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Chi sta prendendo a picconate la fiducia nella magistratura?


Mnz86
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da http://ilpensieroselvaggio.blogspot.com
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Chi sta prendendo a picconate la fiducia nella magistratura? Ne vale la pena? Quali le conseguenze?

Pochi giorni fa Silvio Berlusconi, riferendosi a giudici e pm italiani, ha affermato che "siamo nelle mani di una banda di talebani". Il copione è arcinoto: qualche pm inquisisce Silvio Berlusconi, ed una parte dell'opinione pubblica, intellettuale e politica di "opposizione" italiana riprende con vigore ad attaccare il premier nella speranza che, in un modo o nell'altro, possa un giorno cadere. Berlusconi quindi reagisce, descrivendo una situazione di odio e di persecuzione e dipingendo la giustizia italiana come un covo di eversivi, fannulloni, manipolatori della legge, e una quota consistente di italiani comuni fa sua questa visione.

Poi il Popolo Viola torna a casa, i giornali trovano altro di cui parlare, Berlusconi ne esce in qualche modo "pulito", i giudici archiviano il fascicolo con un nulla di fatto, con una prescrizione. Tutto come prima? Sarà per la prossima volta? No. Questo teatrino si lascia alle spalle un fardello grave: la delegittimazione reale, duratura, agitata, della magistratura e della giustizia di fronte ad una quota crescente degli italiani. Si lascia alle spalle una situazione in cui la magistratura è un organo capriccioso e l'innocenza o la colpevolezza sono un'opinione.

Esiste una quota consistente se non maggioritaria degli italiani che, anche e soprattutto grazie a queste vicende, non ha più fiducia nella magistratura. Ad ogni prescrizione questa porzione di italiani cresce, si gonfia, acquisisce argomenti e consapevolezza. Non esistono colpevoli e innocenti: esistono i perseguitati, e i "cocchi dei magistrati".

Craxi fu un perseguitato: è innocente, e va riabilitato. Cossentino è un perseguitato, una vittima: nessuno, nel PdL (cioè in più del 50% del paese), storce più la bocca di fronte ad un coordinatore regionale forse colluso con la camorra. L'imprenditore e l'amministratore pubblico o privato indagato o condannato suscitano simpatia, empatia, solidarietà: se un tempo i "colletti bianchi" potevano essere scoraggiati dal commettere reati dal timore di vedere compromessa, con una condanna, la propria "onorabilità", oggi l'essere inquisiti è un dettaglio che "fa gruppo", che conferisce identità e appartenenza, che colloca dalla parte dei "buoni".

E la cosa ricade, a cascata, a tutti i livelli. Chi viene multato non ha infranto una regola: sarà un perseguitato, una vittima di qualche amministrazione comunale che vuole "fare cassa". E, al rovescio, il piccolo delinquente messo agli arresti domiciliari e il clandestino che non viene rispedito nel paese dove rischia persecuzioni, non ottengono il rispetto dei diritti umani fondamentali: vengono privilegiati da una giustizia corrotta e politicamente schierata.

La fiducia è uno dei beni più difficili da accumulare. E nella speranza, vana, di colpire Berlusconi o di modificare la sua immagine rendendolo agli occhi dell'opinione pubblica un criminale (il criminale che, per inciso, probabilmente è), giornali, intellettuali, manifestanti viola e opposizione stanno dando i colpi di grazia alla credibilità della giustizia italiana.

Non è soltanto vero che gli attacchi rafforzano Berlusconi e distolgono l'attenzione dai problemi veri. Gli attacchi, purtroppo, indeboliscono la legge, le garanzie costituzionali, lo stato di diritto cui i deboli hanno sempre affidato la loro tutela nei confronti dei potenti, dei forti, degli abusi. Ci vorranno decenni per de-politicizzare la visione della magistratura. Fino ad allora, saremo in balia dei potenti, delle opinioni, del populismo, della comunicazione.

Lo Stato di diritto val bene un'immunità concessa?


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