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Lamezia: all’alba si spara, la sera c’è il festival antimafi


dana74
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Antonello Mangano
Nella terza città della Calabria si torna ad ammazzare e far saltare negozi nel cuore della notte. Eppure qui gli abitanti non abbassano la testa. Tano Grasso è assessore alla Cultura e tre giovani filmaker hanno vinto un premio con un documentario sui commercianti che non hanno voluto pagare la ’ndrangheta.

“Fratelli di sangue”, libro di storie sulla ’ndrangheta
Società
11 luglio 2011 - 12:45
LAMEZIA TERME (Catanzaro) – Bombe ad alto potenziale e spari assassini nei pressi del mercato. Siamo in Italia, non in Iraq. Ma tra la notte del 7 luglio e il mattino successivo, Lamezia ha scoperto di essere in guerra. Intorno alla mezzanotte esplode una bomba di fronte alla pasticceria Giordano, una delle più note della città. Il boato sveglia il quartiere e viene avvertito in più parti del centro urbano. Cinque auto danneggiate, l’onda d’urto ha frantumato parabrezza e distrutto carrozzerie. A pezzi anche i vetri di una scuola vicina, mentre si diffondeva il panico tra gli inquilini del palazzo. L’esplosione è solo l’ultimo di una serie di atti intimidatori contro gli esercizi commerciali della zona, almeno venti nell’ultimo mese.
Il mattino dopo, sempre in pieno centro, un omicidio tra la folla annuncia una faida tra i clan. I killer esplodono quindici colpi di pistola contro Francesco Torcasio, venti anni. Il giovane è fermo all’interno della sua Peugeot. Sono appena le nove, molti commercianti stanno alzando le saracinesche. A poca distanza si svolge il mercatino settimanale. Gli spari terrorizzano la gente. Il padre della vittima era stato ucciso un mese fa mentre assisteva a bordo campo a una partita di calcetto. Gli spettatori uscirono rapidamente subito dopo il delitto.
Cosa sta succedendo? Gli investigatori ipotizzano una ripresa dello scontro tra i Cerra-Torcasio e gli Iannazzo-Giampà. Ma non basta pensare che “si ammazzano tra loro” per sentirsi al sicuro. Angela Napoli, componente della Commissione parlamentare antimafia, osserva che «i contendenti, pur di espletare le loro vendette, non hanno orari, scelte dei luoghi, né tantomeno si preoccupano di usare le armi tra la gente».
La faida va avanti da nove anni e ha lasciato sul terreno una quarantina di morti. Gianni Speranza è stato eletto sindaco sei anni fa dopo due scioglimenti per mafia. «Siamo tutti preoccupati che riprenda e si sviluppi una nuova guerra di mafia, terribile, sanguinaria e senza esclusione di colpi», commenta il primo cittadino. «Faccio un appello: la vendetta non serve, alimenta solo odio e sangue ed espone a rischi anche cittadini inconsapevoli che passano per caso sul posto dei delitti e degli attentati».
Non è stata mai facile la vita di Speranza a Lamezia. Ecco come fu accolto: «Sono stato eletto di lunedì sera, mercoledì vengono i vigili urbani e mi dicono: “Sindaco, dovete scappare con noi perché è stata incendiata la porta dell’aula consiliare”». Era il 2005. In campagna elettorale aveva rifiutato i voti delle ‘ndrine e invitato gli altri candidati a fare altrettanto.
Lamezia non è un paese periferico dove la criminalità domina incontrastata in mezzo a una popolazione complice e impaurita. È invece un territorio relativamente vivace dal punto di vista sociale ed economico, che ospita il primo aeroporto della regione. Oggi appare consegnata alla violenza criminale più brutale. In realtà, basta una prima ricognizione per capire che siamo in una terra ricchissima di contrasti e contraddizioni, dove mafia e antimafia si stanno scontrando. Ignorata dai media, snobbata dalla politica, la partita che si gioca a Lamezia è molto più importante di quanto si pensi.
Proprio qualche giorno fa si è concluso “Trame”, il primo festival dedicato ai libri dell’antimafia. Ospiti attivisti, magistrati e scrittori, tra cui don Luigi Ciotti , Nicola Gratteri e Lirio Abbate. L’iniziativa è di Tano Grasso, assessore alla Cultura oltre che presidente onorario della federazione antiracket.
Claudio Metallo, Nicola Grignani e Miko Meloni sono tre giovani videomaker. Il loro ultimo documentario si intitola Un pagamu (“Non paghiamo”) e ha vinto il festival di Ghedi, in provincia di Brescia. Racconta i commercianti di Lamezia che hanno deciso di restare e dire no al racket. Tra loro la famiglia Godino, cui fu incendiato il deposito di gomme il 26 ottobre del 2006. Le fiamme si propagarono per tutti i quattro piani del palazzo, distruggendo tutto. La colonna di fumo arrivò fino al cielo, ad ammonire tutti i lametini. Già il giorno dopo, i Godino ricominciarono a lavorare con i pochi pneumatici scampati al fuoco. L’attività ha riaperto anche grazie all’aiuto dei cittadini e dell’amministrazione comunale. «Non c’è mai balenato per la testa di andarcene», dice Daniele Godino. «Perché darla vinta a questa gente? Che senso ha? Scappi tu, ma il fenomeno rimane».
Le cifre richieste possono arrivare fino a 1200 euro al mese, una grossa somma di denaro con cui si potrebbe assumere un nuovo dipendente o essere costretti a licenziarne un altro. Spesso l’estorsione è solo il pretesto per entrare in possesso di un buon negozio, spiega il documentario. I meccanismi possono essere tanti: l’assunzione di un parente degli ‘ndranghetisti o l’ingresso come socio di uno di essi. Quasi sempre si finisce col perdere la propria attività.
Cecè è un ristoratore-militante che ha vissuto dieci anni in Emilia e poi ha deciso di ritornare. «Volevo fare qualcosa di mio e a Bologna c’erano già tante cose belle...». Francesco Palmieri, un altro commerciante lametino, osserva:  «Se pago, divento tuo schiavo. Tu entri in casa mia e fai quello che vuoi». Armando Caputo è il presidente dell’associazione antiracket (Ala), nata nel 2003: «L’imprenditore che fa affari con loro è un nostro nemico».
Non sono pochi. Rocco Mangiardi è stato il primo commerciante lametino a indicare i suoi aguzzini in un’aula di Tribunale: «Nel 2006 alcuni individui entrano nel mio negozio di autoricambi e mi chiedono di non dare più credito a nessuno. Pagando una tangente di 1200 euro al mese, avrei risolto tutti i miei problemi. Mi dissero di dare questo pensierino a Pasquale Giampà. Questa zona era sotto la sua tutela». Qualche tempo dopo, quattro estorsori sono arrestati grazie ad alcune intercettazioni. E arriva il giorno che cambia per sempre la sua vita e quella della sua famiglia. Giampà chiede il rito abbreviato, per cui il confronto in aula non è più indispensabile. Mangiardi vive la richiesta come una sfida: «Credo che lui abbia fatto questo perché credeva che non avessi il coraggio di andare a testimoniare». Si presenta lo stesso in aula e indica il boss come l’uomo che pretendeva il pizzo «perché pagano tutti, dalla A alla Z».
«In realtà, girando questo documentario, mi sono reso conto che non sono pochi i commercianti che hanno deciso di non pagare», dice Claudio Metallo. «È vero che non c’è stata un’ondata di gente che ha denunciato gli estorsori e i loro complici ma è pur vero che si è passati da una situazione in cui i primi membri dell’antiracket si riunivano quasi in segreto alla possibilità di lavorare alla luce del sole, invertendo una situazione che costringeva i “buoni” alla semiclandestinità, mentre i “cattivi” potevano tranquillamente ritrovarsi in un bar o in un ristorante».
In pochi hanno capito che mafia e sottosviluppo sono strettamente correlati. «Dove c’è il controllo della criminalità organizzata, alcuni imprenditori decidono di non far crescere la propria azienda», conclude Metallo. «Pensano che se sono piccoli e restano piccoli non avranno problemi e nessuno verrà a chiedere loro di sborsare una cifra mensile per non subire violenze».

http://www.linkiesta.it/lamezia-all-alba-si-spara-la-sera-c-e-il-festival-antimafia


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dana74
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per un lavoro non autorizzato..
a sto punto ste ditte di merda hanno il potere assoluto?
Incapaci poi, basta essere della cricca su cui nessuno indagherà mai ed è fatta ed i genovesi?Intossicati.

Genova - La trivellazione, per sbaglio, di una conduttura in via Bressanone della società Seapad, gestita dalla Iplom, nel pomeriggio dell’11 luglio ha causato una fuoriuscita di benzina che ha costretto l’evacuazione di 120 persone e un blocco alla viabilità ordinaria , coinvolgendo anche la rete ferroviaria.

Il ponente genovese è piombato nel caos per diverse ore a causa degli oltre 2mila metri cubi di benzina bianca che hanno invaso le strade di Sestri Ponente.

La situazione è rientrata nella normalità solo dopo le 20:30.

- La cronaca della giornata -

Le reazioni e i commenti

«Quello che abbiamo accertato finora è che il tubo è stato rotto durante l’esecuzione di un lavoro peraltro non autorizzato da noi e fatto da Genova Reti Gas. Questo ha prodotto la perdita che ha creato il problema a Genova», così spiega il direttore della Iplom Vincenzo Colombo ai microfoni di Radio19. «I vigili del fuoco ci hanno informato segnalando la presenza di questa
L’area coinvolta
fuoriuscita, abbiamo subito fatto delle verifiche e siamo intervenuti - continua Colombo - Ci siamo mossi per inviare acqua nel tubo per spostare la benzina verso un altro deposito e contemporaneamente abbiamo fatto intervenire sul posto, coordinandoci con i vigili del fuoco, le squadre di una società a cui ci appoggiamo per le bonifiche». «Normalmente in queste occasioni gli scavi vengono preceduti da informative che avvisano chi ha utenze al di sotto del manto stradale. In questo caso né a me né ai miei collaboratori risulta alcun tipo di richiesta per questo tipo di lavoro», aggiunge Colombo.
Radio19 ha provato a contattare Genova Reti Gas per una replica ma, al momento, non è stata ricevuta risposta.

«Abbiamo corso un rischio grande». Le parole del comandante dei vigili del fuoco, Stefano Gissi, si mescolano con l’odore acre dei vapori di benzina che sgorga, copiosa, da un buco dell’oleodotto della raffineria Iplom che dal deposito di Fegino va diretto al Porto Petroli di Multedo. Il buco, poche decine di centimetri di diametro, è stato causato dalla trivella di una ditta che esegue lavori in appalto per conto della Genova Rete Gas.

Un tubo da 28 pollici, circa 70 centimetri, che trasferisce oltre 2 mila metri cubi di benzina. I vigili del fuoco hanno un problema in più: la trivella è rimasta conficcata nel tubo. Non è possibile accendere il motore del camion per estrarla perché basta una scintilla, basta il calore della marmitta a innescare la bomba. Così, i tecnici del vigili del fuoco stanno studiando come fare per estrarre quella lunga carota di ferro dal tubo.

I soccorsi
Alle 19.50 la benzina non esce più. L’allarme è cessato, l’aria sta tornando respirabile, le persone possono tornare a casa. E adesso, l’unica cosa che potrà essere innescata è la polemica sul come e sul perché sia potuta succedere una cosa di questo genere.

«Le persone evacuate possono iniziare a fare ritorno nelle proprie abitazioni». Lo rende noto il Comitato di Protezione civile il quale precisa anche che in via Merano è stata riaperta una corsia, a doppio senso di marcia, che garantisce la viabilità in entrambe le direzioni. La polizia municipale continua comunque a presidiare la zona.

«L’emergenza è ancora in corso, ma quando sarà finita bisognerà fare il punto sull’accaduto, chiarirne le cause e ogni altro aspetto, responsabilità comprese, per evitare che si possa ripetere». Lo afferma l’assessore ad Ambiente e Protezione Civile della Regione Liguria, Renata Briano, che ha partecipato al vertice in Prefettura per la rottura di una tubatura della società Seapad, gestita dalla raffineria Iplom.

«Credo si debba ringraziare tutti - aggiunge la Briano - per l’impegno dimostrato in queste ore, che sicuramente ha impedito conseguenze ben più gravi. Il coordinamento messo in atto tra Protezione Civile, Comune, Vigili del Fuoco e volontari ha funzionato».

L’assessore alla sicurezza, Scidone, raggiunto dai microfoni di Radio19 ha precisato: «Alle 21,30-22:00 dovremmo risolvere tutto. Siamo pronti a qualsiasi evenienza, ma le persone per quell’ora dovrebbero ritornare nelle loro case. Nei prossimi giorni ricontrolleremo anche la rete fognaria- La situazione, comunque, è sotto controllo».

L’allarme e i soccorsi

Situazione critica a Genova Sestri Ponente per una fuoriuscita di combustibile da una conduttura della società Seapad, gestita dalla raffineria Iplom in via Bressanone, vicino a via Merano. E’ successo durante i lavori di trivellazione sulla strada. Via Merano è stata chiusa ed è stata bloccata anche la linea ferroviaria.

Secondo quanto appreso, la trivellazione è avvenuta in una stradina trasversale rispetto a via Merano. Da quel punto la condotta, che viaggia sotto il sito stradale, è in salita e la trivellazione ha favorito il deflusso all’esterno della benzina che sta uscendo con notevole pressione. I vigili del fuoco, subito intervenuti, hanno coperto la benzina con schiuma inertizzante per evitare l’evaporazione, ma le esalazioni sono avvertite da chiunque passi per strada. Ad ora, sono una settantina gli appartamenti evacuati per un totale di circa 120 persone.

Un punto di accoglienza per le persone sfollate a Sestri Ponente, a causa della rottura di un oleodotto da cui fuoriesce benzina bianca, è stato allestito nei locali della scuola Carducci dai volontari della Protezione Civile. Chiusa la circolazione veicolare nella zona, è stata sospesa l’energia elettrica ai cantieri navali di Sestri Ponente.

Un’immagine dall’alto dell’area coinvolta

E c’è allarme per le esalazioni. La condotta danneggiata è lunga circa 5 chilometri e dal Porto
La perdita di carburante
Petroli arriva a Fegino, nell’entroterra. Le esalazioni della benzina sono particolarmente acri e i vigili del fuoco, che hanno disposto l’evacuazione dei palazzi di via Merano, vicino a via Bressanone, hanno parlato di `aria satura di gas´. Al momento però non si sarebbero verificati malori nella popolazione.

«I vigili del fuoco hanno bloccato il passaggio di benzina dal tubo, ma le operazioni di bonifica richiedono tempo», ha detto il presidente del Muncipio Medio Ponente Stefano Bernini a Radio 19. «Sono due i palazzi evacuati, si spera che le persone possano tornare a dormire nelle loro case questa notte ma si pensa ad una sistemazione temporanea forse in alcune palestre».

Al Matitone si è tenuto un comitato d’urgenza della Protezione Civile, presieduto dall’assessore alla sicurezza del Comune di Genova Francesco Scidone, per coordinare le operazioni di bonifica e messa in sicurezza dell’area interessata dalla fuoriuscita di carburante.

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2011/07/11/AO4EoAk-fuoriuscita_evacuate_benzina.shtml


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per un lavoro non autorizzato..
a sto punto ste ditte di merda hanno il potere assoluto?
Incapaci poi, basta essere della cricca su cui nessuno indagherà mai ed è fatta ed i genovesi?Intossicati.

Genova - La trivellazione, per sbaglio, di una conduttura in via Bressanone della società Seapad, gestita dalla Iplom, nel pomeriggio dell’11 luglio ha causato una fuoriuscita di benzina che ha costretto l’evacuazione di 120 persone e un blocco alla viabilità ordinaria , coinvolgendo anche la rete ferroviaria.

Il ponente genovese è piombato nel caos per diverse ore a causa degli oltre 2mila metri cubi di benzina bianca che hanno invaso le strade di Sestri Ponente.

La situazione è rientrata nella normalità solo dopo le 20:30.

- La cronaca della giornata -

Le reazioni e i commenti

«Quello che abbiamo accertato finora è che il tubo è stato rotto durante l’esecuzione di un lavoro peraltro non autorizzato da noi e fatto da Genova Reti Gas. Questo ha prodotto la perdita che ha creato il problema a Genova», così spiega il direttore della Iplom Vincenzo Colombo ai microfoni di Radio19. «I vigili del fuoco ci hanno informato segnalando la presenza di questa
L’area coinvolta
fuoriuscita, abbiamo subito fatto delle verifiche e siamo intervenuti - continua Colombo - Ci siamo mossi per inviare acqua nel tubo per spostare la benzina verso un altro deposito e contemporaneamente abbiamo fatto intervenire sul posto, coordinandoci con i vigili del fuoco, le squadre di una società a cui ci appoggiamo per le bonifiche». «Normalmente in queste occasioni gli scavi vengono preceduti da informative che avvisano chi ha utenze al di sotto del manto stradale. In questo caso né a me né ai miei collaboratori risulta alcun tipo di richiesta per questo tipo di lavoro», aggiunge Colombo.
Radio19 ha provato a contattare Genova Reti Gas per una replica ma, al momento, non è stata ricevuta risposta.

«Abbiamo corso un rischio grande». Le parole del comandante dei vigili del fuoco, Stefano Gissi, si mescolano con l’odore acre dei vapori di benzina che sgorga, copiosa, da un buco dell’oleodotto della raffineria Iplom che dal deposito di Fegino va diretto al Porto Petroli di Multedo. Il buco, poche decine di centimetri di diametro, è stato causato dalla trivella di una ditta che esegue lavori in appalto per conto della Genova Rete Gas.

Un tubo da 28 pollici, circa 70 centimetri, che trasferisce oltre 2 mila metri cubi di benzina. I vigili del fuoco hanno un problema in più: la trivella è rimasta conficcata nel tubo. Non è possibile accendere il motore del camion per estrarla perché basta una scintilla, basta il calore della marmitta a innescare la bomba. Così, i tecnici del vigili del fuoco stanno studiando come fare per estrarre quella lunga carota di ferro dal tubo.

I soccorsi
Alle 19.50 la benzina non esce più. L’allarme è cessato, l’aria sta tornando respirabile, le persone possono tornare a casa. E adesso, l’unica cosa che potrà essere innescata è la polemica sul come e sul perché sia potuta succedere una cosa di questo genere.

«Le persone evacuate possono iniziare a fare ritorno nelle proprie abitazioni». Lo rende noto il Comitato di Protezione civile il quale precisa anche che in via Merano è stata riaperta una corsia, a doppio senso di marcia, che garantisce la viabilità in entrambe le direzioni. La polizia municipale continua comunque a presidiare la zona.

«L’emergenza è ancora in corso, ma quando sarà finita bisognerà fare il punto sull’accaduto, chiarirne le cause e ogni altro aspetto, responsabilità comprese, per evitare che si possa ripetere». Lo afferma l’assessore ad Ambiente e Protezione Civile della Regione Liguria, Renata Briano, che ha partecipato al vertice in Prefettura per la rottura di una tubatura della società Seapad, gestita dalla raffineria Iplom.

«Credo si debba ringraziare tutti - aggiunge la Briano - per l’impegno dimostrato in queste ore, che sicuramente ha impedito conseguenze ben più gravi. Il coordinamento messo in atto tra Protezione Civile, Comune, Vigili del Fuoco e volontari ha funzionato».

L’assessore alla sicurezza, Scidone, raggiunto dai microfoni di Radio19 ha precisato: «Alle 21,30-22:00 dovremmo risolvere tutto. Siamo pronti a qualsiasi evenienza, ma le persone per quell’ora dovrebbero ritornare nelle loro case. Nei prossimi giorni ricontrolleremo anche la rete fognaria- La situazione, comunque, è sotto controllo».

L’allarme e i soccorsi

Situazione critica a Genova Sestri Ponente per una fuoriuscita di combustibile da una conduttura della società Seapad, gestita dalla raffineria Iplom in via Bressanone, vicino a via Merano. E’ successo durante i lavori di trivellazione sulla strada. Via Merano è stata chiusa ed è stata bloccata anche la linea ferroviaria.

Secondo quanto appreso, la trivellazione è avvenuta in una stradina trasversale rispetto a via Merano. Da quel punto la condotta, che viaggia sotto il sito stradale, è in salita e la trivellazione ha favorito il deflusso all’esterno della benzina che sta uscendo con notevole pressione. I vigili del fuoco, subito intervenuti, hanno coperto la benzina con schiuma inertizzante per evitare l’evaporazione, ma le esalazioni sono avvertite da chiunque passi per strada. Ad ora, sono una settantina gli appartamenti evacuati per un totale di circa 120 persone.

Un punto di accoglienza per le persone sfollate a Sestri Ponente, a causa della rottura di un oleodotto da cui fuoriesce benzina bianca, è stato allestito nei locali della scuola Carducci dai volontari della Protezione Civile. Chiusa la circolazione veicolare nella zona, è stata sospesa l’energia elettrica ai cantieri navali di Sestri Ponente.

Un’immagine dall’alto dell’area coinvolta

E c’è allarme per le esalazioni. La condotta danneggiata è lunga circa 5 chilometri e dal Porto
La perdita di carburante
Petroli arriva a Fegino, nell’entroterra. Le esalazioni della benzina sono particolarmente acri e i vigili del fuoco, che hanno disposto l’evacuazione dei palazzi di via Merano, vicino a via Bressanone, hanno parlato di `aria satura di gas´. Al momento però non si sarebbero verificati malori nella popolazione.

«I vigili del fuoco hanno bloccato il passaggio di benzina dal tubo, ma le operazioni di bonifica richiedono tempo», ha detto il presidente del Muncipio Medio Ponente Stefano Bernini a Radio 19. «Sono due i palazzi evacuati, si spera che le persone possano tornare a dormire nelle loro case questa notte ma si pensa ad una sistemazione temporanea forse in alcune palestre».

Al Matitone si è tenuto un comitato d’urgenza della Protezione Civile, presieduto dall’assessore alla sicurezza del Comune di Genova Francesco Scidone, per coordinare le operazioni di bonifica e messa in sicurezza dell’area interessata dalla fuoriuscita di carburante.

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2011/07/11/AO4EoAk-fuoriuscita_evacuate_benzina.shtml


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Truman
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LAMEZIA TERME (Catanzaro) –

... basta una prima ricognizione per capire che siamo in una terra ricchissima di contrasti e contraddizioni, dove mafia e antimafia si stanno scontrando.

A una prima ricognizione, la mafia controlla tutto, dalle bancarelle degli ambulanti alle cappelle funerarie, e gli unici dubbi sono sulle spartizioni interne alla mafia. All'interno del sistema mafioso, è gradito che qualcuno si autodefinisca "antimafia" ed esplichi tale attività antimafia organizzando convegni inconcludenti.
Sul pizzo i dati sono un po' diversi da quelli riportati nell'articolo: il 70% degli esercizi commerciali paga il pizzo ed il 30% è gestito direttamente dalla mafia. Le percentuali possono essere discutibili, visto che gli esercizi gestiti direttamente dalla mafia sono pochi, ma sono quelli più grandi e vistosi.


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dana74
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son d'accordo Truman..

ps mi son accora che ho postato il guaio di Genova sotto a questo di Lamezia...pardon!


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