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Bifo - Alice nel paese dell’immaginazione collettiva


Tao
 Tao
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Il registratore, il ciclostile, l’off-set, il video. L’accessibilità agli strumenti ha permesso ai movimenti di sperimentare nuovi codici e strategie comunicative. Nel 1976 a Bologna la prima radio libera segnò l’inizio di questa fase creativa

Per gran parte del secolo la fotografia, il cinema, la radio, la televisione sono rimasti inaccessibili alla grande maggioranza della popolazione, strumenti costosi e rari che consegnavano il potere sulla produzione semiotica ad un piccolo circuito di specialisti. Tra gli anni Sessanta e Settanta si crearono le condizioni per una diffusione di massa degli strumenti tecnici della produzione semiotica, della cultura, dell’arte e dell’informazione.

L’esplosione delle radio libere, tra il 1976 e il 1977 si colloca proprio nel punto di innesto del processo di diffusione degli strumenti tecnologici di comunicazione di massa all’interno di un ceto sociale che allora chiamammo proletariato giovanile, e che oggi appare l’area sociale in cui si è formato il ciclo dell’infolavoro che alla fine del secolo è divenuto il fattore decisivo della trasformazione produttiva. A partire da un certo momento, che si può collocare proprio negli anni Settanta, la diffusione di tecnologie di produzione comunicativa diviene un fenomeno di massa. Gli strumenti di produzione semiotica, cioè gli strumenti che servono a produrre segni che poi entrano nel circuito distributivo dell’Infosfera, sono commercializzati a costi facilmente abbordabili, e questo rende possibile un accesso sempre più vasto alla produzione culturale. Dal punto di vista del consumo questo significa che l’Infosfera (la sfera in cui circolano segni portatori di intenzione culturale) diviene sempre più densa, sempre più fitta. Ciò ha effetti sociali e culturali che oggi si manifestano con una mutazione dell’immaginazione collettiva.

Negli anni Sessanta la diffusione del registratore e del ciclostile interessava soprattutto l’associazionismo politico, e solo marginalmente le culture underground. La grande diffusione dei messaggi politici del ’68 è legata strettamente alla funzione del ciclostile, che rese possibile una azione capillare di sensibilizzazione informale, selvaggia, autogestita, che non sarebbe stata possibile con gli strumenti tradizionali di stampa a rotativa.

Negli anni Settanta, poi, fecero la loro comparsa tre strumenti decisivi per la massificazione del prodotto semiotico (di tipo culturale, artistico, politico, o informativo): l’offset, la radio e il video tape. La macchina offset rese possibile stampare un numero di copie limitato di giornali colorati, con una composizione vivace, ben più ricca e fantasiosa di quella che permetteva il ciclostile. La proliferazione di riviste e giornali “trasversali” che caratterizzò l’esplosione del movimento autonomo creativo tra il 1975 e il 1977 (A/traverso, ZUT, e centinaia di altri giornali fogli e fanzine) fu resa possibile dai bassi costi e dalla facile maneggiabilità dell’offset, che permette di realizzare il montaggio anche senza competenze tipografiche e di intervenire sulla pagina fino all’ultimo istante.

Il secondo strumento fu la trasmittente radiofonica a basso costo. A partire dal 1976 centinaia di collettivi di base si procurarono trasmettitori. Ad esempio Radio Alice (una delle prime radio libere, nata a Bologna il 9 febbraio del 1976 e chiusa dalla polizia il 12 marzo del 1977 per incitamento alla sovversione) nacque con una sottoscrizione di poche centinaia di migliaia di lire, (allora valevano quanto pochi milioni di oggi) racimolate tra una decina di persone, studenti e operai del collettivo redazionale, e con quei soldi si comprarono gli apparecchi necessari per trasmettere.

L’esperienza delle radio libere, che dapprima agì come forma di riconoscimento culturale e linguistico di una sezione di proletariato irregolare, negli anni successivi si consolidò come strumento di informazione indipendente dal potere politico, e con questa funzione continua ancor oggi ad esistere. Le radio sono forse la forma di autorganizzazione culturale e politica di più lunga durata e di più persistente efficacia, nell’intero panorama della cultura indipendente in Italia.

Il terzo strumento di produzione semiotica di massa é il video tape, che cominciò a circolare a metà degli anni Settanta, grazie all’azione di piccoli collettivi di video militante, che, a differenza di quel che è accaduto in Germania o negli USA, in Italia non riuscirono mai a trasformarsi in un vero movimento di autoproduzione indipendente, ma prepararono la strada per il lavoro di critica diffusa della televisione, che negli anni Novanta prese forma.

Nell’Italia degli anni Settanta, con un certo anticipo e con una maggiore incidenza sociale rispetto ad altri paesi europei, cominciò a fondersi la sperimentazione artistica con l’intenzionalità politica sovversiva, riprendendo una direzione che l’underground americano aveva sperimentato in condizioni diverse fin dagli anni Sessanta.

L’innovazione tecnologica fu in quegli anni strettamente legata all’autonomia sociale e all’anticonformismo culturale. In generale nella storia moderna è così: coloro che si battono contro il potere e non dispongono dei mezzi di produzione scovano sempre nuovi metodi per poter conquistare la voce che a loro è negata, e per far questo scoprono nuove concatenazioni tecniche e nuove modalità comunicative. Poi le forze economiche dominanti si impadroniscono dell’innovazione tecnologica, e la trasgressione si trasforma in conformismo. E a quel punto i cretini prevalgono. Come mostra la storia della comunicazione dominante in Italia da quando Mediaset ha imposto il suo dominio politico-economico.

Franco Berardi Bifo
Fonte: www.liberazione.it
14.09.06


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