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Nuovo modello contrattuale - Un'altra "sòla" ...


radisol
Illustrious Member
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Nuovo modello contrattuale:

Confindustria fa il pieno.

Cisl, Uil e Ugl saltano definitivamente il fosso.

Un altra "sòla" ... e lo dice persino Eugenio Scalfari !

Non si fa gran fatica a dimostrare l'assurdità dell'accordo separato firmato da Cisl, Uil e Confindustria.

Da oggi il riferimento non sarà più l'inflazione programmata (che già faceva acqua da tutti i buchi) ma un'altra cosa che però ancora non si capisce bene cosa sia ... infatti l'accordo dice:

"per la dinamica degli effetti economici si individuerà un indicatore della crescita dei prezzi al consumo assumendo per il triennio - in sostituzione del tasso di inflazione programmata - un nuovo indice previsionale costruito sulla base dell’IPCA (l’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. L’elaborazione della previsione sarà affidata ad un soggetto terzo"

Ciò che appare comunque evidente è che il riferimento all'inflazione reale (già ridotta a richiamo solo nominale da quando è stata abolita la scala mobile) è andata definitivamente a farsi benedire ... scomparsa anche dal lessico sindacalese.

I nostri salari potranno forse recuperare qualcosa dell'aumento del costo della vita, ma non tutto in quanto depurato dagli effetti dei prezzi dei beni energetici importanti (elettricità e petrolio si presume) sull'inflazione ... ossia da quanto incide per almeno la metà sui processi inflazionistici.

L'accordo ci dice inoltre che a decidere di quanto dovranno aumentare i nostri salari sarà d'ora in poi un "soggetto terzo" che, da quanto si capisce, non sarà più il Governo tramite le leggi finanziarie (e già così la prendevamo in quel posto) ma probabilmente un soggetto di ricerche economiche, magari (sicuramente) un ufficio studi che sicuramente già lavora per banche e per diversi degli imprenditori iscritti a Confindustria.

L'altra perla dell'accordo è che il salario variabile legato alla contrattazione decentrata sarà ancor più di prima (dell'accordo del 23 luglio) subordinato ai risultati di produttività, redditività, recupero efficienza delle imprese e con l'aggiunta che la sua erogazione viene ora esplicitamente subordinata ad un'azione del Governo che garantisca per ogni lira di salario variabile erogato corrispondenti sgravi fiscali e risparmi contributivi a favore delle imprese (e quindi .. a carico della collettività).

Cisl, Uil e Ugl cantano vittoria ma non si capisce su cosa, e sarà difficile che vengano a spiegarcelo nei luoghi di lavoro. Se pensiamo alle urla di dolore di Bonanni di solo pochi mesi fa riguardo all'insorgere di una "emergenza salariale" ci rimane difficile pensare con quali argomentazioni il segretario della Cisl potrebbe venire a convincerci in assemblea.

Non certo con il suo famoso e recente "Basta col salario a prescindere"

Certo non con gli argomenti di Angeletti che, in piena overdose di entusiasmo ha declamato ..."per la prima volta si considera il salario non come la derivata di rapporti politici tra sindacati, imprese e governo, ma come la derivata del lavoro" ... che è come dire che il salario non deve corrispondere ai bisogni che il lavoratore deve soddisfare ma a quanto lavoro è disponibile a fare in più .

Neppure con gli argomenti della Polverini (UGL) che dichiara come ... "L'accordo raggiunto sulla riforma del modello contrattuale rappresenta un contrbuito che le organizzazioni dei lavoratori danno per la risoluzione della crisi" .... come dire che la questione dell'emergenza salariale era tutta una bufala e che il problema principale è solo lavorare di più ed accontentarsi.

In fin dei conti non esiste alcun ragionamento propriamente "sindacale" che loro riescono ad sciorinare per giustificare la bontà e l'urgenza di questo accordo. L'unica cosa che spiega questa loro decisione è quanto da loro stessi dichiarato e cioè che si è finalmente liquidato il sindacato conflittuale a favore di una scelta partecipativa e collaborativa.

Una considerazione assai peregrina in realtà. Un rapporto non conflittuale ma collaborativo sottintende l'esistenza di un rapporto paritetico tra le parti. Orbene l'accordo firmato da Cisl, Uil e Ugl ha come obiettivo principale il sostegno alla produttività e redditività di impresa. Il lavoro, e le sue aspettative normative e salariali compaiono nell'accordo solo come elementi subordinati all'impresa ed ai suoi obiettivi. Difficile quindi pensare ad un rapporto collaborativo tra due interessi, dei quali il secondo è esplicitamente dichiarato subordinato al primo.

Già in partenza l'accordo sancisce, anche sul piano concettuale, l'evidenza di uno scambio diseguale.

Verificata la debolezza e la non sussistenza di ragioni "sindacali" (anche delle più moderate) viene fuori lampante ciò che veramente Cil, Uil e Ugl apprezzano dell'accordo e cioè il riconoscimento di ruolo che viene dato alle loro burocrazie da Governo e Confindustria.

Cisl, Uil e Ugl aderiscono (per interesse loro) ad un modello negoziale imperniato sulla progressiva eutanasia del contratto nazionale, sulla riduzione programmata dei salari, su una contrattazione integrativa limitata ad un'area ristretta di lavoratori e di lavoratrici, subordinata ad un aumento della fatica, delle ore lavorate e legata alle performance dei bilanci aziendali e a defiscalizzazioni concesse dallo Stato.

Coscientemente aderiscono alla rampante deriva neocorporativa che impone anche la trasformazione dei modelli sindacali, compromettendone l'autonomia, prefigurando un sindacato consociativo che sostituisce la contrattazione con una rete infinita di commissioni bilaterali che escludono la partecipazione diretta dei lavoratori alla discussione ed alla decisione su come affrontare e risolvere i loro bisogni, delegando invece tutto ad una presunta specializzazione degli apparati e delle burocrazie di cui i lavoratori saranno chiamati (solo) a fidarsi.

Buon per tutti che la Cgil non ha firmato questo accordo e ciò lascia presumibilmente aperta una possibilità di invertire quella rotta che il patto neocorporativo tra Padroni, Cisl, Uil e Ugl vorrebbe affermare.

Ma a questa possibilità bisogna dare delle gambe che ancora non si vedono se non fragilissime.

E' vero che la Cgil (oltre all'importante iniziativa del 13 febbraio di Fiom e FP Cgil) parli già di una grande manifestazione per il primo sabato di aprile. ma ancora non si capisce su quale piattaforma.

A parte le invettive contro le politiche economiche del Governo in materia contrattuale la Cgil non ha ancora chiarito se ha o non ha proposte alternative da mettere sul tavolo e da sostenere con una mobilitazione generale che vada anche oltre il 13 febbraio ed aprile.

La critica all'accordo firmato il 22 gennaio sui modelli contrattuali se è forte nei toni è ancora troppo sfumata nel merito.

Nella conferenza stampa Epifani si è infatti limitato a dire che quell'accordo non andava firmato perchè non era da considerarsi prioritario rispetto ad altri problemi economici ed occupazionali. Ha anche sottinteso al fatto che secondo lui si sarebbe comunque dovuto modificare (cosa che Cisl, Uil, Ugl e Confindustria non hanno voluto fare), senza per altro spiegare come e dove.

Un po poco per spiegare il perchè di una rottura così importante

La questione è tutta qui. La mobilitazione di aprile (se i contenuti rimangono questi) rischia di essere solo una prova di forza con cui la Cgil potrebbe ottenere un rientro decoroso al tavolo grazie a qualche modifica (sull'esempio della vertenza Alitalia).

Altra cosa sarebbe se la manifestazione di aprile fosse preparata con una propost
a di piattaforma da portare, sicuramente agli iscritti ma anche all'attenzione di tutti i lavoratori, per arrivare a mettere sul tavolo una proposta contrattuale che recuperi la centralità occupazionale e salariale nel confronto con Confindustria. Un obiettivo che, se lo si vuole conquistare veramente, presuppone una lotta vera e che quindi presuppone percorsi di partecipazione democratici veri, capaci cioè di conquistare e mobilitare il consenso dei lavoratori.

24 gennaio 2009

COORDINAMENTO RSU

www.coordinamentorsu.it

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Scalfari sulla vicenda ... e che lo dichiari lui è tutto dire ..

Eugenio Scalfari, che notoriamente non è mai stato un amico del sindacalismo antagonista ed in verità nemmeno troppo amico della Cgil, mentre invece è sempre stato giornalista sensibile alle sirene confindustriali, oggi in un articolo più ampio su "Repubblica" dà il seguente giudizio sulla vicenda.

Non credo serva aggiungere altro ....

"Nella stessa settimana del voto al Senato sul federalismo fiscale il governo aveva convocato le parti sociali e le Regioni per discutere le misure anticrisi.

Questo e solo questo era l’ordine del giorno per il meeting a Palazzo Chigi di venerdì 23 gennaio.

La discussione è durata pochi minuti. Infatti le misure anticrisi ruotavano soprattutto sul finanziamento degli ammortizzatori sociali (cioè sulla Cassa integrazione e altri analoghi istituti) che Tremonti vuole effettuare "senza oneri per il bilancio". Il solo modo per realizzare quell’obiettivo è di cercare i soldi necessari fuori dal bilancio, ma dove? Togliendoli alle Regioni e agli impieghi da esse previsti. Il "tesoretto" desiderato da Tremonti per finanziare gli ammortizzatori ammonta a 8 miliardi di euro da prelevare a carico dei fondi europei erogati alle Regioni per far fronte alla formazione dei lavoratori, che è un’altra forma di sostegno del reddito e di preparazione professionale.

Le Regioni presenti al meeting di venerdì hanno obiettato al ministro dell’Economia che non avrebbero accolto le sue richieste se prima egli non avesse indicato quali erano le risorse che lo Stato metterà sul tavolo da parte sua e tutto è stato rinviato a giovedì prossimo.

A questo punto Epifani si è alzato ritenendo che la riunione fosse terminata ma ha constatato con stupore che tutti gli altri rappresentanti delle parti sociali (sindacati, commercianti, banchieri, cooperative, Confindustria) restavano seduti. Ha chiesto se c’erano altre questioni da esaminare. "Visto che siamo qui tutti" ha risposto Gianni Letta "utilizziamo l’incontro per discutere la riforma contrattuale".

La signora Marcegaglia a quel punto ha distribuito un documento sulla contrattazione privata e il ministro Brunetta ha distribuito un altro documento sulla contrattazione del pubblico impiego. Epifani ha chiesto 24 ore di tempo per l’esame dei due testi, preliminare alla discussione che ne sarebbe seguita. Silenzio assoluto. "Debbo dedurre che i testi non sono emendabili?", ha domandato il segretario della Cgil. Ancora silenzio. A questo punto Epifani ha preso la via dell’uscio senza che alcuno lo trattenesse.

Mi spiace di non aver letto questo racconto sui giornali di ieri, eppure esso fa parte integrante dello "storico" incontro sulla riforma dei contratti ed è - diciamolo - abbastanza stupefacente.

Ma andiamo al merito di questa riforma che il maggior sindacato italiano non ha firmato.

E’ vero che essa diminuisce l’importanza del contratto nazionale e rivaluta il contratto di secondo livello agganciandolo alla produttività. Ed è vero (come ha ricordato Enrico Letta sul "Corriere della Sera" di ieri) che questa rivalutazione é suggerita dalle mutazioni dell’economia post-industriale ed era già stata proposta dal governo Prodi. Quante buone cose aveva avviato il governo Prodi, vengono fuori un po’ per volta e una ogni giorno; alla fine i suoi truci nemici di ieri gli faranno costruire un monumento in vita, magari a cavallo della sua bicicletta.

Basta. E’ anche vero che la riforma prevede un’inflazione al tasso adottato dalla contabilità dell’Eurostat al netto delle importazioni di beni energetici. Questo punto di riferimento è probabilmente migliore dell’inflazione programmata usata finora nei contratti. Ma qui cessano le virtù della riforma. Vediamone i difetti.

1. Riformare i contratti e agganciarli alla produttività in una fase di recessione, licenziamenti, diminuzione produttiva è come costruire caloriferi all’Equatore e frigoriferi ai Poli. Ma, si obietta, almeno la riforma sarà già pronta quando la crescita riprenderà.

2. L’accordo firmato venerdì non è un vero accordo sindacale e infatti si chiama "linee guida". Documento di indirizzo. Dopo la sua approvazione saranno discusse le linee guida di area e infine si arriverà ai contratti nazionali di categoria veri e propri. Diciamo che la costruzione è alquanto barocca, le linee guida sono più o meno un altro scatolone come la legge delega sul federalismo. Ma da dove viene l’urgenza?

3. L’urgenza viene dal fatto che Confindustria e sindacati (assente la Cgil) avevano stabilito il valore del "punto" retributivo al quale applicare il tasso d’inflazione Eurostat per determinare l’ammontare dei contratti di categoria. Il valore di quel "punto" è inferiore a quello attualmente vigente e sul quale sono stati costruiti i contratti fino a questo momento: inferiore di un 15 per cento nella migliore delle ipotesi. Non so se Enrico Letta fosse al corrente di questo piccolo dettaglio. Forse non guarderebbe con tanto ottimismo all’accordo di venerdì scorso.

In sostanza l’operazione prevede una piattaforma al ribasso dei contratti nazionali, da recuperare nei contratti di secondo livello che saranno stipulati azienda per azienda, con esplicita esclusione di contratti di "filiera" riguardanti aziende di analoga struttura e produzione.

Poiché il 95 per cento delle imprese italiane sono di piccolissime dimensioni, ciò significa che per una moltitudine di lavoratori il contratto di secondo livello non ci sarà mentre il contratto nazionale di base partirà con una decurtazione notevole.

E’ così che stanno le cose? Lo domando alla signora Marcegaglia e a Bonanni e Angeletti. Sarò lieto di essere smentito sulla base di fatti provati, ma se così è, a me sembra scandaloso. "

Eugenio Scalfari "La Repubblica" 25 Gennaio 2009

👿


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