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Mario Salvi - Una vecchia storia romana di periferia ...


radisol
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MARIO SALVI, "GUFO", 7/4/76

Mario Salvi

Dal libro "In Ordine Pubblico" di autori vari - 2003 - curato da Paola Staccioli - Editore Associazione Walter Rossi

"In occasione dell'esame, da parte della Cassazione, del caso dell'anarchico Giovanni Marini, la sinistra rivoluzionaria organizza un presidio davanti alla sede della corte, il Palazzaccio di piazza Cavour a Roma. Condannato in appello a 9 anni di reclusione, Marini era accusato di aver reagito a un assalto fascista, disarmando il giovane missino Carlo Falvella del proprio coltello e ferendolo a morte durante la colluttazione. Il fatto era avvenuto nel luglio 1972 a Salerno, in un clima di forte tensione creato nella città dalle numerose azioni squadriste: aggressioni a militanti della sinistra, devastazioni di sedi politiche e incursioni nelle redazioni di giornali. Marini, che nel 1975 vinse il Premio Viareggio per la poesia con il volume E noi folli e giusti, prima dell'arresto era impegnato in una controinchiesta su un anomalo incidente stradale che nel 1970 aveva provocato la morte di cinque anarchici calabresi, nei pressi di Roma, dove si stavano recando per consegnare alcuni loro documenti, mai ritrovati, sulle stragi che iniziavano a insanguinare l'Italia. Il "caso Marini" assurse in quegli anni a simbolo dell'"antifascismo militante", producendo una mobilitazione molto sentita non solo nell'area anarchica e della sinistra rivoluzionaria, ma anche nel mondo della cultura.
Il 7 aprile 1976, dopo la conferma della condanna da parte della Cassazione, un gruppo di militanti dei Comitati Autonomi Operai decide di staccarsi dal presidio di piazza Cavour per effettuare un'azione contro il Ministero di Grazia e Giustizia. Vengono lanciate alcune bottiglie incendiarie, a puro scopo dimostrativo, verso il lato posteriore dell'edificio. L'agente di custodia Domenico Velluto, in servizio davanti al Ministero, si getta all'inseguimento dei giovani che fuggono. In via degli Specchi, ormai lontano dal luogo in cui erano state tirate le molotov, la guardia carceraria apre il fuoco uccidendo con un colpo alla nuca il giovane comunista Mario Salvi, 21 anni, militante del Comitato Proletario Zona Nord, struttura del quartiere di Primavalle legata all'Autonomia Operaia. Arrestato il 15 aprile su ordine del sostituto procuratore Gianfranco Viglietta con l'accusa di omicidio preterintenzionale, il secondino sarà scarcerato alla fine di agosto per motivi di salute e in virtù di un "sincero pentimento". L'8 luglio 1977 la Corte d'Assise lo assolverà per aver fatto uso legittimo delle armi. La sera stessa della sentenza, verso le 22, un giovane irrompe nella trattoria Sora Assunta, nei pressi di Campo de' Fiori, dove Velluto stava festeggiando, e spara contro di lui alcuni colpi di pistola. Il secondino ne esce indenne, ma i proiettili feriscono a morte un suo amico. Su questo episodio sono ancora in corso indagini giudiziarie da parte della magistratura.
Giovanni Marini, profondamente segnato dalla dura detenzione, è stato stroncato da un infarto nel dicembre 2001, a 59 anni."

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IN PRINCIPIO FU LOTTA CONTINUA .....

MARIO SALVI, "GUFO", 7/4/76 - 7/4/2004

In principio fu Lotta Continua.

Erano i primissimi anni settanta e portare i capelli lunghi non ci bastava piu’.
Anche se la maggior parte della "comitiva" di Torrevecchia era formata da studenti, era pero’ evidente che, andando avanti in questo modo, tra la bisca e la cronica mancanza di soldi, la situazione ci avrebbe portato prima o poi in galera.
E qualcuno di noi, per cosiddetti "reati comuni", quell’ esperienza l’ aveva gia’ fatta.
Se dovevamo fare i "ribelli" tanto valeva farlo fino in fondo.
E ci presentammo nella neonata sezione di Lotta Continua di Primavalle, in Via Pietro Bembo.
La sezione si chiamava "Mario Lupo" dal nome di un manovale edile, militante di L.C., ucciso pochi mesi prima a Parma dai fascisti.
Qui i fondatori della sede, quasi tutti studenti del Liceo Mamiani e futuri giornalisti di grido, ci accolsero come Gesu’ Bambino a Natale.
Avevano gia’ aggregato qualche anziano "coatto" che si era avvicinato al gruppo nell’ esperienza carceraria, alcuni dei quali poi formeranno i Nap.
Ma un folto gruppo di giovani proletari della zona che arrivavano gratis, di iniziativa loro, era veramente una manna dal cielo che non si aspettavano.
Per un po’ fummo esibiti dappertutto, conoscemmo Sofri e passammo molte serate ospiti nella casa di Fulvio Grimaldi, a Trastevere.
Ci fecero persino fare la scorta a due militanti dell’ IRA irlandese, ospiti del gruppo a Roma e che furono a loro volta esibiti a sorpresa in un comizio a Piazza Esedra, tra la rabbia e lo sconforto dei militanti degli altri gruppi extraparlamentari che, non avendo Grimaldi, non potevano contare su certi contatti internazionali.
Ma francamente la disciplina di gruppo ci andava stretta ed anche se qualcuno di noi aveva trovato il lavoro e la donna dentro Lotta Continua - e la fame di reddito e di sesso era veramente notevole - cominciammo presto a stancarci.
La scusa fu la vicenda dei fratelli Mattei, i due figli del segretario missino che
morirono bruciati in un attentato alla loro casa il 16 aprile 1973.
Furono arrestati tre militanti di Potere Operaio, la cui sede era a pochi metri sempre in Via Pietro Bembo.
A noi i potoppini ci stavano assai sui coglioni.
Anche se un paio di loro, tra cui Achille Lollo, venivano dai lotti di Primavalle, in generale ci sembravano fastidiosi intellettualini borghesi che giocavano alla rivoluzione.
Ma non avemmo un dubbio al mondo sul fatto che andavano difesi.
E invece arrivarono i big di Lotta Continua, Pietrostefani e Molinari, a dirci di stare "defilati", che non c’era certezza dell’ innocenza di quei tre.
In seguito L.C. rivide quella posizione e difese a spada tratta i potoppini, ma per noi quella "dissociazione" era troppo. E ci defilammo del tutto.
Torniamo a Torrevecchia e mettiamo in piedi un "comitato di vigilanza antifascista", facciamo una campagna contro un prete ungherese che aveva portato in zona i suoi amici fascistelli della Balduina.
Nel giro di qualche settimana i fasci se ne tornano ai loro quartieri-bene, qualcuno pure un po’ tumefatto.
Veniamo contattati da Stella Rossa, un gruppo marx-lenin-stalinista che pero’ aveva la fissa dell’ antifascismo militante.
Ci garantiscono a parole di mantenere una certa autonomia e di collaborare con loro alla vigilanza appunto antifascista.
Facciamo un po’ di raid a Balduina che iniziano con l’ attacchinaggio di manifesti e finiscono con il lancio di uova sulle pellicce delle signore della buona borghesia locale.
Poi cominciano a pretendere che vendiamo il loro giornale ai semafori ; il loro grande capo, Vincenzo Calo’, si incazza pure se se ne vendono pochi.
In trasferta a Terni - facevamo pure questo - scuciamo la testa ad alcuni fasci che ci avevano aggredito appunto ad un semaforo.
Mario Salvi, il "Gufo", e’ il piu’ bravo di tutti, a vendere giornali ed a scucire teste fasciste.
Ma anche qui non se ne puo’ piu’, che ci hanno preso a cottimo ?
Facciamo in tempo a partecipare ad una occupazione di case insieme ad una famiglia malavitosa della zona, i Belardinelli, ma ci sgomberano dopo una giornata.
Poi il settarismo e lo stalinismo di Stella Rossa non lo sopportiamo piu’ e sia pure gradualmente, uno alla volta ci sfiliamo.
Ad aprile del 1975, in seguito al belluino pestaggio della polizia ad un presunto scippatore, scoppia una rivolta a Primavalle.
La polizia spara, ma appena scende la notte, le pistole compaiono anche dall’ altra parte e una
guardia finisce in fin di vita.
Noi siamo ormai "cani sciolti", ma trovarci a fianco dei "coatti" che sparano e inneggiano alle Brigate Rosse ci fa decisamente un certo effetto galvanizzante.
Ci sembra veramente, a pochi giorni dalla uccisione tra Milano, Torino e Firenze di quattro compagni, che la rivoluzione - anche nella nostra zona - sia ormai all’ ordine del giorno.
Mario e Tonino, un ragazzo sardo che poi morira’ di Aids, vanno alla famigerata sede degli autonomi in Via S.Igino Papa.
Qui l’ambiente e’ assai diverso, piu’ genuinamente proletario, e poi quasi tutti provengono dall’ anarchismo, la disciplina praticamente non esiste.
Un po’ alla volta ci aggreghiamo tutti.
Partecipiamo in massa, coinvolgendo molti "coattelli" di zona, al mitico esproprio di dischi da Consorti in Viale Giulio Cesare.
Scopriamo poi che il comitato di Primavalle e’ il "braccio armato" dell’ autonomia operaia romana, siamo noi a sabotare le centraline della Sip in difesa dell’ autoriduzione delle bollette, inseguiamo per i lotti gli "staccatori" dell’ Enel, che essendo pure loro dell’ autonomia, non staccano quasi mai la luce ai proletari che si autoriducono i costi.
In difesa del popolo angolano attacchiamo le linee aeree sudafricane in Via Barberini e ci portiamo dietro pure quelli di Stella Rossa.
Mario partecipa pure all’ iniziativa contro l’ ambasciata iberica in Piazza di Spagna, nel periodo in cui erano stati condannati a morte alcuni compagni dell’ Eta basca.
La polizia spara ed uccide un passante, tra l’ altro cugino dell’ onorevole Aldo Moro.
Mario torna a Primavalle esterrefatto e sconvolto.
Secondo lui l’ avventurismo dei Volsci e’ ormai inaccettabile, poteva morire lui che era a pochi passi dalla vittima.
Decidiamo, scontando una significativa scissione interna, di rompere ogni rapporto con Via dei Volsci e di attrezzarci per una iniziativa politica solamente di quartiere. Ma le cose non sono chiarissime.
Per alcuni questa scelta non nasconde secondi fini, per altri invece si tratta di favorire scelte "piu’ avanzate", di clandestinita’ e di lotta armata.
Nel quartiere hanno preso piede i Nap, gruppo armato di ex carcerati, grazie anche ai favori della gia’ citata famiglia Belardinelli che garantisce appoggi logistici e non solo.
Ed alcuni ex appartenenti al nostro comitato, usciti prima del nostro arrivo, hanno dato vita insieme ai resti di Potere Operaio alle Fac, altro gruppo armato che opera soprattutto contro sedi della Sip, ma in modo assai piu’ pesante di come facevamo noi con i Volsci, e che poi, con la calata a Roma di Mario Moretti, confluiranno nelle Brigate Rosse.
Come dicevo, la confusione e’ tanta.
Miliucci, il "caid" di Via dei Volsci, viene a Primavalle per convincerci a rientrare con loro.
Non ci riesce , ma qualche dubbio riesce a seminarlo.
Per cui, quando dopo pochi giorni viene indetta una manifestazione in difesa dell’ anarchico Marini, un compagno di Salerno processato per essersi difeso da un aggressione di fascisti, alcuni di noi dimenticano i propositi di limitarci all’ attivita’ di quartiere e vanno a Campo de’ Fiori all’ appuntamento.
Tra questi Mario Salvi, il "Gufo", il nostro amico di infanzia.
E’ il 7 aprile 1976, Mario viene ucciso con un colpo alla nuca da una guardia carceraria, Domenico Velluto, in servizio presso il vicino Ministero di Grazia e giustizia, contro cui erano state gettate delle molotov.
Quella data segna per tutti noi uno spartiacque.
Da quel momento da decine diventiamo in quartiere centinaia, viviamo il 1977 sulle barricate al centro di Roma ma anche nella nostra zona.
E muoiono, nel 1977, altri due compagni della zona, Giorgiana Masi e Walter Rossi.
Poi le cose vanno come vanno, qualcuno finisce nelle B.R., qualcuno nell’ eroina, qualcuno nella cosiddetta "delinquenza comune", altri ridanno vita ad esperienze di "autonomia operaia" tuttora esistenti nel quartiere, la maggior parte "cresce" e ritorna "nel privato", qualcuno diventa pure un "pezzo grosso" del PCI o del sindacato.
Ma questo e’ il dopo, e’ un’ altra storia.
Non c’e’ dubbio pero’ che per un intera generazione di giovani proletari di Torrevecchia e Primavalle, la vita viene scandita in un "prima" ed un "dopo" la morte di Mario Salvi.
Cosa rimane oggi, a ventotto anni di distanza, di quei fatti ?
La targa nella piazza, intitolata a Mario, che tutti ancora chiamano cosi’ anche se il comune continua a dedicarla ad un papa tra i peggiori della storia.
Una lapide di metallo, ormai del tutto arrugginita, in Via degli Specchi, dove il "Gufo" fu ucciso.
L’ omaggio dei fiori che tutti gli anni i compagni della zona fanno a quel ragazzo di quasi trenta anni fa.
Ma credo, nonostante tutto, che rimanga anche qualcosa di molto piu’ profondo.
Quel "filo rosso" della memoria antagonista, quel fiore - nel senso maoista del termine - che tutti siamo tenuti a coltivare.
Mario, Giorgiana, Walter e tanti altri.
Chi si ricorda piu' di Giuliano e Romolo, uccisi per non essersi fermati ad un posto di blocco ?
Di Sandro che si e' suicidato perche' convinto che gli uomini di Dalla Chiesa stessero per venire a prenderlo e non era nemmeno vero ?
Di Tonino, di Nicola e di un altro Mario morti di eroina ?
Del tunisino Ali' ammazzato di botte nel commissariato di Primavalle ?
Di Elena ferita dai fascisti e morta un anno dopo ?
Di Paolo che cammina ancora zoppo per le pistolettate della polizia in Piazza Indipendenza ?
Di Nino tornato fuori di testa dal servizio militare e che, ancora adesso, fa il barbone ?
Storie brutte, quasi una strage in quel gruppo di capelloni che andavano in bisca e sentivano a palla i Pink Floyd in quei primissimi anni settanta e dopo si erano messi in testa di fare la rivoluzione !
Un filo tragico che porta ad altre vite, piu' recentemente stoncate, Carlo Giuliani e Dax, in nome degli interessi del capitale.
La lotta continua anche nel loro nome !

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7 A P R I L E 2010 Tributo a MARIO SALVI

Appuntamento, dalle ore 17, in Piazza Mario Salvi a Primavalle

Il 7 Aprile 1976 il compagno Mario Salvi veniva ucciso a Roma , nei dintorni del Ministero di Giustizia, colpito alle spalle dall'agente penitenziario Velluto in via degli Specchi ( in quel luogo una lapide ne ricorda il sacrificio) , mentre manifestava il suo sdegno nei confronti della feroce giustizia che condannava l'anarchico Giovanni Marini, reo di essersi opposto alle ripetute aggressioni della canaglia fascista a Salerno colpendo a morte per legittima difesa lo squadrista Falvella
Il compagno Mario Salvi svolgeva con passione la militanza politica nel quartiere di Primavalle, partecipe del dibattito e delle esperienze dell'autonomia operaia romana e dei Comitati Autonomi Operai di via dei Volsci.
Son trascorsi 34 anni da quel omicidio di Stato , senza che Mario e la sua famiglia abbiano ottenuto giustizia e il risarcimento morale da tributare a chi ha sacrificato la sua giovane vita per i diritti e i bisogni negati, per una società di liberi e uguali.
IL 7 APRILE 2010 DALLE ORE 17 l'appuntamento è in p.za MARIO SALVI dove i/le compagni/e ricorderanno la sua opera nel quartiere di Primavalle.

Confederazione Cobas


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radisol
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Io so i nomi dei responsabili….. i nomi dei responsabili delle stragi … di quello che viene chiamato golpe e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere.…..delle persone serie e importanti che stanno dietro ….che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica……………….a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista)…………… sempre con l’aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista………

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.

Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace

………..Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...

Io so i nomi... / di Pier Paolo Pasolini

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7 aprile 1976 - 7 aprile 2010

"..La generosità l’umiltà il senso di giustizia la rabbia contro i padroni.." Questo era Mario, ucciso dal piombo di stato il 7 aprile 1976. La sua voglia di libertà è la nostra!

Noi non dimentichiamo …. Come ogni anno saremo in piazza a ricordare il compagno Mario che sacrificò se stesso perché un giudice di questo stato dei padroni condannò le vittime e assolse i suoi servi….Mario morì come tanti in questo paese perché voleva imporre giustizia e verità, quelle che nessuno nelle istituzioni ha mai dato alla memoria delle centinaia di assassinati nelle piazze, in questo strisciante golpe che ha conquistato il potere…proprio come Pasolini diceva… P2, mafia, camorra e ‘ndrangheta, Opus Dei e consorterie di industriali reazionari, dalle varie bandiere dei vari centri destro o sinistro, questi sono oggi i nuovi padroni che ci danno licenziamenti, guerra tra poveri, precarietà e miseria.

MARIO VIVE NELLE NOSTRE LOTTE!

7 aprile 2010 ore 17 in piazza Mario Salvi già P.zza Clemente XI. metro A Battistini + bus 46, 46b, 997, 998, 983, 916

Collettivo Antagonista Primavalle

email: [email protected] - Via Girolamo Casanate 2A - RM


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radisol
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IN MEMORIA DI MARIO SALVI (7 aprile 1976) UCCISO DALLO STATO

Primavalle: questo quartiere è una città. Contando anche la zona di Torrevecchia, ormai saldata al quartiere, ci vivono 140.000 persone: quante ne vivono a Monza o a Pavia. Nella Primavalle vera e propria, su un’area di appena 190 ettari, abitano 80.000 persone: la popolazione di Varese. Ma questa città è anche un inferno: 4.200 persone per un chilometro quadrato: uno degli indici di densità demografica più allucinanti d’Italia. Una strada fra due piazze, manciate di baracche, livide casermette dell’Istituto Case Popolari, qualche palazzina della speculazione edilizia, 32 lugubri lotti con in mezzo qualche superstite lingua di terra zellosa, una ragnatela di stradine sfossicate che non portano in nessun posto: è uno dei paesaggi più spettrali e disumani della cinta periferica romana (Collettivo Potere Operaio, Primavalle. Incendio a porte chiuse, Savelli, Roma 1974).

Ci guardiamo intorno, per avvistare gli staccatori prima che si inoltrino nei lotti [...]. Ecco [...] la macchina dell’ENEL: parcheggia proprio di fronte all’osteria di Peppe, c’è quello con i baffi che già conosciamo e uno nuovo, mai venuto a Primavalle. [...] in un attimo li raggiungiamo, quello con i baffi si aspettava di vederci ma ci fa capire che oggi ci saranno problemi. L’altro sembra quasi spaventato mentre recitiamo la formula di rito, Siamo il Comitato di lotta, paghiamo solo otto lire al chilovattore, come fanno i padroni. [...] A questo punto ci si divide, una compagna e un compagno vanno ad avvertire le donne facendo il giro per i lotti, e gli altri seguono gli staccatori che sfogliano l’ordine di servizio. Il primo nome è di una famiglia del lotto due e sono tanti in un appartamento minuscolo: da subito hanno aderito alla lotta. Apre la porta una ragazza minuta, un po’ spaventata, vede che ci siamo anche noi del Comitato, chiede che succede, mentre un frastuono di bambini fuoriesce dalla camere. Noi ci mettiamo in mezzo, formando un domestico picchetto davanti al contatore; quello con i baffi guarda il collega e fa subito cenno di rinunciare (Alessandro Pera, "Simba" in "In ordine pubblico", a cura di Paola Staccioli, Fahrenheit 451, Roma 2005).

È il 7 aprile del 1976. La notizia si diffonde tra i militanti di piazza Cavour e un piccolo gruppo decide di staccarsi dal presidio per compiere un’azione dimostrativa contro il Palazzaccio. Tra loro c’è anche Mario Salvi, detto "il Gufo". Chi lo ha conosciuto parla di lui senza eufemismi. Era il più bravo a diffondere la stampa militante ma anche a scucire le teste dei fascisti: un coraggioso. Non è strano se è il primo a correre verso un ingresso posteriore del Ministero. Nascosto sotto al giacchetto, il Gufo ha il pezzo: il suo compito è quello di coprire altri compagni armati di molotov. Le bocce vengono lanciate e al rumore del vetro infranto si unisce quello della fiammata, un suono secco come il colpo di una frusta. Dopo aver morso bisogna fuggire: l’attentato aveva uno scopo puramente dimostrativo, il suo potenziale distruttivo si è già esaurito senza fare danni. I danni, quelli veri, ci pensa un esponente delle forze dell’ordine a farli. Il giustiziere di turno si chiama Domenico Velluto e il suo lavoro, essendo un agente di polizia penitenziaria, potrebbe o dovrebbe considerarsi concluso quando le ore che lo obbligano a condividere le sbarre con i condannati si esauriscono restituendolo al corso di una vita normale. Questo discorso, però, il secondino Velluto non lo prende nemmeno in considerazione. Chissà, forse nella sua immaginazione ci sono già encomi solenni, premi in denaro, scatti di carriera... Quello che serve a farlo correre all’inseguimento dei “sovversivi” e a braccarli per centinaia e centinaia di metri, fino a raggiungere un luogo che non c’entra più niente con il Ministero: via degli Specchi, nei pressi di Campo de’ Fiori (Cristiano Armati, "Cuori rossi", Newton Compton, 2008)

L’agente Domenico Velluto con la pistola in pugno ha percorso centinaia di metri lungo le strade che portano a Campo de’ Fiori, alla ricerca di una vittima a cui sparare a freddo con tutta calma. Infatti quando Velluto ha sparato, nessuno stava scappando: il nostro compagno è stato freddato mentre camminava (Volantino diffuso dai Comitati autonomi operai, 1976).

Mario conosceva tutti, dal primo ladrone all’ultimo coatto, e cercava di farci capire che lo scippatore a modo suo si ribella a una società che è di merda, e ci diceva che non erano tanto diversi da noi e che bisognava parlare con tutti e far capire quali erano le lotte giuste e come uscire fuori dall’oppressione (Testimonianza di Giampiero, raccolta in «Rivolta di classe» n. 3, 1976).

La lapide [dedicata a Mario Salvi] non si staccherà, ci saremo noi, i suoi amici, i ladroni, le donne del quartiere ad impedire a questurini e poliziotti una cosa del genere. Sarebbe una lotta grossa, triste solo per i padroni (testimonianza di Giampiero, raccolta in «Rivolta di classe» n. 3, 1976).

a cura di Cristiano Armati

http://armati.splinder.com/post/22512910/Mario+Salvi:+7+aprile+1976+-+7


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