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La notte di Coldimosso e la censura dei media


Mari
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La notte di Coldimosso e la censura dei media
Claudio Giorno No Tav

[19 Febbraio 2010]

La vigilia delle regionali, il ruolo della mafia e quello dei media. Ecco quello che è precipitato la notte del 17 febbraio in Valle di Susa, come a Genova nel 2001.

«Esprimiamo la piena solidarietà alle forze dell’ordine che in Valle di Susa stanno svolgendo un lavoro delicato per garantire la legalità e ai lavoratori delle imprese impegnate nei carotaggi, che hanno subito il lancio di palloncini pieni di urina, di pietre e altri oggetti». Comincia così il lungo comunicato stampa – prima firma quella dell’onorevole Stefano Esposito – diffuso dopo la «notte di Coldimosso», quella del 17 febbraio, destinata a essere ricordata, in Valle di Susa, come lo è tuttora la notte di Venaus tra il 5 e il 6 dicembre 2005.
Al ragazzo ferito e ora ricoverato alle Molinette, il più importante ospedale di Torino, i deputati piddì riservano, bontà loro, l’«augurio di pronta guarigione e la comprensione umana». Ma subito dopo lo bollano come esponente dell’anarchismo violento, pluridenunciato, e lo isolano da «quella parte maggioritaria del movimento No Tav che desidera continuare ad esprimere pacificamente il proprio dissenso». Una gentile concessione che però viene immediatamente corretta dall’invito perentorio che chiude [in tutti i sensi] la comunicazione: «E’ ora che le istituzioni tutte facciano fronte comune e si adoperino per porre fine a questa quotidiana aggressione nei confronti di chi in Valle sta lavorando alla realizzazione di un’opera voluta dalla maggioranza degli italiani e dei piemontesi».

Ci si chiederà legittimamente perché di tutto questo spazio al comunicato di un personaggio, anche lui un po’ pluridenunciato, e al suo delirio istituzionalmaggioritario… Perché secondo me è emblematico [come si dice con una brutta parola] di tutto quanto sta succedendo in questo momento in quella terra di nessuno che sta tra la politica e i cittadini, tra lo scandalo di Bertolaso & Matteoli [che ricevono la solidarietà di Franceschini] e il corretto uso delle risorse [sempre più magre] da destinare a serie politiche di prevenzione piuttosto che per dare carta bianca al partito trasversale dell’emergenza e delle grandi opere. Perché mette clamorosamente a nudo il corto circuito tra una informazione e una politica che non ci sono più: la disinformazione attuata con metodo dai quotidiani di Impregilo, Caltagirone e Debenedetti e la distorsione dei concetti di democrazia e maggioranza che la politica pratica senza più nessun pudore.

E pensare che poche ore prima del pestaggio di Susa Luigi De Magistris aveva sostenuto in un liceo di Rivoli come non sia tollerabile che un’opera che ha effetti dichiarati di grande rilevanza sulla integrità di un territorio venga comunque realizzata non solo contro la volontà di chi quel territorio lo abita, ma anche a scapito della sua stessa conservazione, quale patrimonio dell’intera comunità nazionale. Scortato dagli stessi uomini [e donne] in divisa che tra qualche giorno potrebbero comandarne una carica di sgombero, aveva ribadito e meglio precisato gli stessi concetti presso il presidio della Val Sangone e aggiunto come [visto da Bruxelles] uno degli aspetti più preoccupanti della realizzazione della Torino-Lione sembrerebbe essere l’estrema e aumentata incertezza circa la disponibilità effettiva delle enormi cifre necessarie al suo compimento; per cui la devastazione comunque legata al vero obiettivo che si sta perseguendo [l’apertura dei cantieri infiniti di una «salernoreggiocalabria» del nordovest] potrebbe essere accompagnata dalla indisponibilità finale dell’infrastruttura. Ma soprattutto aveva ammonito sulla conclamata collusione tra politica e mafia che prosperano nei cantieri investendo i proventi del narcotraffico, gestendo la filiera degli appalti e il facile occultamento dei rifiuti pericolosi il cui smaltimento legale è estremamente costoso.

E proprio sull’equazione Tav-Mafia s’era già stracciato le vesti l’onorevole Esposito quando alla preesistente grande scritta No Tav sulle pendici del monte Musinè [che apre la valle sulla pianura di Torino] avevamo aggiunto un perentorio No Mafia. Anche in quella occasione in una bella compagnia bipartisan [con altri che come lui erano risultati assenti al momento dell’approvazione del famigerato scudo fiscale o avevano votato a favore] aveva scritto il suo «atteso» comunicato stampa… Solo stizza per l’accostamento del partito Si Tav [il nostro è stato anche organizzatore-capo della fallimentare adunata del Lingotto – oscurata dalla grande manifestazione di Susa del 23 gennaio – in cui sono calati dalla valle anche alcuni imprenditori «in odore»] o qualcosa di più?

Propendo per la seconda ipotesi: sappiamo da sempre che rappresentare l’ostacolo tra «loro» e i 20 miliardi di euro da sottrarre ai cittadini ignari o «convinti» con lo stesso metodo con cui «si gestiscono» i Cip6 e la privatizzazione dell’acqua [altra passione dell’astro politico nascente dal cognome partenopeo ma che prova a «fare ombra» al piemontesissimo Chiamparino], o il sovrapprezzo termico/nucleare sulle bollette Enel è un ruolo maledettamente fastidioso. E se le cose che diciamo da ventuno anni vengono in questi giorni riscontate dalle indagini delle corti dei conti europea e nazionale, da un nutrito e qualificato gruppo di docenti universitari e uomini di scienza [il cui appello non viene pubblicato dal giornale diretto dal campione di deontologia Mario Calabresi] il fastidio si trasforma facilmente in una vera e propria preoccupazione. Se poi l’accuratissima e capillare operazione di propaganda promossa da quell’altro fenomeno di imprese bipartizan che è l’architetto Mario Virano mostra clamorosamente la corda perché per fare malamente una ventina tra i più inutili di 90 discutibili sondaggi geognostici in una valle «pacificata e convinta» bisogna schierare migliaia di poliziotti e se questo aspetto diventa una notizia su cui aprire un dibattito a Strasburgo circa il corretto uso delle sole risorse sin qui a disposizione allora la slot machine rischia di bloccarsi.
Per questo i pochi giornalisti onesti che confezionano pezzi corretti non vengono pubblicati, le immagini vere dei cantieri vanno solo sulla rete ma non in televisione.
Per questo – soprattutto – non si esita a proporre tutti i giorni che il buon dio manda in terra un articolo o un servizio il cui scopo evidente è di dipingere, esattamente come nel 2005, i valsusini perlomeno come ignoranti e nemici del progresso, ma soprattutto in mano a pochi irriducibili anarcoinsurrezionalisti venuti da Torino cerca i gloria [e rogne] tra i nostri monti. Per questo – perché si diano una calmata e si accontentino di poter scegliere tra l’eleggere il leghista Cota o rieleggere l’ambientalista Bresso – si abbandona la linea morbida sin qui pur così ostentata.

Ma questa volta nell’abile regia della comunicazione pilotata qualcosa va storto. il comunicato, costruito per marcare la differenza tra No tav «buoni» [ma rassegnati] e No tav cattivi, [e mazziati] dovrà fare i conti col pestaggio non solo di un ragazzo finito in neurologia in condizioni definite stabilizzate ma gravi nei primi bollettini medici [«che però se l’era venuta a cercare, da Torino, anzi, da Radio Blak Out!…], ma anche di una tranquilla signora di Borgone picchiata [anche lei] con la stessa ferocia quando già era finita a terra e che oltre alle ferite molto serie alla testa [dovrà essere operata] lamenta contusioni in tutto il corpo come le fossero passati sopra… con gli scarponi. Senza contare i feriti e i contusi che sono stati medicati sul posto da alcuni sanitari attivisti del movimento.
Difficile a questo punto cavarsela con la solidarietà b
ipartisan e pelosa: o si sta con le vittime o con i carnefici. O si sta con la contabilità virtuosa o con quella allegra. O si sta dalla parte della democrazia o ci si colloca oggettivamente tra coloro che perseguono, o nel migliore dei casi subiscono, gli interessi della mafia.

http://www.carta.org/campagne/grandi+opere/no+tav/19238


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