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Mario, morto impiccato dopo avere perso il lavoro


Tao
 Tao
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Un ragazzo di 27 anni si è tolto la vita poco prima di Natale. Is Mirrionis è una barriera di palazzoni che chiude a nord, con un muro di cemento, il profilo della città. È un quartiere nato negli anni del boom economico, quando il secolo scorso prometteva sviluppo, integrazione, modernità a una regione povera e al suo capoluogo, uscito dalla guerra peggio di tutte le altre parti dell'isola, il centro storico e il porto sventrati dai bombardieri a stelle e strisce. In una casa di Is Mirrionis, la sera prima della vigilia di Natale, un ragazzo di 27 anni s'è impiccato al soppalco di un garage. Pochi giorni prima aveva perso il lavoro. Il giornale sardo che ha dato la notizia, «La Nuova Sardegna», non fa il suo nome. Così ha chiesto il padre, stretto da un dolore che è difficile rendere battendo sulla tastiera di un computer. Come un pudore dietro la preghiera paterna, lo stesso dei tanti che a Cagliari e nel resto della Sardegna vivono nel silenzio disoccupazione, cassa integrazione, povertà. Quelli che salgono sui tetti, sulle gru, sulle torri ci sono anche qui, ma sono la punta di un iceberg che, sotto la superficie, ogni giorno cresce ignorato, nessuno che racconti. Come vuole il padre, chiameremo anche noi il ragazzo di Is Mirrionis Mario.

Mario ha cominciato a lavorare presto, a 17 anni. In casa i soldi che entravano non erano tanti e lui non voleva pesare sulla famiglia. È stato assunto a tempo indeterminato (una fortuna già dieci anni fa) in una ditta di soccorsi stradali, la stessa che lo ha licenziato. Non era un gran salario, ma era un lavoro stabile, non precario, non in nero, che sembrava dovesse durare per sempre. Mario poi non era sposato, viveva con i suoi, aveva da pagare solo le rate dell'auto appena comprata. Con tutto quello che vedeva intorno, i suoi coetanei senza lavoro o costretti a impieghi saltuari, Mario si considerava fortunato. Poi dieci giorni fa il titolare della ditta - una piccola impresa - lo ha chiamato nel suo ufficio e gli ha detto che doveva licenziarlo. «Non ce la faceva a guardare mio figlio in faccia mentre glielo diceva - racconta il padre di Mario - ma è stato irremovibile». Prima di Mario, che lavorava da autista, un altro operaio erano stato licenziato. La crisi morde duro. Sono tantissime le micro imprese che mandano gli operai a casa. Piccoli numeri, perciò nessuno ne parla, non si accendono i riflettori mediatici che illuminano il disastro della grande chimica da Porto Torres al Sulcis. Ma drammi ugualmente grandi.

Dopo il licenziamento Mario era cambiato. Si era incupito. Quasi non parlava più. Il padre era preoccupato: «Gli avevo detto che lo avrei aiutato io, lo avrei aiutato a pagare le rate, a cercare un altro lavoro». Ma Mario sapeva che trovare un'altra occupazione era difficile, quasi impossibile poi che qualcuno gli offrisse un nuovo contratto a tempo indeterminato, com'era stato per dieci anni. Mario non era mai stato precario e della precarietà aveva paura. A 27 anni il futuro gli sembrava un buco nero. La sera del 23 guardava la televisione insieme con la madre. Poi è sceso in garage. Per lui quella stanza era come un rifugio, faceva piccole cose di manutenzione. Alla madre ha detto di non preoccuparsi. Più tardi, ormai di notte, la donna, spenta la tv, prima di andare a letto è scesa nel garage. Non lo faceva mai, ma quella sera era preoccupata, perché Mario non stava bene. La luce era accesa ma non si udivano rumori. La madre ha aperto la porta, il figlio pendeva da una corda appeso al soppalco, morto.

È tanto dura la crisi in Sardegna che i rettori delle università di Sassari e di Cagliari - forse consapevoli che la lotta per salvare il lavoro e quella per salvare gli atenei dalla Gelmini sono la stessa cosa - hanno spedito questa nota ai giornali: «Nell'attuale difficile congiuntura socio-economica, condividiamo con tutta la comunità regionale la preoccupazione gravissima dei lavoratori sardi e delle loro famiglie per la perdita del lavoro, primo fondamento del nostro vivere secondo la Costituzione della Repubblica italiana, e siamo a fianco di coloro i quali, con iniziative e manifestazioni, operano per la necessaria difesa e conservazione del lavoro». Mario al suo fianco, due giorni prima di Natale, non ha sentito nessuno.

Costantino Cossu
Fonte: www.ilmanifesto.it
29.12.2010


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sarà stata la crisi economica che non c'era del governo del fare (??)...?


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okinawa
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Ognuna di queste morti èun omicidio di stato.


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Ognuna di queste morti èun omicidio di stato.

Stato oligarchico Leviatano ??


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dana74
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sarà stata la crisi economica che non c'era del governo del fare (??)...?

sarà stata la globalizzazione quella del perfetto meccanismo della crescita.
Contro la globalizzazione non si può dire niente altrimenti si inc..no, è una bestemmia imporre o richiedere i dazi, roba da "fascisti" come piace usare ai globalizzatori radical chic.
Travaglio li chiede i dazi o come pensa di salvare i posti di lavoro dalla crisi? Con il TAV?


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lantipatico
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è una bestemmia imporre o richiedere i dazi

Che centra la globalizzazione col processo in atto dal '92 di livellare i salari?
I dazi matematicamente gravano sui consumatori, non c'è niente da fare.
Coi dazi non puoi comuqnue fermare la delocalizzazione.
Con un dazio si finisce a pagare di più le merci prodotte all'estero, pechè dazio o no la manodopera costa comunque di meno in altri paesi.

Il problema è che con questa kultura dell'immobilità sociale se spostan la produzione all'estero chi non è aggiornato si attacca e chi è aggiornato (laureato con master e balle varie) se ne va all'estero perchè qui in Italia finisce a fare l'impiegato a 1000 euro al mese.

Che cosa risolverebbe un dazio o una quota sulle importazioni?


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è una bestemmia imporre o richiedere i dazi

Che centra la globalizzazione col processo in atto dal '92 di livellare i salari?
I dazi matematicamente gravano sui consumatori, non c'è niente da fare.
Coi dazi non puoi comuqnue fermare la delocalizzazione.
Con un dazio si finisce a pagare di più le merci prodotte all'estero, pechè dazio o no la manodopera costa comunque di meno in altri paesi.

Il problema è che con questa kultura dell'immobilità sociale se spostan la produzione all'estero chi non è aggiornato si attacca e chi è aggiornato (laureato con master e balle varie) se ne va all'estero perchè qui in Italia finisce a fare l'impiegato a 1000 euro al mese.

Che cosa risolverebbe un dazio o una quota sulle importazioni?

meno male ogni tanto rispondi pure tu a Dana...oltre a rispondere alle perle di saggezza di Affus...per la cronaca Dana è una che accolla ogni responsabilità dell'attuale situazione economica di volta in volta a : Prodi, la perfida UE,l'Euro e come risoluzione salvifica del problema italiano propone o la mitologica sovranità monetaria e adesso i dazi...di prendere in considerazione le pessime politiche economiche dei governi degli ultimi 10 anni per esempio...manco gli passa per la testa, dicendo lei che siamo governati economicamente dall'europa e non accorgendosi che abbiamo un governo lautamente stipendiato che emana leggi e provvedimenti...cioè governa...anche se in modo del tutto peculiare...dopo 10 anni di pessime politiche economiche governative ( Prodi nei suoi 2 anni qualche sano provvedimento lo aveva fatto...) che seguono ad altro malgoverno precedente...solo delle formule economiche miracolistiche o meglio semplicistiche come quelle raccontate da Dana posso dare la misera parvenza di risolvere qualcosa....ma in realtà 10 anni di pessime politiche economiche sono ben difficili da rimediare....


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lantipatico
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dicendo lei che siamo governati economicamente dall'europa e non accorgendosi che abbiamo un governo lautamente stipendiato che emana leggi e provvedimenti...cioè governa...

Non è del tutto sbagliato; nel senso che i nostri partiti bipartisan rappresentanti della Destra (borghesia capitalista) si sono legati all'Europa nel progetto di riduzione del costo del lavoro portato avanti dalla germania post unificazione. Questo ha portato ad accettare dei vincoli che di fatto hanno due effetti:

- vincolare la politica fiscale e monetaria (strumenti del modello keynesiano-fordista-->debito, cosumi di massa e benessere)
- scaricare la responsabilità "umana" delle decisioni a qualcosa di sovrannazionale voluto dai governi precedenti

Dal mio punto di vista c'è della ragione un po' in tutti: il processo storico che si vive vede il passaggio della produzione al neoliberismo.
Neoliberismo in cui la Globalizzazione la fa da padrone.

Però dal mio personalissimo e discutibile punto di vista i miei simili sono i lavoratori di tutto il mondo e quindi penso che il problema che si vive è l'attacco ai diritti e ai salari che porterà sempre più alla "mercificazione" del lavoro.
Questo significa che vi sarà un'alta concorrenza tra i lavoratori e il lavoro non sarà più un'attività in cui emanciparsi e mettere alla pova le proprie capacità (dal tornio al calcolo di integali complessi) ma diventerà un fattore e un numero nel processo di produzione.

On demand...

che significa insicurezza e assenza di prospettive.


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Anonymous
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dicendo lei che siamo governati economicamente dall'europa e non accorgendosi che abbiamo un governo lautamente stipendiato che emana leggi e provvedimenti...cioè governa...

Non è del tutto sbagliato; nel senso che i nostri partiti bipartisan rappresentanti della Destra (borghesia capitalista) si sono legati all'Europa nel progetto di riduzione del costo del lavoro portato avanti dalla germania post unificazione. Questo ha portato ad accettare dei vincoli che di fatto hanno due effetti:

- vincolare la politica fiscale e monetaria (strumenti del modello keynesiano-fordista-->debito, cosumi di massa e benessere)
- scaricare la responsabilità "umana" delle decisioni a qualcosa di sovrannazionale voluto dai governi precedenti

Dal mio punto di vista c'è della ragione un po' in tutti: il processo storico che si vive vede il passaggio della produzione al neoliberismo.
Neoliberismo in cui la Globalizzazione la fa da padrone.

Però dal mio personalissimo e discutibile punto di vista i miei simili sono i lavoratori di tutto il mondo e quindi penso che il problema che si vive è l'attacco ai diritti e ai salari che porterà sempre più alla "mercificazione" del lavoro.
Questo significa che vi sarà un'alta concorrenza tra i lavoratori e il lavoro non sarà più un'attività in cui emanciparsi e mettere alla pova le proprie capacità (dal tornio al calcolo di integali complessi) ma diventerà un fattore e un numero nel processo di produzione.

On demand...

che significa insicurezza e assenza di prospettive.

quello che dici non è del tutto corretto per come la vedo io...l'europa ci da delle direttive per lo più; il come eseguirle materialmente spetta ai governi e parlamenti, le direttive sono espresse in principi generali non in regole di dettaglio...quelle ce le mettono i governi e i parlamenti nazionali...risultato...il come vengono attuate le direttive europee è in gran parte il risultato della legislazione di recepimento delle direttive europee...esistono poi anche i regolamenti europei, ma sono meno pervasisvi dal punto di vista quantitativo...senza contare che le sentenze della corte di giustizia europea con la sua autorevole giurisprudenza mette un frano al dumping sociale stabilendo dei requisiti minimi di qualità del prodotto, che si riperquotono in una qualità minima delle condizioni del lavoro, sta agli stati ed ai governi fare rispettare dette sentenze ( se hai possibilità prova a cercare su internet dovresti trovare qualcosa di molto simile a quanto ti ho appena detto ...), senza contare che :

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=30273&highlight=cartellino+giallo

fra l'altro i principali organi europei sono costituiti da personaggi politici per lo più delle maggioranze di governo dei singoli stati, per cui è un po' ridicolo tentare di nascondersi dietro la foglia di fico della perfida quanto astratta e mitologica UE...

In europa poi vige il principio della libera concorrenza...se uno vende un prodotto ad alto valore aggiunto, non può essere costretto ne dalla Germania ne da nessun altro a pagare poco i lavoratori che lo producono...certo che se un Paese continua a produrre cintole scarpe e cravatte...allora fa concorrenza ai cinesi...si può dire che l'Italia in generale tenti di formare e valorizzare il capitale umano ?? O forse valorizza molto di più i lacchè e le corruzioni politicanti ?? Se valorizza di più i lacchè...questo non ci è imposto dall'Europa...


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