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La Fiat resterà in Italia se avrà mano libera


dana74
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La Fiat resterà in Italia se avrà mano libera

Marchionne ribadisce che per sopravvivere è necessario produrre di più, tagliare i costi e insistere sull’alleanza con Chrysler

Filippo Ghira

La Fiat non vuole abbandonare l’Italia anzi nutre progetti “ambiziosi” che proprio dall'Italia partono. Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo, durante una audizione alla Commissione Attività Produttive della Camera, ha però ammonito che “non è possibile ignorare la realtà che ci circonda”. Affermazione che va intesa così: “Oggi siamo intenzionati ad investire e a produrre in Italia, ma se le cose cambiassero, potremmo pure chiudere la baracca e andare a produrre auto all’estero”.
Marchionne con il suo intervento ha voluto replicare a tutti quelli (politici di sinistra e sindacalisti della Fiom) che negli ultimi mesi avevano espresso tutto il loro malumore per il futuro di un gruppo che ha di fatto messo il nostro Paese di fronte ad un preciso ricatto. O l’accettazione della militarizzazione delle fabbriche con l’aumento dei ritmi di lavoro, il taglio delle pause e la trasformazione delle buste paghe grazie alla maggiore incidenza di straordinari e premi di produzione, o la chiusura degli impianti italiani con la Fiat che andrà a produrre all’estero (Brasile, Polonia, Serbia e Turchia) dove è già presente e dove, ma questo Marchionne non lo ha detto, il costo del lavoro è molto più basso che a Mirafiori, Melfi, Cassino, Termoli, Pomigliano e Termini Imerese. E dove, ma nemmeno questo il capo esecutivo della Fiat lo ha ricordato, gli operai non sono stati mai molto abituati a pretendere la difesa dei propri diritti e di conseguenza sono disposti ad accettare ritmi di lavoro asfissianti e salari di fame. A Kragujevac (Serbia) ad esempio un operaio prende 200 euro al mese contro i 1.000-1.200 di uno di Mirafiori. In Polonia e Serbia ben (!) 460 euro.
La Fiat, ha assicurato, non ha nessuna intenzione di lasciare l'Italia. Facciamo questo, ha aggiunto con toni da libro Cuore, perché è nostro dovere favorire un Paese in cui abbiamo le nostre radici. Per l'Italia sono stati destinati 20 miliardi di euro, dei quali 16 miliardi andranno al settore auto. Di questi il 65% sarà investito in Fiat auto, il 15% per i marchi di lusso e il 20% per i motori e le attività della componentistica. L’Italia, ha continuato, deve trasformarsi in una base strategica per la produzione, gli investimenti e l'export. Insomma, voleva dire il manager in pullover che ieri per l’occasione sfoggiava giacca e cravatta, non vogliamo trasferire in America la direzione del nuovo gruppo Fiat-Chrysler, ma se ci obbligherete…
In ogni caso, ha precisato, non è vero che solo Fiat ha salvato Chrysler, se si considerano le opportunità che si aprono con l'alleanza con la casa americana. E’ un'alleanza determinante per il futuro perché ha dato alla Fiat la possibilità di diventare un costruttore di auto completo, ed è stata trovata una soluzione al problema della sovraccapacità produttiva europea. Non si possono infatti saturare gli stabilimenti facendo solo affidamento sul mercato europeo. In questo modo invece si potrà usare la rete industriale italiana per costruire vetture destinate ad essere esportate in tutti i mercati, compresi i più esigenti, come quello degli Stati Uniti. L’obiettivo che ci si è posto è di raggiungere un livello adeguato di produzione nel 2014 (6 milioni di vetture) tale da ottenere quella redditività che giustifichi gli investimenti fatti. Esiste una combinazione ideale, ha insistito, che può contare sulla presenza e sull'esperienza della Fiat nei segmenti bassi e di Chrysler nei segmenti medi e alti che darà la possibilità di coprire in maniera adeguata tutti i segmenti di mercato.
Se la Fiat-Chrysler resterà in Italia, lo stesso non si può dire per la direzione del nuovo gruppo. “Il cuore di Fiat è e resterà in Italia – ha assicurato - ma la nostra sede sarà in più posti. A Torino per gestire l'area europea e a Detroit per quelle americane, ma anche in Brasile e in futuro, una in Asia. Nulla di strano in questo ma solo la volontà di garantire non solo un passato ma anche un futuro. Crescere e rafforzarsi nel mondo non significa rinnegare le proprie radici, semmai vuol dire proteggerle”.
In realtà quella della sede è una questione fondamentale. Nella Fiat attuale, la Exor, la finanziaria degli Agnelli, vanta una quota di partecipazione azionaria del 30% che scenderà al 20% nella nuova Fiat-Chrysler. Da primi azionisti, gli Agnelli-Elkann diventerebbero minoritari rispetto ai vari fondi di investimenti Usa e canadesi e al fondo pensioni dei lavoratori dell’automobile. Trasferendo la sede legale del nuovo gruppo in America, gli Agnelli-Elkann avrebbero la scusa per allontanare da sé l’accusa, scaricandola sugli amerikani, di aver deciso ad esempio la chiusura di qualche altro stabilimento, ritenuto non più produttivo, dopo quello di Termini Imerese che chiuderà i battenti a fine anno. Marchionne ha negato pure questo sostenendo che la Fiat sta lavorando al risanamento di Chrysler e vuole aumentare la sua quota ora al 25% del gruppo di Detroit.
La Fiat, ha insistito, non ha richieste da fare alla politica. Non vuole sovvenzioni e aiuti di Stato per portare avanti il progetto Fabbrica Italia. Chiede solo riforme strutturali per aiutare la crescita generale del Paese e di usare la Fiat come testa di ponte per rilanciare l'Italia. Il problema vero è che l'Italia si dimostra spesso restia al cambiamento, perché si crede un'isola felice. Ma così protegge solo l'inerzia. Mentre è necessario trovare il coraggio a ogni livello per vedere il cambiamento come uno straordinario motore di progresso. Non ci si può rendere complici del declino italiano perché esiste un'alternativa. Quella della Fiat. L’Italia, ha accusato, vive una crisi di competitività grave perché è uno dei paesi dove produrre costa di più. Un’affermazione che Marchionne vuole però risolvere tagliando il costo del lavoro quando invece la scarsa competitività della Fiat dipende da una errata politica di prodotto, cioè nei modelli inadeguati offerti al mercato. Ma Marchionne non demorde e arriva ad affermare che non solo “gli accordi di Pomigliano e Mirafiori non intaccano nessun diritto” ma che l’aumento di produttività e di efficienza degli impianti Fiat in Italia potrà portare un aumento dei salari dei lavoratori, ai livelli di Francia e Germania.(?). Anzi va più in là affermando che alla Fiat sono pronti addirittura alla partecipazione dei lavoratori agli utili dell'azienda. E se andasse male alle perdite…

16 Febbraio 2011 1200 -
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=6516


Citazione
AlbaKan
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 2015
 

produrre di più, tagliare i costi

Tra poco predisporrà "letti" nelle fabbriche stesse, così dopo qualche ora di sonno gli operai potranno ricominciare a produrre!

Credo che la Fiat è la multinazionale che ha sfruttato di più, perchè non lo ha fatto solo con i suoi dipendenti, ma ha sfruttato un'intera Nazione.
Ha succhiato miliardi e miliardi allo Stato in tutti questi anni, ed ora che non c'è più trippa per gatti, se ne va...

Ricordo che qualche anno fa quando era in crisi (o almeno così diceva), e si prospettava una fusione con la GM (che mi sembra volesse aquistare il 30%), mentre continuava a piangere (e f.....e, come dice il detto!), sentii una bellissima frase da un politico, Maroni disse: "La Fiat in questi anni ha preso così tanti soldi dallo Stato che potrebbe comprarsi tutta la General Motors!"

(...il fatto che Maroni dicesse qualcosa di sensato era un evento veramente eccezionale....infatti non è più successo!)


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dana74
Illustrious Member
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a patto che i letti se li portino gli operai da casa..non vorrai mica aggravare i costi..altrimenti ci lascia...
il marchionne ha offerto la partecipazione agli utili....che generoso, chissà a quale condizione..magare se in cambio non pagano i pezzi da assemblare 😉


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