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Come muore un Italiano


marzian
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Ferrara: un ragazzino ammanettato e insanguinato, trovato cadavere dagli infermieri. Era stato fermato dagli agenti La polizia: «E' morto di overdose». I testimoni: «No, lo hanno pestato loro»

di Checchino Antonini

Ferrara [nostro inviato] - Un diciottenne muore a Ferrara pochi minuti dopo essere stato fermato dalla polizia dalle parti dell'Ippodromo. I giornali locali, a caldo, scrivono di un malore fatale, sembrano alludere a un'overdose. Ma subito saltano fuori particolari inquietanti e contraddizioni. La versione suggerita dalla questura fa a pugni con la relazione di servizio della squadra mobile. E chiunque vedrà il corpo del giovane non riuscirà più a credere a una sola parola della versione ufficiale.

Quello che stiamo per raccontare è successo all'alba del 25 settembre. Una domenica mattina. Ma la vicenda ha oltrepassato da pochissimi giorni le mura della città. Da quando la madre del ragazzo, dopo mesi di inutile attesa della relazione medica, ha deciso di aprire un blog e raccontare i propri dubbi.

Federico Aldrovandi aveva 18 anni, li aveva compiuti il 17 luglio. Viveva a Ferrara, periferia sud, zona di Via Bologna, avrebbe preso la patente la settimana successiva, studiava da perito elettrotecnico, suonava il clarinetto, faceva karate, era un mezzo campione vincitore di molte coppe, bravo in matematica e meno in inglese, impegnato in progetto con Asl e scuola per la prevenzione delle tossicodipendenze. Era un salutista, leggeva le etichette di quello che mangiava. E il sabato sera, con gli amici, andava spesso a Bologna: è lì che ci sono locali, concerti, centri sociali. Così era successo anche quella volta. Erano stati al Link, il concerto reggae era saltato ma la serata era filata via tranquilla. E' vero, Federico aveva preso qualcosa: uno "sniffo" di roba esilarante (una smart drug, naturale e non proibita) più un "francobollo" di Lsd. Nel suo sangue sono state trovate tracce di oppiacei e chetamina, poca roba, però. Nulla che giustificasse un'overdose o un comportamento aggressivo. E poi lui non era proprio un tipo aggressivo. La madre, gli amici, il parroco del quartiere, nessuno lo descrive come è stato descritto dalle veline di Via Ercole I D'Este, dove sta la polizia, e dalle dichiarazioni alla stampa. Erano appena passate le 5 quando il gruppo, tornato a Ferrara, si separa da Federico che decide di fare l'ultimo tratto a piedi, per rilassarsi, è ancora estate, si cammina volentieri. Andrea, Michi, "Burro" e gli altri non lo avrebbero rivisto più.

A questo punto comincia la versione della polizia. Il "contatto" avviene alle 5.47. Una volante sarebbe stata avvertita da una donna abitante in Via Ippodromo, preoccupata dalla presenza di un ragazzo che, forse, camminava in modo strano, forse cantando. Magari farneticava pure, come diranno gli agenti che dicono di averlo fermato e qualche minuto dopo, alle 6.10, avrebbero chiamato il 118.

Otto minuti dopo l'ambulanza lo trova già morto, a terra, con le manette ai polsi, a un passo dal cancello del galoppatoio. Non ci sono i margini per la rianimazione. Qualcosa o qualcuno ha causato l'arresto respiratorio che poi ha bloccato per sempre il cuore del ragazzo che camminava da solo, disarmato, che era incensurato, non stava compiendo alcun reato quella mattina e non aveva mai fatto male a nessuno.

La strada verrà bloccata per più di cinque ore. Nel quartiere si sparge la voce che è morto un albanese, oppure un drogato. O un drogato albanese.

A casa di Federico, alle 8 ci si accorge che il letto è vuoto. Il cellulare squilla invano quando sul display si illumina la parola "mamma". Pochi minuti dopo, quando è il padre a chiamare (ma sul telefonino è memorizzato col nome, Lino), una voce imperiosa intima di qualificarsi e spiega che stanno facendo accertamenti su un cellulare «trovato per strada». Solo verso le 11 si presenta una pattuglia a casa Aldrovandi e annuncia il fatto con poche, pochissime, parole. Lo zio paterno, Franco, 42 anni, infermiere, parte per l'obitorio. In macchina gli spiegano: «Ha preso qualcosa che gli ha fatto male». Ma il viso sfigurato, il sangue alla bocca e un'ecchimosi all'occhio destro fanno venire troppi dubbi. Poi si saprà di due ferite lacero-contuse dietro la testa, dello scroto schiacciato e di due petecchie Ð due lividi da compressione Ð sul collo. «Era una furia», ripetono gli agenti e i funzionari accennando a un comportamento autolesionistico del ragazzo. Dicono che avrebbe sbattuto la testa al muro ma non si troveranno mai tracce di cemento sul viso, né di sangue sui muri vicini. Lo zio e gli amici le cercheranno per giorni intorno alla pozza di sangue davanti all'ippodromo dove "Burro" lascia una poesia dedicata all'amico ma la polizia, così dicono i vicini di casa, gliela farà sparire pochi minuti dopo. Dicono anche, in questura, che sarebbe stato abbandonato dai suoi amici che, invece, respingono decisamente l'accusa. La felpa e il giubbino di quella sera, restituiti alla famiglia, sono intrisi di sangue. Il mattinale domenicale della questura spara subito la tesi del "malore fatale". Le indagini partono dal medico di famiglia a cui verranno chieste notizie sul "drogato", lo stesso si cercherà di fare con i compagni di Federico, convocati dalla narcotici e dalla mobile e torchiati con domande da film di serie B: «Lo sappiamo che siete tutti drogati, diteci dove comprate la roba». Anche a loro la solita versione: Federico sarebbe stato trovato su una panchina, ucciso da uno «schioppone», ossia da un malore. Ma il giorno dopo un giornale azzarda dei dubbi. La questura riesce a far calare il silenzio, chiede (e ottiene) di pubblicare sotto gli articoli sulla vicenda la storia di una maga condannata per calunnia alla polizia. E, stranamente, le indagini d'ufficio vengono assegnate dal pm proprio alla polizia. Vengono convocati i genitori, senza avvocato, per sentirsi ripetere la versione dell'overdose, della gioventù bruciata ecc... Il procuratore capo dirà perentorio che la morte non è stata causata dalle percosse anticipando l'esito di una autopsia, allora appena disposta, e non ancora resa nota. Anzi, per la quale è stata chiesta un'ennesima proroga.

La perizia tossicologica, però, smentisce la polizia. Dovrà essere l'autopsia a chiarire le circostanze. Il rapporto delle volanti svela che quattro agenti sono dovuti ricorrere alle cure del pronto soccorso: due sono usciti con una prognosi di sette giorni, gli altri addirittura di 20. Ma nessuno s'è fatto ricoverare. E' forse il primo caso nella storia della ps, di poliziotti aggrediti che non lo sbandierano ai quattro venti. Perché? Perché non ammettere la colluttazione? Federico si sarebbe difeso o ha aggredito? Perché usare le manette quando esistono procedure precise per sedare persone con funzioni respiratorie compromesse dall'uso di sostanze? Ci sono pure manganelli in questa storia. Uno addirittura s'è rotto quella mattina, probabilmente sulla schiena, sulle gambe e sul viso del ragazzo. I segni fanno pensare che fosse impugnato al rovescio. Il sangue sul vialetto e sui vestiti fa pensare che le botte sarebbero iniziate a piovere prima del luogo della morte. Forse lo inseguivano, forse urlava mentre fuggiva. Forse è per questo che sono stati chiamati i rinforzi: un'altra volante e una gazzella. «E' una calunnia inopportuna e gratuita. Non è neppure ipotizzabile che sia morto per le percosse Ð dice ancora a "Liberazione" Elio Graziano, questore di Ferrara Ð è stata una disgrazia, una vicenda penosissima, era in stato di esagitazione. Quando i "nostri" lo fermarono morì, ritengo per gli effetti delle sostanze. E poi ci sono i testimoniÉ». Già, i testimoni: quelli che si sentono in giro sono resoconti vaghi ed evasivi di persone che avrebbero sentito solo urla e sgommate. Ma Ferrara è una città piccola, tutti sanno tutto. Qualcuno ha visto Federico immobilizzato, a terra, col ginocchio di un agente puntato sulla schiena e un manganello sotto la gola mentre l'altra mano
del tutore dell'ordine gli tirava i capelli. Il ragazzo sussultava, faceva salti di mezzo metro. A fianco a lui, una poliziotta si sarebbe vantata: «L'ho tirato giù io, 'sto stronzo!». Così avrebbe riferito un testimone, ragazzo sveglio e vivace, si dice, probabilmente immigrato, ma stranamente sparito di fretta dalla città. Anche sua madre ha visto tutto e non solo lei. Gli Aldrovandi sperano che il clamore della notizia su questo e altri giornali faccia tornare la memoria a qualcuno.

Nei corridoi della questura, la vicenda viene minimizzata ma il blog della signora Patrizia sta seminando preoccupazione e nervosismo. Si lascia trapelare a mezza voce che il ragazzo fosse un tossico e la sua una famiglia «problematica» seguita da un «prete di frontiera». Pare che anche un carabiniere della gazzella abbia esclamato alla vista del corpo: «Ecco il solito coglione di don Bedin!».

Domenico Bedin è il parroco di S. Agostino, prete coraggioso, fondatore di un'associazione che aiuta poveri (italiani e no), tossicodipendenti, giovani, migranti con o senza carte. La foto di Federico è infilata nella cornice dello specchio nel suo ingresso della canonica. Conosce gli Aldrovandi e i loro amici, «gente normalissima Ð conferma Ð e il ragazzo aveva un buon carattere e non era un tossico».

La città. «La città non ha reagito - continua don Bedin - non ha mostrato rabbia, né passione. Per i giovani è difficile trovare stimoli, sentirsi coinvolti in un progetto. Si vive una specie di attesa degli eventi, c'è chi viene a chiedermi informazioni ma sottovoce. La Bossi-Fini, che produce clandestinità, ha aumentato la tensione tra chi vive per strada. Lo hanno ammesso gli stessi carabinieri nel loro rapporto di fine d'anno». Il capo della mobile si vanta sulla stampa dell'aumento degli arresti ma «la città è sostanzialmente tranquilla - spiega Riccardo Venturi, uno dei legali della famiglia - ma l'ossessione sicuritaria viene follemente pompata, si scimmiotta Bologna con il terrore degli extracomunitari.

Ma siamo una città dormitorio, senza fabbriche ma anche senza baraccopoli, una città che vive di se stessa». Una città che deve capire perché così tanta violenza e tante bugie contro il ragazzo che non aveva mai fatto male a nessuno. La famiglia, sua madre è impiegata al comune, suo padre è ispettore della polizia municipale, chiede solo di conoscere la verità e «che la sappiano tutti, senza fango su Federico». Rifondazione comunista, in città e in parlamento annuncia la presentazione di interrogazioni urgenti a firma della deputata Titti De Simone e della consigliera Irene Bregola. Sulle tv private il questore insiste: «L'intervento degli operatori è avvenuto al solo scopo di impedire al giovane di continuare a farsi del male». Missione fallita.

http://www.liberazione.it/giornale/060112/LB12D6C6.asp [/i]


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marzian
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La morte di Federico fa il giro del mondo

A Ferrara si lavora alla nascita di un comitato per la verità, a Montecitorio arrivano le interrogazioni e Amnesty International apre un fascicolo

di Checchino Antonini

Ferrara [nostro inviato] -Non posso che condividere la richiesta della famiglia Aldrovandi perché si giunga a una rapida conclusione delle indagini e sia stabilita al più presto la verità. Nello stesso tempo condivido e faccio mio l'invito del questore a che non si alimentino opinioni lesive dell'immagine della polizia». Un classico: un colpo al cerchio e uno alla botte. Se la cava così, con un comunicato scarno, Gaetano Sateriale, sindaco di Ferrara, un passato in Potere operaio poi tra i ds proveniente dalla Cgil dov'era il braccio destro di Cofferati.

Intanto la vicenda del giovane Federico, morto in circostanze ancora da chiarire pochi minuti dopo essere entrato in contatto con due volanti della polizia, giunge a Montecitorio grazie all'interrogazione di Franco Giordano e Titti de Simone. I due deputati di Rifondazione chiedono a Pisanu se non sia il caso di aprire un'indagine seria sulla questura estense. Anche a Palazzo Municipale, oggi stesso, sarà depositata l'interrogazione della consigliera Prc, Irene Bregola, per squarciare il silenzio che avvolge la vicenda di Federico. «Non se n'è mai discusso - spiega a Liberazione Bregola - né in consiglio, né ai margini. L'episodio non è stato neppure citato nel recente consiglio comunale dedicato alla sicurezza». Quel dibattito l'avevano voluto le destre cittadine che vedono condensarsi tutte le loro fobie xenofobe nella zona del "grattacielo", un centinaio di appartamenti distribuiti in due torri di una ventina di piani a fianco alla stazione.

Sotto lo sguardo di un caravan della polizia, ci sono un paio di alimentari "etnici", due chiese pentecostali, un circolo Arci gestito da un senegalese e la metà delle case è abitata da stranieri. Pare che le retate, in collegamento coi charter disposti dal cpt bolognese, siano retate "etniche", per esempio il lunedì gli albanesi e così via. Tutta qui, o quasi, la cosiddetta emergenza sicurezza della città. Le cronache registrano con enfasi gli episodi di spaccio ma il prefetto (appena trasferito ad Ascoli), davanti ai consiglieri comunali, fornì un quadro con poca micro e macro criminalità che ha frustrato non poco la voglia della Cdl di blindare i quartieri degli immigrati. In realtà, il caso Ferrara configura unâossessione sicuritaria indotta dai media e dagli effetti collaterali insopportabili.

Ieri in città sembrava domenica con strade affollate solo di bici e bus per via del blocco del traffico. Interrogati all'uscita di scuola, i liceali sanno nulla o quasi della vicenda della disavventura del loro coetaneo. Qualcuno ha creduto alle chiacchiere fatte circolare ad arte, che Federico fosse un "tossico", che la sua fosse una famiglia problematica. La stampa locale aveva già archiviato la storia su pressioni esplicite della questura, dando risalto alle statistiche di fine d'anno del capo della mobile, campione d'arresti ma reticente sulla storia di Federico.

Solo chi conosceva questo diciottenne è incredulo e disorientato ma in queste ore comincia a pensare al da farsi. Nell'istituto tecnico che frequentava non è mai stata fatta un'assemblea sulla vicenda, solo una raccolta di fondi per la famiglia. Ma ora gli amici ragionano sull'ipotesi di creare un comitato. «Stiamo ragionando sui linguaggi più adeguati per bucare l'indifferenza della città - spiega Elisa Corridoni, 27 anni, giovane comunista e consigliera circoscrizionale - Ferrara è segnata da una "nebbiosità" non solo atmosferica ma anche sociale. Difficile che qualcuno si dimostri capace di indignarsi per qualcosa». Domenico Bedin, prete di periferia, amico degli Aldrovandi, di poveri e immigrati, vorrebbe organizzare un momento di riflessione all'Ippodromo dove s'è consumata la tragedia.

La denuncia dei genitori e dei compagni di Federico, intanto, continua a fare il giro del mondo sul web (da Londra se ne sta occupando anche Amnesty International) e a rosicchiare spazi nel circo mediatico nazionale dopo più di tre mesi di silenzio. A incuriosire, sembra essere la modalità scelta dalla mamma Patrizia e dagli amici - aprire un blog sul sito di Kataweb - più che la dinamica dell'evento: una versione ufficiale - la morte per un "malore fatale" che cozza con i retroscena di agenti che fanno di tutto per occultare le prove, i referti del pronto soccorso, di una colluttazione e del pestaggio in piena regola del ragazzo, disarmato, incensurato, e che tornava a casa a piedi all'alba, forse cantando, dopo una serata con gli amici. Federico, quella notte, aveva assunto qualcosa: un mix di gas esilarante e lsd, poca roba. Tanto che la stessa perizia tossicologica, rimandando agli esiti di un'autopsia non ancora certificata, smonterà la versione ufficiale della questura e renderà grottesche le parole del procuratore che, a poche ore dai fatti, smentiva che la morte potesse essere stata causata dalle percosse. E chi ha visto i segni del contatto tra Federico e gli agenti - segni del manico del manganello dietro la testa e sul viso, delle manette sui polsi e anche i lividi da strangolamento sul collo e lo scroto schiacciato - fatica a credere alla vibrata protesta del questore che ripete la cantilena di manette messe ai polsi «per aiutare il ragazzo».

I genitori di Federico non si danno pace al pensiero di quegli ultimi venti minuti di cui si sa così poco, se non il ricordo di un testimone-chiave che avrebbe visto gli agenti accanirsi su Federico ammanettato a terra. Ma che non ce la fa a uscire allo scoperto. Altri, pur vicinissimi al cancello dell'ippodromo, hanno reso testimonianze vaghe ed evasive che aumentano il senso di abbandono percepito dai familiari del ragazzo. Suo padre Lino è ispettore di polizia municipale in un grosso comune della provincia. Quando incontra Liberazione tira fuori un opuscolo. E' il «Codice europeo di etica della polizia» che viene fatto studiare ai corsi professionali. Due punti sono evidenziati col pennarello: quello che le polizie devono dar conto ai cittadini del proprio operato e un altro che sconsiglia che la "polizia indaghi sulla polizia" senza efficaci controlli esterni. Ma l'indagine sulla morte di Federico la sta conducendo la stessa questura. La voce anonima di un uomo in divisa mette in guardia dal «malinteso senso di cameratismo» che scatta in casi come questo. La Uno bianca sfrecciava e sparava a mezz'ora da Ferrara.

http://www.liberazione.it/giornale/060113/LB12D6D0.asp


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marzian
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Federico

Ferrara, 2/1/2006

Scrivo la storia di quel che è successo a Federico, mio figlio.

Non scriverò tutto di lui, non si può raccontare una vita, anche se di soli 18 anni appena compiuti.

È morto il 25 settembre, il giorno di natale sono stati tre mesi…

Ho sempre pensato che sopravvivere ad un figlio fosse un dolore insostenibile. Ora mi rendo conto che in realtà non si sopravvive. Non lo dico in senso figurato. È proprio così. Una parte di me non ha più respiro. Non ha più luce, futuro…

Perché il respiro, la luce e il futuro sono stati tolti a lui.

Sabato 24 settembre è stato un giorno sereno, allegro…

Dopo la scuola il pranzo insieme, chiacchiere, risate. Era ancora estate, faceva caldo. Ha portato a spasso il suo amico cane. Non lo faceva spesso, ma quel giorno è andato con la musica in cuffia. Tutto in quel giorno aveva un’aura speciale.

Pensandoci ora è come se avesse voluto salutare tutti noi. Ha avuto sorrisi per tutti… la gioia era lui.

Ha incontrato la compagnia, ha fatto il suo lavoretto di consegna pizza.

Il programma della sera prevedeva un concerto a Bologna.

Prima di partire è passato da casa per cambiarsi le scarpe, rotte giocando a pallone…

È stata l’ultima volta che l’ho visto vivo.

Ha salutato tutti, compreso il fratello che dormiva già, chiedendomi perché Stefano non avesse risposto al suo saluto.

Anche una sua amica mi ha confermato che quella sera era sereno, che l’ha salutata sorridente con la solita pacca sulla spalla e l’appuntamento al giorno dopo…

Non è mai esistito il giorno dopo.

Al Link il concerto era stato annullato. Quindi la serata è trascorsa lì dentro.

L’hanno detto i compagni che erano con lui, non posso definirli amici, e le analisi lo hanno confermato. Uno dei ragazzi gli ha venduto una sostanza, una pasticca o simili.

Lo definiscono lo sballo del sabato sera. È sbagliato si. Ma non si muore di questo…

Federico lo sapeva bene. Era stato partecipe di un progetto scolastico di ricerca e informazione promosso dalla provincia. So che la sua era una conoscenza approfondita con ricerche sui siti delle asl, conosceva le sostanze e gli effetti. Ed era a suo modo un igienista. Aveva grande cura del suo corpo, di quel che mangiava. Era uno sportivo. Una ragazzo splendido pieno di salute.

E di progetti: pensava alla musica, al suo futuro, lo studio serviva a costruire il futuro.

Nell’immediato c’erano le cose semplici: la patente dopo pochi giorni, il karate, un band musicale da organizzare con gli amici, e la vita di tutti i giorni cercando di stare bene…

Trascorsa la serata il gruppo era rientrato a Ferrara, tornati al punto di incontro dove i più avevano lasciato le macchine o i motorini.

Federico era a piedi. Era partito da casa in macchina con Michy, che poi non era andato a Bologna.

Erano ormai le cinque del mattino. I ragazzi hanno raccontato che gli hanno offerto un passaggio ma Federico non aveva voglia di rientrare subito. Sarebbe tornato a piedi. Era vicino a casa…

Dal suo cellulare si vede che ha chiamato diversi altri amici. Specialmente i suoi migliori amici, un paio di volte ciascuno. Forse per chiedergli se erano ancora fuori… sembra che nessuno gli abbia risposto. I ragazzi che conosco mi hanno detto che avevano già spento il cellulare per dormire.

E poi non so cosa sia successo esattamente. A quell’ora mi sono svegliata, forse non del tutto, chiedendomi se Federico fosse rientrato. Avevo una stanchezza invincibile non riuscivo a muovermi. Poi ho sentito un rumore nella sua stanza ed ero sicura che fosse lì…

Mi sono risvegliata che erano quasi le otto.

Ho cominciato a chiamarlo e ad inviare messaggi. Nulla…

Non era possibile che non rispondesse. Se tardava mi avvisava sempre. Diceva che lo stressavo ma non voleva farmi stare in pensiero. Mi aggrappavo all’idea che avesse solo perso il cellulare…

Poi l’ha chiamato anche suo padre. Sul cellulare di Federico il padre è memorizzato col solo nome, Lino.

Una voce ha risposto.

Ha imperiosamente chiesto chi fosse al telefono, ed ha chiesto di descrivere Federico.

Poi si è qualificato come agente di polizia, ed alle nostre domande ha risposto che avevano trovato il cellulare su una panchina dalle parti dell’ippodromo e che stavano facendo accertamenti. Ed ha riattaccato.

Immediatamente ho cercato in Questura, e ho cercato anche ripetutamente un amico che ci lavora.

Nulla.

Il centralinista rispondeva: c’è il cambio di turno… non sono informato…, appena avremo notizie chiameremo noi…

Niente per altre tre ore!!!! Passate nell’angoscia e nelle telefonate frenetiche agli ospedali, ai suoi amici e di nuovo ripetutamente alla questura.

Nel frattempo Stefano è accorso in bicicletta alla ricerca del fratello. Ringrazio il cielo che non sia andato nel posto giusto.

La polizia è venuta ad avvisarci solo verso le 11. dopo che lo avevano portato via.

Il suo corpo è rimasto sulla strada dalle 6 alle 11.

E non mi hanno chiamata. Era mio figlio. Nessuno ha il diritto di tenere una mamma lontana da suo figlio!

E mi hanno detto che lo hanno fatto per me… perché era meglio che non vedessi.

In quel momento gli ho creduto.

La polizia ha detto che un’abitante della zona aveva chiamato perché sentiva delle urla.

Dicevano anche che si era ferito sbattendo da solo la testa contro i muri.

Questo si è rivelato falso. Smentito dalle verifiche. Federico era sfigurato dalle percosse.

Molto tempo dopo ho riavuto i suoi abiti. Portava maglietta, una felpa col cappuccio e il giubbotto jens. Sono completamente imbevuti di sangue.

Hanno detto che non voleva farsi prendere. Che ha lottato ed è salito anche in piedi sulla macchina della polizia. I medici hanno riferito che aveva lo scroto schiacciato, una ferita lacero-contusa alla testa e numerosi segni di percosse in tutto il corpo. Ho potuto vedere solo quella sul viso, dalla tempia sinistra all’occhio e giù fino allo zigomo, e i segni neri delle manette ai polsi. L’ho visto nella bara. Il suo corpo non sembrava più allineato e simmetrico. Il mio bambino era perfetto, e stupendo. L’hanno distrutto…

E la polizia mi raccontava che era drogato. Che si era fatto male da solo. Che tutto questo era successo perché era un povero tossico e noi sfortunati…

Lo vogliono uccidere due volte. Le analisi hanno confermato che quel che aveva preso era irrilevante. Non certo causa di morte né di comportamenti aggressivi. Semmai il contrario.

Quel che penso è che Federico fosse terrorizzato in quel momento. Gli stava crollando il mondo addosso. La vergogna di essere fermato dalla polizia, la patente allontanata perché aveva preso una pasticca. E aveva dimenticato la carta di identità.

Quella mattina nel vicinato dicevano che era morto un albanese. Nessuno si preoccupava più di tanto…

Ha certo cercato di scappare. Di non farsi prendere. Visto com’era ridotto si capisce come lo abbiano fermato. Quando lo hanno immobilizzato, ammanettato a pancia in giù non ha più avuto la forza di respirare.

Chissà quando se ne sono accorti?

L’ambulanza è stata chiamata quando ormai non c’era più niente da fare. E nemmeno allora lo hanno portato all’ospedale per provare un intervento estremo. Lo hanno lasciato lì sulla strada. Cinque ore. Poi lo hanno portato all’obitorio. E solo allora sono venuti ad avvisarci.

Perché?

Se fosse vero che dava in esca
ndescenze da solo perché non è stata chiamata subito l’ambulanza?

Perché atterrarlo in modo tanto violento e cruento? Era solo. Non c’era nessuno. Era disarmato. Non era una minaccia per nessuno.

Perché aspettare tanto prima di avvisare la famiglia? Chiaro. Per non farcelo vedere…

Se lo avessimo visto così cosa sarebbe successo? Che risonanza avrebbe avuto?

Sul giornale del giorno dopo un articolo che dichiarava che era morto per un malore… tratto dal mattinale della questura.

Il giorno dopo sull’altra testata cittadina “Federico sfigurato”. Immediate controdeduzioni del Capo Procura: “non è morto per le percosse”… questa è stata la prima ammissione di quanto successo.

Ad oggi ancora non sono stati depositati ufficialmente gli esiti degli esami medici. Sono emersi solo alcuni dettagli che ho citato prima.

Quel che non mi da pace è il pensiero del terrore e del dolore che ha vissuto Federico nei suoi ultimi minuti di vita. Non ha mai fatto male a nessuno. Credeva nell’amicizia che dava a piene mani. Era un semplice ragazzo come tanti. Come tutti i ragazzi di quell’età si credeva grande ma dentro non lo era ancora. Aveva tutte le possibilità di una vita davanti, e una gran voglia di viverla…

http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2006/01/federico.html


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marzian
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18ENNE MUORE DAVANTI AGENTI, INTERROGAZIONE VERDI A PISANU

BULGARELLI E CENTO, IMMEDIATA CHIAREZZA SU INCRESCIOSA VICENDA

(ANSA) - ROMA, 12 gen - Un' interrogazione ''sull'increscioso
episodio del diciottenne ferrarese morto a settembre dopo esser
stato fermato da degli agenti di polizia'' e' stata presentata
al Ministro dell'Interno dai deputati dei Verdi Paolo Cento,
vicepresidente della commissione giustizia, e Mauro Bulgarelli.
''La vicenda - spiegano - che e' stata recentemente resa di
pubblico dominio grazie al blog 'federicoaldrovandi.blog' di
Kataweb, somma una serie di fatti perlomeno poco chiari. Il
decesso e' stato in prima battuta attribuito dalla questura ad
un malore per ingestione di stupefacenti, ma questa spiegazione
e' in aperta contraddizione con la relazione di servizio della
squadra Mobile e, sempre secondo quanto riporta il blog aperto
dai familiari del giovane Aldrovandi, anche con il racconto del
personale sanitario che ha trovato il ragazzo privo di vita,
ancora ammanettato e con evidenti segni di percosse''.
''La perizia tossicologica inoltre -proseguono i deputati-
non avrebbe riscontrato tracce significative di stupefacenti.
Infine, gli indumenti restituiti ai genitori molto dopo
l'accaduto, erano intrisi di sangue. Questi sono solo alcuni
degli elementi che ci hanno spinto a chiedere a Pisanu di
verificare tempestivamente i fatti e di fare immediata chiarezza
su questa incresciosa vicenda''.(ANSA).

TAM

12-GEN-06 18:17 NNNN


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Tao
 Tao
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Una madre denuncia: «Mio figlio ucciso in circostanze oscure». E crea un caso su internet

«Ecco la sua storia» «Scrivo la storia di quel che è successo a Federico, mio figlio». Inizia così la lettera di Patrizia Aldrovandi (nella foto, Federico) sul suo sito, diventato uno dei più visitati in questi giorni
Federico Aldrovandi, 18 anni, muore a Ferrara il 25 settembre. La polizia nega di aver usato violenza e parla di droga. Ma sul suo corpo molti segni di percosse

E'stato il blog di una madre a riaccendere i riflettori su una storia archiviata troppo in fretta. Un ragazzo che muore per strada a Ferrara in una mattina di fine estate e i giornali che scrivono di tutto: che era un drogato e che la polizia aveva solo cercato di calmare le sue «escandescenze». Poi cominciano a trapelare voci di percosse. Della possibilità che Federico Aldrovandi, 18 anni appena compiuti, sia stato ucciso quel 25 settembre 2005 dalle botte degli agenti. Sua madre e suo padre, Patrizia - impiegata comunale - e Lino - ispettore dei vigili urbani - non hanno certezze. Ed è stata proprio l'impossibilità di trovare risposte alle loro domande che li ha spinti a creare un blog, che da qualche giorno risulta essere uno dei più cliccati: «Non sono certo un'esperta di informatica, ma ho pensato che era l'unico modo per raccontare chi era mio figlio e per provare a far emergere la verità. Il silenziatore era calato», dice Patrizia, nella sua casa finalmente piena di giornalisti. Ieri ha ricevuto una telefonata persino dall'ufficio londinese di Amnesty International. Il sindaco di Ferrara ha chiesto che sia fatta luce. Finalmente tutti vengono a sapere che Federico era un ragazzo in gamba, campione di karate, appassionato di clarinetto, dolce e introverso come lo raccontano i suoi amici sul blog. La questura di Ferrara si difende: Federico sbatteva la testa contro il muro, sono intervenuti (con due volanti e una pattuglia dei Carabinieri) per evitare «atti autolesionistici». Sabato 24 settembre è sabato. Federico ha un appuntamento con i suoi amici per andare a ballare al Link di Bologna. Il concerto salta, la serata scorre e Federico prende qualcosa: sembra un francobollo di Lsd. Torna a Ferrara che sono le cinque di mattina. Gli amici lo salutano al solito parcheggio: lui va spesso a casa a piedi, perché Ferrara è una città tranquilla. La polizia entra in scena alle 5,47: qualcuno ha chiamato perché in strada c'è un ragazzo «strano». E' Federico. Non si sa cosa sia accaduto, perché qui cominciano le stranezze. Si sa solo che alle 6 Federico era morto.

Prima stranezza: la famiglia viene avvertita solo alle 11, quando il corpo viene portato via dalla strada transennata. La questura si giustifica con Patrizia dicendo che era meglio non vedere. Gli agenti le raccontano che Federico dava in escandescenze, e che ad un certo punto si è accasciato tra le loro braccia. Non parlano delle manette ai polsi, non parlano dei manganelli. Seconda stranezza: quando un giornale pubblica la notizia «Federico sfigurato», il procuratore risponde immediatamente: «Non lo hanno ucciso le percosse». Ma fino ad allora nessuno aveva parlato di percosse, e poi l'autopsia si doveva ancora fare. Certo, lo zio che aveva compiuto il riconoscimento si era accorto che qualcosa non andava: «Sembra gli sia passata addosso una macchina», aveva detto. In seguito i medici legali incaricati dalla famiglia certificheranno lo scroto schiacciato, due ferite lacerocontuse sulla testa, due petecchie al collo, come da strangolamento. E le stranezze continuano: l'unico testimone, un ragazzo minorenne del Camerun, pare sia tornato nel suo paese. Il ragazzo raccontava di quattro poliziotti sopra a Federico, steso a terra a pancia in giù. Uno degli agenti con il ginocchio sulla sua schiena, e un manganello sotto al collo per tirargli indietro la testa. Federico faceva «salti di mezzo metro» per le convulsioni.

Prima, però, aveva lottato per non farsi fermare, c'è stata probabilmente una colluttazione, tanto che il giorno dopo quattro agenti si sono fatti medicare, ma tutti hanno rifiutato il ricovero, nonostante le prognosi dai sette ai venti giorni. Perché mai? E poi: quel manganello che nel verbale della polizia risulta addirittura essersi rotto, l'ambulanza chiamata solo a morte avvenuta, il giro di interrogatori a carico degli amici di Federico in cui si chiede con insistenza della «droga». Eppure gli esami tossicologici hanno dimostrato che la quantità di oppiacei nel suo corpo era minima, e che soprattutto non hanno determinato la sua morte. Solo i risultati dell'autopsia potranno accertare la vera causa, ma la pubblicazione continua a essere proprogata. Ieri la famiglia ha saputo che arriveranno il 27 febbraio. Fino ad allora, la speranza è che se qualcuno ha visto, parli.

Cinzia Gubbini
Fonte: www.ilmanifesto.it
13.01.06


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proxer
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Il ragazzo era in preda ad una sorta di delirio, probabilmente era in preda ad allucinogeni.
Aveva cominciato a danneggiare i cestini dell'immondizia, urlava scalciava come una dannato, qualcuno ha chiamato la polizia, che per bloccarlo ha dovuto dargli un po di mazzate.
Pare che la morte sia sopraggiunto per collasso cardiocircolatorio.
Brutta storia di droga e violenza


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marzian
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Proxer: "qualcuno ha chiamato la polizia, che per bloccarlo ha dovuto dargli un po di mazzate".

Già, solo un idiota avrebbe chiamato un medico per sedarlo. Si tira fuori il manganello e lo si sfigura, ben fatto! Tecniche anti-droga di altissimo livello.
Complimenti.


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Ferra
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brutta storia di droga e violenza?!?!?!?!

ma come fai a dire una cosa del genere...... bah......

il mio primo post perferivo di certo farlo su argomenti meno tristi.....
Ferra


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marzian
Honorable Member
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AGGIORNAMENTI DAL BLOG

La madre di Federico:

http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2006/01/13_gennaio_2006.html

Ringrazio tantissimo tutti gli intervenuti e i visitatori del blog.

che la storia di Federico sia conosciuta da tanta gente è già un grandissimo risultato.

adesso aspettiamo che si faccia piena luce....

ho ricevuto segnalazione che dato il gran numero di commenti il file fatica ad aprirsi. perciò per favore d'ora in poi inserite i vostri commenti in coda a questo post. grazie ancora.

confermo che Amnesty International mi ha telefonato da Londra dicendomi che stanno seguendo il caso

kataweb mi dice che ha provveduto a riunire molte cose uscite online, in Tv, alla radio e sui giornali in questi giorni sul caso di Federico in un contenitore speciale a questo indirizzo: http://www.kataweb.it/spec/home_speciale.jsp?ids=125353

Simone:

http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2006/01/post.html#comment-12819925

Io abito in via ippodromo, molto vicino al luogo dove è morto Federico, non mi dimenticherò mai quella domenica mattina… sono uscito di casa alle 06:30 e ho subito visto i lampeggianti delle auto delle forze dell’ordine e dopo pochi metri ho capito cos’era successo, il corpo di federico era coperto da un lenzuolo bianco ed erano presenti macchie di sangue sull’asfalto, gli agenti (erano presenti 3 pattuglie della polizia, 2 dei carabinieri e 1 ambulanza) sembravano molto agitati, quasi sconvolti, mi era sembrato un po’ strano vedere degli agenti in quello stato, con il mestiere che fanno dovrebbero mantenere sempre il “sangue freddo” almeno chè…
Quando alla sera, sono tornato a casa, parlando dell’accaduto con la mia famiglia, mia madre raccontava che si era svegliata verso le 05.30/06.00 perché aveva sentito delle urla di un ragazzo, era riuscita a capire bene solo le seguenti frasi: BASTA, SMETTETELA, BASTA VI PREGO! Suppongo fosse la voce di Federico che implorava gli agenti di smettere, ma di smettere di far cosa???!!!
Forse io sono stato il primo “civile” a vedere gli effetti di quella sera, anche se ne dubito, mi sembra impossibile che in una via come la nostra nessuno abbia visto niente!

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Tao
 Tao
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Ucciso dalla polizia? Sul blog dedicato a Federico Aldovrandi spunta un testimone. Il procuratore capo di Ferrara ribadisce: non è morto per le «lesioni»

Si chiama Simone, o almeno si firma così, ed è la prima persona tra le centinaia che lasciano messaggi nel blog messo in piedi dalla madre di Federico Aldrovandi a dire di essere stato testimone di quello che accaduto il 25 settembre a via dell'Ippodromo, Ferrara. E' qui che Federico, 18 anni, ha trovato la morte in circostanze ancora da chiarire. Simone dice che non dimenticherà mai quella mattina, quando è sceso in strada e ha visto un corpo avvolto in un lenzuolo bianco, macchie di sangue a terra e «agenti della polizia agitati, quasi sconvolti». Quando la sera torna a casa, sua madre gli racconta di essersi svegliata tra le 5,30 e le 6,00 «perché aveva sentito le urla di un ragazzo, era riuscita a capire bene solo le seguenti frasi: basta, smettetela, basta vi prego!». Se questa testimonianza venisse confermata, rafforzerebbe le ipotesi avanzate dagli Aldrovandi, e cioè che prima di morire il ragazzo è stato picchiato dalla polizia. Per la madre, Patrizia, un ennesimo colpo: «Terribile leggere quelle parole, ma ora spero che questo ragazzo si metta in contatto con me, e che altre persone si convincano a parlare e ci aiutino a capire la verità».
Ma il clamore mediatico suscitato dalla storia di una donna che si inventa un blog per fare luce sulla morte del figlio non piace a molti, a Ferrara. Il primo ad essere irritato dal «processo mediatico in corso» è il Procuratore capo Severino Messina che sta conducendo le indagini. Ieri ha convocato una conferenza stampa per ribadire che «le lesioni, quale che ne fosse l'origine, non potevano aver cagionato di per sé la morte del giovane». Insomma, le ecchimosi e le ferite lacerocontuse sul corpo del ragazzo non si sa da cosa siano state provocate (atti autolesionistici secondo la polizia, botte secondo la famiglia) ma sicuramente non lo hanno ammazzato. Messina ha invece ribadito che la perizia tossicologica «ha accertato la presenza nel sangue di sostanze stupefacenti, concludendo però che i livelli di tali sostanze non consentono di stabilire un nesso di causalità "inequivocabile" con il decesso». Quella stessa perizia, poco sopra il passaggio citato dal Procuratore, dice anche che «i livelli di stupefacenti riscontrati nel sangue» sono «in assoluto non molto elevati». Le parole di Messina sono state apprezzate da Gianni Tonelli, segretario nazionale del Sap (sindacato di polizia di destra), perché «mettono il punto alle strumentalizzazioni di questi giorni, a chi va cercando cose che non esistono. Io mi inchino al dolore di una famiglia, ma gli agenti sono intervenuti per evitare che quel ragazzo, sotto effetto di stupefacenti, facesse male a se stesso». Anche il Silp Cgil chiede che siano «tolte tutte le cortine fumogene sull'episodio».
Ma i «processi mediatici» non piacciono neanche ai legali della famiglia Aldrovandi: «Non serve concentrarsi sui particolari - dice l'avvocato Riccardo Venturi - sarà la perizia medico-legale ancora in corso a stabilire le cause della morte. Qui si tratta di capire se l'intervento della polizia è stato proporzionato al caso o meno, se gli agenti hanno messo le mani addosso a un ragazzo che stava male invece di chiamare immediatamente un medico perché fosse sedato, come andrebbe fatto in questi casi». Intanto le dichiarazioni del Procuratore, la sua decisione di affidare le indagini sul caso alla polizia - polemiche definite da Messina «pretestuose» - non aiutano certo a tranquillizzare la famiglia di Federico: «Non riesco più a fidarmi di queste indagini, vedremo come muoverci», dice Patrizia.

Cinzia Gubbini
Fonte: www.ilmanifesto.it
14.01.06


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Dandy_Rotten
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In questi giorni avrebbero dovuto rendere pubblici i risultati dell'autopsia... ma ancora non si è saputo niente di nuovo.
Qui a Ferrara non tutti sono convinti della versione di madre e amici, purtroppo c'è gente che sta spalando quintalate di sostanza organica sulla memoria di un giovane.


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