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I miliardi che l'Italia perde in Libia


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 33516
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“Con la scelta di appoggiare militarmente gli oppositori interni al Governo Gheddafi l’Italia sta perdendo le grosse opportunità garantite, fino a prima della guerra, dal sostanzioso interesse dei fondi sovrani libici nei confronti di ENI, Telecom e di altre nostre aziende” dice l’ing. Alfredo Cestari, presidente della Camera di Commercio ItalAfrica Centrale-Unioncamere. “Acquisito il 4,23 del capitale Unicredit – continua – la Libia aveva manifestato un interesse crescente per diverse aziende italiane tra cui l’ ENI”. Citando in merito il rapporto dell’ICE, racconta: “Il 6 dicembre scorso una nota della Presidenza del Consiglio dei ministri aveva reso pubblico questo interesse:’ingresso della Libia in ENI con una quota di capitale rilevante era stato concordato con il governo italiano.

L'obiettivo del Libyan Energy Fund, il fondo sovrano che avrebbe dovuto acquisire la partecipazione in ENI, era di giungere ad ottenere il 10% a fronte di un esborso di circa 6 miliardi di euro. Operazione vantaggiosa per entrambe le parti: la Libia avrebbe rafforzato i legami con un'azienda che estraeva nel paese 800 mila barili di petrolio al giorno (di cui 300 mila di esclusivo utilizzo dell'ENI) investendo parte dell'ingente liquidità accumulata con la vendita di greggio in una delle più redditizie imprese industriali italiane; l'ENI avrebbe consolidato i rapporti con un paese in cui è presente fin dalla fine degli anni '50 con attività di grande valore strategico. La Libia rappresenta per l’ENI il primo paese di produzione su scala mondiale che lì, in prospettiva, aveva stimato investimenti per 15 miliardi di euro. Nel 2010 l'ENI aveva concluso un accordo strategico con la società di Stato libica LNOC, che le ha consentito di prolungare fino al 2042 la durata dei suoi titoli minerari per l'estrazione di petrolio e fino al 2047 quelli per l'estrazione di gas. Il fondo libico sarebbe quindi diventato il secondo azionista dell’ENI dopo lo Stato italiano, che ne possiede il 30% ed esercita sul gruppo una serie di poteri speciali attraverso il ministero dell'Economia e quello dello Sviluppo. Oltre all’ENI la Libia si era dimostrata interessata a Telecom, Impregilo, Terna e Generali e ad altre 4-5 grandi aziende di altri settori”.

La prima partecipazione libica in Italia avvenne nel 1976. La Libia attraverso la Lafico (Libyan Arab Foreign Investment) entrò nel capitale di una FIAT in forte crisi con una quota iniziale di circa il 9,7%, fornendo liquidità fondamentale per il rilancio dell’azienda torinese.

Perché il Governo Gheddafi aveva scelto proprio in Italia le imprese su cui investire? “La rendita da capitale dovrebbe progressivamente sostituire quella petrolifera via via che si sarebbero esaurite le riserve di idrocarburi. Essere azionisti in società che operano in questi settori sarebbe risultata, poi, una garanzia rispetto agli investimenti italiani in Libia. Fino a prima della guerra esisteva un clima favorevole alle relazioni economiche. Secondo il Rapporto del Gruppo di Riflessione Strategica del ministero degli Affari Esteri (Rapporto 2020), con i paesi con i quali l’Italia è maggiormente legata dal punto di vista energetico (da Libia, Russia, Algeria e Norvegia l’80% delle importazioni) vanno costruiti, o rinsaldati, rapporti politici, economici e commerciali che favoriscano una maggiore interdipendenza, sviluppando investimenti in tali paesi anche in aree strategiche quali il sistema finanziario, l’industria di alta tecnologia e le infrastrutture”, dice ancora Cestari.

Che conclude: “Comunque vada, a fine guerra, la Libia non investirà più in Italia e la perdita di queste opportunità determinerà conseguenze negative anche a causa del mancato riutilizzo di parte quelle entrate per la creazione di posti di lavoro. L’Italia, paese già poco attrattivo per gli investitori esteri a causa di un Codice degli investimenti non conveniente e dell’incertezza legale ed amministrativa, perde così una grande occasione di sviluppo”. Una beffa che segue il danno “di circa 100 miliardi di euro già subito dalle imprese italiane ferme in Libia”.

Francesco D'Ambrosio
Camera di Commercio ItalAfrica centrale - Unioncamere
329.87.21.297

14.04.2011


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pietroancona
Famed Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 2649
 

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Bisogna aggiungere anche la disoccupazione delle migliaia di tecnici che occupiamo in Libia. Segnalo questo problema fin dai primi giorni. La guerra contro la Libia è contro l'Italia,. Dopo la perdita della Libia saremo nella lista PIGS


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Luca Martinelli
Noble Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 1984
 

bisogna condividere quanto scritto sopra. questo è un altro prezzo che tutti pagheremo perche' il tiranno non vuole mollare i suoi privilegi ed interessi. Ma in fondo, anzi nemmeno troppo in fondo, il re del bunga-bunga è stato eletto dalla maggior parte degli elettori....chi è causa del suo male pianga se stesso.


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