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Grillo e il reddito di cittadinanza. Perché no?!?


EasyGoing
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Grillo e il reddito di cittadinanza. Perché no?!?

Vi gasate quando Grillo parla di reddito di cittadinanza? Siii?!?….Io no. Tu perdi il lavoro, stai a casa e prendi lo stipendio, oppure superati, non so, i 18 anni, se non sei occupato hai diritto a ricevere una somma di denaro. Perché esisti. Grillo ne parla durante i suoi comizi elettorali; la gente la prende bene, è felice, applaude.

Grillo, se dessimo una somma di denaro a tutti i disoccupati, o a tutti quelli che hanno superato i 18 anni, accadrebbe che loro consumerebbero, spenderebbero, e questo non sarebbe controbilanciato dalla produzione di nuovi beni e servizi. Con tanti soldi in giro e pochi prodotti si aprono le porte all’inflazione, quella seria.

Lo stesso discorso vale per la CIG e gli ammortizzatori sociali (indennità di disoccupazione, mobilità), strumenti adatti a bruciare miliardi di euro all’anno, ma né un’associazione né un sindacato si pongono contro lo scempio di questo spreco pubblico poiché il panorama intellettuale italiano è in coma. Miliardi di euro utilizzati per far stare a casa abili impiegati e operai e nessuno denuncia lo scandalo. Questa è la realtà dei fatti e per chi ha a cuore la messa a punto di un sistema sostenibile e migliore è straziante. Nel 2011 il totale degli ammortizzatori sociali ci è costato € 19 miliardi, soldi bruciati.

La Me-MMT è in grado di tenere sotto controllo l’inflazione con i piani di lavoro garantito (PLG). Grillo, pensa agli obiettivi raggiungibili:

•stop all’inflazione perché alla spesa corrisponderà la generazione di beni e servizi;
•persone che perso il lavoro, non perderanno le loro competenze, non staranno a casa ma anzi subiranno un incremento delle stesse, dato che il training procederà. Abbandonato il lato più materiale, ci sarà un guadagno incalcolabile in termini di dignità non perduta, stesso discorso vale per la cessazione di rapporti vessatori e di mobbing, meno persone saranno ricattabili e costrette a subire angherie dal superiore, poiché il PLG può assorbire chiunque, ad un salario leggermente inferiore a quello del privato;
•le crisi saranno meno traumatiche. Lo Stato si comporterà come una fisarmonica. In periodi di recessione aumenterà il numero di soggetti che accetteranno volontariamente il PLG. Ricevendo fin da subito uno stipendio per la mansione eseguita, con l’attuazione in contemporanea di una politica anti-ciclica (in crisi si abbassano le tasse) non ci saranno tracolli delle vendite, il settore privato riprenderà ad assumere riassorbendo i lavoratori precedentemente espulsi. Il PLG si sgonfia poiché i lavoratori avranno la scelta di accettare un incarico nel settore privato che offre un salario leggermente superiore a quello pubblico, che quindi rappresenta il salario minimo, sotto al quale non si può andare. Inoltre aumenteranno gli investitori esteri perché il PLG offre una maggior certezza di ottenere il rientro dell’investimento, dato che la gente lavora e il potere d’acquisto è più stabile, alla faccia dei miei connazionali affetti da anti-italianite acuta.
Quello che è necessario adottare è il PLG, ma quale reddito di cittadinanza! Il lavoro, col PLG, non sarà più un incubo poiché nessuno affogherà, né vomito né pianti per paura di perdere quel posto di lavoro che è l’unico appiglio alla dignità. Stop al lavoro come sacrificio o incubo, ma che sia uno strumento per accrescere la soddisfazione personale e le proprie capacità.

Certo, utopia purtroppo, ma auspicherei la possibilità per ogni cittadino di beneficiare, durante la propria esistenza, di un periodo sabbatico per un arco di tempo prestabilito, poiché a volte la vita offre stimoli che il lavoro ci impone di evitare ma ciò è ingiusto; ma che uno stia a casa e riceve un reddito è l’ennesimo esempio di politiche pensate da soggetti mediocri. È passato mai nella testa di queste persone che maggiore è il tempo di inattività minore è la possibilità di rientrare nel mondo del lavoro?!?

Grillo lo so, al reddito di cittadinanza corrispondono applausi e sorrisi, ma magari sei in buona fede e domani dirai che ti sei sbagliato e che la soluzione è il PLG.

Il reddito di cittadinanza peggiorerà la situazione economica dell’Italia poiché favorirà l’inflazione. Il nostro unico obiettivo è uno Stato a moneta sovrana che spende a deficit positivo (come il PLG mentre la CIG è spesa a deficit negativo) per il 99% della popolazione. Grillini, siamo cosi distanti?

Dario De Angelis

P.S. Credo che questo pezzo sia comprensibile a chiunque. Mi scuso con gli accademici italiani.

Nel video: Mathew Forstater sul Programma di Lavoro Garantito (PLG).

http://memmt.info/site/grillo-e-il-reddito-di-cittadinanza-perche-no/


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Giovina
Noble Member
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Dunque la colpa dello sfascio sarebbe nel fatto che l'Europa tutta ( no Grecia, no Italia) ha questa insana abitudine del reddito di cittadinanza da tempo?
Il reddito di Grillo e' per tre anni, si legga bene. In fondo andrebbe a sostituire la cassa integrazione straordinaria eliminata dalla ineffabile stupendissima Fornero....
Grillo sbaglia solo per la clausola dei tre anni. Dovrebbe il reddito durare sempre, quando il lavoro non c'e' o si perde.


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Petrus
Noble Member
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Post: 1037
 

Se percepissi un reddito di cittadinanza anche di 1.000€ al mese, di fronte ad un possibile stipendio anche solo di 1.500€ andrei di corsa a lavorare.
Quindi tutte le preoccupazioni di chi dice "non lavorerebbe più nessuno" sono frutto di una corteccia cerebrale spenta. Punto.


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Saysana
Honorable Member
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Post: 530
 

Aggiungerei che, sul modello francese, verrano fatte tre proposte di lavoro tramite uffici di collocamento e se le rifiuti perdi il reddito di cittadinanza.

Comunque il problema sta tutto nella mentalita' del cittadino, certo che con noi italiani il livello d'attenzione dovra' essere decisamente alto e le punizioni ai furbi pure, finche' un bel giorno non ci saranno piu' furbi (utopico, eh?) . 😉


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Eshin
Famed Member
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Post: 3620
 

...
Il reddito minimo non è un’utopia
di Angela Lamboglia | 22 gennaio 2013

Un paio settimane fa, il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker, durante un’audizione al Parlamento europeo, ha parlato della necessità di un “salario sociale minimo legale”. Un’espressione piuttosto ambigua nel mettere insieme il riferimento al minimo salariale, che riguarda solo gli occupati, con quel rimando al sociale che sembrava fare segno a forme di sostegno di più ampio respiro.

Pur dentro questa confusione, Juncker ha offerto l’occasione per discutere di quali misure sono necessarie anche in Italia, nel momento in cui la crisi accentua gli effetti di trasformazioni dell’organizzazione del lavoro che sono in atto da anni in tutta Europa e che probabilmente non ci lasceremo alla spalle una volta che la tanto attesa ripresa prima o poi si paleserà.

Trasformazioni che impongono di guardare alla disoccupazione come a un fenomeno strutturale e rendono insufficienti – rilevava pochi giorni fa il professor Stefano Rodotà presentando a Roma l’ultimo libro del Basic Income Network Italia sul reddito minimo garantito – gli strumenti tradizionali del welfare, modellati sui lavoratori e pensati per porre rimedio a situazioni transitorie.

Che succede, infatti, quando queste situazioni da transitorie diventano persistenti? Cioè nel momento in cui sia la piena occupazione che l’occupazione a tempo indeterminato non sono più la regola? O quando oltre un quarto della forza lavoro (dati Isfol 2010) rientra nella categoria degli atipici e non dispone di alcuna forma di sostegno nel passaggio tra un lavoro precario e un altro? O, ancora, quando – osservava Maria Rosaria Marella, docente di diritto all’Università Perugia -, il lavoro non è più sufficiente come mezzo di emancipazione, perché anche chi lavora spesso non guadagna abbastanza per vivere dignitosamente (i cosiddetti working poor)?

La risposta prevalente in Italia, dalla politica ai sindacati, passando per parte dell’informazione, consiste, nel migliore dei casi, in un equivoco: quello di contrapporre la tutela del lavoro e le politiche per l’occupazione all’introduzione di un reddito minimo. Come se una strada escludesse l’altra. Nel peggiore, invece, si tende a liquidare il reddito garantito come una misura utopistica, nonostante 25 paesi Ue – tutti ad eccezione dell’Italia e della Grecia – già lo prevedano.

Il volume del BIN passa in rassegna questi schemi di protezione sociale; ne individua i limiti, ma chiarisce anche in che modo contribuiscano all’autodeterminazione delle persone e tutelino quel diritto a una vita dignitosa che anche la nostra Costituzione prevede esplicitamente.

Una lettura utile per chi ha voglia capire se e in che misura il reddito minimo possa essere – come recita il titolo del libro – ‘un progetto necessario e possibile’. E una risposta ai tanti frettolosi commentatori nostrani, spesso colpevoli – osservava giustamente Rodotà – di ‘omissione di bibliografia‘.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/22/il-reddito-minimo-non-e-unutopia/476752/


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tamerlano
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Post: 198
 

Il vero reddito di cittadinanza non è un reddito che si percepisce se non si lavora, quello si chiama "sussidio di disoccupazione", ma che si percepisce a prescindere se si lavori o no ed è cumulabile con altri redditi.

Il RdC garantirebbe la pura sopravvivenza, mentre con il lavoro si migliorerebbe il tenore di vita.

A mio modo di vedere, ciò sarebbe rivoluzionario (e credo che ci vorrebbe una rivoluzione per imporlo e riuscire a finanziarlo), in quanto riequilibrerebbe il divario sociale tra padroni e dipendenti, perché questi ultimi avrebbero la scelta se accettare o meno un lavoro e potrebbero acconsentire di farlo solo se lo stipendio e le condizioni di lavoro fossero allettanti.

Ciò che è disastroso senza l'RdC (precarietà, assenza di posto fisso, libertà di licenziamento, ecc...) con l'RdC diventerebbe d'incanto accettabile, perché essendo assolto il problema della sopravvivenza, poi si potrebbe scegliere ad esempio di lavorare solo sei mesi all'anno e il resto dedicarlo a fare ciò che si vuole.

L'unico dubbio è se, almeno teoricamente, esista il modo di realizzarlo o se sia totalmente utopico.


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Mondart
Eminent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 39
 

Grillo sembra dare un colpo al cerchio e uno alla botte, parlando nei comizi di "reddito di cittadinanza" per poi ridimensionarlo sul blog a puro e semplice "sussidio di disoccupazione".

Le due cose sono assolutamente differenti soprattutto perchè implicano visioni di vita e sociali completamente diverse. Andare nella direzione del "reddito di cittadinanza" implica le idee di svincolare la vita dalla mera sussistenza e dal mero lavoro, che in fase di iper-produzione e società tecnologica avanzata quale la nostra non è nemmeno più un' esigenza delle elites stesse.

Andare nella direzione del reddito di cittadinanza significherebbe espandere anche alla classe meno abbiente quella prerogativa "divina" che la nobiltà ha sempre fatto sua: la possibilità di dedicarsi a cose superiori, essendo esentata dall' obbligo di lavorare tutta la vita per sopravvivere.

Andare nella direzione del reddito di cittadinanza significa inoltre rendere possibile una società evoluta che non si basi più sulla "schiavitù" ( più o meno esplicita ) di gran parte dei suoi membri; rendere possibile una civiltà della decrescita, dove produzione e consumo non siano più i soli motori sociali.

Andare nella direzione del reddito di cittadinanza significa inoltre liberare nel corpo sociale un' infinita energia "positivamente spontanea e creativa" che andrebbe a migliorare in modo automatico ogni aspetto sociale, slegandolo da ogni vincolo di "ricatto di sussistenza".

In sintesi: passare dalla civiltà degli schiavi a quella degli umani.

"Nessuno produrrebbe più", dice ... BALLE, in quanto il lavoro ( che per forza di cose diventerebbe ben normato e sostenibile ) sarebbe comunque l' attività di maggior orientamento spontaneo, e nessuno sputerebbe su un reddito ulteriore.

MA IL LAVORO PER PRIMO trarrebbe invece giovamento dal reddito di cittadinanza, in quanto dovrebbe giocoforza tornare ad UMANIZZARSI, svincolandosi da quella "catena" e ricatto di sussistenza, del resto pura espressione e necessità della fase espansivo-capitalista. Che ora non serve nemmeno più a chicchessìa, anzi diventa deleteria ad una società complessivamente chiamata a "decrescere".


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grillone
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secondo me le persone hanno il diritto di vivere dignitosamente anche quando i mercati non tirano; se dario de angelis la pensa diversamente mi dispiace, ma non so cosa farci. secondo me, il reddito di cittadinanza dovrebbe essere costituito da una piccola cifra, che ti consente un'esistenza dignitosa. e questa cifra va poi a sommarsi all'eventuale reddito(lavoro o pensione)che la persona percepisce. riguardo all'inflazione, anchio sono convinto che va mantenuta bassa, ma questo può esserew fatto soprattutto educando le persone ad un consumo piu responsabile. la felicita non viene dall'ultimo modello i iphone, ma dal fare un lavoro che ti soddisfa, dal vivere in un posto che ti piace(immerso nella natura, magari), oppure dal passare molto tempo con le persone a te care. se cominciassimo a vivere una vita piu felice, ci sarebbe meno consumismo


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Denisio
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Post: 194
 

Mi ritrovo nell'idea che l'essere umano, la collettività per progredire ed ambire ad una società più felice deve svincolarsi dal lavore come "modus vivendi" .
Si fanno salvi i settori necessari alla vita biologica e si statalizzano, e si fa culto sociale di aggregazione dei settori necessari alla vita psichica (dall' istruzione di base alla vita filosofico-religiosa) e ci si impegna ad imbastire un'esistenza nella quale si può senza nessun obbligo morale condurre solo metà del proprio tempo nella produttività o anche meno e per il resto dedicarsi per esempio allo studio, può essere benissimo lo studio di uno strumento musicale piuttosto che una disciplina di combattimento o ludica, oppure un utile ambito della ricerca eco-logica. Questo secondo impiego può anche essere riconosciuto in base all'importanza sociale e far accedere all'integrazione della ricerca accademica che inutile dirlo andrebbe totalmente RI-concepita. In questo modo il sapere sarebbe un continuo divenire aperto a livello internazionale e permetterebbe una progressione della scienza&cultura seguendo sani principi etici che i popoli potrebbero e dovrebbero riconoscere in base a dei sondaggi d'opinione e non per imposizione di forze d'interesse.
In una società così concepita si possono semplicemente accumulare dei crediti di energia(come la stamina dei video giochi) da spendere per ciò di cui si necessita e il modo di accumulare questo credito energetico viene redatto non solo in base a quello che si dà in termini di lavoro, ma anche in opere sociali e con dei bonus per l'innovazione e la cura della famiglia. Utopico? può darsi ma oggi la tecnologia e lo sviluppo che abbiamo raggiunto ci permetterebbe o forse ci costringe ad organizzarci in un modo non troppo dissimile da questo se pensiamo che la pace sia un valore e non un messaggio da imporre con la forza 🙄


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yiliek
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Registrato: 2 anni fa
Post: 147
 

Il Ragionamento di Modart mi trova pienamente d'accordo!!!!!


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