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I duri e puri dell’astensione


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 33516
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Non protestano più. Si sono semplicemente stancati della politica e di chi la rappresenta al punto che non ci pensano proprio ad andare a votare. E chissà perché qualcuno ancora si ostina a chiamarli indecisi visto che almeno una cosa, se i politologi che li studiano hanno ragione, loro l’hanno decisa da tempo: quella di astenersi, di passare le giornate di oggi e domani passeggiando con la famiglia, lavorando, discutendo con gli amici o magari in un cinema, viste le previsioni del tempo. Comunque ben lontani da un seggio elettorale. Tutti gli istituti demoscopici concordano nel valutarli intorno al 29-30% degli elettori, anche se è possibile che la percentuale si riduca di un 4-5%, che all’ultimo minuto cambieranno idea. «Una percentuale più elevata rispetto alle elezioni del 2008, quando gli astensionisti furono il 20% degli elettori. Una percentuale non devastante che ci dice che gli italiani ancora partecipano alla vita politica», spiega il professor Luca Comodo, direttore del Dipartimento politiche sociali di Ipsos, l’istituto diretto da Nando Pagnoncelli.

Per i partiti che si contendono il loro voto, sarebbe comunque un errore sottovalutare questo piccolo esercito di renitenti al voto. Così come sarebbe sbagliato confondere, come si diceva un tempo, la scelta di chi oggi decide di astenersi con un gesto di protesta, il voto di chi non vota per mandare un segnale (l’ennesimo!) al Palazzo. I disertori delle elezioni del 2013 rappresentano lo zoccolo duro dell’astensionismo, coloro che ormai sono disaffezionati alla politica, meglio ai partiti, al punto da non considerarli proprio più.
La riprova arriva proprio dai sondaggi. Solo pochi mesi fa erano molti di più. A settembre si attestavano intorno al 47% e alle elezioni siciliane di ottobre sono arrivati a sfiorare il 53%. «Ma all’epoca non c’era un’offerta politica precisa, non c’erano ancora state le primarie del Pd e non si capiva cosa sarebbe successo nel Pdl», spiega Luigi Ceccarini, docente di Scienza politica all’Università di Urbino. «Poi man mano che si avvicinava la data del voto la gente ha cominciato a capire, a pensare a cosa fare. E il voto di protesta è confluito verso Grillo».

Gli altri, rimasti lontani dal seggio, sono i duri e puri del non voto. Chi li studia ne ha anche tracciato un identikit preciso: la maggioranza è composta da donne, del sud, con un basso reddito e un altrettanto basso titolo di studio. «Una composizione molto diversa rispetto a qualche mese fa, quando tra gli astensionisti c’erano anche molti giovani con un titolo di studio più elevato», prosegue Comodo. «Chi ancora oggi decide di non votare lo fa non per protesta ma per pura disaffezione».

Attenzione perché quello del non voto è un mondo molto diversificato. Ad esempio sceglie di astenersi chi, per varie ragioni, è lontano dalla città in cui risiede. Oppure perché non si riconosce più nei partiti o per semplice alienazione. O ancora, aggiunge Ceccarini, paradossalmente per fiducia nel sistema: c’è chi pensa che, chiunque vinca, le sue garanzie fondamentali resteranno o non cambieranno più di tanto. «È un distacco non polemico dalla politica. In Usa e Francia c’è un astensionismo molto alto e non sempre è motivato dalla protesta».

Astensionismo difficile da etichettare anche per Donatella Della Porta, sociologa e docente di Scienze politiche e sociali dell’Istituto universitario europeo per la quale a completare il quadro ci sono poi quelle persone che definisce come «non socializzate a votare». «Studi sui comportamenti elettorali – spiega – dicono che c’è una sorta di perpetuarsi dei comportamenti che si assumono al momento del primo voto. Ci sono paesi come la Spagna dove i giovani sono talmente disgustati dalla politica che mantengono un atteggiamento di disinteresse. E questo perché pensano che andare a votare non sia una scelta tra alternative possibili, ma si perpetui quello che c’è stato in passato». Su un punto, però, Della Porta ci tiene a mettere paletti ben precisi. Pur concordando nell’identikit che vuole l’astensionista tipo donna e meridionale, invita a non generalizzare. «Faccio una premessa: io sono donna, sono del sud e sono astensionista», spiega la docente universitaria che in questi giorni si trova a Berlino. «Ho smesso di votare quando ho smesso di trovare offerte accettabili a sinistra». E se di genere bisogna parlare, allora che lo si faccia a ragione. «Il fatto che ci sia una grossa componente di donne non vuol dire niente», precisa Della Porta. «C’è un astensionismo che non è fatto solo da “marginali”. Ha visto i manifesti elettorali? Ha visto i candidati premier? Io vedo solo facce di uomini. Questo sicuramente allontana le donne. E aggiungo: quello della politica non è solo un mondo maschile, è anche sempre più un mondo vecchio».

E come se non bastasse ci sono poi gli scandali che travolgono i partiti senza sconvolgerli più di tanto, una pessima legge elettorale che nessuno ha saputo o voluto cambiare e i costi della politica, sempre troppo alti. Solo la corruzione, però, sembra avere un peso nelle scelte elettorali: «Gli scandali sono un archetipo – spiega Luca Comodo – e provocano una reazione anche di pancia dell’elettorato che dice: “sono tutti uguali”».

Sarà sempre così? Se le elezioni confermeranno una percentuale di astensioni del 25-30%, come tutto lascia pensare, allora sarà la prova che lo zoccolo duro degli astensionisti si è rafforzato. Ma è possibile convincere queste persone a cambiare idea? «Per sfortuna la mia materia tende a non fare previsioni», risponde Della Porta. «Come sociologi possiamo raccogliere e interpretare informazioni, ma le scelte poi sono politiche». Il passato, però, può servire. «La sensazione di aver toccato il fondo apre nuove possibilità, perché anche chi comanda si rende conto che così non si può andare avanti». Un’indicazione, seppure con cautela, Della Porta si sente comunque di darla: «Dagli studi fatti con i miei colleghi Alberto Burgio e Ilvo Diamanti – spiega – emerge una grande sfiducia nei confronti della politica, ma anche una voglia di creare alternative. E questa, forse, è la speranza».

Carlo Lania
Fonte: www.ilmanifesto.it
24.02.2013


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dino23
Trusted Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 56
 

.....'azzo, che ricercatori volenterosi, e che valenti chiosatori quelli del Manifesto !
Bravi, bravi..... !
Un consiglio, se lo accettano: tenersi la porta aperta per raccogliere le
carabattole e andare a scrivere dalla bionda Albione, qualora le cospicue integrazioni alle casse della cooperativa che paga loro la mercede, integrazioni magari provenienti dai conti Rothshild, dovessero cominciare a singhiozzare.


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Ale
 Ale
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 372
 

Io non voto e non ho mai votato per principio, mi viene da sorridere nel vedere tutte queste persone confuse e deluse nello scegliere il colore della propria croce. Se ancora oggi, dopo Ilva,tasse,milioni di posti di lavoro, vitalizi,missioni di pace,austerità,ecc.ecc. la gente ancora appoggia questa immondizia, è il momento di estinguersi.


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