ecco la meritocrazia della nostra splendida classe dirigente
La selezione naturale della creme de la creme italiota
tutti vittime delle "circostanze"
I legali: distinto il ruolo tra banche e imprenditori. Condannato Bertelli
Appello per il crac Italcase
Tutti assolti i big della finanza
Formula piena per Colaninno, Geronzi, Gronchi e Marcegaglia
DAL NOSTRO INVIATO
BRESCIA — Assolti con formula piena: Cesare Geronzi e Roberto Colaninno non c’entrano nulla col crac dell’Italcase. Non c’entrano nulla nemmeno gli altri big delle banche italiane che in primo grado vennero condannati per aver finanziato le imprese di Mario Bertelli, l’immobiliarista bresciano che ricoprì mezza Sardegna di case e villette ma che fallì lasciando un buco di 600 milioni di euro.
La Corte d’Appello di Brescia, riformando la sentenza del 2006, ha cancellato ieri pomeriggio ogni colpa per Cesare Geronzi, Roberto Colaninno, Divo Gronchi, Steno Marcegaglia, Ivano Sacchetti e altri 45 manager bancari, tutti accusati di aver tenuto in vita un’impresa decotta— l’Italcase di Bertelli — al solo scopo di riottenere il denaro prestato. Unici colpevoli per quel disastro economico sono stati ritenuti dunque Mario Bertelli (condannato a 8 anni), suo fratello Giancarlo e una serie di amministratori delle loro società, ai quali sono state inflitte pene da un anno a tre anni e mezzo. In primo grado sia la «galassia » di Bertelli sia le banche sue finanziatrici (Banca Agricola Mantovana, Banca di Roma e Banca dell’Agricoltura) erano state ritenute responsabili dello sfacelo. Così nel 2006 oltre ai 13 anni per Bertelli erano giunte le condanne anche per il «gotha» bancario italiano: i 4 anni per Colaninno e Marcegaglia, i 20 mesi per Geronzi e Sacchetti erano stati i casi più clamorosi.
In appello la pm Silvia Bonardi ha ribadito la tesi accusatoria: i nomi illustri di questa vicenda, sedendo nella stanza dei bottoni degli istituti di credito, erano a conoscenza dello stato comatoso in cui versava la Italcase di Bertelli; nonostante ciò avrebbero continuato a sostenerla al solo scopo di riscuotere almeno in parte il credito erogato (e da qui è scaturita l’accusa di bancarotta preferenziale); la Corte presieduta da Enzo Platè ha invece separato il destino di Bertelli da quello dei suoi sponsor bancari. Il costruttore bresciano avrebbe sì edificato in Sardegna 600 villette e un migliaio di appartamenti tra Stintino e la Costa Smeralda (molti dei quali destinati a una clientela vip, come quelli messi sul mercato coi marchi «Bagaglino » o «Country Village ») spendendo molti più soldi di quelli di cui effettivamente poteva disporre. Il ruolo avuto dagli istituti di credito è riconducibile invece a una normale e legittima attività finanziaria. «Era chiaro fin dall’inizio — commenta Cesare Zaccone, avvocato di Colaninno — che amministratori senza deleghe non potevano avere responsabilità per quei fatti». Più caustici Francesco Vassalli e Paola Severino, difensori di Geronzi: «Per fortuna c’è qualcuno che ragiona: la sentenza lascia ampi spazi per distinguere tra il ruolo della banca e quello dell’imprenditore nei casi di fallimento ». Bertelli, dal canto suo, resta a piede libero: fallito l’assalto al cielo, fallito l’ingresso nel salotto buono dell’economia italiana, l’ex geometra della Valsabbia oggi si è buttato nel ramo del fitness, gestendo una serie di palestre. Convertito al motto che quando c’è la salute in fondo c’è tutto.
Claudio Del Frate
12 maggio 2009