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Rischio tariffe con l´acqua ai privati


Tao
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Illustrious Member
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La rete idrica nazionale avrebbe bisogno di 60 miliardi di investimenti Il dossier La legge Galli non è riuscita ad attrarre nuove risorse e i prezzi in dieci anni sono saliti del 61%

Il caso Acea è il banco di prova della nuova normativa sull´acqua. Il decreto legge 15, del settembre scorso, passato alle Camere per la fiducia tanto adoperata dal governo, e che indica la fuga in avanti privatizzatrice. Ci aveva già provato, un governo simile, con la legge Galli a metà anni ´90. Ma come allora – quando si pose la cornice liberalizzatrice per il mercato idrico – così oggi pare di trovarsi davanti a un tentativo di "fare mercato" ope legis, e in un ambito proibitivo di per sé.

Lo pensano gli operatori finanziari, ma anche i consumatori e movimenti sociali. E mentre si dibatte, resta il fardello di miliardi di euro, oltre 60, che servirebbero a rimettere in sesto la rete idrica del paese. Nel rapporto 2009 di Civicum/Mediobanca (il tempio del capitalismo domestico) emergevano numeri sconsolanti, come i 2,5 miliardi di euro l´anno persi per le falle delle condutture idriche, pari al 30% delle risorse totali. Un dato tra i peggiori in Europa (e la romana Acea lo batte, col 35% di "perdite"). In più, malgrado gli sforzi della legge Galli, una tariffa idrica nazionale relativamente bassa – circa metà della media mondiale – e non sufficiente a garantire remunerazione del capitale e investimenti sulle reti. Perfino Mediobanca, insomma, tracciava uno scenario che avrebbe scoraggiato il più entusiasta degli investitori. Per non dire del "fardello" dei 63 miliardi per rattoppare i buchi del passato, e che lo Stato non pare intenzionato a pagare di sua tasca.
Malgrado tutto (o forse proprio per questo) il governo continua a sperare nell´iniziativa privata. A settembre ha stabilito che per i futuri affidamenti dei servizi idrici serviranno gare, riservate dal 2011 in poi a privati o a società miste in cui il partner industriale (privato) ha minimo il 40%. Per le imprese quotate, poi, la legge dà tempo fino al 2012 (poi dilazionato di un triennio per l´azione delle lobby) perché le mani pubbliche scendano sotto il 30%. È questa la casistica della multiutility romana, la cui frettolosa intenzione di scendere dal 51% alla soglia di legge è spiegata dai benigni con l´esigenza di far cassa, e dai maligni come una partita politica che indebolisca il sindaco-azionista Gianni Alemanno e potenzi l´imprenditore-azionista Francesco Gaetano Caltagirone. Tra le sei multiutility quotate (A2a, Iride, Enia, Acea, Hera, Acegas-Aps) solo l´ex municipalizzata romana ha nell´acqua un business di rilievo. I ricavi annui del sestetto, attorno ai 20 miliardi di euro, derivano per lo più dall´energia. Ma le novità normative riguardano tutti i servizi pubblici locali, quindi ci saranno altri sviluppi, anche nell´azionariato dei big.

Restando al tema idrico, ci sono altri numeri che mostrano le contraddizioni di un settore dove pubblico e privato sembrano poco conciliabili. Gli investimenti infrastrutturali, che la legge Galli doveva stimolare, si sono più che dimezzati nel suo primo decennio di vigore. Lo dicono l´Istat e il Coviri, che vigila sulle risorse idriche. Tra il 1996 e il 2005 sono stati investiti 700 milioni di euro, contro i 2 miliardi del periodo 1986-1995. In "compenso", la tariffa dell´acqua in Italia, storicamente esigua, sta decollando: dal 1998 al 2008 è aumentata del 61%, a fronte di un´inflazione aggregata del 22%.
Come uscire dall´impasse? «Il servizio idrico va ripubblicizzato, è la fiscalità generale che deve sistemare le risorse del paese – dice Marco Bersani, del Forum italiano dei movimenti per l´acqua, che il 20 marzo manifesterà a Roma e in aprile raccoglierà firme per tre referendum abrogativi sul tema – basterebbe dirottare le risorse di alcune opere infrastrutturali per trovare i fondi». Ma il rischio che le tariffe debbano salire (o altre tasse al loro posto) è concreto. E non pare che il governo Berlusconi, il suo elettorato e gli italiani in generale stiano mostrando la correlata volontà politica.

Andrea Greco
Fonte: www.repubblica.it
6.02.2010


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