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Piazza Affari finisce in Sri Lanka


Tao
 Tao
Illustrious Member
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I padroni inglesi della nostra Borsa hanno deciso di delocalizzare il sistema informatico Così Milano rischia di trasformarsi in una succursale del potente London Stock Exchange

La notizia, sepolta sotto l'emo zione per la "spallata" anti Profumo, è passata in silenzio. Ma proprio lo stesso giorno del braccio di ferro in piazza Cordusio, il supplemento Lombardia del Sole 24 Ore ha rivelato che "un pezzo di Borsa vola verso l'Asia".

In sostanza, anche se mancano conferme ufficiali, i vertici del London Stock Exchange, che ha ormai trasformato Piazza Affari in una controllata più che un partner, stanno vagliando l'ipotesi di trasferire in Sri Lanka alcu ni segmenti dell'Information Techno logy oggi attivi a Milano. Per carità, da Piazza Affari è presto arrivata la preci sazione che "Milano continuerà ad es sere una sede importante del gruppo". E così via. Ma la trama del film, a giudicare dalle scene che si sono girate finora sembra segnata: palazzo Mezza notte, un tempo simbolo del dinamismo finanziario del Paese, ormai serve per le sfilate di moda. O per il medio levato al cielo di Maurizio Cattelan. E mai metafora fu più vera o significa tiva.

Già, non si tratta di fare del campa nilismo provinciale, ai tempi dell'eco nomia globale. O nemmeno di far pre sente che Piazza Affari, già motore di occupazione di colletti bianchi ad alta qualificazione, ha già perduto il re sponsabile dell'ufficio legale, delle re lazioni esterne e dell'ufficio studi, or mai sostituiti dagli uffici della sede britannica. Ma vale comunque la pe na di ripercorrere dal '97, per combi nazione la data d'avvio dell' avventura di Alessandro Profumo alla guida di Unicredit, la parabola delle occasioni perdute dalla piazza finanziaria me neghina.

1) Per prima cosa va rilevato che la privatizzazione della Borsa si è rivelata l'affare migliore della recente storia bancaria italiana. Nel 1998, lo Stato, infatti, ha incassato la bellezza di 158 miliardi di vecchie lire al momento di cedere, pro-quota, il vecchio ente pubblico alle banche. Nel giugno del 2007, invece, al momento dello scambio azionario con il London Stock Exchange, Piazza Affari è stata valuta ta 1,6 miliardi di euro. Un guadagno strepitoso. O anche di più visto che i dividendi versati ai soci dalla Borsa italiana spa, nel frattempo, avevano ampiamente ripagato il prezzo d'ac quisto.

2) Al momento della fusione con Londra il sistema bancario italiano disponeva del 28 per cento circa della società dell'Lse. Inoltre, quasi in coin­cidenza con la fusione, il Nasdaq de cise di vendere la sua quota. Era l'oc­casione per consolidare, attraverso l'investimento delle Fondazioni inte­ressate (Crt, Verona e Mps) , la presenza italiana nell'azionariato. Mica per dominare la Borsa inglese, ma per tu telare le leadership tecnologiche del mercato italiano, il più avanzato del mondo nella trattazione dei titoli di Stato.

3) È difficile sostenere che il mondo politico non fosse consapevole della partita: tra il 1999 e il 2006, le migliori menti della sinistra hanno dato vita a diversi comitati per la piazza finanzia ria italiana. Il primo l'ha fondato lo stesso Carlo Azeglio Ciampi, poi c'è stata la versione Tommaso Padoa Schioppa . L'ultima versione, capita nata da Vincenzo Visco, è del 2006: vennero mobilitati 44 esperti, senza alcun risultato tangibile.

4) Intanto la quota azionaria in mano alle banche italiane (Unicredit ed Intesa in testa) scese dal 28 al 18%. Le plusvalenze realizzate in Borsa servi rono ad abbellire i bilanci. Intanto Londra, con il benestare dell'ad di Borsa Italiana, Massimo Capuano, si adoperò per evitare l'ingresso delle fondazioni italiane, giudicate "azioni sti pubblici": meglio gli emiri del Qatar, insomma.

5) Oggi la situazione è largamente compromessa. Massimo Capuano, che ha accarezzato a lungo la speranza di diventare il numero uno della so cietà, ha dato le dimissioni nello scor so aprile, con un entusiasmo di poco superiore a quello di Profumo, come lui un prodotto del vivaio Mc Kinsey. Pure lui, del resto, può consolarsi con una liquidazione che sfiora i 6 milioni. Nel giro delle poltrone dell'Lse non c'è stato finora spazio per un nuovo ma nager italiano operativo: esce di scena il vice presidente Angelo Tantazzi, sostituito da Paolo Scaroni. Ma l'Italia resta fuori dalla gestione.

6) Nel frattempo, l'integrazione con Londra non ha portato benefici alla creazione di una piazza finanziaria più solida. O tantomeno, nonostante tante dichiarazioni di segno contrario, ad un allargamento delle opportunità per le piccole e le medie imprese del made in Italy. Intanto sia Francoforte sia Parigi hanno difeso con le unghie le infrastrutture tecnologiche che per mettono alla Deutsche Boerse (che nel board ha avuto a lungo Alessandro Profumo) e ad Euronext, terminale parigino dell'alleanza con Wall Street, di garantire impieghi a buon reddito per le piazze finanziarie locali. Da quelle parti, statene certi, di outsour cing in Sri Lanka non se ne parla.

Ugo Bertone
Fonte: www.libero.it
1.10.2010

Via http://conflittiestrategie.splinder.com


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