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Pari opportunità: Italia al 74° posto


helios
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Pari opportunita', Italia al 74/mo posto
E' uno dei paesi della Ue con il punteggio piu' basso

(ANSA) - GINEVRA, 12 OTT - Peggiora il brutto voto dell'Italia in materia di pari opportunita' tra uomini e donne: il Paese scende infatti dal 72/o al 74/o posto. E' l'ultima classifica del World Economic Forum (Wef) sul divario di opportunita' tra uomini e donne,in 134 Paesi.''L'Italia continua a risultare uno dei Paesi dell'Ue con il punteggio piu' basso. I progressi si otterranno quando i paesi troveranno il modo di rendere matrimonio e maternita' compatibili con la partecipazione economica delle donne.''

(editato)

Pari opportunità: l’Italia scende in classifica, meglio di noi anche Vietnam, Ghana e Malawi

Peggiora il brutto voto dell’Italia in materia di pari opportunità tra uomini e donne: il Paese scende infatti dalla posizione numero 72 quella nomero 74. E’ l’ultima classifica del World Economic Forum (Wef) sul divario di opportunità tra uomini e donne,in 134 Paesi.
”L’Italia continua a risultare uno dei Paesi dell’Ue con il punteggio più basso. I progressi si otterranno quando i paesi troveranno il modo di rendere matrimonio e maternità compatibili con la partecipazione economica delle donne”.
L’Italia è seguita, tra i Paesi avanzati, solo dal Giappone ma preceduta da Repubblica Domenicana, Vietnam, Ghana, Malawi, Romania e Tanzania, solo per citarne alcuni.
Le prime quattro posizioni sono tutte appannaggio dei Paesi nordici, Islanda, Norvegia, Finlandia e Svezia nell’ordine, nazioni che continuano a lavorare per eliminare “le disparità di genere”, afferma Klaus Schwab, fondatore e presidente del World Economic Forum. In fondo alla classifica ci sono Mali, Pakistan, Ciad e Yemen.
“Le differenze tra i sessi”, spiega Schwab “sono direttamente correlate con l’alta competitività economica: donne e ragazze vengono trattate in modo equo se un Paese è in crescita e prospero. Ma abbiamo ancora bisogno di una vera rivoluzione per le pari opportunità, non soltanto mettendo insieme un largo gruppo di talenti sia in termini numerici che qualitativi, ma anche creando una maggiore sensibilità rispetto al problema nell’ambito delle nostre istituzioni”, sottolinea il presidente del Wef, che organizza anche il forum di Davos.
L’Italia naviga nelle parti basse della classifica a causa dello scarso indice di “partecipazione e opportunità nell’economia” (97mo posto), che emerge dalle differenze salariali (posto numero 121) e dalla partecipazione alla forza lavoro (posto numero 87) tra uomini e donne. Anche rispetto alla “salute e all’aspettative di vita” l’Italia perde terreno: in un anno è scesa dall’88mo al 95mo posto a causa dell’aumento della disuguaglianza a danno delle donne.

http://www.blitzquotidiano.it/societa/pari-opportunita-italia-classifica-vietnam-587849/


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dana74
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quel simposio di eguaglianza e democrazia che è il WEF si è accorto che non esiste più un sistema economico?!?!?

e che in egual misura vengono LICENZIATi/e uomini e donne?

E che molto probabilmente anche come paghe siamo come il vietnam, ah ma quello va bene al WEF perché fa "competizione"...

Certo che al WEF si affrontano problemi seri eh ma chi ci lavora quanto è pagato?
E quanti sono uomini e donne?


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sandman972
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Ma come...dopo anni di lavoro affannoso (non specifichiamo in che senso) della nostra onorevole e preparatissima ministra Carfy retrocediamo???? Non lo reputo possibile!!! 😆


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helios
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Ma come...dopo anni di lavoro affannoso (non specifichiamo in che senso) della nostra onorevole e preparatissima ministra Carfy retrocediamo???? Non lo reputo possibile!!! 😆

...retro-cediamo.......... verbo alquanto ambiguo ma alquanto significativo in questa situazione 🙄
😯

Certo che al WEF si affrontano problemi seri eh ma chi ci lavora quanto è pagato?
E quanti sono uomini e donne?

.....e perchè lo stipendio di una donna differisce sempre del 30%in meno di quello di uomo in ogni latitudine del pianeta?


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Hassan
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.....e perchè lo stipendio di una donna differisce sempre del 30%in meno di quello di uomo in ogni latitudine del pianeta?

Falso. Uomini e donne a parità di mansione, produttività, ore lavorative, esperienza, guadagnano esattamente lo stesso stipendo.

Leggiti "Why men earn more", di Warren Farrell, che distrugge tutta la diarrea femminista sul "gap" delle paghe, che altro non è che un gap nella matematica delle femministe. E anche:

http://maschiselvatici.blogsome.com/2008/03/28/salario-uguale-per-lavoro-disuguale/

Sull'assenteismo femminile:

http://www.corriere.it/economia/07_dicembre_01/scandalo_bonus_presenza_95180af2-9fe1-11dc-8bf1-0003ba99c53b.shtml

E ancora ("Stipendi, è parità tra uomini e donne"):

http://www.corriere.it/cronache/09_giugno_19/stipendi_parita_uomini_donne_rita_querze_ee6d2bbe-5ca0-11de-a55b-00144f02aabc.shtml

Tabella con gli stipendi:

La differenza di stipendio è data dalla produttività, esperienza, ore di lavoro. Non esiste nessuna discriminazione, è tutta propaganda femminista Mondialista per abbassare gli stipendi degli uomini come hanno fatto in Inghilterra, abbassandoli anche del 40%. Ripeto: è tutto un inganno (dato che le femministe lavorano per l'avanzamento del'NWO) per tagliare le paghe degli uomini, e impoverire tutti quanti. Il fatto che in un sito di controinformazione illuminata come questo ci siano ancora persone che non lo capiscono mi fa temere per il peggio...


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Hassan
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Di Fabrizio Marchi, fondatore di UominiBeta:

"Torniamo ora alla questione economica. Mi dispiace dirtelo, Brunella, ma sei vittima anche tu della “grande menzogna” (d’altronde non è colpa tua). Il calcolo dei redditi femminili e maschili viene calcolato nello stesso modo ipocrita con cui si calcola il reddito medio delle persone in una dato contesto. In questo modo si afferma ad esempio che il reddito medio pro capite in un determinato paese è di 20.000 euro o dollari all’anno, senza però specificare che in questa forbice ce ne sono alcuni che ne guadagnano 100.000 se non milioni e altri che ne guadagnano 1.000. Ma in realtà nel nostro caso l’ipocrisia è ancora maggiore perché si arriva a parlare di discriminazione. Come se a parità di mansione e di qualifica le donne percepissero un salario minore di quello degli uomini. Il che è una menzogna allo stato puro perché se così fosse ciò significherebbe che i contratti di lavoro (spesso contratti collettivi nazionali per lo meno finchè non cancelleranno anche questi e non è escluso che ciò possa accadere a breve per lo meno nel comparto privato) prevedono una discriminazione e una differenziazione sulla base dell’appartenenza di genere. Una forma nazista di apartheid che non è mai esistita, credo, neanche nel Sud Africa dei tempi più bui della relazione fra bianchi e neri e che certamente non esiste in Italia e in Europa e credo nella totalità del mondo occidentale, più o meno sviluppato. Ti sfido a trovare un solo contratto di lavoro, collettivo o individuale, dove sia prevista una minor retribuzione a parità di mansioni e qualifiche per le donne rispetto agli uomini. Sarebbe ovviamente una discriminazione di tipo sessista, razzista e nazista, peraltro, non c’è neanche bisogno di dirlo, incostituzionale. Non solo, se veramente le donne fossero vittime di questa aberrante discriminazione, logica vorrebbe che sarebbero le più ambite da tutti gli imprenditori, privati ma anche pubblici o parapubblici, ai quali non sembrerebbe vero di poter abbattere il costo del lavoro e aumentare i loro profitti. Invece, mentre da una parte si sbandiera questa discriminazione, contestualmente si afferma che le donne hanno molto più difficoltà degli uomini nel trovare un’occupazione. Una bella contraddizione in termini. Non trovi? Come la spieghi? (evitiamo slogan e concentriamoci eventualmente su una risposta razionale e argomentata).
Vediamo ora la prima obiezione che sicuramente avanzerai: ciò che conta non è la forma ma la sostanza. Intanto in questo caso la “forma”, cioè l’impianto giuridico e costituzionale è anche la sostanza; quindi è assolutamente improprio ancorchè grave parlare di discriminazione. Ciò detto, torniamo al primo punto affrontato, cioè al paragone con il calcolo del Pil e del reddito pro capite. Un recentissimo studio dell’”Osservatorio sulla gestione della diversità” dell’Università Bocconi (direi che possa essere considerato attendibile) e pubblicato tempo fa sul Corriere della Sera ci dice che le differenza salariali a parità di mansioni, qualifiche, inquadramento e anzianità fra uomini e donne, sarebbero all’incirca del 2%. Praticamente nulle. La differenza rispetto ad altre ricerche è notevole. L’Istat aveva stimato, nel 2007, la differenza al 7%, Unioncamere, nel 2008, al 17%, mentre per Eurispes, nel 2009, il differenziale avrebbe toccato il 16%. (mai comunque al 30% di cui parli tu e la vulgata corrente). Il “segreto” della nuova verità sta proprio nei criteri della ricerca, che, differentemente da altri studi, non si limita a mettere a confronto il monte salari di uomini e donnne deducendo la discriminazione dal diverso ammontare. “La novità- dice la coordinatrice dell’Osservatorio Simona Cuomo- è che non ci siamo fermati a valutare la differenza tra lo stipendio medio delle donne e degli uomini ma siamo andati a vedere quanto guadagnano esattamente un uomo e una donna a parità di qualifica, mansione, inquadramento, anzianità di servizio.
Naturalmente, quello stesso studio ci spiega che ci sono molte più donne che svolgono attività lavorative part time rispetto agli uomini da una parte e che, dall’altra, man mano che i livelli di qualifica aumentano, il numero delle donne tende a diminuire. Cosa che nessuno nega, sia chiaro, e che spiega il permanere della diversità dell’ammontare complessivo del reddito. Ma questo non ha nulla a che vedere con la presunta discriminazione salariale su base sessuale.
D’altro canto, se tocchiamo il tema della discriminazione sostanziale e non solo “formale” nel mondo del lavoro, se è vero che ancora la maggioranza dei manager e dei membri dei consigli di amministrazione delle aziende sono uomini, è altrettanto vero che sono sempre gli uomini a svolgere i mestieri e i lavori più faticosi e soprattutto pericolosi. Come forse non sai (e ora lo sai) il 95 % circa dei morti sul lavoro sono uomini. Una vera e propria tragedia di classe e di genere. Si parla molto ormai (giustamente) del primo aspetto ma mai del secondo. A riprova di ciò, ammesso che sia necessario, non possiamo non notare che la grande maggioranza dei dipendenti della scuola e della pubblica amministrazione, dove tutt’al più ci si può prendere un esaurimento da noia ma certo non si muore cadendo da un ponteggio edile né ci si ammala anzitempo di silicosi o di altre simili amenità, sono donne. Un’altra bella contraddizione dal momento che le donne stesse, giustamente, hanno posto il valore dell’eguaglianza (sul quale noi concordiamo del tutto). Logica vorrebbe quindi che le pari opportunità e le quote dovrebbero essere proposte in qualsiasi ambito e non solo per le assemblee elettive e per i consigli di amministrazione. Il giorno che questa richiesta verrà avanzata avrà il pieno appoggio degli Uomini Beta. Non mi pare però che ci siano segnali in questa direzione né, francamente, credo, ce ne saranno mai…"

Tratto da: http://www.uominibeta.org/2010/06/25/guadagnate-di-piu-pagateci-la-cena/#comments


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sandman972
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Falso. Uomini e donne a parità di mansione, produttività, ore lavorative, esperienza, guadagnano esattamente lo stesso stipendo.

Guarda, possono scrivere quello che vogliono, ma io nella mia esperienza lavorativa (comprensorio ceramico dintorni di Modena) ti posso dire che quando andavo a fare un colloquio mi sono sentito spesso dire "preferiamo assumere uomini invece di donne...le donne hanno il problema che rimangono incinta"; e le mie amiche, a parità di ruolo impiegatizio, prendevano effettivamente meno dei colleghi uomini; forse non un 30%, ma un 15-20% si.

Questo perchè nel nostro campo/ambito di lavoro gli stipendi non erano/sono tabellati o legati a ruoli, ma concordati tra il datore di lavoro e l'impiegato; una lavoratrice con meno "mercato" (passami il termine) spunta uno stipendio meno favorevole, puoi sforzarti quanto ti pare.

Ancora, ci sono ruoli dove "vogliono per forza una donna", ma solo perchè dovrà vendere servizi/prodotti a clienti perlopiù maschi, e si ritiene che l'illusione della bella commerciale possa invogliare il cliente all'acquisto...se non è becera ignoranza e sessismo questo...

Per la mia esperienza la diseguaglianza tra maschi e femmine c'è, altro che se c'è; e fatta non solo/non tanto da stipendio, ma da tutto un entroterra di pregiudizi/ignoranza/maschilismo.


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