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Italia: economia in crisi. E le soluzioni mancano.


gekorita
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La nostra economia sta morendo, le fabbriche chiudono e si fatica a vedere un futuro. Cosa occorre fare? Innanzitutto guardiamo alla Globalizzazione e all’Euro

Visto che di questi tempi sono più in Italia che altrove e quindi posso seguire quanto vi accade meglio di altri periodi, ne dico alcune delle mie, che poi sono sempre quelle. Mentre governo, parti sociali e commentatori vari sono a celebrare il quasi raggiunto accordo sulla riforma della legge sul lavoro esprimo in merito un mio commento:

“a prescindere dalla validità o meno delle intese trovate, o che si troveranno ancora più avanti, penso che in pratica si è tratti di un tentativo di trovare il modo per fare nozze con i fichi secchi”

Come si può altrimenti definire questa sequela di riunioni allargate se non si pone come primo comandamento da non scordare mai che:

“per spartire la TORTA e poi mangiarla, bisogna che ci sia qualcuno che la TORTA la fa”

A me pare che questa ovvietà non sia ben chiara, quando sento esprimersi i nostri governanti e le varie controparti nei vari dibattiti e dichiarazioni.

Certo, le enunciazioni generiche sulla necessità di creare posti di lavoro, su come tutelarlo si sprecano. Come pure le idee, su come ci si potrebbe inventare un lavoro, abbondano nelle menti di coloro che non sanno neppure cosa vuol dire lavorare ma, alla fine, ci vogliamo rendere conto che la fabbrica Italia sta chiudendo? Ma dobbiamo proprio aspettare di fare la fine della Grecia per capirlo?

Dobbiamo aspettare altri segnali, dati, statistiche, che arrivano inevitabilmente a fatti e accadimenti già avvenuti, per accorgerci che è quanto sta succedendo? Eppure basta andare a bersi un bicchiere in osteria o prendere un caffè al bar per sentirne di ogni colore o, ancora, andare al ristorante e chiedere al titolare come sta andando il giro.

Se non basta si può fare qualche piccolo sondaggio presso le associazioni imprenditoriali per sentire che aria tira. Se non basta ancora si può chiedere alle banche che operano sul territorio come e quanto si sta deteriorando la qualità del credito, come stanno aumentando le sofferenze, come stanno calando gli impieghi virtuosi delle banche, ovvero: come vanno le anticipazioni sui crediti a breve, che sono il primo segnale dell’andamento del fatturato nelle aziende oppure le domande di finanziamento, per sostenere gli investimenti produttivi, che sono il termometro della tendenza futura Se non basta ancora si può fare i raffinati e andare a spulciare fra i dati economici, collegati all’economia reale, di cui c’è abbondanza, come:

• consumi di carburante per autotrazione
• andamento dei pedaggi autostradali
• consumi energetici in generale

Se poi si vuol fare i dotti, si può andare a cercare i macrodati quali andamento occupazionale, creazione e chiusure di imprese, andamento dell’import-export, bilancia dei pagamenti, ecc. Chiunque deve decidere sulle sorti del nostro paese e facesse questo percorso, magari per intero, ovvero cominciando dal bar, non dalla buvette di Montecitorio, ne uscirebbe con uno sconforto tale da esclamare a gran voce:
“Mi pare che qui siamo proprio fritti”

Temo però che ci sia ancora tanta resistenza a voler capire. I più, che ci governano, tendono a mettere la testa sotto la sabbia, a sperare che arrivi la ripresa per grazia ricevuta, ad ascoltare qualche guru che li rassicura con qualche previsione ottimistica, a cogliere qualche macchia di azzurro nel cielo che minaccia tempesta e, in fondo, a cercare di salvaguardare i loro interessi personali, insieme a quelli delle caste che li sorreggono.
E allora che si può fare?

Tante potrebbero essere le idee ma alla base di ogni azione, specie di governo di un paese, ci dovrebbe essere la consapevolezza, l’onestà, la lungimiranza e il rigore. Il tutto mirato alla costruzione e alla spartizione della TORTA prima citata.
Invece che si fa?

Una gran confusione, dove le anzidette virtù sono in tutti i modi contrastate da insipienza diffusa, arroganza del potere, interessi personali, avidità, visioni a brevissimo termine e rigore lasciato ai posteri, ovvero alle generazioni future. E’ vero che il mondo è sempre andato avanti più o meno così ma il problema più grave oggi è che, senza tanto clamore, stiamo assistendo nel nostro occidente al progressivo e per il momento inesorabile declino del sistema industriale produttivo manifatturiero.

La domanda cruciale quindi è: ma come può essere possibile creare questa benedetta TORTA se ci rassegniamo al declino industriale, come in occidente si sta in pratica ancora facendo, e quindi precludendoci ogni possibilità di ripresa e sviluppo, per cui tutti i discorsi su lavoro e art.18 diventano vuoti e con poco senso? Qui è il caso di riparlare di 2 temi cruciali cha hanno profondamente influenzato le economie mondiali in questo decorso decennio. La GLOBALIZZAZIONE e l’EURO
La GLOBALIZZAZIONE

Non si vuole capire che la grande ma per me ultra sciagurata idea, di spostare interi settori di economia reale dal nostro occidente verso il terzo mondo, di spostare il lavoro vero dall’occidente verso l’oriente, pretendendo di poterlo controllare con la forza della propria finanza, del proprio know-how, della propria cultura, erroneamente giudicata superiore, è per l’occidente un fallimento colossale tutt’ora in corso, che rischia di essere irreversibile. Se vi era l’idea che, attraverso il controllo planetario della finanza, si potesse controllare anche un paese come la Cina che, non dimentichiamolo mai, ha 1.350.000.000 abitanti e una classe dirigente che sa ben fare gli interessi del proprio paese, è il caso di ammettere di avere completamente sbagliato visione e da subito agire di conseguenza.

L’oligarchia finanziaria globale non la pensa così però. Pensa ancora di essere in grado di controllare tutto. Chi fa attenzione a quanto si afferma come premessa di ogni riunione dei vari vertici economici, mi riferisco ai G7, G8, G20 o G2 (USA+Cina), potrà notare che non manca mai la riaffermazione del principio che il libero commercio, magari senza regole, è il toccasana per l’economia globale. Non importa poi chi, come paese, ci guadagna o ci rimette e, soprattutto, quali distorsioni provoca negli assetti dell’economia globalizzata a loro tanto cara.
L’EURO

Poi c’è il discorso EURO, nato dalle stesse menti che hanno inventato la globalizzazione, diventata selvaggia. Avere messo insieme e accumunato i destini di popoli tanto diversi, come sono i greci e i tedeschi, per fare un esempio, dando loro in tasca la stessa moneta è stato un errore clamoroso, colossale, scellerato.

Ammettiamolo. Il pateracchio dovrebbe ormai essere sotto gli occhi di tutti. Paesi ormai già falliti per esserci entrati, altri che seguiranno a ruota, prima o poi, malgrado la buona volontà dei nostri 2 Big Mario. In generale un diffuso senso di smarrimento e di insicurezza sul futuro, che ha sostituito la certezza del domani migliore che aveva accompagnato la nascita della moneta unica. Oggi l’Euro si sta rivelando una camicia di forza, un’ingessatura sempre più rigida, un cappio al collo sempre più stretto, specie per i paesi come l’Italia che, privilegio suo, avrebbe ancora la possibilità di far riprendere la propria economia reale, se ne uscissimo subito.

Invece no, si continua a dire che l’EURO va salvato così com’è, perché altrimenti sarebbe peggio. Perché se si dissolvesse sarebbe un cataclisma per tutti. Non si dice bene che lo sarebbe soprattutto per la finanza e per le sue rendite a cui non intende rinunciare, a costo di morire lei assieme a tutti i filistei.

Invece bisognerebbe proprio partire da da qui. L’area EURO va rivista, qualche paese ci potrà restare, molti altri no. L’Italia certamente no, se vuole far riprendere la propria economia
reale e salvarsi.

http://intermarketandmore.finanza.com/italia-economia-in-crisi-e-le-soluzioni-mancano-43386.html


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