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Curcio: non siamo tutti uguali, ma nessuno è inferiore


Tao
 Tao
Illustrious Member
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PARLA IL FONDATORE DELLE BR ALBERONI AVEVA DETTO: «RENATO E ROSTAGNO NON DISPREZZAVANO MORALMENTE NESSUNO»

«Non ho mai creduto alla superiorità morale, né della sinistra in generale, né quella di noi studenti a Trento, Mauro, Marco, io. Alla diversità invece sì, abbiamo sempre pensato di essere moralmente diversi. In fondo è una delle poche cose che ci accomunavano tutti», dagli studenti in vena di estremismi ai futuri rivoluzionari armati, o a quelli che sarebbero diventati capi di partito. Per il resto, tutto è stato, appunto, diverso. Le strade si sono separate, e Renato Curcio - il fondatore delle Brigate Rosse, condannato all’ergastolo e finito in carcere nel ’74 - ha preso la più impervia. Oggi, raccontano con retorica frase, «è un altro uomo». Francesco Alberoni, il vecchio professore di alcuni futuri rivoluzionari, contestando una frase di Flores sull’«inferiorità morale» dell’elettorato di destra s’è trovato a ricordare: «A Trento non sentii mai Rostagno, Curcio e Boato dare del moralmente inferiore a qualcuno». Oggi Curcio è a Dogliani, provincia di Cuneo, dove dirige la casa editrice (una cooperativa, come Unipol!) Sensibili alle foglie. «Ho sempre creduto nella diversità, mai nella superiorità o inferiorità morale di un essere umano rispetto a un altro.

Persino negli anni di Trento non demmo mai del ladro o del corrotto a qualcuno solo perché era nostro nemico. Anche i conservatori non li abbiamo mai irrisi, o considerati moralmente spregevoli». Per capirci, eroi borghesi come Corrado Stajano, o fieri avversari come Indro Montanelli. «Con ciò non dico affatto che siamo tutti uguali. Questo piacerebbe alla destra berlusconiana. Il dibattito politico sulla superiorità si svolge a livelli molto bassi. Il tema dell’etica viene usato per attaccare questo o quel politico, senza una vera riflessione su etica e imprese italiane, quello che noi cerchiamo di fare qui a Sensibili alle Foglie, con le nostre inchieste socianalitiche». Chiede di non pronunciare giudizi su D’Alema e Fassino, «non sono nella condizione di farlo»; ma implicitamente li difenderà. Parla più volentieri delle coop. Il motivo è semplice. «In questo periodo sto facendo una ricerca sulla responsabilità sociale d’impresa. Il punto centrale è questo: l’etica viene tradita nelle aziende da due punti di vista. Viene tradita da alcuni manager corrotti, e questo è evidente, oggi; ma poi anche da chi la sbandiera solo come un marchio per abbellire e vendere meglio il prodotto». «Prenda per esempio il meccanismo degli standard di certificazione. Ci sono imprese, le cito Auchan, le cito Esselunga sulla quale abbiamo fatto una ricerca che ha dato risultati severi, che propongono i loro prodotti come certificati, cioè dotati di un presunto bollino di eticità. Spesso nel mondo del lavoro industriale l’etica viene usata come una forma di marketing, una dote in più per vendere prodotti». Cosa significa tutto questo, che i cittadini vogliono etica, e l’economia talvolta degrada l’etica a un marchio? «Tra i cittadini c’è una richiesta forte di eticità dell’economia, nessuno ormai vuole comprare la banana più economica se è stata prodotta con il lavoro schiavista del bambino africano. Però così l’etica viene a sua volta usata». Si arriva gradualmente alle coop: «Forse anche prima del caso Consorte c’è stata come una biforcazione nel mondo cooperativo. Alcuni si sono posti il problema di restare diversi, altri hanno scelto la via più veloce per entrare in rapporto col mercato. Vedo in giro una concezione molto strumentale dell’idea cooperativa. Si accusano i dirigenti Ds, certo, ma i primi ad aver sbagliato sono quei manager che hanno tradito lo spirito cooperativo».
Sulla diversità morale almeno, si direbbe d’accordo oggi con Berlinguer?
«Io non mi sento nella condizione di entrare in una valutazione di Berlinguer. Quando parlo di diversità lo faccio in un senso molto diverso dalla sua diversità morale, o da quella rivendicata ancora dai Ds. Per me la diversità morale è un diritto universale, il diritto a un modo di essere diverso, a esprimere e sentire posizioni diverse da quelle acquisite come standard in Occidente. Il contrario di chi crede nella superiorità di qualcuno su un altro. Da lì sono venuti molti dei peggiori crimini dell’umanità».

Le Br ci hanno creduto, no? Silenzio. Silvano Girotto, alias frate Mitra, in un’intervista recente ha detto: «Con Curcio ci scriviamo. Ma non parliamo di quegli anni. Non vuole assolutamente avere nessun altra occasione di ricordarli. Un’operazione di rimozione totale».


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