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Comune di Ravenna chiede 3 milioni agli autocostruttori.


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Costruirsi la casa, trovare un aiuto da Banca Etica, avere un tetto che in altre condizioni sarebbe impossibile. Un sogno per la cooperativa Mani Unite, 14 famiglie di autocostruttori che hanno deciso da sè di farsi i muri del proprio nido. Peccato che tutti i sogni da focolare si sono infranti in un incubo che dura oramai da troppi anni. Il cammino dei nuclei familiari scelti “per basso reddito” si è interrotto a causa del fallimento della società Alisei Autocostruzioni SRL, individuata come fornitrice (di materiali e maestranze). A distanza di sette anni rimangono solo due palazzi fantasma, in grezzo, senza rete fognaria ed esposti alle intemperie. E i soldi? E i debiti? Chi li paga?

ONG E AUTOCOSTRUZIONI – Inizia tutto il 17 giugno 2003, quando il Comune di Ravenna avvia l’indagine per individuare le aree Peep per la “realizzazione di interventi di integrazione sociale tramite l’utilizzo della metodologia di autocostruzione totale”. Il 20 giugno Alisei Ong (Organizzazione non governativa), si interessa al progetto di Ravenna.

Nel marzo 2004 si avvia un protocollo d’intesa con l’Ong. Partono diversi posti su cui realizzare le abitazioni, a Piangipane, Sarvana e a Filetto. “Abbiamo iniziato nel 2005 partecipando ad un bando del Comune di Ravenna, nel 2006 sono iniziati i lavori. Una volta selezionate le famiglie abbiamo creato una cooperativa” racconta Matteo Mattioli, uno degli autocostruttori. I lavori iniziano nel dicembre 2006. Il permesso per costruire è del 6 aprile 2006 ma non viene dato all’Ong. Colpo di scena, da qui in poi subentrerà Alisei Autocostruzioni Srl. L’appalto delle 14 unità immobiliari si aggira su 1 milione 68 mila e 867,20 euro.

E QUESTI? - Chi è Alisei Autocostruzioni Srl? Nel documento figura il nome di Ottavio Tozzo, architetto e presidente Anche di Alisei Ong (fino al 2010). Alisei Ong si dichiarerà sempre estranea alla vicenda di Filetto. In un pezzo di Ravenna e Dintorni si parla del architetto Tozzo. Dopo lo scandalo del fallimento della Srl Alisei Ong prende le distanze dalla società che lavorò sul cantiere ravennate:

«Guardi che si sbaglia, si tratta di una omonimia. Noi non c’entriamo niente con le autocostruzioni». Quando telefoni all’organizzazione non governativa Alisei a Milano e chiedi di chi si occupa dell’autocostruzione ti rispondono così. Eppure la società a responsabilità limitata denominata Alisei Autocostruzioni, nata nel 2004 e in crisi dal 2010 fino al fallimento, risulta da più parti il braccio operativo della Ong. Molti i cantieri in Italia affidati a Alisei Autocostruzioni, che si propone come soggetto gestore dell’intero processo. Uomo forte della costellazione Alisei era l’architetto Ottavio Tozzo, presidente della Ong. Fu lui che nel 2004 avvicinò l’immobiliare Domus per acquistare l’ex teatro Italia a Mezzano. «Mi contattarono tramite un’agenzia immobiliare – spiega Giuseppe Storace di Domus – perché l’idea di Tozzo e di Alisei era di trasformare quel teatro in appartamenti con il metodo dell’autocostruzione. L’affare non andò in porto perché non trovammo alcuna banca disposta a finanziare Alisei»

Ora i membri della cooperativa si ritrovano senza casa, con un milione e 322 mila euro (di debiti verso la Banca, che nel mentre ha avviato anche una diffida al comune ravennate) e con un perizia da parte del Comune che stabilisce 1 milione e 100 mila circa euro necessari per il termine dei lavori.
LA VERSIONE DEL COMUNE - Massimo Cameliani, assessore alle attività produttive e agricoltura di Ravenna, si sta occupando della vicenda. “Non è vero che il Comune non si è occupato di Mani unite. Abbiamo lanciato una transazione con Banca Etica. La proposta prevedeva esonero del debito con Banca Etica, con possibilità di acquisire immobile una volta finita i lavori. Abbiamo fatto una proposta sul valore di mercato e una possibilità di affitto iniziale con poi riscatto dell’immobile. Una proposta che per la cooperativa risultava onerosa”. E ora? “A questo punto – spiega – studieremo un’altra proposta per settembre”. Banca Etica avrebbe chiuso in questa ultima vertenza con 700 mila euro. “Alcuni dei membri della cooperativa – aggiunge Cameliani – non sono più presenti. Noi non possiamo coprire tutte le spese, da ente locale abbiamo anche il controllo della Corte dei Conti”.

FILETTO FAIL – Gli altri cantieri ravennati (sempre sotto Alisei Srl) hanno avuto gli stessi problemi, ma sono oramai conclusi. Perché loro sì e Filetto no? “Nel caso dei cantieri di Piangipane e Sarvana -spiega l’assessore – siamo riusciti a portare a termini i lavori. Certo, i cittadini in questo caso hanno stretto la cinghia e hanno messo una cifra ulteriore, un sacrificio”. In tutto questo il Comune doveva avere una sua responsabilità. Secondo però l’assessore Cameliani non erano molto chiare le modalità di azione dell’ente ravennate: “La verità sta sempre nel mezzo, i giudici decideranno le responsabilità. Io ritengo che la convenzione prevedeva che il Comune dovesse vigilare ma non erano indicate modalità e temi. Qui c’è un ente pubblico, non si può però chiedergli una vigilanza come per un ente privato. Dovevamo andare tutte le mattine a contare le carriole che entravano? Gli altri due progetti, dopo il fallimento Alisei, sono stati chiusi. Lì le cooperative si sono rimboccate le maniche, hanno fatto ulteriori sacrifici economici”. E se i soldi non ci sono? “Noi come Comune dobbiamo fare delle transazioni credibili. Non possiamo permetterci di regalare nulla. Per fare gli accordi occorre esser in tre. La volontà deve esser di tutti: Comune, Banca e cooperativa di autocostruttori”. A Ravenna si aspetta ancora l’ultimo mattone per mettere la parola fine, sopra una casa che non avrà mai un ingresso con angolo cottura.

LA CAUSA. Gli autocostruttori di Filetto depositano una causa civile nei confronti di Alisei ONG, Banca Etica e Comune, chiedendo un milione e quattrocentomila euro di danni per il lavoro svolto sul cantiere, fermo dal 2009. La citazione al tribunale civile è arrivata all'Amministrazione e ne ha dato notizia l'assessore Massimo Cameliani nel corso del consiglio comunale del 8 gennaio 2014, durante il quale si sono discussi due ordini del giorno sul tema di Movimento 5 Stelle e Lista per Ravenna.

L'Amministrazione ha naturalmente già annunciato di non poter accettare questa richiesta in sede stragiudiziale, contando sull'ultima parola del giudice. «La giunta – ha poi rivelato Cameliani dopo la discussione a Palazzo Merlato – valuterà eventuali azioni nei confronti dell'ong Alisei, soggetto protagonista del progetto di autocostruzione.

OGGI LA RISPOSTA DEL COMUNE. Il Comune di Ravenna chiede un risarcimento danni di tre milioni di euro alla cooperativa che riuniva le quattordici famiglie di autocostruttori a Filetto. La richiesta è contenuta nella memoria difensiva presentata da Palazzo Merlato dopo essere stato citato in giudizio dalla coop.

La richiesta dei tre milioni di risarcimento somma le spese per completare le palazzine (stima di 1,2 milioni), gli oneri per onorare il debito non estinto con Banca Etica (1,3 milioni di euro), i contributi mancati contributi regionali (280mila euro), spese e sanzioni.
«Sembra uno scherzo – dice Pietro Vandini, capogruppo M5s in consiglio comunale –. Chiediamo le dimissioni del sindaco Fabrizio Matteucci che ha firmato la richiesta danni. Questo fallimento ha fatto spendere ad oggi quasi un milione di euro e almeno altrettanti ce ne vorranno per concludere gli appartamenti grezzi. Nonostante tutto l’arroganza di questa amministrazione non ha limiti, ha chiesto tre milioni di euro di risarcimento agli autocostruttori, vere ed uniche vittime in questa vicenda. Il sindaco Matteucci qualche mese fa aveva annunciato che si sarebbero mossi per vie legali contro l’Alisei ong, ad oggi l’unica azione fatta è nei confronti degli autocostruttori».

Per sostenere la propria battaglia contro l'amministrazione pubblica, gli autocostruttori rimasti ancora nella cooperativa Mani Unite hanno aperto anche un conto corrente aperto alle donazioni di chiunque volesse contribuire: Iban IT 81 H 03075 02200 CC8500518523 (Intestatario Matteo Mattioli, vicepresidente cooperativa Mani Unite).


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