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CH,IT - il gioco italiano delle 3 carte


vic
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http://www.gdp.ch/rubriche/economando/mele-con-mele-pere-con-pere-id150200.html

Economando
Mele con mele, pere con pere

di Giovanni Molo - 23 dicembre 2016

Un’interessante discussione, di cui ha puntualmente riferito Corrado Bianchi Porro martedì 20 dicembre 2016 sulle colonne di questo giornale, ha avuto luogo negli scorsi giorni sull’accesso al mercato italiano per banche e, nel linguaggio dell’Unione europea, imprese di investimento (cioè gestori individuali e collettivi di patrimonio) svizzeri al mercato interno italiano. Il tema è sensibile, poiché si tratta di capire se, domani che i rischi di natura penale e fiscale andranno, con la trasparenza finanziaria internazionale, gradualmente a risolversi, gli operatori finanziari ticinesi potranno giocarsela liberamente sul mercato interno italiano, che da sempre costituisce lo sbocco privilegiato per la piazza finanziaria ticinese.

Se la prestazione è svolta dal territorio, cioè, in linguaggio tecnico, in regime di libera prestazione dei servizi, vi è la possibilità di trattenere sul territorio creazione di valore aggiunto e opportunità occupazionali, con le conseguenze erariali che ne discendono. Se, invece, i gruppi finanziari svizzeri vanno ad aprire filiali all’estero, è là che si creerà valore aggiunto. La Svizzera non è parte dell’Unione europea, ed è quindi chiaro che non può beneficiare del regime di mutuo riconoscimento di cui godono gli operatori finanziari (banche ed imprese d’investimento) europei. Ciò detto, l’autorizzazione, per gli operatori finanziari svizzeri, siano essi banche o imprese d’investimento, deve essere rilasciata dalle autorità italiane. In proposito, come previsto dalle norme italiane (Testo Unico Bancario e Testo Unico Finanziario), determinante è la vigenza nello Stato d’origine, cioè in Svizzera, di disposizioni in materia di autorizzazione, organizzazione e vigilanza equivalenti a quelle vigenti nel paese ospitante, cioè in Italia. Se ciò che conta è la tutela degli investitori, infatti, determinanti sono i requisiti in proposito dell’operatore finanziario, non altre considerazioni. E in proposito la vigilanza sugli intermediari finanziari può di principio essere ritenuta equivalente.

La circolare della Banca d’Italia n. 285 del 17.12.2013 introduce, quale ulteriore criterio per la prestazione di servizi finanziari senza stabilimento in Italia da parte di banche extracomunitarie, l’esistenza di accordi per lo scambio di informazioni con le autorità di vigilanza dello stato d’origine della banca. Un’interpretazione estensiva di questa condizione, o che, a seconda dei punti di vista, restringeva l’accesso al mercato italiano per le banche svizzere, tendeva a considerare inadempiuta questa condizione, in assenza di meccanismi di scambio delle informazioni anche in materia fiscale. A partire dal 1° gennaio 2017, con il pieno scambio delle informazioni, anche questo ostacolo viene a cadere. Quando tutte le carte per gli operatori finanziari svizzeri sarebbero date per giocarsela sul mercato italiano, ecco che da parte italiana si tira fuori dal polso un jolly che nulla ha a che vedere con la prestazione transfrontaliera di servizi finanziari: la questione della libera circolazione delle persone. Quello che più sorprende, in tutto questo, è che da parte svizzera nessuno sembri obiettare alcunché, ammettendo implicitamente che le carte sul tavolo possano essere continuamente cambiate. E così la Svizzera riuscì nella storica impresa di cedere il suo segreto bancario nei rapporti internazionali, ed in particolare in quelli con l’Italia, non solo senza ottenere nulla in cambio, ma perdendo.


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cedric
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La Svizzera non è parte dell’Unione europea, ed è quindi chiaro che non può beneficiare del regime di mutuo riconoscimento di cui godono gli operatori finanziari (banche ed imprese d’investimento) europei.
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E così la Svizzera riuscì nella storica impresa di cedere il suo segreto bancario nei rapporti internazionali, ed in particolare in quelli con l’Italia, non solo senza ottenere nulla in cambio, ma perdendo.

1) è vero che la Confederazione Elvetica non è parte della Unione Europea e che non fa parte dell'area di libero scambio EFTA/SEE a cui invece appartengono Islanda, Liechtenstein e Norvegia, ma è anche vero che la Confederazione Elvetica è un paese equiparato all'Unione Europea e quindi ad essa si applicavano già quasi tutte le norme di reciprocità in essere fra gli stati UE.

2) per essere meno ipocriti e più realisti, se gli elvetici hanno accettato tale accordo (confermando la libera circolazione delle persone) è perchè a loro conveniva ed anche parecchio, poi ovviamente occorre pasturare il volgo elvetico (come accade per in tutti i paesi) per raccogliere qualche voto in più.


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vic
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La Svizzera fa parte dell'AELS. Di cui faceva parte pure il Regno Unito, prima di entrare a modo suo nell'UE.

Va detto che con l'Italia e' stato ratificato un accordo bilaterale proprio vertente sulla questione finanziaria. Naturalmente (in Ticino lo conosciamo bene il modo di fare italiano) l'Italia ha inserito qua e la' dei paragrafetti alquanto "strani", per non dire "estranei". Una clausola ghigliottina, promesse poco chiare perche' senza menzione di limiti temporali, ingerenze arroganti nella legislazione ticinese, ecc.

Il fatto e' che il libero accesso al mercato finanziario italiano, per gli operatori finanziari svizzeri, contrariamente agli accordi presi, non e' per niente realta'. Ed e' sotto gli occhi di tutti quanto marcio sia il sistema bancario italiano, cui un po' di professionalita' concorrente non potrebbe che fare bene. E' che il marcio ormai in Italia sta ovunque. Solo gli svizzeri-tedeschi fanno finta di non accorgersene. Taciamo naturalmente della reciprocita', il cui significato in Italia sembra oscuro, su parecchi fronti, peraltro.


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cedric
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. Naturalmente (in Ticino lo conosciamo bene il modo di fare italiano) l'Italia ha inserito qua e la' dei paragrafetti alquanto "strani", per non dire "estranei". Una clausola ghigliottina, promesse poco chiare perche' senza menzione di limiti temporali, ingerenze arroganti nella legislazione ticinese, ecc.

Solo per amor di discussione e senza alcuna vis polemica: temo che tu stia sottovalutando le capacità negoziatorie elvetiche e sopravvalutando quelle italiche. Mi rifiuto di credere che i governanti di una Confederazione che ha attraversato indenne due guerre mondiali si facciano mettere nel sacco da quattro sfigati italiani, addirittura dovendo soccombere a "clausole ghigliottina" o peggio a "paragrafetti estranei". E' a dir poco ridicolo.

Se poi davvero fosse così allora gli investitori di tutto il mondo dovrebbero precipitarsi a ritirare i loro depositi, vista la "capacità a farsi imbrogliare". Se ciò non accade è perchè gli elvetici sanno il fatto loro e sono ottimi negoziatori, oltretutto trattare con gli attuali sfigatissimi governanti italiani è come rubare caramelle ad un bambino. E' davvero troppo facile.

Ed e' sotto gli occhi di tutti quanto marcio sia il sistema bancario italiano, cui un po' di professionalita' concorrente non potrebbe che fare bene. E' che il marcio ormai in Italia sta ovunque.

Il sistema italiano è marcio tanto quanto lo è quello europeo, soprattutto quello tedesco delle LanderBank e dele Sparkasse, veri e propri buchi neri contabili che rifiutano qualunque controllo sui conti. Il problema europeo sono i crediti in sofferenza (lo so che è più figo chiamarli Non Performing Loans). Sono partite contabili che sono ascritte negli ATTIVI dei bilanci ma sono quattrini che non saranno MAI PIU' recuperati. In un mondo normale sarebbero svalutati passandoli a PERDITE, ma questo farebbe crollare il sistema bancario mondiale. E' anche assurdo che i NPL vengano venduti e comperati solo per metterli negli ATTIVI di qualche società che poi fregherà gli investitori CARTOLARIZZANDOLI, cioè trasformandoli in appetitose obbligazioni da vendere ai gonzi brianzoli e veneti (i piemontesi sono più accorti).

In tema di marcio le banche italiane non sono mai state multate dagli USA per "pratiche scorrette verso i clienti" come è accaduto alle banche francesi, tedesche, elvetiche (queste 1 su 3)
http://www.swissinfo.ch/ita/fisco--una-banca-svizzera-su-tre-ha-pagato-la-sua-multa-negli-usa/41643298
Banca Intesa è stata multata per aver infranto le sanzioni all'Iran e parecchi anni fa BNL fu multata per finanziamenti all'Irak di Saddam Hussein, quindi nulla che danneggiasse i clienti. Noi italiani siamo bravissimi a costruire bombe, mine antiuomo, navi ed elicotteri per venderle ai dittatori e qualche banca li ha pure finanziati per vendergliele ma (a parte i soliti quattro sfigati toscani che presto pagheranno il fio delle loro malefatte) le banche italiane non fregano i clienti come invece hanno fatto le banche europee sanzionate dagli USA.


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vic
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Meglio non mettersi a difendere il mondo bancario.
Il quale pero' ha delle sue suddivisioni interne.
Per esempio ne' la BancaStato del Canton Ticino (banca a garanzia statale) ne' la Banca Raiffeisen (cooperativa di banche diffuse sul territorio fin nei comuni piu' minuscoli) sono state toccate dallo scandalo finanziario dei subprimes.
Questo perche' non hanno voluto trasformarsi pure in banche d'affari.
Insomma perche' hanno adottato un equivalente dello Steagall act spontaneamente, con la legge del buon senso e della tradizione.

Sono le banche molto grosse (too big to fail) che vengono multate dai giudici statunitensi. A ragione, perche' le hanno combinate proprio grosse. E' pero' da sciocchi non intravvedere in questo modo di procedere, tipico statunitense, un tentativo di mettere in difficolta' i concorrenti al proprio sistema bancario/finanziario. Non per niente, il gran patron del Credit Suisse, chiamato a deporre negli USA, era lui stesso statunitense. Un certo tipo di mentalita' s'e' insinuato nelle grandi banche svizzere, tradizionalmente piuttosto conservatrici, proprio tramite i manager di scuola statunitense ingaggiati dalle banche stesse. E naturalmente tramite la mentalita' "moderna" di categoria, per cui la finanza e' regina.

Un modo indiretto con cui tutta la popolazione sta pagando per le nefandezze delle banche too-big-to-fail e' quello fiscale. Infatti le megamulte figurano come passivi e di conseguenza negli anni recenti, per esempio a Lugano, le banche hanno pagato ben poco in tasse. Buco che ha dovuto essere coperto dal contribuente non bancario, cioe' da tutti gli altri, insomma dall'economia reale.

Va anche riconosciuta una certa abilita' della Banca Nazionale, che chiamata dal governo a salvare l'UBS dal baratro dei subprimes, le ha messo li' sul piattino un intervento da 60 miliardi. Intervento che col tempo e' stato addirittura pagante per la BNS, che ha risbolognato indietro pian piano i subprimes all'UBS stessa ed al mercato in generale.

Pero' occorre prestare attenzione ai rischi che la BNS sta correndo, anche per altri motivi, soprattutto quello di arginare la sopravvalutazione del franco svizzero: la BNS si sta riempendo all'inverosimile di moneta straniera, soprattutto euri e dollari. Insomma sta seduta su una montagna di carta che potrebbe rivelarsi straccia un di'. Per esempio se l'UE dovesse crollare in modo incontrollato. La BNS sta pure mettendo in grosse difficolta' le casse pensioni, con la politica degli interessi negativi. Cosa di cui si parla talvolta, ma troppo poco.

Se penso che le grandi banche in passato sorsero addirittura per finanziare colossali infrastrutture (Credit Suisse partecipo' nel 1800 a finanziare il traforo ferroviario del San Gottardo, a quei tempi un progetto assai avveniristico), oggi vien quasi da piangere nel constatare come ormai vivano in un mondo letteralmente virtuale, facendosene un baffo dell'economia reale perche' troppo poco redditizia, a lor veduta.

E le furbate del moderno mondo finanziario, come ben ricordi, sono sotto i nostri occhi.

Furbate che costano, soprattutto a troppi giovani, la speranza in un futuro migliore. E' in questo contesto che poi si allargano troppo i presunti furbi, piu' o meno elitari.


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