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Giulio Regeni, dieci mesi dopo lontani dalla verità


Davide
Membro
Registrato: 2 anni fa
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Siamo al 25 novembre 2016, siamo a dieci mesi dalla scomparsa di Giulio Regeni e dobbiamo con amarezza constatare che la nebbia è fitta, talmente fitta da rendere difficile scorgere una luce seppur fioca che possa illuminare questa storia di criminalità politica.

La cooperazione giudiziaria tra la Procura della Repubblica di Roma e i magistrati egiziani procede lentamente e non sappiamo con quali frutti. Pare che nelle prossime settimane vi sarà un nuovo summit.

Nel frattempo l’azione diplomatica di pressione che il governo italiano avrebbe dovuto svolgere nei confronti del governo egiziano, quanto meno per amor patrio se non per rispetto dei diritti umani su scala globale, è pericolosamente stagnante.

Non sappiamo se mai vi sarà un incontro tra i pm italiani e quelli egiziani, non sappiamo se l’incontro sarà collaborativo o se verranno riproposte dai secondi le fandonie e i depistaggi iniziali, sappiamo però che il silenzio delle istituzioni italiane ci preoccupa.

Sappiamo anche che Giulio Regeni è stato torturato e che sul suo corpo c’erano le tracce dei suoi assassini, se qualcuno tra gli investigatori del Cairo avesse voluto andarle a cercare.

Sappiamo che i torturatori torturano o pensano di torturare sempre nel nome dello Stato, per cui non si preoccupano di occultare le loro responsabilità. Sappiamo che godono spesso di immunità e impunità, il che li rende arroganti e non preoccupati di occultare il crimine commesso.

Sappiamo che la tortura è un delitto odioso, lesivo della dignità umana e che, con le sparizioni forzate, è pratica diffusa del regime egiziano dell’ex generale Al Sisi.

Sappiamo che in Italia la tortura non è un reato e questo riduce il tasso della nostra moralità pubblica nonché la credibilità internazionale del governo italiano.

Sappiamo infine che la giustizia in una non democrazia è un obiettivo ben difficile da raggiungere.

Proprio perché sappiamo tutto questo, Antigone e la Cild (Coalizione italiana per le libertà civili) terranno viva e ferma la richiesta di giustizia e verità per Giulio Regeni consapevoli che ci vorranno determinazione, tempo e memoria. Noi siamo abituati a non dimenticare, a stare dalla parte delle vittime di violazioni dei diritti umani anche per decenni, a lottare senza stancarci.

In questi giorni, ad esempio, sta andando a conclusione il processo di primo grado a Roma nei confronti degli assassini, sequestratori e torturatori fascisti sud-americani alleati nel Plan Condor. Sono vent’anni di lavoro giudiziario memorabile degli avvocati Arturo Salerni e Mario Angelelli di Progetto Diritti. I figli delle vittime di allora avranno finalmente un riconoscimento giudiziario.

Dunque noi continueremo a lottare oggi, domani e fino a quando sarà necessario per la giustizia e le verità per Giulio Regeni.

Lo dobbiamo alla sua meravigliosa e coraggiosissima famiglia. Lo dobbiamo a noi stessi, a chi crede nella libertà. È nostro dovere farlo. Altro che realpolitik.

Per questo speriamo che il prossimo eventuale incontro romano non si chiuda con l’ennesimo umiliante (per l’Italia) nulla di fatto.

Patrizio Gonnella * Presidente di Antigone- Cild
Fonte: www.ilmanifesto.info
24.11.2016


Citazione
[Utente Cancellato]
Honorable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 580
 

Ma il pudore non lo conosce "Il manifesto"?
Come può scrivere "Sappiamo infine che la giustizia in una non democrazia è un obiettivo ben difficile da raggiungere." riferendosi all'Egitto?
Forse che in Italia, a detta del primo articolo della costituzione che sostiene di essere una repubblica democratica, la giustizia funziona?
Se sì potrebbe gentilmente indicarcene in che casi?
Grazie.


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