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Opus dei


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Giacomo Galeazzi per “La Stampa”

Siamo ecumenici, ma non abbiamo imparato l’ecumenismo da Vostra Santità», osò dire un giorno Josemaría Escrivá de Balaguer a Giovanni XXIII che sorrise sapendo che fin dal 1950 l’Opus Dei aveva ottenuto da Pio XII il permesso di accogliere i non cristiani come «cooperatori associati». La leggenda nera della potenza economica e politica della più importante organizzazione cattolica del mondo, dei suoi metodi di reclutamento, dell’influenza occulta ha ispirato il Codice Da Vinci di Dan Brown e alimenta gli attacchi, anche da parte di ambienti ecclesiali, alla «massoneria bianca». Giovanni Minoli con Opus Dei un libro e un dvd (Rizzoli-Eri, 19,50 euro) prova a fare luce sulla realtà attuale dell’Opera fondata ottant’anni fa dal sacerdote spagnolo proclamato da Karol Wojtyla «santo dell’ordinario».

Tra gli 86 mila appartenenti all’Opera abbondano i nomi «eccellenti» (Ettore Bernabei, Paola Binetti, Joaquín Navarro-Valls, decine di cardinali e vescovi).
Anche Marcello Dell’Utri, braccio destro di Silvio Berlusconi, era accanto a sant’Escrivá quando il 21 novembre del 1965 fu inaugurato il centro sportivo dell’Opera, che lui aveva fondato salendo appositamente da Palermo a Roma.
«Poi Dell’Utri si trasferì a Milano e la sua partecipazione si è fatta sporadica...», rievoca il portavoce Giuseppe Corigliano.

Il Trap
L’ex ct della nazionale Giovanni Trapattoni, cooperatore, festeggia i suoi compleanni in un centro dell’«Obra» a Firenze, mentre il banchiere Corrado Passera partecipa in Kenya ai campi estivi di lavoro per la formazione dei giovani. «L’Opus è come una pompa di benzina: vengono persone in cerca di senso e, dopo il rifornimento, non chiediamo cosa se ne fanno della benzina», assicurano gli «opusdeini» ricordando che Escrivá rispondeva «e cosa mi importa, ciò che conta è che sia santo!» a chi gli parlava di un suo figlio spirituale divenuto ministro o capitano d’azienda.
Anche la segretezza da «massoneria cattolica» viene bollata come una falsità. «Siamo poco conosciuti perché nuovi e ogni novità alimenta falsi miti: anche i francescani all’origine erano visti come misteriosi e pericolosi persino dal padre di San Francesco», precisano. Pure l’uso del cilicio (assieme al rosario, alla devozione alla Madonna e agli angeli custodi) è stato additato come prova del carattere «settario». In realtà il contenuto degli statuti dell’Opus Dei esclude ogni forma di segreto.
L’Opera non propone nessuna strada determinata, né di tipo economico, né politico, né culturale. Ogni fedele ha piena libertà di pensare e di agire. A tutti è richiesto di vivere una vita pienamente cristiana. «L’Opus Dei - sintetizzò il fondatore - si potrebbe paragonare a un club sportivo o a un ente a scopo benefico. Non ha nulla a che fare con le attività politiche o economiche esercitate dai suoi iscritti». La sua causa canonica cominciò nel 1981 in un clima di diffidenza. Undici anni dopo 300 mila persone festeggiarono in piazza San Pietro la beatificazione del fondatore dell’Opus Dei.
Una «rivoluzione copernicana» che aveva reso positivo l’atteggiamento dell’opinione pubblica verso l’Opera. Secondo i seguaci di san Josemaría, a essere cambiato è il clima culturale, con la fine delle ideologie e delle contrapposizioni in chiave politica. Tramontate le categorie di progressista e conservatore, si sono diradati i «distinguo» e se da beato Escrivá faceva discutere, da santo ha zittito tutti i suoi critici. Rivincita, «sdoganamento», pieno riconoscimento, insomma. Come per Padre Pio, altro modello di santità indicato da Giovanni Paolo II all’uomo del terzo millennio.


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