Mi fanno pensare a Eugène Delacroix che invece di fare la rivoluzione (francese) si è dipinto con il fucile in mano nel quadro (della rivoluzione)...
🙄

...La stessa cosa si può dire anche per molti della seconda categoria.


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Tonguessy
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Vero, però non mi sembra che quelli della 1° categoria alzano il sedere dal divano...

...La stessa cosa si può dire anche per molti della seconda categoria.

C'è un problema con le colle dei divani moderni che per osmosi incollano il pensatore delacroixiano alla struttura stessa del divano, rendendo molto difficoltoso il distacco da quel mobile.

Probabile si tratti di produzione cinese, mai passata al severo vaglio delle caratteristiche imposte dalla UE. O forse fatti su specifiche dettate dalla UE? 🙄


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tres19
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Io credo che ci saranno queste fasi:

1 - inasprimento dell'autorità con risvolti per niente legali in riferimento alla legalità odierna
(processo già in atto ma nelle fasi più lievi)

2 - dopo diverso tempo, probabilmente anni, di dura repressione, è da vedere quanti servi resteranno a servire
(attualmente con il processo già in atto da tempo sono moltissimi i servitori, anzi chiedono il permesso di poter servire nelle piazze, siamo agli antipodi)

3A - se i servi che resteranno a servire saranno sufficienti, beh, azzi di tutti gli altri, a questo punto gli altri non sono utili e la fine che faranno sarà derivante solo e unicamente dalla magnanimità dell'elite

3B - se i servi non saranno sufficienti verrà un momento di caos, dove l'acqua corrente, l'elettricità, il camminare tranquillamente per strada saranno un lontano ricordo e ci sarà spazio per terribili atti; in seguito si formeranno piccole comunità legate all'autosufficienza e all'indipendenza

Sia la 3A che la 3B faranno si di dimenticarci la vita così come la concepiamo oggi, in ogni caso è bene abituarcisi e la pratica, per quanto brutta e dura, sarà quella a cui ci si saprà adattare meglio, riguardo alla percezione della vita chi non si adatterà impazzirà come già ne vediamo i primi risultati ogni giorno.

Io non mi alzo dal divano per andare a servire il padrone, per me mi alzo eccome, se molti altri ci restassero incollati il lunedì mattina tutto andrebbe meglio e sicuramente il processo, seppur sempre doloroso, sarà più breve.


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stefanodandrea
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Tres19,

ho letto delle tue scelte di vita e delle tue concezioni che condivido.
Mi chiedo però se pensi che ciò che descrivi avverrà in Italia, Grecia, Portogallo, Spagna, Irlando, Francia, Stati Uniti.
Evidentemente tu non credi alla dimensione collettiva. Anche per te la collettività è un insieme di individui, anche se per te non si tratta di consumatori ma di uomini. Una concezione degna e coerente con i tuoi presupposti.
Sarà che ho quattro figli e che voglio agire anche per loro e i miei nipoti. Sarà che sono figlio di due insegnanti e insegno anche io, credendo nella scuola e nell'università pubbliche (come sono state, come è se il docente sa cosa deve essere la scuola e cosa deve essere l'università; e come possono diventare), a me interessa la dimensione collettiva.

Comunque io ero intervenuto per correggere la tua tesi che gli ultimi venti anni devono far rifuggire dalla ricostituzione di partiti: i partiti negli ultimi 20 anni non sono esistiti. Perciò la tua impostazione è si coerente e degna ma è mal motivata


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Awa
 Awa
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ci vuole tempo, non credo molto:

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/04/23/fornero-alenia-immagini-dellincontro/195536/

http://www.corriere.it/politica/12_aprile_24/colli-gaffe-tv-vacanze-barca-_6d089694-8de4-11e1-839c-11a4cf6ed581.shtml

si stanno autodistruggendo, forse qualche bomba ce la risparmiamo 😈

Il divano è un problema! a casa mia l'ho sostituito con una panchina di legno, bella dura e scomoda! 😀

Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare (N.Mandela)

Se lo dice lui con tutti gli anni di carcere che si è fatto : CREDIAMOCI!


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tres19
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@stefanoandrea

Per la "dimensione collettiva" c'è bisogno di singoli pensanti con una coscienza perfetta, come ripeto non è ancora nata la generazione che per numero può aspirare a ciò.
Oggi siamo divisi con una piccolissima minoranza che forse è capace di vivere senza Dogmi o almeno ci prova e che però non fa testo e la stragrande maggioranza che è ancorata ai Dogmi e vuole solamente avere meno fiato sul collo, mantenendo il resto inalterato.

Non è detto che tutto l'occidente se la passerà malissimo, l'Italia comunque sarà fra le situazioni peggiori.

Io invito tutti a dedicare ore e giorni a immaginare e a articolare a mo' di storyboard mentale gli sviluppi sociali più prossimi, togliete di mezzo la speranza fine a se stessa, pensate solo a dinamiche fattibili e vedete se ancora pensate in un ravvedimento stile new-age o simili.

I partiti come li intendi tu forse non esistono da 20 anni, ma quelli che c'erano prima hanno dato la spinta ai nostri padri per cadere preda dell'illusione, un 60/70enne onesto oggi ti dirà che era preda di quest'illusione eppure a sui tempo i partiti di cui parli c'erano.

Parlare di collettività è un conto ma parlare di globalizzazione è un altro, non confondiamo le idee, la collettività ristretta è un bene, l'altra un male in quanto la sua realizzazione presuppone un allineamento generale e l'allineamento su vasta scala significa spersonalizzazione con conseguente malumore nel vivere logiche a cui si sente di appartenere in piccola parte.

La mia idea di collettività si ferma fin dove arriva la democrazia diretta, dove inizia quella rappresentativa finisce la mia idea di collettività.


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tres19
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Voglio fare un piccolo appunto sulla idea di collettività.

Molti oggi ci si riempiono la bocca ma pochi hanno mai sperimentato o addirittura immaginato qualcosa di diverso da quella attuale.

Parlando con la gente a quattrocchi mi rendo conto che non hanno la benchè minima idea di quello che è un vivere collettivo.
Tanti miei amici si immaginano sempre la famiglia arginata da 4 mura e indipendente nelle scelte, si immagina di inseguire hobby o pratiche liberamente con l'opzione di poter chiedere a prestito un attrezzo al vicino, in poche parole in concetto di collettività oggi è rappresentato dalla birra al pub la sera, dove con le tasche e la pancia piena, nel tempo libero si interagisce più o meno pacatamente.

Io ho avuto il piacere di vivere per circa un anno in una specie di squat rurale o comune dove c'era una collettività formata da circa 40/50 persone stabili, anziani a bambini, famiglie e singoli, più altrettanti come visitatori saltuari.
Lì si stava insieme sempre 24/24h, si condividevano i lavori e tutto il resto, spazi compresi.

Quando si vive a stretto contatto le interazioni sono molto profonde, tu non educhi i tuoi figli come ti pare, i tuoi figli sono educati da tutti secondo una logica definita inizialmente, i tuoi figli vengono premiati e puniti da tutti e il tuo apporto sarà molto marginale, sarai molto meno un riferimento di quello che sei adesso, il concetto di famiglia attuale non si sposa affatto con il concetto di collettività, anzi è l'opposto; scommetto che molti non ci hanno mai pensato.

Vado subito a girare il dito nella piaga; sei religioso? Sei eterosessuale? Sei qualcosa di altro ?
Ebbene nella collettività c'è chi rappresenta l'opposto magari e per quanto tu possa esprimere ciò che pensi i tuoi figli devono poter avere lo stesso imprinting e con la stessa forza da parte di tutti; quindi è eliminato il concetto del figlio-ometto-super-più, tu non scegli cosa diventerà, ciò che diventerà sarà dipeso dalla sua capacità di vagliare tutte le proposte della collettività e tu conterai per 1.

Immagina che mentre tu gli spieghi il concetto di Dio io gli spiego che è tutta una panzana, mentre tu gli dici magari che un uomo e una donna è l'unica forma di famiglia corretta, il tuo vicino gli parla di altre forme.

Inoltre l'idea di monogamia indissolubile la puoi buttare nel cesso con la collettività, oggi la famiglia come è concepita è tenuta in piedi dalle difficoltà di comunicazione e da tutti gli altri intoppi che rendono la monogamia quasi una forma di difesa per poter vivere.
Vivendo a stretto contatto escono fuori altri modi di vedere e di dare affetto e tra questi non vi rientra la monogamia; se non ci credete prendete moglie/marito e figli e andate a vivere in villaggi simili, tra un anno mi direte se tutto è rimasto invariato tra voi.

Poi, vogliamo parlare di di economia in comune ? Vogliamo parlare di tutte le cose che oggi creano disparità, carriera, arrivismo, ambizione così come anche quel concetto balordo che è la meritocrazia ?
Cosa credi che i meriti in una collettività siano materiali? Credi di avere la casa migliore o altri tipi di agi? No, no, i meriti saranno si un sano riconoscimento da parte degli altri, ma il riconoscimento non si trasformerà in niente di tangibile, niente che crei iniquità, sarai solo considerato più utile o altro ma non otterrai nulla in più e da un punto di vista collettivo non dovresti voler nulla più degli altri.

Se volete possiamo anche ampliarlo questo concetto, io credo sia molto utile anche perchè dovrebbe essere tra i primi argomenti da trattare, molto prima dei tecnicismi.

Molti anni fa per necessità i nostri nonni o bisnonni hanno vissuto una collettività più affiatata della nostra, anche se loro avevano molte inibizioni dovute all'ignoranza del tempo, ad esempio i ragazzini si prendevano degli scappellotti da altri se sgarravano e con l'approvazione dei genitori, oggi si va dall'avvocato se solo uno prova ad alzargli la voce.

Piccolo esempio ma dovrebbe dar da pensare sul fatto di esser migliorati o meno riguardo il concetto di collettività.


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Awa
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@Tres19
Mi piace molto questo tuo appunto sull'idea di collettività, un gradevole invito a pensare!

Ti riporto uno stralcio dell'articolo "Fare Rete" di Lo Monaco, nel quale ci sono citazioni di Muchemble e Bauman, un'articolo di un po' di tempo fà che condivido:

....
Nessuno si sogna, non qui, di ipotizzare delle "comuni" di cui si ha già memoria e delle quali si conoscono già i motivi di fallimento. La storia può insegnare, eccome. E senza neanche scomodare teorie rivoluzionarie di qualsiasi tipo, si deve cercare il proprio modo di realizzare e gestire la transizione. Non c'è un libretto delle istruzioni, ma molto spesso basta il buon senso e la mera logica - sempre più spesso perdute, in questo mondo - per ritrovare il filo di alcuni comportamenti e di alcune scelte che oggi appaiono tanto distanti e che invece, oltre che giuste, sono alla portata di tutti. Non si tratta di abolire completamente la proprietà privata o cose del genere, ma di capire che, ad esempio, unirsi in nuclei, in reti, può far propendere a mettere molte cose in comune. Senza patire alcun problema.
Ci sono vie, fuori dalle città, con dieci villette a schiera per altrettante famiglie e con altrettanti piccoli giardini recintati. In quelle vie ci sono dieci tagliaerba. E venti automobili. Per accompagnare 15 bambini in sole tre scuole differenti.
Gli esempi potrebbero continuare. E ne faremo altri, perché stiamo seguendo passo passo alcune persone che stanno realmente già facendo delle scelte nuove nella direzione che stiamo indicando. Ma questa volta ci preme mettere a fuoco i principi ordinatori del concetto "fare rete", e "creare comunità".
Certo, una comunità è nulla in un momento storico nel quale anche un singolo Stato è poca cosa nei confronti delle decisioni politiche, che oggi significa economiche, prese dall'alto, dalle società apolidi della speculazione mondiale. Ma nel quotidiano una piccola comunità, che sia vera, viva, attiva e leale, è invece moltissimo. Soprattutto in questo periodo di transizione e prima che si manifesti "ciò che sarà".
Non si tratta di costruire dei feudi fortificati, che non servirebbero a molto, ma a una lotta di tipo più ampio e senza estraniarsi dal mondo - che è sempre, per quello che ci riguarda, il fare prendere coscienza delle cose a quante più persone possibili mediante un lavoro metapolitico e di esempio personale - bisogna affiancare anche tutte le soluzioni possibili a fronteggiare le mere esigenze di ogni giorno. In modo particolare adesso che diventa sempre più difficile fronteggiarle, praticamente ora dopo ora.

Una comunità deve soddisfare due necessità elementari: la mutua assistenza, per le cose in cui riesce a essere competente, e la propria sicurezza. Fosse anche unicamente quella di non sentirsi soli. Perché oggi, anche - e forse soprattutto - in città, si è sempre più soli. Perdiamo l'assistenza sociale e i servizi pezzo pezzo, ogni giorno di più, e le funzioni dello Stato sono ridotte a un mero tentativo di disciplinare (male) l'esistente e di (negli ultimissimi tempi) applicare i desiderata delle strutture sovranazionali. Queste non pensano più al singolo cittadino, ammesso che lo abbiano mai fatto, ma neanche a quello del singolo Stato: pensano solo agli interessi delle lobbies e delle società che ne hanno nominato gli organi direttivi.

Zygmunt Bauman ci ragguaglia, nel suo "La decadenza degli intellettuali", su quello che era la normalità degli uomini dell'epoca premoderna:

"L'unica arma che avevano e che impararono a utilizzare per proteggere la loro sicurezza era la compattezza sociale". E ancora: "quel che più colpisce nel quadro del mondo comunale è che i mezzi disponibili di produzione di sicurezza (e, anzi, le condizioni fondamentali della convivenza umana) reagivano male a un allargamento del loro spazio sociale. La loro natura era tale che essi potevano essere gestiti solo da un gruppo relativamente piccolo e su un territorio relativamente ristretto".
Nel mondo senza confini attuale, della globalizzazione, delle difficoltà crescenti a livello sistemico alle quali si richiede di reagire con delle azioni private, come ci sentiamo se non soli e indifesi?

Per capire quale possa essere la giusta dimensione di una comunità utile allo scopo non si deve andare a cercare troppo: già la storia ha insegnato quale sia stata, almeno nell'epoca premoderna, l'estensione più adatta alla riuscita dell'obiettivo. Si tratta della dimensione che è possibile coprire con i propri occhi. Beninteso, ciò non toglie che si possa - e si debba - lanciare lo sguardo e tenere rapporti con altre realtà anche più distanti, ma è evidente che per il quotidiano sia più utile rapportarsi, appunto, quotidianamente, a chi e a ciò che è possibile abbracciare con i propri orizzonti fisici.
Il motivo è molto semplice, ed è ancora Bauman a spiegarlo. C'è bisogno che i punti di riferimento siano visibili e stabili, che i rapporti di solidarietà siano fissi per un periodo di tempo prolungato. Il motivo è molto semplice: c'è bisogno di un periodo di tempo lungo per imparare quali siano i propri diritti e i propri doveri reciproci all'interno di una comunità.
Per fare questo c'è bisogno di rendere ogni componente di tale spazio familiare, cioè "una persona compiutamente definita all'interno dello spazio". E questo può essere applicato, chiude, solo fintanto che questi altri possono rimanere "a portata di vista".

Robert Muchemble, nel suo "Culture Populaire et culture des élites dans la France moderne" scrive parole inequivocabili e impossibili da smentire:

"contadini e abitanti della città dovevano tutti affidarsi a se stessi per proteggere la loro sicurezza, sia fisica che psicologica. La sicurezza era ricercata attraverso un complesso di solidarietà sociali. Allo stesso modo in cui coprivano i loro corpi proteggersi dal freddo, essi si circondavano di strati successivi di rapporti umani che chiamavano famiglia, clan, comunità rurale o urbana..." (...) E ancora: "al pari delle mura, simbolo della città, esse tracciarono l'orizzonte che separò l'"esterno" pericoloso dall'"interno", dove si allacciarono diversi legami di socialità".

Le parole chiave, in questo caso, sono "solidarietà" e "strati successivi di rapporti umani".
Non c'è più una rete di copertura, nel nostro mondo, in grado di difenderci. Ed è evidente che al primo strato intimamente familiare, dobbiamo cercare di crearci strati ulteriori, come altre famiglie, altre persone, una comunità più larga. E magari, presto, una rete di comunità collegate.
.....

Dobbiamo conoscerci, annussarci, sceglierci, alzarci dai nostri divani, presto sarà necessità per tutti. Non possiamo farcela da soli!

Grazie 🙂


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nuvolenelcielo
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Ci libereremo dai vincoli dell'unione europea, propagandati come libertà: di circolazione delle persone, dei capitali, dei servizi e delle merci.

Ci libereremo dall’imposizione della diabolica concorrenza, che non è sana competizione, la quale, tra l'altro, deve talvolta lasciare il campo ora alla cooperazione ora al monopolio.

Ci libereremo dalla fiducia nichilistica nel mercato e dalla diffidenza verso l'umanistica programmazione.

Ci libereremo dal credito al consumo.

Ci libereremo dalla televisione commerciale nazionale, dalla soggezione alla pubblicità e dal desiderio di essere consumatori suscitato dal grande capitale e dal legislatore ad esso asservito.

Ci libereremo dalla dipendenza dai “mercati", ossia dai grandi intermediari finanziari.

Ci libereremo dal dominio dell’industria chimica e farmaceutica.

Ci libereremo dalla falsa credenza che il passato non possa mai offrirci la soluzione e che quest’ultima o debba essere ricercata presso altri popoli o debba essere una novità.

Ci libereremo dalla depressione che spinge a considerare soltanto gli elementi negativi dei diversi periodi della nostra storia.

Ci libereremo dal provincialismo che induce il nostro Stato e la nostra comunità scientifica ad attribuire un maggior valore ad un articolo scientifico scritto in una lingua straniera o a una tesi di laurea redatta e discussa in lingua inglese.

Ci libereremo dalla basi militari straniere sul nostro territorio.

Ci libereremo dalla stima di cui godono mostriciattoli che vedono nella desiderata nostra liberazione un pericoloso sogno da piccola patria.

Ci libereremo.

Stefano D'Andrea http://www.appelloalpopolo.it/?p=6457

sono d'accordo.

ma trovo un po' inadeguato e di derivazione ideologica il linguaggio sul mercato rispetto alla programmazione umana.

siamo nel bel mezzo della programmazione umana, non del libero mercato.

il grande problema euro non è un'invenzione del mercato, ma della programmazione umana che se ne è fregata del mercato.

la stampa del denaro in mano ai banchieri che con i soldi che si creano da soli intervengono poi sul mercato manipolandolo è programmazione umana, non certo libero mercato.

le leggi che mettono le élite al riparo quando rubano o truffano per milioni o miliardi di euro, mentre mandano le cartelle di equitalia a chi è indietro coi pagamenti è programmazione umana, non certo libero mercato.

il fatto che le grandi multinazionali abbiano continue esenzioni fiscali, leggi e deregolamentazioni ad personam, o aiuti statali, a discapito della piccola concorrenza che è invece vessata dalle leggi, è programmazione umana, non libero mercato.

siamo nel bel mezzo della programmazione umana, anche se viene pubblicizzata come mercato.

detto questo capisco cosa intendi, ma non vorrei che questo linguaggio sul "nichilismo" del mercato, facesse perdere ti vista i problemi reali che sono di tipo politico, cioè di mancanza totale di democrazia reale e di controllo gerarchico dall'alto della società.

il mercato non è difficile da regolamentare con poche regole, quando la democrazia è in mano alle persone e non è solo uno slogan.


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tres19
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@AWA

Ti rendi conto quindi che non c'è una richiesta di collettività da parte del popolo perchè lo stesso popolo non è in grado di pensare in maniera collettiva?

Molti addirittura considerano pratiche anti-collettive come buone, come progresso!

Non sono mica disfattista, sono una persona che ama approfondire molto e dove possibile sperimentare molto sia su di me e su chi mi sta intorno senza ovviamente ledere, molte prove le ho fatte, molti concetti li ho elaborati, molti altri li sto elaborando e più analizzo e meno mi faccio illusioni; non siamo pronti, la maggior parte neanche non lo vorrebbe un reale cambiamento.

La maggior parte non sperimenta un bel niente e poi mi parla di divani e di forconi.

Per sperimentare serve tempo e per trovare il tempo bisogna smettere di adoperarsi secondo il costume in uso, invece qua c'è chi per sperimentare vuole il sussidio di disoccupazione! 🙂

Difficile immaginarsi fuori dalla corsa, fuori dal giro, se è così tanto difficile non resta che rimanervi.

Edit per i giovanissimi

Con questo concetto di collettività ovviamente decade quello di globalizzazione, quindi è da scordarsi l'idea di turismo e l'idea di Roma-Barcellona a 20 euro, si ritorna a un viaggiare come era un tempo, dove nessun Sig. Francorosso o Sig. Alpitur vi aspettano a braccia aperte, anzi se non vi adeguate al posto dove vi recate c'è la probabilità di non farne ritorno perchè le differenze che si creano tra le diverse unità possono essere anche vaste.
C'è molto da perdere su questo piano, moltissimo, ma c'è altro da guadagnare, tutto sta a saper vedere entrambi i fronti e non è cosa per tutti questo vedere o meglio questo sentire.


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stefanodandrea
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@nuvolenelcielo

Anche io sono d'accordo con te, con una precisazione che farò.
L'ideologia del non intervento in economia è doppiamente falsa.
In primo luogo perché si realizza con interventi di tipo negativo che sono pur sempre interventi. Gli stati e quindi i popoli non possono avere una loro moneta; gli stati non possono vincolare la circolazione internazionale del capitale; non possono limitare la circolazione internazionale delle merci; e così via.
In secondo luogo, perché gli interventi sono anche positivi, sia là dove si eliminano divieti (è ammessa la pubblicità dei liberi professionisti; sono ammesse le società di liberi professionisti, ecc.), sia là dove prima c'erano autorità o imprese pubbliche (è creata l'autorità indipendente dell'energia elettrica; è creato il MES; è messa all'asta la tale banca pubblica, ecc.

Tuttavia, sbagli a pensare che il mercato con poche regole poste dall'uomo o dal popolo possa essere giusto ed efficace. Il mercato NON ESISTE. Là dove non c'è la legge non c'è mercato, c'è scambio. La droga, come avrai visto nei fil si scambia non dietro promesse (non tutelabili giuridicamente) ma con contestuale scambio di valigette (altrimenti prendi la sola). Quando saltano gli stati, i beni nemmeno si scambiano, si rubano e c'è l'assalto ai furgoni che li portano; ci sono rapimenti.
Il mercato è sempre creato dalla legge, sia quando è monopolistico, sia quando è oligopolistico, sia quando è libero (il mercato libero non è assenza di legge ma è creato dalla legge).
Detto questo, il problema di fondo è se si lascia ai privati (e al grande capitale) decidere cosa produrre come produrre, come vendere, come organizzare la filiera, a chi vendere; o se su questi temi ci sono decisioni collettive, in qualche modo riconducibili al popolo. Questa seconda prospettiva è la programmazione, che non vuol dire, quindi, necessariamente piano quinquennale.


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Awa
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@tres19

Il pensiero collettivo si sta diffondendo, il tutto si evolverà a pari passo con "l'affondamento della nave", meno si avrà e più si cercherà aiuto negli altri. In tutto questo ci sarà tanta gente che si farà parecchio male, sono quelli che non hanno voluto capire, non hanno potuto immaginare.

Grazie alla tua apertura mentale e alla tua capacità di sperimentare, capirai prima di altri come muoverti e quando.

Tutti i giorni vedo il cambiamento negli occhi di mio figlio, come lui c'è una parte di adolescenti, che stanno crescendo con valori e credo sani,vivendo tutto questo schifo stanno maturando consapevolezza.

E' per lui che spero e per lui che credo.

Non smettere di cercare!


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nuvolenelcielo
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il problema è (...) se su questi temi ci sono decisioni collettive, in qualche modo riconducibili al popolo. Questa seconda prospettiva è la programmazione, che non vuol dire, quindi, necessariamente piano quinquennale.

certo. anche se "programmazione" è un parolone che mi fa venire in mente stanzette chiuse e gerarchie rappresentative, io preferirei il termine partecipazione.

comunque non credo sia possibile una programmazione di successo all'interno di un sistema politico tradizionale di tipo rappresentativo, perché sarà sempre una programmazione o a servizio di chi è ben collegato agli alti gradini della gerarchia, o (finché rimane in buona fede) viziata dal distacco con la realtà delle persone.

io ho elaborato questo meccanismo monetario e di democrazia diretta online http://www.nuvolenelcielo.net/36/post/2012/03/likemoney-un-nuovo-sistema-monetario-amministrativo-e-sociale.html
(l'avevo mandato anche al tuo sito).

certo, c'è sempre una politica economica preferibile a un'altra,

ma sinceramente non credo più nel successo finale di una politica di programmazione buona su una politica sbagliata, credo che la strada sia il superamento della politica a favore di un sistema di partecipazione diretta delle persone.
certo è un orizzonte non molto vicino, ma anche l'orizzonte ha la sua utilità.


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tres19
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@Awa

Posso essere d'accordo che c'è un abisso tra il popolo anni '80 e quello di oggi, non stiamo dicendo cose molto diverse, purtroppo però io per "affondamento della nave" vedo scenari molto brutti.

Si può anche pensare all'affondamento come parte necessaria e inevitabile per modificare le coscienze, il punto cruciale era di riuscire ad evitarlo, che ci sarà ormai ho pochissimi dubbi.

Non staremo di certo a farci la pizzetta con gli amici il sabato nell'aspettare la fine di questo affondamento.

😉


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