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Two Pack, via libera da Strasburgo al regolam. di stabilità


Arcadia
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Two Pack, via libera da Strasburgo al regolamento di stabilità economica

Il provvedimento approvato dal Parlamento europeo assegna alla Commissione europea un ruolo del tutto inedito: la possibilità di pronunciarsi sui bilanci nazionali dei 17 Paesi della zona euro (a partire dal 2014) ed eventualmente di porre il veto (fino ad oggi poteva esprimere solo raccomandazioni)

di Alessio Pisanò | 12 marzo 2013

Il Parlamento europeo approva il cosiddetto two pack ovvero la parte finale del nuovo regolamento di stabilità economica che assegna alla Commissione europea un ruolo del tutto inedito: la possibilità di pronunciarsi sui bilanci nazionali dei 17 Paesi della zona euro (a partire dal 2014) ed eventualmente di porre il veto (fino ad oggi poteva esprimere solo raccomandazioni). L’aula di Strasburgo cerca di rendere più trasparente e democratica possibile questa supervisione nonché l’assistenza finanziaria ai Paesi in difficoltà, vedasi Grecia. Insomma la maggior stabilità economica dell’eurozona costa ai suoi Paesi membri un pezzetto rilevante di sovranità, ma nell’ottica della nuova Unione economica e monetaria europea si tratta di una tappa fondamentale.

Entro il mese di ottobre di ogni anno, i 17 Paesi dell’eurozona dovranno sottoporre a Bruxelles i propri bilanci per l’anno successivo (in Italia la legge Finanziaria). La Commissione europea si pronuncerà caso per caso esaminando i conti previsti e, nel caso, potrà chiedere ai governi nazionali cambiamenti sostanziali nonché emettere sanzioni per chi non volesse adeguarsi. Si tratta del completamento naturale del lungo processo di integrazione economica iniziato con il Semestre europeo e che attraverso il nuovo Patto di stabilità (Fiscal compact) e il precedente Six pack, cerca di coordinare l’andamento economico dell’intera eurozona per evitare cortocircuiti come quello greco e, in misura minore, irlandese e portoghese.

Ad una maggior coordinazione e prevenzione internazionale fa da contrappeso una parziale perdita di sovranità economica per i 17 Paesi dell’area euro che in materia economica non potranno più decidere tutto da soli. A questo si aggiunge un altrettanto parziale deficit democratico che attribuisce ad un organismo tecnico come la Commissione europea (anche se i suoi commissari sono nominati dai governi nazionali e poi approvati dal Parlamento europeo) un potere economico inimmaginabile alla vigilia della crisi economica e che potrà essere difficilmente superato senza una più stretta unione politica a livello comunitario. Da questo punto di vista il Parlamento europeo ci ha messo una pezza cercando, nei limiti del possibile, di aumentare la trasparenza di questo controllo e di mitigare l’intervento della Commissione su determinati capitoli di spesa nazionale utili a stimolare la crescita e l’occupazione o gli investimenti in ambiti delicati come l’istruzione e la sanità, in particolare nei Paesi già in gravi difficoltà finanziarie (oggi sono stati approvati due rapporti, uno dell’eurodeputato popolare francese Jean-Paul Gauzès e l’altro della socialista portoghese Elisa Ferreira).

Più controllo anche sull’azione della Troika. Un maggior potere da parte di Bruxelles ed eventuali future assistenze finanziarie (tramite il fondo Ems) vuol dire anche la formazione di altre Troike, ovvero i “men in black” di Ue, Bce e Fmi che hanno seminato tanto panico in Grecia. Per non sentire più la parola commissariamento, il Parlamento europeo ha chiesto più trasparenza nel loro operato, ma su questo ci sono ancora pochi dettagli.

Infine un po’ di attenzione anche alla crescita. Contrariamente alle ali più a destra del Parlamento europeo che chiedevano solo più controllo e austerità, socialisti, verdi e liberali hanno insistito affinché si prendessero in considerazione determinate misure mirate alla ripresa e alla crescita, come l’istituzione di un Fondo europeo di redenzione (aiuto per gli Stati con debito pubblico oltre il 60% del Pil e utile per abbassare i tassi d’interesse sui titoli di debito pubblico), i cosiddetti Eurobills (sostituzione parziale delle emissioni nazionali di debito attraverso l’emissione comune sotto forma di un fondo di riscatto ed eurotitoli) e la creazione di un ‘gruppo di saggi’ che emetterà un parere sulla fattibilità di un sistema di eurobond (emissione di debito comune nell’area euro). Piaccia oppure no, l’accordo così come votato oggi dal Parlamento europeo, dovrebbe essere approvato anche dal Consiglio (in rappresentanza dei Paesi membri) ed entrare direttamente in vigore nel 2014 dal momento che non c’è bisogno di recepimento da parte delle normative nazionali (contrariamente alle Direttive Ue).

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/12/regolamento-europeo-stabilita-economica-realta-via-libera-bruxelles/528233/


Citazione
Giovina
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La contraddizione di Fassina

Pubblicato da keynesblog il 13 marzo 2013 in Economia, Europa, Italia

Stefano Fassina, responsabile economico del PD, su “L’Unità” di ieri [link] ha analizzato le cause della sconfitta del centrosinistra in collegamento con i temi europei. Un’analisi convincente, in cui Fassina spiega che il voto a Grillo non è solo “anticasta”. Sono però le conclusioni a lasciare perplessi.

Procediamo con ordine. Secondo il “giovane turco” del PD:

Lo scenario per larga parte dell`euro-zona è di depressione, aumento della disoccupazione e innalzamento del debito pubblico. Austerità autodistruttiva e svalutazione del lavoro aggravano la questione sociale e, inevitabilmente, la questione democratica. Gli elettori italiani a stragrande maggioranza hanno detto no all`Agenda Monti, ossia all`agenda dell`euro-zona….

Le economie periferiche dell`euro-zona sono in una depressione di intensità superiore a quella vissuta durante le seconda guerra mondiale…

La Germania e i suoi satelliti vivono nel migliore dei mondi possibili, mentre i Paesi periferici e, sempre più la Francia, sono soffocati in un scenario di profonda sotto-occupazione e aumento del debito pubblico: tassi di interesse reali negativi per le aziende tedesche e tassi proibitivi per le aziende dei Piigs; impossibilità per i competitore europei della Germania di svalutare; Euro meno forte di quanto sarebbe stato il Marco. In sintesi, il Titanic euro si avvicina a velocità sempre più alta all`iceberg.

A questo aggiungiamo quanto sostenuto dallo stesso Fassina durante la direzione nazionale del PD: un partito progressista dell’Europa periferica, in questo quadro, non ha speranze.

Quindi, sarebbe la conclusione logica, il PD dovrebbe impegnarsi a cambiare il quadro. Dovrebbe proporre un governo anti-austerità e avversario del mercantilismo tedesco. Dovrebbe minacciare la Germania e le istituzioni europee di disubbidire alle imposizioni, così come fanno gli enti locali italiani contro i vincoli del “patto di stabilità interno”. E, al limite, minacciare l’uscita dall’euro, sia pure come extrema ratio, se le richieste non verranno accolte.

Ma, al contrario di quanto sembrerebbe consequenziale, Fassina nell’ultima parte dell’articolo propone di formare un governo per, tra l’altro, “completare il trasferimento alla Commissione europea dell`autorità sulle politiche di bilancio (come previsto dal «Two pack»)”. Uno strumento che è stato peraltro approvato proprio ieri dal parlamento europeo con il voto favorevole del PD e dei socialisti europei.

vincoli

Come è possibile, ci chiediamo, muovere da un’analisi così lucida ed arrivare alla conclusione opposta, ovvero quella di accelerare la cessione dell’autonomia fiscale residua al livello europeo, senza alcuna contropartita, e per di più ad un organismo che oggi è il baluardo più inamovibile dell’austerità, un organismo il cui commissario agli Affari economici è il falco dell’ “austerità espansiva” Olli Rehn? Come è possibile auspicare che il nuovo governo sia in grado di “ridefinire gli obiettivi nominali di deficit e debito pubblico” per favorire politiche di spesa, quando questi obiettivi non sono più nelle mani dei singoli stati? Come è possibile scagliarsi contro l’austerità e l’Agenda Monti e poi ritagliarsi il ruolo di sostenitori degli strumenti che, tramite il rafforzamento del vincolo esterno e senza previsioni di una politica fiscale federale, rendono l’austerità un dato non più modificabile?

Se la linea del PD continuerà ad essere così “euroreligiosa” difficilmente le prossime (probabilmente ravvicinate) elezioni potranno regalare al centrosinistra la maggioranza. E a nulla varrà lamentarsi delle conseguenze.

p.s. In proposito, consigliamo di leggere questo interessante articolo di Ashoka Mody [link], già capo missione del FMI in Germania e Irlanda, che partendo da un’analisi simile, al contrario del responsabile economico del Partito democratico propone di ridare agli stati il controllo delle politiche fiscali e di bilancio, proprio per ricostruire l’Europa su basi più paritarie. Forse non la strada migliore o più realistica, ma almeno non incoerente con le premesse.

http://keynesblog.com/2013/03/13/la-contraddizione-di-fassina/#more-3500


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