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Chi non sa la matematica non può capire economia

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Deheb
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Continuo a non capire Nat.
Anche con le diversità di conteggio e metodologia, non mi torna il picco 2010 anche solo nel NET MIGRATION della prima serie di grafici da te postati. (e neanche a Giovanni a quanto pare). Cozza parecchio anche con la seconda tornata di oggi: TradingEconomics coi dati WB segnala un calo nel 2010 (in valore assoluto). Eurostat idem. Anche con le disparità di rilevazione il trend dovrebbe essere comune, o quanto meno simile.
Lo stesso riscontro sull’aumento della popolazione in termini assoluti non torna: dal tuo primo grafico si passa, tra il 2010 e il 2011, da 58 a 61 milioni di persone. Per Eurostat si è passati da 59 milioni nel 2009 a 59600 milioni nel 2013. Idem WB.


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Mayer,
se ti confondono lascia perdere i grafici. Per comprendere i grafici bisogna conoscere le metodologie di rilevazione ed elaborazione sottostanti. Dai pure per scontato che i dati pubblici siano sempre taroccati, chi più chi meno.

Però, senza perdersi in tecnicismi, ti è chiaro almeno che la popolazione italiana continua a crescere malgrado il natural change (nascite meno morti) sia negativo?
E ti è chiaro che cresce perché (l’allungamento della speranza di vita incide pochissimo - meno morti - crude death rate) è aumentata la net migration (immigrazione)?
Se sì, considerando anche che siamo in recessione, secondo te tutto ciò come si riflette sui salari ed in genere sulla disoccupazione?


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Sganzo,
i dati presenti nei vari grafici hanno aggiornamenti diversi. Per esempio, quello sulla total population secondo WB è aggiornato ad aprile 2013 (quindi, vista la metodologia, si presume al 1/1/2013) mentre quelli della CIA si fermano al 1/1/2011. I vari istituti utilizzano dati diversi. Le stesse elaborazioni sono diverse. Per esempio, se leggi la didascalia sulla net migration, WB dichiara che “Data are five-years estimates”.
La CIA invece “Methods and protocols Differences in methods and protocols can shape the way estimates and projections are made of fertility, mortality, and international migration, and how these data are integrated with the population data. For example, the US Census Bureau uses a model that projects the population ahead by single years of age, a single year at a time (population statistics used in the Factbook are based on this model), whereas the United Nations model projects five-year age groups forward, five years at a time.”

Inoltre non devi confondere la net migration con il net migration rate. Guarda per esempio al dato sulla popolazione totale italiana (il saldo) registrata nel 2013. Prendi più fonti ed incrocia i dati. Ti tornano?
Se per esempio dai un’occhiata ai dati sulla disoccupazione italiana, vedi che quelli dell’ISTAT non sono allineati nemmeno con quelli di Eurostat. Insomma è un casino, non è facile leggere un grafico senza conoscere la metodologia che ci sta dietro. Come ho detto a Mayer, se ti confondono lascia perdere i grafici. Dai anche per scontato che i dati pubblici siano sempre taroccati, chi più chi meno tutti barano un pò.
Perché secondo te i vari “privati” spendono delle follie per farsi delle proprie stime? Dici che nessuno gli ha comunicato che esiste il sito dell’ISTAT?


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Iacopo67
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Però, senza perdersi in tecnicismi, ti è chiaro almeno che la popolazione italiana continua a crescere malgrado il natural change (nascite meno morti) sia negativo?
E ti è chiaro che cresce perché (l’allungamento della speranza di vita incide pochissimo - meno morti - crude death rate) è aumentata la net migration (immigrazione)?

Comunque 1,4 figli per coppia sono davvero pochi, questo è un ritmo da estinzione, e, facendo due conti proprio grossolani, a fattori costanti e senza contare gli immigrati, a questo ritmo la popolazione dovrebbe dimezzarsi ogni molto all'incirca 60 anni, (se non sbaglio).
Invece si vede che il calo della popolazione italiana (immigrati a parte) è lieve, secondo me il motivo è proprio l'allungamento della vita. Dal 1995 al 2006 la vita media degli italiani si è allungata di quasi tre anni, (Istat).

http://info.onlife.it/faq-1/allungamentovitamedia


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Ma ti sei chiesto perché gli italiani non fanno figli?
Io mi accontenterei anche di una media di 2 figli per coppia, tu no?


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istwine
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sganzo,

Hai ragione, c'è anche un problema culturale, o meglio, una differenza culturale. Le critiche allo sviluppo dopo tutto son quelle. Però si torna al punto di partenza, ovvero: si possono sotterrare sotto un cumulo di discorsi umanitari, culturali, antropologici, sociologici le conseguenze e i corollari di queste differenze che esistono e difficilmente sono negabili?

Bada bene, questo non significa uniformare, annacquare o snaturare sostenendo che il sistema occidentale sia migliore o che ci sia una superiorità in un modello o nell'altro, ci sono però delle differenze nelle conseguenze. E il documento postato da Nat ne evidenzia alcune.

Il discorso che io faccio non è sulla presunta superiorità culturale, è un discorso storico il più "oggettivo" che mi posso permettere, e cioé: negli ultimi cinquecento anni i paesi che si sono sviluppati (capendosi su che s'intende con sviluppo) sono quelli che hanno implementato determinate politiche, che fosse il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Germania, la Cina o Sud Corea o precedentemente le vecchie città-stato. In questo caso non siamo in presenza di culture proprio similari, eppure c'è una certa affinità per le politiche. In soldoni, se vuoi avere quello sviluppo la storia sembra suggerire un certo percorso. Questo ha delle conseguenze negative? Sì, e le conosciamo tutti (ambiente, società ecc).

Per il resto le risposte al paradigma dello sviluppo sono state differenti e per me tutte più o meno fallimentari (self-reliance, decrescita, sviluppo locale). In alcuni casi, come quello dello sviluppo locale, si è avuto il paradossale risultato di annacquare e svendere usi, costumi, culture e tradizioni ancor più di un sistema di sviluppo basato sull'industrializzazione. Se nel secondo caso, banalmente andavi a lavoro e poi il quotidiano non era ancora intaccato dalla foga valorizzatrice (leggi: fare soldi), ora come ora hai comuni su comuni che corrono per valorizzare ogni singolo metro quadro, dalla sagra alla festa paesana, alla cucina locale, il vestito del luogo, il ballo del luogo, il museo della memoria, ecc ecc, con la drammatica conseguenza (per il mio modesto punto di vista) che hai uno sviluppo che non regge in termini di redditi senza essere accompagnato da altro e hai una totale svendita del tuo bagaglio di tradizioni e saperi da promuovere, valorizzare, abbellire per il turista.

PS: Non è neanche un caso che tutti i modelli di sviluppo locale, dal microcredito alla microimpresa, al turismo "al dettaglio" abbiano tutti un retroterra teorico tipicamente neoclassico. è che non lo sanno manco loro e quindi spesso ti ritrovi di fronte sociologi e studiosi in generale (sempre umanitari e buoni) che ti criticano il modello "neoliberista" contrapponendo un modello che ha tutte le caratteristiche e gli assunti di un modello neoclassico. Infatti in Europa lo sviluppo locale è sempre ben visto e ben finanziato. Meno ben visto è lo Stato imprenditore, gli investimenti pubblici, le tariffe, i dazi ecc.


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Iacopo67
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Ma ti sei chiesto perché gli italiani non fanno figli?
Io mi accontenterei anche di una media di 2 figli per coppia, tu no?

Per me anche meno di due, per un pò, così si da una sfoltita indolore al pianeta, però dovrebbero farlo tutti, non solo alcuni paesi, ma è un discorso utopistico ...
Invece da quanto hai postato si dedurrebbe che non siamo messi bene, perchè se la povertà è un fattore importante che induce a fare più figli, e se la disuguaglianza sta aumentando sia tra diversi paesi sia tra gli abitanti all'interno dei singoli paesi, è destino che una parte della popolazione mondiale aumenterà, forse di molto ancora.

Perchè noi italiani non facciamo figli? Forse stiamo bene così, non essendo poveri non ne abbiamo veramente bisogno, dopotutto i figli rappresentano un costo, leggo poi che abbiamo più sanità e istruzione (anche se non sono sicurissimo del modo come questi due elementi portino a figliare di meno), aggiungerei una mia opinione:
La nostra è una società ricca; vivendo con i genitori, da piccoli, ci abituiamo ad avere tante belle cose e le diamo per scontate, la casa, l'automobile, tutti gli elettrodomestici... Quando arriva il momento che ci si innamora e si vorrebbe mettere su una nuova famiglia, ci si scontra col problema di non voler perdere il tenore di vita a cui si era abituati, ma per poter avere tutte quelle belle cose, ci vogliono tanti soldi, e i giovani non sempre ce li hanno.
Quindi si tende a rinviare, e talvolta non se ne fa più nulla.
Lo dico perchè conosco qualcuno in questa condizione, anche se poi non so quanto effettivamente questo sia un fattore importante, in generale.


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Iacopo,
io la farei più semplice e mi riallaccio al discorso che faceva Raziel79.
Cosa dici di tutte quelle coppie che vorrebbero metter su famiglia ma che non riescono nemmeno ad andarsene di casa?
Non credi che il livello di disoccupazione, dei salari e dei redditi in genere c’entri qualche cosa?
Perché pur vivendo in una situazione di sostanziale indigenza le famiglie di immigrati fanno figli (3 o 4 in genere) mentre le nostre preferiscono evitare o tutt’al più fanno un solo figlio?
Non è per questo forse che le scuole hanno sempre più studenti figli di immigrati che però non possono permettersi i vari servizi (tipo mensa, ecc. )? E gli ospedali? E le case popolari?
Parliamo dell'Italia. Il problema svedese lo discutiamo un'altra volta.

Ps.: 1,2,3 … Via all’insulto!


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Georgejefferson
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Istwine,non mi e' chiaro bene dove tu voglia arrivare in conclusione.

Che se utopisticamente immaginassimo un benessere materiale diffuso per tutti , e' ragionavole valutare i limiti demografici e conseguentemente quelli ambientali ,

siamo abbastanza daccordo piu o meno tutti qui,e questo culturalmente come auspicio alla diffusione di senso di responsabilita ecc..

La critica che io ho posto e' un'altra,e cioe che e' sterile e ipocrita l'argomentazione demografica che , prima di partire dai dati relativi allo stato di cose presenti , non parta con una decisa presa di posizione di critica ai potenti che nei 500 anni di colonialismo e imperialismo piu ci hanno guadagnato alle spalle della maggioranza del pianeta ,

ed anno consolidato storicamente posizioni di privilegio e concentrazioni di capitali "oscene" in virtu del fatto ANCHE ,
che senza la poverta diffusa , la crescita smisurata della popolazione , lo sfruttamento selvaggio dei lavoratori nell'arco dei 500 anni ecc..non avrebbero mai potuto arrivare a tanto.

Come avevamo gia discusso, io non ho mai detto TUTTO, ma buona parte.

Anche il discorso (ti ricordi?) che non e' corretto attribuire la crescita economica dell'occidente SOLO allo sfruttamento del resto del mondo ecc..io concordo.

Concordo senza problemi che esistano differenze culturali e antropoligiche divenute tali nel divenire storico, ma ne faccio un discorso di CONcausa.

Che ne dici Istwine ?
Non ti pare ovvio che un libro come i limiti della crescita, non sarebbe diffuso se prendesse posizione di critica forte ai potenti della terra?

Poi non sono di certo io quello cieco di fronte ai problemi sorti con i flussi immigratori incontrollati, specie in virtu di lungo termine per tutti i paesi del mondo.
E infatti e' questa una trappola della globalizzazione, ingabbiare tutti nel lungo termine, ma il futuro non e' mai certo.


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Georgejefferson
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Che poi, non che ci si distanzi troppo dal discorso Marxiano sull'esercito di disoccupati di riserva, strumento storico in favore dei potenti, e ancora piu allo stato di cose presenti.

Senza per questo fare un feticcio di Marx, cosa che io personalmente non ho mai fatto.


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istwine
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George,

Sono assolutamente d'accordo con te. Il problema sorge in loco, cioè ci si deve porre la domanda: è l'organizzazione del sistema produttivo a creare la cultura o viceversa? A quel punto se io dico che quei paesi vanno industrializzati, cioè si deve fare in modo che quel percorso sia possibile anche da loro, qualcuno oppone l'idea che quel sistema non sia esportabile da loro per questioni culturali. Al che la risposta che mi sento di dare è: d'accordo, a quel punto però non vedo possibile raggiungere gli stessi standard di vita occidentali (acqua, cibo, istruzione, cure mediche). Anzi, emigreranno ancor di più in cerca di quegli standard. Cioè, a mio avviso il problema demografico è principalmente loro. Se fai una comparazione tra le densità per kmq europee e quelle africane, hai anzi un paradosso, sembra di vedere il contrario (maggiori densità più reddito). Qui entra la relazione esistente secondo me tra modi di produzione, settore produttivo e popolazione. Nient'altro.

Io posso anche redistribuire, ma la ridistribuzione non contempla affatto l'acquisizione di conoscenze, tecnologie, organizzazione, divisione del lavoro, sinergie, learning by doing ecc ecc. Se tu guardi dove vanno la maggior parte delle rimesse degli emigrati vanno in consumi, non investimenti. Dunque certamente ridistribuire è importante, ma non è il punto di svolta. Ed è anche il motivo per il quale lo sviluppo dei paesi ricchi non dipende solo dai paesi poveri. Due paesi che si sviluppano il primo nella manifattura e il secondo nell'esportazione di materie prime, possono anche intrattenere i migliori rapporti commerciali, le maggiori tutele e leggi antidumping ecc, ma il primo avrà sempre un reddito e uno sviluppo superiore. Cioè, è più subdola come questione secondo me, non è solo lo sfruttamento, è una differenza qualitativa, di modo di produzione, di tecnica.

Capisci quindi il dilemma che mi pongo? Ma questa sulla carta non può che essere una buona notizia per quei popoli. Significa che non hanno necessariamente bisogno di sfruttare altri popoli. E non è neanche solo una questione di soldi, è una questione di conoscenze e di possibilità di utilizzarle in loco.

Stando all'ultimo rapporto UNAR presentato avant'ieri sull'immigrazione 2014, in Italia "nel 2013, sono 968mila gli stranieri sovraistruiti, ovvero che presentano un livello d'istruzione più elevato in confronto a quello principalmente richiesto dal lavoro svolto; si tratta del 41,1% del totale dell'occupazione straniera, una quota più che doppia di quella degli italiani." Ma è anche normale che subiscano demansionamento qui, perché molte di quelle figure già esistono nel nostro territorio, e per forza di cose finiscono a fare lavori di livello inferiore se già una marea di laureati italiani hanno lo stesso problema nonostante abbiano vantaggi ovvi tipo conoscere la lingua e non subire forme di discriminazione dovute ai pregiudizi (che tuttora esistono e che son le politiche importanti, non l'apologia dell'immigrato risorsa, che è pure offensivo verso il disoccupato locale).
Il punto dunque è sempre lo stesso, che senso ha una campagna d'istruzione in quei paesi se poi non li metti in condizione di utilizzare in loco quelle conoscenze? Emigrano, per forza di cose emigrano. E le condizioni per metterle in atto, a me paiono sempre quelle che si dicevano.

In alternativa si ha il palliativo (zanzariere, profilattici ecc).

PS: Sui "potenti della terra", i monopoli, le rendite, figurati se non son d'accordo.


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Deheb
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Prova a dare uno sguardo a questo Iacopo, è una roba leggera ma comunque interessante e si lega a quello che dici:
http://www.documentazione.info/print/280
Prova a vedere (se non l’hai già fatto) anche le differenze nord-sud in Italia. Potrebbe legarsi questo anche al ruolo della famiglia e a quello femminile?

Nat: no problem, non ne faccio una malattia sui dati. Ho dato uno sguardo a OECD e non torna con gli altri. Pace.
Che i privati spendano follie che l’economia gira….quello che dicevo a Truman sulla loro sensibilizzazione….sono già sensibili.
Il nostro trend demografico comunque è abbastanza chiaro, su quello ho pochi dubbi, sia per la questione immigrazione, sia per quella sul sostegno alle famiglie.


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Deheb
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Istwine, sono d’accordo col tuo discorso. Non saprei cosa aggiungere: mi viene da pensare che, come per il capitalismo, anche per la globalizzazione ci sia un peccato originale, un “difetto di fabbrica” insito in esso. E non capisco come se ne possa uscire indenni. Non so se esista un’altra globalizzazione, o una culturalmente differente. Forse inerente a quello che si diceva giorni fa su idee e pensatori alternativi. O una èlite illuminata…


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Comincia a fissare un tetto massimo all’immigrazione che sia sostenibile e funzionale agli interessi del paese in questione ed a proteggere il sistema produttivo nazionale e poi vediamo …
Il problema non è di progetto, è di realizzazione.


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Georgejefferson
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Punti di incontro si trovano sempre,volendolo Istwine. Basta non partire in quarta con accuse di ideologismo senza neppure porti la presenza di chi hai di fronte.

Dire che il problema demografico è principalmente loro,e' vero.Ma pone conflitto tra le parti perchè quel "principalmente" viene percepito come assolutizzazione arrogante.

E' come chi in buona fede al Nord Europa afferma che il problema del debito e' principalmente dei paesi del Sud,cosa certo che vera,ma in senso relativo,e che crea conflitto perchè espressa in forma sbagliata.
Senza il disastro dei paesi (ingiustamente chiamati) PIIGS non sarebbe stato possibile il Surplus della Germania and Co.

Ed e' come dire, senza la complicità degli oligarchi locali dei paesi del terzo mondo,i paesi occidentali non avrebbero avuto lo stesso tipo di sviluppo,e questo e' motivo di legittimo sospetto verosimile da parte degli occidentali nel "fomentare oligarchi amici".

Questo senza nulla togliere al discorso che facevamo,e cioè che non e' corretto attribuire la crescita economica dell'occidente SOLO allo sfruttamento del resto del mondo ecc..,come dici tu stesso:

"lo sviluppo dei paesi ricchi non dipende solo dai paesi poveri"

Mettendo quel SOLO confermi la tesi che esiste ed e' esistita una responsabilita dell'occidente,ma non e' L'UNICA ASSOLUTA.

Il fatto che pongo e' questo:

Se elite illuminate nel senso umanistico del termine (che non e' buonismo ipocrita) avessero agito in prospettiva mondo a stimolo di acquisizione di conoscenze, tecnologie, organizzazione, divisione del lavoro, sinergie, learning by doing ecc ecc per tutti equamente...

Si avrebbe ottenuto meno sperequazione della ricchezza a livello mondiale,e i grandi monopolisti storici capitalisti non avrebbero potuto accentrare ricchezze cosi come ora.

Quindi un qualsiasi discorso serio di risoluzione possibile progressiva dei problemi a livello mondiale non puo prescindere per principio dal toccare interessi dei suddetti monopolisti,e questo prima ancora del rivolgersi ai popoli in quanto tali.

E' come nelle conferenze mondiali per l'inquinamento.
Poniamoci dal punto di vista di classi dirigenti dei Brics,sentirsi fare discorsi seri da studiosi occidentali sui pericoli ambientali per il futuro,dove per secoli lo stesso occidente SE NE E' FREGATO ALTAMENTE (Cioe i potenti citati) ,chiudendo 4 occhi di fronte allo sfruttamento mondiale (specie dalla rivoluzione industriale in poi),comprendi che e' pacifico che (al di la dell'etichetta diplomatica) nei fatti gli ridono in faccia.

E allora non e' credibile lo studio e stimolo alla questione demografica senza una CONpartecipazione di certi potenti alle responsabilita collettive.

è l'organizzazione del sistema produttivo a creare la cultura o viceversa?

Entrambi,logica NON binaria,un po come i prestiti ed i depositi.Ognuno condiziona l'altro e risalire a ritroso nel tempo per capire l'origine penso sia impossibile se non altamente approssimato,come esercizio dialettico.


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