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Carfagna chieda un giurì


melina
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La Carfagna chieda un giurì
di FRANCESCO MERLO

Stiamo assistendo al tracciato di un destino drammatico che ci piacerebbe interrompere, un destino inedito in Italia.

Al ristorante, in un museo, in qualsiasi occasione pubblica, nel bel mezzo di una cerimonia istituzionale, all'estero, nel fuoco di una polemica, in ogni sguardo distratto, e anche nell'intimità dei suoi affetti, il ministro Mara Carfagna sarà sempre e comunque minacciata dalla calunnia che lei stessa ha giustamente definito "la schifezza"; inchiodata a quelle chiacchierate intercettazioni dove ormai fermenta la verità.

Una ministra della Repubblica italiana ha il diritto di essere bella, di non essere spiata attraverso il buco della serratura, di avere una vita privata articolata, tormentata e trasgressiva anche con chi non piace a noi. Sicuramente non bisognerebbe permettere che venga insultata da tutta l'Italia, anche da destra, visto che persino i suoi compagni di partito la "elevano" - con sordidezza improvvida, goffa e, speriamo, non voluta - a prima cortigiana del Reame. Nulla infatti è più squallido dell'offesa orientata sessualmente, delle metafore di genere, ma soprattutto della trivialità dei sorrisetti e degli ammiccamenti degli amici dai quali "ci guardi Dio".

Valuti, per esempio, il ministro Mara Carfagna, le esternazioni "solidali" delle sue colleghe di area (una per tutte: "un po' di castità in più di questi tempi non guasterebbe") . E legga gli articoli che i fedeli giornali della destra le stanno dedicando per difendere in lei - citiamo testualmente - "il regime della seduzione fondato sulla gnoccherria" "la fell... al potere", "l'uso del Viagra e il disuso di Habermas". Chiunque capisce che, indipendentemente dai fatti ormai documentabili solo nelle famose intercettazioni, è proprio qui che si dà per certo, esaltandolo come modernità e addirittura "come civiltà marcusiana", che "Berlusconi è un apprezzatore, seppure settantatreenne, dei piaceri di una magnifica ragazza che fa parte della squadra di governo". Eccola dunque finita - "la magnifica ragazza" - tra i due fuochi, il nemico (scontato) e l'amico (imprevisto), che sempre convergono quando un intero paese si accanisce contro una donna della quale si sospetta e si denuncia il possesso di una sola virtù, quella estetico-sessuale che la degraderebbe a Favorita, ministro per meriti sessuali, ministro in cambio di prestazioni sessuali.

Non c'è dubbio che il ministro Carfagna è bella, di una bellezza moderna e dunque, fra i tanti pesantissimi scandali del governo Berlusconi, non ci sembrò uno scandalo che la sua bellezza fosse riconosciuta e premiata come valore. Ovviamente sapevamo di non essere in presenza di una nuova Nilde Jotti o di una Levi Montalcini o di una Yourcenar. Ma fra tanti brutti ceffi di stallieri spacciati per ministri competenti ci metteva di buonumore l'idea che un soffio di grazia potesse alimentare le Pari Opportunità.

E invece oggi la si accusa - e la si difende sino alla teorizzazione di una nuova era politico istituzionale - di Impari Opportunità, di oltraggio oltre che alla Repubblica all'idea stessa di Pari Opportunità, di cicisbeismo femminile, di essere stata appunto scelta perché è la Favorita di talamo. Diciamo la verità: quel che ci si aspetta è che sia lei a svincolarsi dalla morbosità dei guardoni d'Italia e dunque a liberarsi per liberarci tutti: i viziosi sessuomani, gli amici-nemici, i nemici-amici, le invidiose, le santarelline, i lapidatori, i professionisti dell'indignazione... Dunque la Carfagna quereli pure, se le pare giusto. E si batta contro la violazione della privacy. E stia in prima linea contro l'uso canagliesco e ricattatorio delle intercettazioni. Ma, su un punto, se ama se stessa, se ama l'Italia, se ama le Istituzioni delle quali ormai fa parte, il ministro Mara Carfagna non può più transigere: deve essere lei a battere i pugni in Consiglio dei ministri, in televisione, sui giornali, per chiedere la pubblicazione di quelle parti delle intercettazioni che la riguardano. Solo la divulgazione di quegli 'aforismì telefonici può smontare l'infamia della quale si dice vittima.
La nostra lunga "spy-storia" ha convinto gli italiani che siamo il paese nel quale si distruggono solo le prove. D'altra parte il nulla non si annulla. E una cosa è essere assolti per insufficienza di prove e un'altra cosa è essere assolti per distruzione di prove. Perciò in Italia, alla fine, più si distrugge e più si costruisce la prova. Ecco perché, al punto in cui siamo, alla Carfagna non rimane che porre appunto l'esibizione della prova come condizione della propria permanenza al governo.

Siamo tutti felicemente circondati da sorelle, figlie, amiche, colleghe, insomma da donne che hanno (e praticano) la loro sessualità. Nessuna persona normale, incontrandole al lavoro o davanti al frigorifero di casa, al bar o sul treno, le associa alle loro pratiche sessuali, presenti, passate e future. Per questa "magnifica ragazza" sarà invece normale venire inchiodata al presunto, preprovato sudiciume istituzionale che è la sola cosa che scandalizza anche noi, la sola vergogna che ci parrebbe irredimibile, l'avere cioè ottenuto un ministero come 'dono del mattino', come il "Morgensgabe" del signorotto medievale: tu mi dai in dote la tua avvenenza e io in controdote, al risveglio, ti faccio scegliere nel mazzo dei ministeri, ti do un pezzo della Repubblica Italiana. La ministra Carfagna chieda dunque un Giurì che esamini quei nastri. Sia irremovibile nel pretendere che sia pubblicato l'impubblicabile.

(11 luglio 2008)

Fonte: Repubblica.it


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