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Cosa sta accadendo in Libano ?


Tao
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Cari amici,
senza ritenermi uno specialista di Libano, vi propongo una ricostruzione dei fatti che hanno portato alla crisi in corso. Sarei lieto delle critiche e delle integrazioni degli specialisti di Libano legati alla lista.
Buona lettura.
Michelguglielmo Torri

Per comprendere cosa sta succedendo in Libano è bene mettere i fatti nella loro corretta prospettiva cronologica. Un buon punto da cui partire è il Syria Accountability and Lebanese Sovereignty Act, approvato dal Congresso degli USA il 15 ottobre 2003, subito dopo l’occupazione dell’Iraq. In pratica, come notato dall’analista francese Thierry Meyssan, la legge in questione dava al presidente Bush il potere di scatenare una nuova guerra contro la Siria e contro Hizballah, il «partito di Dio» libanese, nel momento in cui l’avesse giudicato utile. Quel momento – che nell’ottobre 2003 sembrava prossimo – non è, finora, mai venuto; non perché al governo americano sia mancato il desiderio di abbattere il regime siriano e di distruggere i suoi alleati libanesi, ma in quanto il dispositivo bellico americano in Medio Oriente è stato impegnato in maniera crescente nella repressione di una resistenza irachena di inaspettati vigore ed estensione.

Ma se Washington non ha avuto la possibilità di iniziare una guerra aperta, ciò non significa che non abbia perseguito i propri fini con altri mezzi. Un momento di svolta in questa strategia si è avuto quando, nell’estate 2006, gli USA hanno appaltato a Israele il compito di distruggere Hizballah. Inaspettamente, però, la guerra è andata male: le invincibili forze armate israeliane sono state fermate dal «partito di Dio» e dai suoi alleati.

Di nuovo inaspettatamente, la tregua che ha chiuso la guerra è durata nel tempo: Israele si è reso responsabile di ripetute violazioni dello spazio aereo libanese, ma non ha lanciano nessuna nuova operazione su vasta scala. Non è che non ci fossero gruppi influenti in Israele (e a Washington) che auspicavano la pronta ripresa della guerra. Il problema è stato che l’andamento delle operazioni belliche avevano dimostrato l’inadeguatezza della strategia israeliana – basata sull’uso massiccio dell’aviazione e delle forze corazzate – contro le unità mobili di Hizballah, ampiamente dotate di razzi e di missili di vario tipo, che si erano dimostrati maneggevoli e terribilmente efficienti.

L’impossibilità di riprendere la guerra ha fatto sì che Washington puntasse all’attuazione di altre strategie. L’obiettivo principale è diventato quello di impedire che Hizballah cogliesse i frutti politici della propria vittoria. Il che, concretamente, comportava il mantenimento al potere in Libano il governo filoamericano di Fouad Siniora; quello stesso governo, che, in pratica, non aveva mosso un dito durante l’aggressione israeliana.

Con un consenso popolare che, dopo la vittoria su Israele, andava ben al di là della comunità sciita, Hizballah era invece deciso a ottenere un riequilibrio nella distribuzione del potere, tale da riflettere la situazione politica venuta in essere in seguito alla guerra. Di conseguenza, l’11 novembre 2006, cinque ministri del governo legati a Hizballah si sono dimessi. Secondo il dettato costituzionale libanese (art. 95a), ciò avrebbe dovuto comportare l’automatico scioglimento del governo Siniora. Scioglimento che, in spregio appunto alla Costituzione (cosa che i media occidentali non hanno mai rilevato), si è mantenuto, del tutto illegittimamente, al potere.

La risposta di Hizballah e del suo principale alleato, il Libero movimento patriottico di Michel Aoun, è stata una serie di proteste, ma non, come sarebbe stato legittimo aspettarsi, l’avvio di un’azione di contestazione prolungata e di massa. Si è trattato di una moderazione che è parte del modus operandi di Hizballah. In Medio Oriente, il suo prestigio è considerevole ed è legato alla lunga e vittoriosa resistenza contro Israele, iniziata al momento della creazione del partito, alla metà degli anni Ottanta. Si tratta di un prestigio che è forte anche fra i non sciiti, sia sunniti sia cristiani; un prestigio che, però, verrebbe intaccato se Hizballah si trovasse a combattere contro altri arabi.

Hizballah, a giudicare dalle dichiarazioni ufficiali dei suoi leader, è anche convinto che il disegno degli USA (e di Israele) sia appunto questo: coinvolgerlo in una guerra civile in Libano. E che, qualora questo avvenisse, gli USA userebbero la guerra come pretesto per un intervento sotto l’egida dell’ONU; intervento volto a realizzare ciò che Israele non è riuscito a fare nell’estate 2006: distruggere Hizballah.

In una situazione di crescente tensione politica – resa più grave da occasionali assassinii e dal dispiegamento al largo della costa libanese, a partire dal 28 febbraio, di una flotta americana di sette navi da guerra, dotata di mezzi da sbarco e con a bordo un corpo di spedizione di 2000 marines – la situazione si è ulteriormente complicata. Il 23 novembre 2007, infatti, è scaduto il mandato presidenziale di Émile Lahoud, vicino alla coalizione di forze facenti capo ad Hizballah. Lahoud ha abbandonato il proprio incarico ma, da allora, non è stato possibile sostituirlo. L’elezione del presidente libanese richiede, di fatto, l’accordo fra tutte le più importanti forze in Parlamento, ciò che, finora, si è rivelato impossibile. A questo punto, la situazione costituzionale libanese – su cui i media occidentali mantengono un pervicace silenzio – è sempre più uscita dal quadro legale. Questo perché lo stesso Parlamento è ormai in scadenza e, secondo la Costituzione, i suoi poteri sono limitati all’elezione del nuovo presidente. Un compito che, come si è visto, non riesce a svolgere. In sostanza, il Libano è oggi un paese senza un presidente, senza un governo legittimo e con un Parlamento che non ha più i poteri per legiferare.

Mentre la situazione diventava sempre più tesa in Libano, gli USA e Israele alzavano il tiro anche contro la Siria. Lo scorso settembre, in un raid aereo che rimane ancora oggi avvolto in un considerevole mistero, aerei israeliani hanno condotto un attacco in profondità in territorio siriano. Secondo voci fatte circolare dall’amministrazione americana, l’attacco avrebbe avuto come obiettivo la distruzione di una centrale nucleare in fase di costruzione. Si tratta di un’accusa che non ha nessun riscontro degno di fiducia. Il vero fine dell’incursione sembra essere piuttosto stato quello di dimostrare la vulnerabilità della Siria ad un eventuale attacco israeliano. Lo scorso febbraio, inoltre, gli USA hanno annunciato una nuova serie di sanzioni contro la Siria.

Il 24 aprile, il governo americano ha fatto circolare un documento basato su fonti dell’intelligence in cui si asseriva che il sito siriano bombardato da Israele il precedente settembre era effettivamente un reattore nucleare in costruzione, realizzato con l’aiuto della Corea del nord. Con ogni probabilità il rapporto in questione merita la stessa fiducia di quelli che giustificarono l’invasione dell’Iraq. Ma, come nota l’analista australiano Chris Marsden, il problema non sta nella credibilità del rapporto, bensì nel fatto che il rapporto stesso – per quanto poco credibile sia – possa essere stato fatto circolare appunto per giustificare un futuro attacco (di Israele o degli stessi USA) contro la Siria. Questo non è finora successo; ma l’8 maggio il presidente Bush ha annunciato l’estensione delle sanzioni contro la Siria di un altro anno, giustificando la sua decisione appunto con il fatto che Damasco stava cercando di costruire un reattore nucleare.

Subito prima, Walid Jumblatt, il leader druso che è ormai diventato la punta di lancia delle forze ostili ad Hizballah in Libano, aveva lanciato due accuse contro il partito di Dio. La prima era stata quella di spiare illegalmente l’aeroporto di Beirut c
on un sistema di telecamere (al fine, secondo Jumblatt, di rapire o di assassinare i leader politici legati al governo). La seconda era quella di aver creato un sistema di comunicazioni privato «illegale e incostituzionale» , con fini di spionaggio interno.

Contemporaneamente, i sindacati hanno proclamato uno sciopero generale, volto ad ottenere un innalzamento del salario minimo. Lo sciopero, che si è tenuto il 7 maggio, ha avuto l’appoggio e la partecipazione di Hizballah (la cui politica interna ha sempre avuto una forte connotazione sociale). La manifestazione ha preso un connotato decisamente politico, con la richiesta delle dimissioni del governo Siniora. A quel punto vi è stata la reazione di elementi legati alla famiglia Hariri (che è poi una dei principali alleati del governo Siniora), reazione che è stata all’origine dei primi scontri nelle strade, destinati a continuare nei giorni successivi.

Finalmente la via per una nuova guerra civile sembrava aperta. Una guerra paventata da Hizballah e auspicata da Jumblatt che, in un discorso televisivo del 10 febbraio, aveva dichiarato, rivolgendosi al partito di Dio: «Volete la guerra? È benvenuta. Non abbiamo problemi di armi, non abbiamo problemi di missili. Ve li porteremo”

Michelguglielmo Torri
Fonte: "Apriti_Sesamo!" <[email protected]>
12.05.08.»


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reza
 reza
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Complimenti per la dettagliata ricostruzione della situazione libanese.
Bisogna aggiungere ancora due elementi importanti:
Il primo è quello denunciato da Hezbollah all'atto dell'arrivo delle navi americane, secondo quella denuncia, una nave da carico con bandiera panamense attraccò al porto di Beirut, mentre alcuni strani miliziani avevano occupato tutto lo spazio del porto e le strade vicine , e da quella nave furono scaricate armi per circa due giorni, armi che la denuncia di Hezbolah indicava come "armi americane per Harriri e Jumbalat".
Questa notizia veniva data solamente da Hezbollah e dall'Iran, perciò è sfuggito a tutti.
Il secondo elemento è che la TV di Hezbollah e quella iraniana hanno fatto vedere i filmati in cui l'esercito libanese occupava la sede del gruppo di Said Harriri, trovandoci armi di ogni genere ed arrestando dei miliziani , mentre i loro capi si erano dati alle gambe.


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Tao
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Sull'analisi concordo abbastanza, ma quello che manca e, ritengo sia di primaria importanza, è il fatto che i Russi abbiano spostato sullo stesso mare, ormai da qualche mese, una portaaerei ed un nutrito gruppo navale multi-funzionale (difesa e attacco sia aereo che missilistico), il quale è certamente superiore al numero di navi americane in prossimità (non nel mediterraneo in generale).
Le navi sono partite dal limitrofo Mar nero, dove risiede il fior fiore della flotta russa.

L'avvertimento sembra chiaro, giù le mani dalla Siria (i porti d'appoggio della flotta russa sembra siano lì e, di conseguenza, in prevenzione a qualsiasi attacco diretto nella zona, compreso ad Hezbollah)) e, probabilmente, per scoraggiare un eventuale attacco israeliano- americano all'Iran dal versante mediterraneo.
Gli unici a protestare sono stati gli israeliani al tempo del dispiegamento.
Ciao in particolare Reza.

Geopardy


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geopardy
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Grazie TAO,
avevo sbagliato a premere e non ho controllato subito.
Ciao


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Tao
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"E colui che sceglie per alleati Dio e il Suo Messaggero e i credenti, in verità il partito di Dio saranno i vittoriosi." (Sura V, 56, motto sulla bandiera di Hezbollah)

Hezbollah o Ḥizb Allāh (حزب اﷲ in arabo, ossia Partito di Dio), è un partito sciita attivo in Libano, fondato nel 1982, su iniziativa del gruppo dei "Partigiani mussulmani”, come movimento di resistenza all’invasione israeliana. Fin dalla sua nascita, si è dotato di un ala militare, chiamata al-Muqawama al-Islāmiyya ("Resistenza Islamica"), formatasi grazie all’aiuto dell’Iran, che ha inviato 1.500 militari che hanno aiutato la formazione al combattimento. Fin dall’inizio è stata molto attiva con bombe e lanci di razzi “Katiuscia” contro le truppe israeliane, finanziati oltre che da Teheran anche dalla Siria.

La sua bandiera è un drappo giallo, con al centro la Sura V, 56, del Corano, all’interno della quale la lettera “alif”, la prima della parola Allah(Dio), è raffigurata come una mano che stringe un fucile AK-47 ed è affiancata da una rappresentazione schematica del globo terrestre.
L’organo supremo è il “Majlis al-Shura”, o Consiglio Consultivo, a sua volta guidato dal Segretario Generale, Hasan Nasrallah.
Oltre che al regime iraniano, Hezbollah collabora con i movimenti di resistenza palestinesi, in particolar modo con Hamas, e così come esso svolge numerose opere sociali presso la popolazione del Libano del Sud(istruzione, assistenza sanitaria, ricostruzione delle case bombardate) devastato dalle continue invasioni israeliane, e ha costruito una rete di associazioni estere che garantiscono un continuo afflusso di denaro dall’estero (25/50 milioni di dollari dall’Iran; Bonyad-e Shahid (Carità per i Martiri) ha istituito un fondo per i famigliari degli attentatori sucidi; nel 2001 in Paraguay la polizia ha scoperto un covo di un militante di Hezbollah con all’interno fondi per 3,5 milioni di dollari, e sospetta che nell’arco di 15 anni abbia inviato in Libano circa 50 milioni di dollari).
Pur essendo un movimento estremista e fortemente militarizzato, partecipa anche attivamente alla vita parlamentare del Libano fin dal 1992; prima della grave crisi istituzionale aveva in carica alcuni ministri nel governo del Primo Ministro Fu'ād Siniora, e fino ad allora il governo libanese lo definiva come “un movimento di resistenza nazionale”, non come una milizia terrorista.

Il periodo che va dalla Primavera del 1983 e l’Estate del 1985, vede Hezbollah, o gruppi ad esso vicini (l'Organizzazione degli Oppressi, l'Organizzazione della Giustizia Rivoluzionaria, l'Organizzazione per il Giusto contro lo Sbagliato ed i Seguaci del Profeta Maometto), lanciare una forte campagna militare sia contro Israele che contro gli Stati Uniti,trai più clamorosi, l’ attacco suicida contro l’ambasciata USA e la caserma dei marines a Beirut nell’Ottobre 1983 e nuovamente contro l’ambasciata USA a Beirut nel Settembre del 1984. In seguito si segnalerà per l’ “abitudine” a rapire militari americani o personale occidentaei, spesso in risposta ad arresti illegali praticati dal Mossad israeliano nei territori occupati del Libano. Fuori dal Libano, clamoroso fu l’attacco all’ambasciata d’Israele in Argentina nel 1992. Col passare della guerriglia contro Israele, stringerà ulteriormente i contatti con i movimenti palestinesi, oltre che con Hamas anche con i Tanzim.
Va anche ricordato che ha preso le distanze da molti attentati, veri o presunti, che fondamentalisti islamici avrebbero compiuto e che hanno visto morire dei civili: l’11 Settembre, i massacri in Algeria, gli attentati contro i turisti in Egitto, ecc.
Nel 2000 Israele ha lasciato il Sud del Libano, ma non i territori delle fattorie di Shebaa , che Hezbollah rivendica come libanesi, forse rivendicabili più alla Siria, ma in nessun modo ad Israele.
Così inizia un fitto lancio di razzi e attacchi con colpi di mortaio.

Il 10 marzo del 2005 il Parlamento Europeo, accogliendo le richieste israeliane sostenute anche dagli Stati Uniti, approvò con una maggioranza schiacciante (473 a favore, 8 contro, 33 astenuti) una risoluzione che accusava Hezbollah di attività terroristiche. La risoluzione afferma che il "Parlamento considera che esiste una chiara evidenza di attività terroriste da parte di Hezbollah. Il Consiglio dell'Unione Europea deve intraprendere tutti i passi necessari per impedire le loro azioni". .La UE ha anche deciso di impedire la diffusione della televisione satellitare di Hezbollah (al-Manār) da parte dei satelliti europei, in modo di applicare le norme europee contro "l'incitamento all'odio razziale e/o religioso" .
Le Nazioni Unite non hanno invece incluso Hezbollah nella loro lista di sospetti gruppi terroristici ma hanno, comunque, chiesto lo smantellamento dell'ala militare di Hezbollah nella Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n° 1559.

Per tutta risposta, il 21 Novembre 2005, Hezbollah inizia una campagna di attacchi contro l’esercito israeliano a cavallo della “Blue Line”, nella zona di competenza dell’ONU e della sua missione UNIFIL, sempre a colpi di mortaio e lanci di razzi katyuscia. Simultaneamente numerose milizie islamiche hanno lanciato un offensiva sui territori occupati dall’esercito israeliano, scatenandone la reazione che ha causato la morte di diverse decine di civili non coinvolti negli attacchi.
Nel Maggio del 2006, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU emanava una risoluzione che accettava l’intento del governo libanese di disarmare tutte le milizie armate e di riprendere il controllo del suo intero territorio, visto che ormai il Sud è totalmente controllato da Hezbollah.

Ma le ostilità riprendono il 12 Luglio del 2006, quando membri delle milizie di Hezbollah si infiltrano nel villaggio occupato dagli israeliani di Shtula, attuando un’imboscata che causerà la cattura di due soldati e la morte di altri 8; altri 5 perderanno la vita in combattimenti vari nello stesso giorno. Inoltre effettuerà altri due attacchi coi razzi katyuscia che provocheranno la morte di 1 civile ed il ferimento di altri 25.
La reazione di Israele, porterà al tentativo di una nuova invasione del Sud del Libano, ma per la prima volta nella storia, delle truppe islamiche, di Hezbollah in questo caso, sconfiggeranno sul campo le truppe di Israele, costringendole a desistere dai loro propositi.

Visto che Israele e Washington non sono riusciti a piegarlo dall’esterno, stanno provando a farlo dall’interno. Infatti il corrotto, al soldo degli USA, governo di Siniora ha provocatoriamente deciso di di smantellare la rete di telecomunicazioni di Hezbollah e di rimuovere il capo della sicurezza dell'aeroporto, vicino al “Partito di Dio”, provocandone la reazione violenta. In pochi giorni le truppe di Hezbollah hanno cacciato le milizie avversarie da molti quartieri di Beirut, risparmiando i quartieri cristiani della parte orientale di Beirut , dopo che i militanti sciiti hanno dimostrato la loro superiorità nei confronti delle forze fedeli al leader della coalizione di governo Saad al-Hariri. I sostenitori di Hariri controllano ancora alcune zone nel nord del paese e hanno chiuso il valico con la Siria che passa dalla Valle del Bekaa. Hariri è il figlio dell'ex premier Rafik al-Hariri, assassinato tra anni fa in un attentato che ha scatenato nel paese dei cedri la peggiore crisi dalla fine della guerra civile -- durata fra il 1975 e il 1990 -- e ha provocato la divisione di Beirut fra in una parte orientale, prevalentemente in mano ai cristiani, e in una occidentale, abitata dai musulmani. Per cercare di calmare gli animi, l’esercito regolare (una delle poche istituzioni ancora riconosciute come legittime da tutte le forze in campo) ha deciso di intervenire, e ha trovato un parziale accordo con Hezbollah, rigettando tutte le decisioni prese dal Governo, il quale però ha dettocce do
vrà ancora decidere sulla questione.

In questi giorni il Libano, sta rischiando di ridividersi nuovamente e ripiombare in una sanguinosa guerra civile, per la gioia di Washington ed Israele.

Manuel Zanarini
Fonte: www.ariannaeditrice.it
Link: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=18924
13.05.08


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Tao
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Riusciranno gli Stati Uniti a spingere all’errore Hezbollah ?

I tumulti di Beyruth sono un inganno. Essi sono stati volutamente facilitati dagli Stati Uniti che speravano di spingere Hezbollah ad uccidere i principali leader del governo. Perché solo una carneficina avrebbe potuto giustificare un intervento della NATO. Tuttavia, l’Alleanza nazionale ha dato prova di grande autocontrollo e non ha attaccato il palazzo del governo. Cercando di rilanciare gli scontri, il Primo ministro de facto ha denunciato le sole due personalità atte ad intraprendere una mediazione e ha fatto appello per un contro-sciopero generale per creare le condizioni per oltrepassare i limiti.

In tre giorni (7, 8, 9 maggio 2008), le carte in Libano sono state interamente ridistribuite. Stando alla propaganda della NATO riversata dalle agenzie di stampa occidentali, Hezbollah avrebbe organizzato un colpo di Stato e preso il controllo di Beyruth-Ovest. A fronte delle informazioni trasmesse dalle stesse agenzie di stampa, questa versione non regge un minuto. Per prima cosa, Hezbollah ha effettuato brevi combattimenti contro alcuni interessi della famiglia Hariri a Beyrut-Ovest, ma si è immediatamente ritirato passando la mano all’esercito: dunque, non c’è stata presa di controllo della città. In secondo luogo, un « colpo di Stato » è una presa del potere a sorpresa: mai Hezbollah ha tentato d’impadronirsi del palazzo del governo o di liquidare la compagine governativa. Al contrario, Hezbollah, come del resto tutta l’Alleanza nazionale, continua ad ignorare il governo de facto di cui non riconosce la legittimità perché privo di base costituzionale.

4 anni di crisi, di cui 18 mesi di stallo
Gli avvenimenti di questi tre giorni sono un ulteriore episodio dello telenovela aperta dal voto da parte del Congresso degli Stati Uniti del Syria Accountability and Lebanese Sovereignty Restauration Act, il 15 ottobre 2003. Questa legge, adottata sullo slancio dell’invasione dell’Iraq, dà carta bianca al presidente Bush per lanciare, quando la ritenga utile, una nuova guerra contro il Libano.

Nel libro L’Effroyable imposture 2 e su Voltairenet.org, ho descritto in dettaglio i successivi piani elaborati da Washington per giungere ai suoi fini e i numerosi sviluppi politici e militari di tale progetto : l’assassinio dell’ex Primo ministro Rafic Hariri nel momento in cui egli si riavvicinava a Hezbollah, la campagna mediatica per rendere falsamente la Siria responsabile di quel crimine, le elezioni legislative truccate, il ritiro dell’esercito siriano fuori dal Libano, il subappalto della guerra a Tsahal da parte del Pentagono, l’attacco israeliano e la distruzione del Libano meridionale, la vittoria militare di Hezbollah e, infine, l’illegale mantenimento al potere del governo Siniora e il blocco dell’elezione presidenziale.

Ricapitoliamo per un istante gli episodi antecedenti. L’11 novembre 2006, le dimissioni di cinque ministri provocano la caduta del governo per effetto dell’articolo 95A della Costituzione. Ma il Primo ministro Fuad Siniora decide di mantenersi al potere. Il putsch è avallato dalla « comunità internazionale » che vede in esso l’unica soluzione per sbarrare la strada alla coalizione guidata da Hezbollah. Si tratta in effetti di una posta in gioco vitale per l’Impero anglosassone : un governo dominato da Hezbollah darebbe il segnale a rivoluzioni nel mondo arabo e segnerebbe la fine ineluttabile non dello Stato d’Israele, ma del regime sionista al potere a Tel Aviv.

Pur essendo la sola legittimata ad esercitare il potere sia per la sua vittoriosa resistenza contro l’invasione israeliana, sia per il suo massiccio sostegno popolare, l’Alleanza nazionale guidata da Hezbollah e dalla Corrente patriottica libera, si astiene dal marciare sul palazzo del governo. Al contrario, Hassan Nasrallah e Michel Aun si danno da fare per dimostrare che, anche se saranno in maggioranza, essi porranno l’unità del paese prima degli interessi di parte. Questo ferreo autocontrollo si spiega col timore di un nuovo intervento militare diretto od indiretto degli Stati Uniti i quali non mancherebbero di appoggiarsi ad alcuni partiti politici minoritari.

La situazione politica si inscrive nella geografia di Beyruth. Mentre la famiglia Hariri, in occasione della « rivoluzione del cedro » (effimera versione locale delle « rivoluzioni arancione » orchestrate dalla CIA) installa due tende in piazza dei Martiri, l’Alleanza nazionale pianta un vasto accampamento che copre l’insieme del centro cittadino e che esprime visivamente il rapporto di forza. Di colpo, i golpisti si trinceravano nel palazzo governativo, il Serraglio, trasformato in fortezza dietro blocchi di cemento, muri di reticolati e blindati.

Il faccia a faccia tra i golpisti e l’Alleanza nazionale si perpetua da 18 mesi, in cui ciascuno sfrutta il tempo a disposizione. Il governo de facto sostenuto non dall’Occidente come ama dire la stampa anglosassone, ma dagli Stati Uniti, da Israele e dall’Arabia Saudita, si è dotato di un apparato di sicurezza. Viene costituita una speciale polizia stipendiando I miliziani delle Forze libanesi (partito di estrema destra del criminale di guerra Samir Geagea) e inviandoli a formarsi presso istruttori USA in Giordania. Inoltre, la famiglia Hariri crea diverse società di sorveglianza che sono altrettante milizie private.

L’Alleanza nazionale ricostituisce l’arsenale della Resistenza con l’aiuto ufficiale dell’Iran ed ufficioso della Siria, come sottolinea la stampa europea, ma anche con l’aiuto discreto e continuo di due membri del Consiglio di Sicurezza, la Russia e la Cina. Hezbollah invia giovani volontari a formarsi in Iran presso i Guardiani della Rivoluzione e costruisce una vasta rete di linee di difesa nel Sud del paese. Nello stesso tempo, Hezbollah aiuta le altre componenti dell’Alleanza nazionale a militarizzarsi e a coordinarsi in modo da poter esercitare una comune resistenza in caso di una prossima aggressione straniera. Il gruppo che, dopo Hezbollah, dispone dei più agguerriti combattenti è oggi il Partito social nazionalista pansiriano (PSNS) di Ali Qanso, di cui la stampa occidentale finge di ignorare l’esistenza perché si definisce laico e non rientra nell’analisi confessionale cara al pensiero coloniale.

Il mandato del presidente della Repubblica, Émile Lahud (vicino all’Alleanza nazionale), giunge alla sua conclusione il 23 novembre 2007. Rifiutando di seguire l’esempio di Fuad Siniora e di abbarbicarsi al potere, Lahud lascia la sua carica nel momento stabilito rispettando le procedure democratiche.

L’elezione del suo successore da parte del Parlamento presuppone una maggioranza qualificata, dunque un accordo tra i due campi. In realtà, il governo de facto si fa beffe di questo, perché la funzione presidenziale è largamente onorifica. La sua unica preoccupazione è mantenersi indefinitamente in carica. L’Alleanza nazionale, invece, vede tale elezione nel quadro di un equilibrio globale che comprende un accordo sulla rappresentatività del prossimo governo e sulla suddivisione delle circoscrizioni legislative.

A Washington si ritiene che, data la debolezza del sostegno popolare al governo de facto, ogni evoluzione politica non potrà essere fatta che a suo detrimento. Gli Stati Uniti incitano dunque i loro strumenti locali a congelare la situazione. Lo stallo si è esteso a tutti gli organi costituzionali. Ormai il paese è senza un legittimo governo, senza corte costituzionale, senza presidente e senza assemblea legislativa (avendo il Parlamento mandato solo per procedure all’elezione presidenziale).

Le amministrazioni non possono più funzionare. La crisi politica ha dato vita ad una crisi economica. La miseria si estende. Le persone possono sopravvivere solo con l’aiuto delle loro famiglie all’estero o con i sussidi dei partiti po
litici. In tale contesto, le opere sociali di Hezbollah hanno riempito lo spazio lasciato vacante da uno Stato che viene meno.

Tre giorni di sporadici combattimenti
Questa situazione avrebbe potuto durare ancora a lungo, malgrado le sofferenze che la popolazione deve sopportare. Ma la vittoria di Hezbollah su Israele continua a diffondere i suoi effetti nel mondo arabo. Così, una nuova generazione di resistenti palestinesi nonché l’esercito iracheno del Mahdi s’ispirano al suo esempio. Washington ha dunque pianificato un modo per farla finita.

Come ho già precisato su Al-Manar lo scorso 18 aprile, l’obiettivo principale non è schiacciare Hezbollah (questo presupporrebbe una guerra su una scala più ampia di quella del 2006), ma screditarlo forzandolo a rivolgere le sue armi contro altri arabi. A questo fine, Washington ha cinicamente previsto di sacrificare i suoi principali alleati politici nel Libano.

Per assicurarsi che questa operazione non degeneri in guerra regionale, la CIA elimina preliminarmente i due capi militari della Corrente patriottica libera e di Hezbollah: François el-Hajj (assassinato a Beyruth il 12 dicembre 2007) e Imad Mugniyeh (assassinato il 12 febbraio 2008 a Damasco).

Ecco i dettagli dell’operazione : nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2008, dei commando USA dovrebbero sbarcare all’aeroporto di Beyruth e tentare di eliminare Hassan Nasrallah. Che essi riescano o meno nell’intento, la loro breve azione dovrebbe far piombare nel caos la capitale e spingere i militanti di Hezbollah a prendersela con il governo de facto e con la famiglia Hariri. Più sangue scorre e più diventa giustificato un intervento della NATO. L’ammiraglio Ruggiero di Biase, comandante dell’UNIFIL marittima (la forza delle Nazioni Unite) dovrebbe improvvisamente cambiare le bandiere delle navi italiane, francesi e spagnole dell’Euromarfor e sbarcare i suoi uomini nel porto di Beyruth sotto gli auspici dell’Alleanza atlantica, con il pretesto di soccorrere i sopravvissuti della compagine governativa. Tutto ciò sarebbe accompagnato da un’ampia propaganda di denuncia della violenza degli sciiti contro i sunniti facendo perdere a Hezbollah la sua aura tra le masse arabe. George W. Bush giungerebbe allora arrivato a Tel Aviv per festeggiare i 60 nanni di Israele e per invitare gli « Stati arabi moderati » sunniti ad unirsi allo Stato ebraico contro il pericolo sciita.

Washington ha previsto di lasciar massacrare i suoi alleati politici del Libano e di salvaguardare solo I suoi agenti operativi sullo scacchiere. Il che significa, sacrificare il Primo ministro de facto (Fuad Siniora) e il capo della famiglia Hariri (Saad), ma conservare gli uomini orchestrati dalla CIA : il leader druso Walid Jumblatt, (vicepresidente dell’Internazionale socialista) e il suo braccio destro, l’assai volubile Marwan Hamade (ministro de facto delle Telecomunicazioni).

In questo quadro, Hezbollah arresta, il 26 aprile nel quartiere Sud di Beyruth, il rappresentate del Partito socialista francese nell’internazionale socialista. Il franco-afghano Karim Pakzad sta prendendo delle foto proprio accanto al luogo in cui si trova il bunker di Hassan Nasrallah. Secondo Hezbollah, che lo sospetta un agente dei servizi segreti partecipante al sostegno logistico dell’operazione USA mirante ad assassinare lo sceicco Nasrallah, egli aveva su di sé un’apparecchiatura d’intercettazione delle comunicazioni telefoniche.

Essendo stata annullata l’operazione di commando dopo la scoperta di telecamere di sorveglianza piazzate all’aeroporto da Hezbollah, Walid Jumblatt inverte la situazione, accusando Hassan Nasrallah di aver preparato un’azione militare per distruggere un aereo sulla pista 17 dell’aeroporto utilizzata da personalità governative (cosa non del tutto falsa, ma si trattava d’intrappolare i commando USA, non i membri del governo de facto). Credendosi preso di mira, il Primo ministro de facto destituisce il comandante della sicurezza dell’aeroporto ed annuncia l’imminente smantellamento della rete di comunicazione di Hezbollah, strumento indispensabile della Resistenza.

Simultaneamente, i sindacati proclamano per mercoledì 7 maggio lo sciopero generale per una rivalutazione dei salari minimi. Ad essi si uniscono i partiti dell’Alleanza nazionale che danno una svolta politica allo sciopero richiedendo il ritiro dei golpisti.

Senza che se ne capiscano le modalità, scontri armati oppongono i membri di Amal (il partito del presidente sciita dell’Assemblea nazionale) a quelli della Corrente del futuro (il partito della famiglia sunnita Hariri).

I disordini si estendono nella capitale, l’8 e il 9 maggio, successivamente alla conferenza stampa di Hassan Nasrallah. L’esercito si ritira dai quartieri occidentali, investito dai militanti dell’Alleanza nazionale. Questi distruggono gli uffici dei media della famiglia Hariri senza che le loro guardie private li difendano, poi chiedono all’esercito di tornare per garantire la pubblica sicurezza. È un’utile precauzione perché, in virtù della risoluzione 1701, l’UNIFIL può intervenire solo su richiesta dell’esercito (dunque unicamente dopo che questo sia stato messo in difficoltà).

Gli scontri provocano 18 morti e numerosi feriti. Non si tratta di combattimento in formazioni schierate ma, piuttosto, di una sorta di intifada popolare inquadrata da Hezbollah.

Durante quest’azione, i sindacati chiudono l’aeroporto ed il porto per impedire un eventuale sbarco delle forze della NATO.

Il bilancio di questi tre giorni è misto. Da un lato, Hezbollah non è caduto nella trappola che gli era stata tesa, ma ha messo il dito nell’ingranaggio. Dall’altro, la Corrente del futuro (famiglia Hariri) è apparsa per quello che è: un guscio pressoché vuoto.

Sabato 10 maggio, il Primo ministro de facto, Fuad Siniora, si è rivolto alla nazione. Come previsto, ha affermato sfrontatamente di aver sempre sostenuto l’azione di Hezbollah contro il nemico israeliano (cosa di cui nessuno si ricorda), ma di non poter accettare che esso utilizzi le armi della Resistenza contro altri Libanesi. Ha dichiarato di non riconoscere più a Nabih Berri, il presidente sciita dell’Assemblea nazionale, la neutralità necessaria per servire da mediatore. Rimproverando l’esercito per il motivo opposto, lo ha biasimato per il suo non interventismo, il che mette fine al carattere consensuale della candidatura del capo di stato maggiore Michel Sleimane. Infine, avendo così chiuso tutte le porte, egli ha chiesto ai suoi concittadini di manifestare in silenzio il loro rifiuto della violenza, domenica alle ore 10 in tutte le strade del paese. Si tratta, evidentemente, di una specie di contro-sciopero generale mirante a creare le condizioni per rilanciare gli scontri e giustificare l’internazionalizzazione della crisi.

Contrariamente ad ogni aspettativa, l’esercito ha immediatamente risposto al Primo ministro de facto rifiutando di silurare il comandante della sicurezza dell’aeroporto ed opponendosi allo smantellamento della rete di comunicazione di Hezbollah, considerata un’arma indispensabile per la difesa nazionale.

Nei prossimi episodi, Washington cercherà di fare pressione sull’esercito perché esca dalla sua neutralità e richieda l’aiuto dell’UNIFIL contro Hezbollah. Questo, probabilmente, passerà attraverso l’eliminazione fisica di alcuni ufficiali recalcitranti. Da parte sua, l’Alleanza nazionale cercherà di fare pressione a proprio favore senza farsi afferrare dall’ingranaggio. Essa dovrebbe scegliere di fare una pausa per rimodellare una scena politica sulla quale la famiglia Hariri è la grande perdente. Michel Aun dovrebbe darsi da fare per mettere avanti la componente cristiana per invalidare la retorica dello scontro sciiti-sunniti e, attraverso la stessa, disinnescare la trappola statunitense.

Il 19 maggio si terrà
la XIX sessione del Parlamento per l’elezione del Presidente della Repubblica. Sarà più che mai impossibile che emerga una maggioranza qualificata.

Thierry Meyssan
Analista politico, fondatore del Réseau Voltaire. Ultimo lavoro pubblicato : L’Effroyable imposture 2 (le remodelage du Proche-Orient et la guerre israélienne contre le Liban). Altri articoli nel sito Voltaire

Fonte: www.eurasia-rivista.org
Link: http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/articoli/EkEpyZuAyZwXdpzfzf.shtml
13.05.08


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reza
 reza
Estimable Member
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Leggendo i giornali iraniani on-line, scopro che è in atto una vera e propria guerra diplomatica tra l'Iran e l'arabia saudita sul Libano, Con Bush e Israele sullo sfondo, ai quali è chiaro che fa comodo questa nuova guerra.
Il ministro degli esteri saudita (principe Feisal AlSaud), ha accusato l'Iran direttamente per l'appoggio a Hezbollah, minacciando che "tale appoggio, nel caso che continua, metterebbe in discussione i rapporti di tehran con il mondo arabo, nonché con l'intero mondo islamico."
Dalla parte iraniana ha risposto il presidente Ahmadinejad dicendo; "quando mesi fa mi sono recato in Arabia Saudita, in presenza proprio di Feisal, il Re Abdullah dichiarò che il suo paese con aiuto dell'Iran intende pacificare il Libano, incoraggiando nuove elezioni e la formazione di un nuovo governo, ma Feisal era contrario a questa linea del Re e già a quell'incontro cominciò a dimostrare i denti, minacciando noi se non lasciavamo fare a lui e al gruppo 14 marzo di prendere il potere in Libano."
Ahmadinejad aggiunge; "Feisal è stato di parola e oggi con l'aiuto di Israel e l'America, intende cancellare l'importanza della vittoria di Hezbollah nella guerra d'invasione israeliana del 2006, ma lui sbaglia se crede che Hezbollah e il Libano esistono perché esiste il nostro appoggio, la questione va ben oltre, questa complicazione favorevole a Israele, sia in Paslestina che in Libano, non esiste per colpa dell'Iran ma per colpa di Feisal e i gruppi che corrispondono a lui cioé, a quelli che non sono mai stati capaci di difendere, ne i popoli, ne i territori, del Libano e della Palestina, dal nemico israeliano."

Oggi i giornali iraniani scrivono che Arabia Saudita, Emirati arabi Uniti e Giordania, stanno chiedendo a Bush di chiedere a Israele di ripetere l'invasione del'2006, e che questi sceichi si prenderebberò l'incarico di appoggiare finanziariamente questa operazione.
Il "Jahan on-line" scrive che ; "Harriri e Jumbalat hanno chiesto l'aiuto diretto di arabia Saudita e dell'America, avvertendo questi che non sarebberò capaci (il gruppo di 14 marzo) di resistere dinnanzi ad un attacco di Hezbollah, se questo decide di agire in tal senso.
Jahan scrive; "la base dell'esercito libanese è quella sciità e quindi, nel caso di un peggioramento della situazione in Libano, Hezbollah non ha alternativa che chiudere la partita , prima che l'intervento dell'esercito diventi ancora più decisivo per calmare la situazione su cui gettano fuoco quelli di Jumbalat in questo momento, altrimenti e come si prevede se questo avviene, l'esercito si scioglierà e ciò preparerà l'intervento delle forze straniere in Libano."


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