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Una telefonata fermò il blitz per liberare Moro

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oldhunter
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FINANZIERE SARDO: UNA TELEFONATA FERMÒ IL BLITZ PER LIBERARE MORO

di Piero Mannironi

La palazzina di via Montalcini era controllata dai servizi segreti dalla metà di aprile del 1978. Le teste di cuoio dovevano entrare in azione l’8 maggio, 24 ore dopo le Br uccisero il presidente dc

ROMA. Le sentenze non scrivono la storia e tantomeno le storie possono chiudersi con una sentenza. Perché ci sono verità che restano nascoste in fondo a bui abissi, protette dalla paura di chi sa e dal cinismo di poteri che non vogliono farle emergere. Così è per il sequestro e la morte del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, avvenuta il 9 maggio del 1978. Vicenda scritta dalla ferocia delle Brigate Rosse, ma forse anche da oscuri burattinai che sono rimasti finora nell'ombra. Dunque, una storia che ancora nasconde nelle sue pieghe torbide presenze e regie occulte che inchieste e processi non sono riusciti a svelare. Ma il tempo corrompe le complicità, modifica gli scenari e affranca le coscienze. Così, dopo 35 anni, è possibile che la storia della morte di Moro possa essere riscritta, liberata dalle catene del silenzio e dei depistaggi.
Nei giorni scorsi la procura della Repubblica di Roma ha infatti riaperto il caso, in seguito alla presentazione di una denuncia che propone una sconvolgente ipotesi: la prigione di Moro, in via Montalcini 8, a Roma, era stata individuata dai servizi segreti e da Gladio e controllata per settimane. Non solo: l'8 maggio del 1978 lo statista Dc che sognava di cambiare la politica italiana doveva essere liberato con un blitz delle teste di cuoio dei carabinieri e della polizia, ma una telefonata dal Viminale bloccò tutto.

La Renault rossa.
E il giorno dopo Moro fu ucciso. Il suo cadavere fu fatto ritrovare nel portabagagli di una Renault rossa in via Caetani. In quel momento la storia italiana deragliò da un percorso progettato da Moro e dal suo amico-nemico Berlinguer, tornando nello schema ortodosso della politica dei blocchi e incamminandosi poi verso un tragico declino morale. Per la procura romana impossibile sottovalutare quell'esposto. Perché a redigerlo e depositarlo è stato Ferdinando Imposimato, oggi avvocato, ma soprattutto presidente onorario aggiunto della suprema corte di Cassazione e in passato magistrato che ha seguito alcune tra le più complesse e importanti inchieste della storia del Paese. Come quelle sul sequestro-omicidio di Aldo Moro.
A fornire a Imposimato la chiave che ha consentito di aprire questa nuova porta sul caso Moro è stato un sardo, Giovanni Ladu che ha oggi 54 anni. Un brigadiere della guardia di finanza in servizio a Novara che, nel 1978, era militare di leva nel corpo dei bersaglieri e fu testimone della decisione che condannò a morte Moro. Imposimato conobbe Ladu nell'ottobre del 2008. Si presentò nel suo studio all'Eur insieme a due colleghi, autorizzato dal suo comandante. Aveva scritto un breve memoriale nel quale sosteneva di essere stato, con altri militari a Roma, in via Montalcini per sorvegliare l'appartamento-prigione in cui era tenuto il presidente della Democrazia cristiana. Un appostamento cominciato il 24 aprile 1978 e conclusosi l'8 maggio, alla vigilia dell'omicidio di Moro.
Perché Ladu aveva atteso ben 30 anni prima di parlare? «Avevo avuto la consegna del silenzio e il vincolo al segreto - disse -, ma soprattutto avevo paura per la mia incolumità e per quella di mia moglie. La decisione di parlare mi costa molto, ma oggi spero che anche altri, tra quelli che parteciparono con me all'operazione trovino il coraggio di parlare per ricostruire la verità sul caso Moro».

Nome in codice: Archimede.
Ladu raccontò così che il 20 aprile del 1978 era partito dalla Sardegna per il servizio militare. Destinazione: 231° battaglione bersaglieri Valbella di Avellino. Dopo tre giorni, lui e altri 39 militari di leva, furono fatti salire su un autobus, trasportati a Roma e alloggiati nella caserma dei carabinieri sulla via Aurelia, vicino all'Hotel Ergife. Furono divisi in quattro squadre e istruiti sulla loro missione: sorveglianza e controllo di uno stabile. A tutti i militari fu attribuito uno pseudonimo: Ladu diventò “Archimede”. Lui e la sua squadra presero possesso di un appartamento in via Montalcini che si trovava a poche decine di metri dalla casa dove, dissero gli ufficiali che coordinavano l'operazione, «era tenuto prigioniero un uomo politico che era stato rapito». Il nome di Moro non venne fatto, ma tutti capirono. Il racconto di Ladu era ricco di dettagli: controllo visivo 24 ore su 24, microtelecamere nascoste nei lampioni, controllo della spazzatura nei cassonetti. Per mimetizzarsi indossavano tute dell'Enel o del servizio di nettezza urbana. Così controllarono gli spostamenti di "Baffo" (poi riconosciuto come Mario Moretti) che entrava e usciva sempre con una valigetta o della "Miss" (Barbara Balzerani). Un giorno Ladu fu inviato con un commilitone a verificare l'impianto delle telecamere all'interno della palazzina dove era detenuto Moro. Era vestito da operaio. Invece di premere l'interruttore della luce, il brigadiere sardo suonò il campanello. Aprì la "Miss" e Ladu improvvisò con prontezza di spirito, chiedendo se era possibile avere dell'acqua.

Il piano di evacuazione.
Il racconto era agghiacciante nella sua precisione. Nell'appartamento sopra la prigione di Moro, poi, erano stati piazzati dei microfoni che captavano le conversazioni. La cosa che stupì Ladu era che il personale addetto alle intercettazioni parlava inglese. «Scoprimmo in seguito - ricordò - che si trattava di agenti segreti di altre nazioni, anche se erano i nostri 007 a sovrintendere a tutte le operazioni». Altri particolari: era stato predisposto un piano di evacuazione molto discreto per gli abitanti della palazzina ed era stata montana una grande tenda in un canalone vicino, dove era stata approntata un'infermeria nel caso ci fossero stati dei feriti nel blitz delle teste di cuoio.
«L'8 maggio tutto era pronto - disse ancora Ladu - , ma accadde l'impensabile. Quello stesso giorno, alla vigilia dell'irruzione, ci comunicarono che dovevamo preparare i nostri bagagli perché abbandonavamo la missione. Andammo via tutti, compresi i corpi speciali pronti per il blitz e gli agenti segreti. Rimanemmo tutti interdetti perché non capivamo il motivo di questo abbandono. La nostra impressione fu che Moro doveva morire».
Nella caserma dei carabinieri sull'Aurelia Ladu raccontò di aver sentito dire da alcuni militari dei corpi speciali che tutto era stato bloccato da una telefonata arrivata dal ministero dell'Interno. Mentre smobilitavano, un capitano intimò al brigadiere sardo: «Dimenticati di tutto quello che hai fatto in questi ultimi 15 giorni».

“Brillantina Linetti”.
Successivamente, seguendo una trasmissione in tv, Ladu riconobbe uno degli ufficiali che coordinavano l'operazione: era il generale Gianadelio Maletti (ex capo del controspionaggio del Sid) che i militari avevano soprannominato, per la sua pettinatura, "Brillantina Linetti".
Imposimato rimase inizialmente molto perplesso e diffidente. Il racconto di Ladu sconvolgeva tutte le esperienze investigative precedenti, ne annullava tutte le certezze e, soprattutto, poneva un problema terribile: bloccando il blitz, qualcuno aveva decretato la morte di Aldo Moro. Per quattro anni, così, quel racconto rimase sospeso, in attesa di conferme e riscontri. Fino a quando non comparve il gladiatore Oscar Puddu. Con lui il quadro di quei giorni drammatici del 1978 sembrò completarsi e trovare una nuova credibilità. Nel mentre, Imposimato aveva conosciuto i gladiatori sardi Arconte e Cancedda e sentito i loro sconvolgenti racconti sul cas
o Moro. Confermavano che nel mondo dei servizi segreti si sapeva dell’imminente sequestro di Moro.
Giovanni Ladu, poi, non aveva e non ha alcun interesse a risvegliare i fantasmi che popolano uno dei fatti più oscuri della vita della Repubblica. Lui, soldato di leva in quel 1978, venne proiettato in un universo sconosciuto del quale sapeva poco o nulla. La scelta del Sismi di utilizzare questo manipolo di ragazzi era originata dal fatto che, vista l’età, erano meno visibili, meno sospettabili da parte dei terroristi. Ladu, dopo aver parlato con Imposimato, fu poi interrogato il 9 settembre 2010 dal pm romano Pietro Saviotti.

Lo stop a Dalla Chiesa.
Resta da capire, a questo punto, chi fece quella telefonata che condannò a morte Aldo Moro. Chi poteva ordinare al generale Musumeci, coordinatore dell’operazione Moro, di fermare tutto? L’unica risposta possibile è: Cossiga e Andreotti. Uno ministro dell’Interno e l’altro presidente del Consiglio. D’altra parte, la fatidica telefonata arrivò dal Viminale. Poi, sempre secondo quanto ha raccontato il gladiatore Oscar Puddu, il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa insisteva per il blitz, ma fu bloccato da Andreotti e da Cossiga. Lo convocarono a Forte Braschi, la sede del Sismi, e lo redarguirono duramente.

Fonte: La Nuova sardegna

Link: http://lanuovasardegna.gelocal.it/regione/2013/06/23/news/finanziere-sardo-una-telefonata-fermo-il-blitz-per-liberare-moro-1.7307416


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yahuwah
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Bisogna vedere se al momento era tutto programmato dai soliti RATTO NATO-SIONISTI o c'è una storia tutta italiana ( pardon, ITALIOTA ).
Uno dei ratti, per esempio, lo ritroviamo per la seconda volta alla Presidenza della PEPUPPLICA TALIOTA 🙂


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radisol
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Innanzitutto non posso fare a meno di notare, se questa cosa corrispondesse a verità, che tutte le tesi complottistiche su Moro rispettivamente "detenuto" :

- In Via Gradoli

- Nel ghetto ebraico romano

- In barca a Palo Laziale, nei pressi di Ladispoli

ed incredibilmente anche tutte e tre le cose insieme .... cadono come foglie al vento ...

Così come tutte quelle sull'impossibilità dell'uccisione di Moro nel garage di Via Montalcini ...

E già questo sarebbe per me molto divertente ... visto che un paio di commentatori solo fino a ieri qua sopra asserivano con certezza assoluta che appunto Moro in Via Montalcini non c'è mai stato ...

Ma siccome non sto giocando a nessun gioco ... e non mi interessa "vincere" niente ... dico pure che sono assai perplesso sui termini di questa storia ... per come viene raccontata in questo articolo ...

E questo almeno per 3 buoni motivi :

1) Non risulta che Barbara Balzerani, la presunta "miss" del racconto del finanziere, si sia mai recata in Via Montalcini ... questo faceva a pugni con la logica della compartimentazione di cui Moretti era un applicatore al limite del parossismo ...

2) Mi riesce difficile immaginare che, per un compito tanto delicato, si utilizzassero dei membri della Guardia Di Finanza, per di più dei militari di leva ...

3) Non vedo proprio per quale motivo uno come Gianadelio Maletti, uomo allora a capo dei servizi segreti militari, doveva utilizzare una struttura raffazzonata di questo tipo, per di più "civile" come erano appunto i finanzieri che all'epoca non avevano nemmeno i compiti di ordine pubblico che invece hanno oggi ...

Indi per cui, a meno che non uscissero fuori prove assai più certe di questo ennesimo articolo "a sensazione" ... ritengo che i vari Helios e Stpogun possano continuare tranquillamente a sparare le loro assolute certezze su via Gradoli, sul ghetto ebraico o addirittura sulla barca di Palo Laziale ....

Non mi sembra, infatti, che per il momento questo articolo sposti niente ...

Poi conosco Imposimato per una persona seria ... e quindi immagino che il suo esposto, dal quale sembrerebbe essere stata riaperta questa inchiesta, contenga certamente dati certi e verificabili ... e certamente più seri ed argomentati di quelli descritti in questo articolo.

Ma al momento, francamente non ne vedo ... meno che mai dal testo di cui stiamo discutendo ...


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helios
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Non mi sembra, infatti, che per il momento questo articolo sposti niente

è quello che voleva fare l'articolo, non spostare niente perchè niente deve essere spostato.

Stanno dicendo che riaprono il caso Moro pertanto qualcuno si sta preoccupando che le cose non si spostino da come qualcuno le ha messe.

Da notare che il nome di Moro non viene mai fatto e che il testimone non dice mai di aver visto Moro.

PS- pertanto chi crede che le BR abbiano rapito Moro non deve cambiare opinione nemmeno se nessuna prova esiste di quello che è successo in via Fani.

Non solo: l'8 maggio del 1978 lo statista Dc che sognava di cambiare la politica italiana doveva essere liberato con un blitz delle teste di cuoio dei carabinieri e della polizia, ma una telefonata dal Viminale bloccò tutto.

le solite strane telefonate che possono bloccare sia i carabinieri che la polizia in un istante senza che nessuno possa dire nulla e senza che nessuno vada a chiedere al viminale chi era che telefonava.


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oldhunter
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Potevano liberare Moro, ma una telefonata fermò il blitz

Il giorno prima di morire, Aldo Moro era a un passo dalla salvezza: le forze speciali del generale Dalla Chiesa stavano per fare irruzione nel covo Br di via Montalcini, sotto controllo da settimane. Ma all’ultimo minuto i militari furono fermati da una telefonata giunta dal Viminale: abbandonare il campo e lasciare il presidente della Dc nelle mani dei suoi killer. E’ la sconvolgente rivelazione che Giovanni Ladu, brigadiere della Guardia di Finanza di stanza a Novara, ha affidato a Ferdinando Imposimato, oggi presidente onorario della Corte di Cassazione, in passato impegnato come magistrato inquirente su alcuni casi tra i più scottanti della storia italiana, compreso il sequestro Moro. Prima di passare il dossier alla Procura di Roma, che ora ha riaperto le indagini, Imposimato ha impiegato quattro anni per verificare le dichiarazioni di Ladu, interrogato nel 2010 anche dal pm romano Pietro Saviotti.

Decisive, a quanto pare, le testimonianze degli ex “gladiatori” sardi Oscar Puddu e Antonino Arconte, l’allora agente del Sismi che tempo fa rivelò di teste di cuoioaver ricevuto da Roma la richiesta di contattare in Libano i palestinesi dell’Olp per favorire la liberazione di Moro, ben 14 giorni prima che lo statista venisse effettivamente rapito. Secondo il brigadiere Ladu, all’epoca semplice militare di leva nei bersaglieri, la prigione romana di Moro, in via Montalcini 8, era stata individuata dai servizi segreti e da Gladio e controllata per settimane. Non solo: «L’8 maggio del 1978 – scrive Piero Mannironi su “La Nuova Sardegna” – lo statista Dc che sognava di cambiare la politica italiana doveva essere liberato con un blitz delle teste di cuoio dei carabinieri e della polizia, ma una telefonata dal Viminale bloccò tutto, e il giorno dopo Moro fu ucciso. Il suo cadavere fu fatto ritrovare nel portabagagli di una Renault rossa in via Caetani. In quel momento – continua Mannironi – la storia italiana deragliò da un percorso progettato da Moro e dal suo amico-nemico Berlinguer, tornando nello schema ortodosso della politica dei blocchi e incamminandosi poi verso un tragico declino morale».

Il giudice Imposimato, ora avvocato, conobbe il super-testimone Giovanni Ladu soltanto nel 2008: «Si presentò nel suo studio all’Eur insieme a due colleghi, autorizzato dal suo comandante». Il brigadiere delle Fiamme Gialle aveva scritto un breve memoriale, nel quale sosteneva di essere stato con altri militari a Roma, in via Montalcini, per sorvegliare l’appartamento-prigione in cui era tenuto il presidente della Dc. Un appostamento cominciato il 24 aprile 1978 e conclusosi l’8 maggio, alla vigilia dell’omicidio di Moro. Perché Ladu ha atteso ben trent’anni anni prima di parlare? «Avevo avuto la consegna del silenzio e il vincolo al segreto – ha detto a Imposimato – ma soprattutto avevo paura per la mia incolumità e per quella di mia moglie. La decisione di parlare mi costa molto, ma oggi Ferdinando Imposimatospero che anche altri, tra quelli che parteciparono con me all’operazione, trovino il coraggio di parlare per ricostruire la verità sul caso Moro».

Ladu ha raccontato che il 20 aprile del 1978 era partito dalla Sardegna per il servizio militare. Destinazione: 231° battaglione bersaglieri Valbella di Avellino. Dopo tre giorni, lui e altri 39 militari di leva furono fatti salire su un autobus, trasportati a Roma e alloggiati nella caserma dei carabinieri sulla via Aurelia, vicino all’Hotel Ergife. Furono divisi in quattro squadre e istruiti sulla loro missione: sorveglianza e controllo di uno stabile. A tutti i militari fu attribuito uno pseudonimo, e Ladu diventò “Archimede”. Lui e la sua squadra presero possesso di un appartamento in via Montalcini che si trovava a poche decine di metri dalla casa dove, dissero gli ufficiali che coordinavano l’operazione, «era tenuto prigioniero un uomo politico che era stato rapito». Il nome di Moro non venne fatto, ma tutti capirono.

Il racconto di Ladu è ricco di dettagli: controllo visivo 24 ore su 24, micro-telecamere nascoste nei lampioni, controllo della spazzatura nei cassonetti. Per mimetizzarsi, i giovani militari di leva indossavano tute dell’Enel o del servizio di nettezza urbana. Così controllarono gli spostamenti di “Baffo”, poi riconosciuto come Mario Moretti, che entrava e usciva sempre con una valigetta, o della “Miss”, Barbara Balzerani. Vestito da operaio, un giorno Ladu fu inviato con un commilitone a verificare l’impianto delle telecamere all’interno della palazzina dove era detenuto Moro. Invece di premere Moro nelle mani delle Brl’interruttore della luce, il brigadiere sardo si sbagliò e suonò il campanello. Aprì la “Miss” e Ladu improvvisò con prontezza di spirito, chiedendo se era possibile avere dell’acqua.

Un racconto agghiacciante nella sua precisione, continua il reporter della “Nuova Sardegna”. Nell’appartamento sopra la prigione di Moro erano stati piazzati dei microfoni che captavano le conversazioni. La cosa che stupì Ladu era che il personale addetto alle intercettazioni parlava inglese. «Scoprimmo in seguito – ricorda – che si trattava di agenti segreti di altre nazioni, anche se erano i nostri 007 a sovrintendere a tutte le operazioni». Altri particolari: era stato predisposto un piano di evacuazione molto discreto per gli abitanti della palazzina ed era stata montata una grande tenda in un canalone vicino, dove era stata approntata un’infermeria nel caso ci fossero stati dei feriti, nel blitz delle teste di cuoio, le unità speciali antiterrorismo dei carabinieri di Dalla Chiesa.

«L’8 maggio tutto era pronto – dice ancora Ladu – ma accadde l’impensabile. Quello stesso giorno, alla vigilia dell’irruzione, ci comunicarono che dovevamo preparare i nostri bagagli perché abbandonavamo la missione. Andammo via tutti, compresi i corpi speciali pronti per il blitz e gli agenti segreti. Rimanemmo tutti interdetti perché non capivamo il motivo di questo abbandono. La nostra impressione fu che Moro doveva morire». Ladu ha raccontato di aver sentito dire da alcuni militari dei corpi speciali che tutto era stato bloccato da una telefonata giunta dal ministero dell’interno. Mentre smobilitavano, un capitano intimò al brigadiere sardo: «Dimenticati di tutto quello che hai fatto in questi ultimi 15 giorni». Successivamente, seguendo una trasmissione in tv, Ladu avrebbe riconosciuto uno degli ufficiali che coordinavano l’operazione: il Antonino Arcontegenerale Gianadelio Maletti, ex capo del controspionaggio del Sid, che i militari in quei giorni avevano soprannominato, per la sua pettinatura, “Brillantina Linetti”.

Imposimato è rimasto inizialmente perplesso e diffidente: il racconto di Ladu sconvolge tutte le esperienze investigative precedenti, ne annulla tutte le certezze e, soprattutto, pone un problema terribile: bloccando il blitz, qualcuno avrebbe quindi decretato la morte di Aldo Moro. «Per quattro anni, così, quel racconto rimase sospeso, in attesa di conferme e riscontri», aggiunge Mannironi. «Fino a quando non comparve il “gladiatore” Oscar Puddu». Grazie all’ex agente della “Gladio”, il quadro di quei giorni drammatici del 1978 è parso completarsi, trovando una nuova credibilità. Nel frattempo, lo stesso Imposimato aveva conosciuto altri ex “gladiatori” sardi Antonino Arconte e Pierfrancesco Cancedda e ascoltato i loro sconvolgenti racconti sul caso Moro: «Confermavano che nel mondo dei servizi segreti si sapeva dell’imminente sequestro di Moro». Arconte, in particolare, ricorda di aver personalmente consegnato, a Beirut, l’ordine di contattare l’Olp per stabilire un contatto con le Br, prima ancora del sequestro Moro. L’uomo a cui all’epoca Arconte consegnò il dispaccio, il colonnello Mario Ferraro, del Sismi, anni dopo poi trovato morto nella sua Carlo Al
berto Dalla Chiesaabitazione romana, in circostanze mai chiarite.

«Giovanni Ladu, poi, non aveva e non ha alcun interesse a risvegliare i fantasmi che popolano uno dei fatti più oscuri della vita della Repubblica», osserva il giornalista della “Nuova Sardegna”. «Lui, soldato di leva in quel 1978, venne proiettato in un universo sconosciuto del quale sapeva poco o nulla». Ma perché il Sismi per una missione così delicata scelse di utilizzare quel manipolo di ragazzi inesperti? «Vista l’età, erano meno visibili, meno sospettabili da parte dei terroristi». Inoltre, non erano soli: secondo Ladu, erano controllati dal generale Musumeci, dai suoi uomini e da 007 che parlavano inglese. Resta da capire chi avrebbe fatto quella telefonata dal Viminale che, secondo questa ricostruzione, avrebbe condannato a morte Aldo Moro. A fermare Musumeci, conclude Mannironi, potevano essere solo Cossiga, ministro dell’interno, o Andreotti, presidente del Consiglio. Secondo Oscar Puddu, il generale Dalla Chiesa insistette per il blitz, ma fu bloccato da Andreotti e Cossiga. «Lo convocarono a Forte Braschi, la sede del Sismi, e lo redarguirono duramente». Come si sa, Dalla Chiesa fu poi trasferito a Palermo, dove fu ucciso in un attenato dinamitardo organizzato da Cosa Nostra.

Link: http://www.libreidee.org/2013/06/potevano-liberare-moro-ma-una-telefonata-fermo-il-blitz/


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radisol
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Quante minchiate ...

A parte che quello di libreidee è più o meno l'articolo iniziale pubblicato da un quotidiano sardo .... le "aggiunte" dimostrano che a libreidee hanno quantomeno le idee ben confuse su tutta una serie di cose ...

Barbara Balzerani non solo non è mai stata in Via Montalcini ma realisticamente nemmeno conosceva l'ubicazione di quel "covo" ... la donna che stava in Via Montalcini, peraltro acquirente ufficiale dell'appartamento nell'anno precedente, era Laura Braghetti ... quindi del tutto fuori di fondamento la storia del campanello e della richiesta d'acqua ... perlomeno certamente non alla Balzerani ...

Non è poi affatto vero che Dalla Chiesa fu subito trasferito in Sicilia ...
anzi, dopo il sequestro Moro, furono aumentati i suoi poteri sia rispetto alla gestione delle carceri speciali sia rispetto alla lotta al terrorismo propriamente detta .... il suo trasferimento a Palermo come prefetto avvenne solo nel 1982 ... e non è affatto vero che fu "ucciso in un attentato dinamitardo" ... bensì a colpi di pistola insieme alla moglie ed all'agente di scorta ....

Uno come Dalla Chiesa poi che si fa "bloccare" ... in una riunione poi nella sede del Sismi, col quale non aveva il minimo rapporto, alla presenza poi di Andreotti e Cossiga ... è veramente roba da romanzo di Morris West ...

Ripeto, Imposimato è una persona seria ... che non ha mai messo in discussione il carattere "comunista" delle Brigate Rosse, tra l'altro questo è il motivo che lo portò, una volta smessi i panni da giudice, da parlamentare del Pci a poi a passare coi socialisti ...

Semplicemente Imposimato ritiene che i comportamenti delle istituzioni statali in quella vicenda nascondano molti segreti, e questo sin da quando era Pm ... e probabilmente anche l'uccisione del fratello e della cognata, una chiara vendetta trasversale attribuita alla camorra ( della quale Imposimato, come pm a Roma, non si era mai occupato più di tanto, se non per qualche risvolto indiretto relativo alle inchieste sulla Magliana ) potrebbe avere ben altro tipo di matrice ..... ma appunto Imposimato, pur in una visione "complottista" applicata a tutto lo scibile umano ( l' ultima è la sua tesi di Piazza Fontana decisa dal Bilderberg ) è comunque rimasto, come mentalità, un Pm e di quelli seri, che se fa un atto giuridico come questo esposto lo basa su dati certi e dimostrabili .... ... dubito quindi che questa storia del finanziere ( Maletti e Gladio che si affidano a dei finanzieri di leva ? ) sia la vera essenza del suo esposto .... credo debba esserci ben altro, soprattutto poi se un altro pm ha deciso, sulla base del medesimo esposto, di riaprire una inchiesta ufficiale ...

Per cui, staremo a vedere ... e spero qualcosa di più serio e credibile ....


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Stopgun
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Iimposimato ha scritto libri a quattro mani sull'argomento assieme a Provvisionato, ex direttore di Radio Città futura, ovvero quella radio che tramite Rossellini predisse con un certo anticipo quell'operazione.

Ma si saranno mai parlati a quattr'occhi?

Dalla Chiesa invece pensava a Sogno...

In particolare, in occasione della campagna terroristica dinamitarda che colpì Savona fra il 1974 e il 1975, il generale Dalla Chiesa voleva lavorare all’ipotesi dell’esistenza di un rapporto operativo fra settori dei servizi segreti, la massoneria “deviata” (la loggia P2 (?)), la criminalità comune organizzata (probabile riferimento alle bande legate all’Anonima sequestri) e l’estrema destra eversiva.

Vi intravedeva, inoltre, l’azione di una struttura paramilitare clandestina che, originariamente, aveva funzioni antinvasione, ma poi era rimasta coinvolta in operazioni terroristiche e illegali. Questa struttura avrebbe gettato le sue radici durante la guerra con le operazioni di annientamento delle formazioni partigiane di sinistra – comuniste, socialiste e azioniste – e con il controllo di quelle di opposta tendenza (Osoppo, la formazione Martini Mauri, la “Franchi”), quelle “bianche”, che avrebbero offerto un’intensa e duratura collaborazione. Il riferimento è naturalmente a GLADIO, o, comunque alla rete atlantica STAY BEHIND allestita grazie al finanziamento e all’addestramento fornito dagli americani e dagli inglesi. L’attenzione del generale doveva appuntarsi sulla formazione “Franchi”, nome di battaglia di un risoluto aristocratico, ufficiale e partigiano “bianco”, monarchico, liberale e conservatore, Edgardo Sogno Rata Vallino, destinato apparentemente ad una brillante carriera diplomatica.


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radisol
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Provvisionato, giornalista di Canale 5, non ha mai lavorato a Radio Città Futura ... ed anche se hanno fatto dei libri insieme, lui e Imposimato hanno posizioni seriamente diverse sulla vicenda Moro ... Provvisionato è abbastanza vicino alle tesi di Flamigni .... Imposimato, come del resto anche Dalla Chiesa e Pecorelli ( spesso qui citati a cacchio ), non ha mai contestato il carattere "comunista" delle Br ... ma ritiene lo stesso che apparati dello stato abbiano lavorato perchè Moro fosse ucciso ... ed abbiano quindi "protetto" le Br per propria convenienza, senza però che le Br ne fossero minimamente a conoscenza .... su questa tesi Imposimato si è spesso scontrato proprio con Flamigni .... e proprio a questo suo profondo dissenso con le tesi del Pci sulla vicenda Moro, di cui Flamigni era il "vate", viene attribuito il suo passaggio, come parlamentare, al Psi.

Quello di Radio Città Futura era invece Renzo Rossellini, figlio del regista Roberto e dell'attrice Ingrid Bergman ... che la mattina del 16 Marzo parlò di un possibile rapimento di Moro o di Andreotti dai microfoni di quella radio ...

La storia è stata chiarita sin dal 1978 .... Rossellini aveva ricevuta una confidenza da Chantal Personnè, una nobildonna francese che era amante di un brigatista ( si dice Sandro Padula ) dal quale aveva ricevuto questa vaga notizia senza specifica precisa nè del vero obiettivo tra i due politici .... e nemmeno del giorno dell'azione .... questa tizia fu anche poi brevemente arrestata .... ... Rossellini pensò, dicendo quella cosa alla radio, di impedire agguato e rapimento ... ma non fece in tempo, mentre lui parlava alla radio il commando era già appostato in Via Fani ..


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Anonymous
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Mi chiedo come mai tutto questo fiorire di "testimoni" incredibili (nel senso di non credibili) ora.

Io, per quanto mi riguarda, mi tiro fuori da questo gioco.
Buon divertimento.


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Stopgun
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Provvisionato, giornalista di Canale 5, non ha mai lavorato a Radio Città Futura ...

Non ho informazioni migliori su questo argomento, ...

Forse hai ragione tu....

In rete si dice il contrario...


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helios
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Provvisionato, giornalista di Canale 5, non ha mai lavorato a Radio Città Futura ...

se essere direttore di radio citta futura vuole dire NON lavorare.....

Provvisionato, Sandro

Na­to a Mi­la­no nel 1951, è un gior­na­li­sta e scrit­to­re ita­lia­no, pro­fes­sio­ni­sta dal 1979. Già di­ret­to­re di Ra­dio cit­tà fu­tu­ra, l'e­mit­ten­te del­la nuo­va si­ni­stra ro­ma­na, ha la­vo­ra­to 12 an­ni al­l'An­sa per poi pas­sa­re, co­me in­via­to spe­cia­le e vi­ce-ca­po del­la re­da­zio­ne ro­ma­na, a "L'Eu­ro­peo" e quin­di co­me ca­po del­la cro­na­ca al TG5. Per que­sta te­sta­ta ha di­ret­to an­che la re­da­zio­ne in­chie­ste ed è sta­to con­dut­to­re del te­le­gior­na­le del­la not­te e in­via­to di guer­ra (in Ko­so­vo, in Li­ba­no e in Iraq). Dal 2000, con To­ni Ca­puoz­zo, è cu­ra­to­re del set­ti­ma­na­le Ter­ra! di cui è an­che con­dut­to­re. È il re­spon­sa­bi­le de­gli Spe­cia­li del TG5. Di­ret­to­re del si­to misteriditalia.​com, è au­to­re di nu­me­ro­si li­bri tra cui ri­cor­dia­mo Se­ri­vi­zi se­gre­ti e mi­ste­ri d'I­ta­lia 1876-1998 (Olim­pia 2004), scrit­to con Vit­to­rio Di Ce­sa­re, e Do­ve­va mo­ri­re. Chi ha uc­ci­so Al­do Mo­ro. Il rac­con­to di un giu­di­ce (Chia­re­let­te­re 2008), scrit­to con Fer­di­nan­do Im­po­si­ma­to.

http://www.salonelibro.it/salone/storia/anno-per-anno/edizione-2012/programma-2010/76-ospiti/p/303-sandro-provvisionato.html


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Stopgun
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Che Via Montalcini 8 fosse tenuta sotto controllo da parte dei Servizi è cosa chiara ed accertata.

Che ci fosse dentro Moro non è, almeno per me, sicuro.

Ci sono le sole testimonianze BR che pero' vanno valutate con il giusto peso.

Via Montalcini e' come diceva LHO "I'm only a patsy".ovvero una trappola da tirar fuori al momento opportuno per bloccare le indagini successive.


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radisol
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Provvisionato, giornalista di Canale 5, non ha mai lavorato a Radio Città Futura ...

se essere direttore di radio citta futura vuole dire NON lavorare.....

Provvisionato, Sandro

Na­to a Mi­la­no nel 1951, è un gior­na­li­sta e scrit­to­re ita­lia­no, pro­fes­sio­ni­sta dal 1979. Già di­ret­to­re di Ra­dio cit­tà fu­tu­ra, l'e­mit­ten­te del­la nuo­va si­ni­stra ro­ma­na, ha la­vo­ra­to 12 an­ni al­l'An­sa per poi pas­sa­re, co­me in­via­to spe­cia­le e vi­ce-ca­po del­la re­da­zio­ne ro­ma­na, a "L'Eu­ro­peo" e quin­di co­me ca­po del­la cro­na­ca al TG5. Per que­sta te­sta­ta ha di­ret­to an­che la re­da­zio­ne in­chie­ste ed è sta­to con­dut­to­re del te­le­gior­na­le del­la not­te e in­via­to di guer­ra (in Ko­so­vo, in Li­ba­no e in Iraq). Dal 2000, con To­ni Ca­puoz­zo, è cu­ra­to­re del set­ti­ma­na­le Ter­ra! di cui è an­che con­dut­to­re. È il re­spon­sa­bi­le de­gli Spe­cia­li del TG5. Di­ret­to­re del si­to misteriditalia.​com, è au­to­re di nu­me­ro­si li­bri tra cui ri­cor­dia­mo Se­ri­vi­zi se­gre­ti e mi­ste­ri d'I­ta­lia 1876-1998 (Olim­pia 2004), scrit­to con Vit­to­rio Di Ce­sa­re, e Do­ve­va mo­ri­re. Chi ha uc­ci­so Al­do Mo­ro. Il rac­con­to di un giu­di­ce (Chia­re­let­te­re 2008), scrit­to con Fer­di­nan­do Im­po­si­ma­to.

http://www.salonelibro.it/salone/storia/anno-per-anno/edizione-2012/programma-2010/76-ospiti/p/303-sandro-provvisionato.html

E' vero .... e mi scuso dell'errore ... comunque Provvisionato direttore di radio Città Futura lo è stato negli anni ottanta ... quindi molto dopo la vicenda Moro ... il direttore della radio, all'epoca del sequestro Moro, era appunto Renzo Rossellini ... che ne era stato pure il fondatore ...

Ma tra il 1977 ed il 1979 quella radio ebbe una vera e propria mutazione genetica ... nata nel 1976 come organo "ufficioso" del gruppo Avanguardia Operaia, di cui Rossellini era uno dei massimi dirigenti nazionali .... poi, con lo scioglimento di questo gruppo, già con lo stesso Rossellini, era diventata una più generica "radio di informazione" genericamente orientata a sinistra ma anche con aspetti commerciali, di proprietà della Gaumont, una casa di distribuzione cinematografica creata dallo stesso Rossellini ... nel 1979, anche a seguito delle polemiche che seguirono la "previsione" dello stesso Rossellini sulla vicenda Moro ... la radio fu ceduta ad un non meglio specificato "gruppo di imprenditori" ... ed arrivò poi, ma addirittura alcuni anni dopo, ad anni ottanta inoltrati, come direttore appunto Provvisionato, che come dice pure wikipedia è giornalista professionista solo dal 1979, all'epoca ritenuto vicino al Psi di Craxi, accentuando quindi gli aspetti "commerciali" e svincolandola definitivamente dal suo carattere "militante" di origine ...

Ergo, è quindi assai difficile associare Provvisionato a Rossellini ... non giurerei nemmeno che si siano mai conosciuti ...

Il rapporto di Provvisionato con Imposimato è invece storia molto più recente ... il libro in comune ... che in verità è una intervista di Provvisionato ad Imposimato ... è solo del 2008 ...


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helios
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E' vero .... e mi scuso dell'errore ... comunque Provvisionato direttore di radio Città Futura lo è stato negli anni ottanta ... quindi molto dopo la vicenda Moro ..

anche se non come direttore di radio città futura, Provvisionato segui da vicino il caso Moro tanto da far parte di un pool giornalistico che segui da vicino la vicenda di tutto il periodo della detenzione di Moro:

Abbiamo incontrato Sandro Provvisionato (Milano 1951), curatore e conduttore di Terra! e direttore del sito misteriditalia.it, attualmente impegnato anche come docente presso il Master in Giornalismo d’inchiesta della Eidos Communication.

Giornalista professionista, già direttore di Radio Città Futura, ha lavorato per dodici anni all’Ansa (da praticante a capo della redazione politica). Nel 1978 entra a far parte di un pool giornalistico formato per seguire 24 ore su 24 le indagini sul sequestro del Presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro.

Successivamente diventa inviato speciale del settimanale L’Europeo e poi capo della cronaca del Tg5. Per questa testata ha lavorato anche nella redazione inchieste ed è stato conduttore del Tg della notte ed inviato di guerra (Kosovo e Iraq). Dal 2000 è curatore e conduttore del settimanale Terra!, insieme a Toni Capuozzo.

.....

http://www.newsmagazine.it/index.php?option=com_content&view=article&id=624%3Agiornalismo-dinchiesta-intervista-a-sandro-provvisionato&catid=67%3Aprimo-piano&Itemid=8&lang=it

ed arrivò poi, ma addirittura alcuni anni dopo, ad anni ottanta inoltrati, come direttore appunto Provvisionato, che come dice pure wikipedia è giornalista professionista solo dal 1979,

nel 1978 fece parte di un pool di giornalisti senza esserlo?
non esistono fonti di quando Provvisionato passò a radio città futura

Ergo, è quindi assai difficile associare Provvisionato a Rossellini ... non giurerei nemmeno che si siano mai conosciuti ...

Provvisionato si associa a radio città futura perchè fece parte di un pool di giornalisti che seguivano il caso Moro.
Non credo che quanto diceva radio citta futura non sia stato oggetto di attenzione da parte di quel pool.


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radisol
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"Nel 1978 entra a far parte di un pool giornalistico formato per seguire 24 ore su 24 le indagini sul sequestro del Presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro."

Francamente mi sembra una cazzata ... visto che Provvisionato diventa giornalista/professionista solo l'anno successivo ...

Comunque, è realistico, se anche ebbe questo incarico, che lo facesse per l'Ansa ... e comunque a partire appunto dal 1979 e non durante il periodo del sequestro Moro ...

E cade quindi ogni legame con la vicenda Rossellini ... legame che era stato ipotizzato in un commento precedente ...

Che poi Provvisionato da oltre 30 anni si occupi di "trame di stato" è cosa notoria .... anche se quasi sempre a titolo personale ( il sito Misteri d'Italia, alcuni libri tra cui quello/intervista ad Imposimato) e non come giornalista/dipendente di Mediaset ... ma questo è un altro discorso ...


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