Dizionario della cr...
 
Notifiche
Cancella tutti

Dizionario della crisi globale


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 33516
Topic starter  

A – Accentramento del credito nelle mani dello Stato

Si tratterebbe della prima mossa da compiere, togliendo così il potere finanziario dalle mani dei banchieri privati, principali responsabili (ma non unici) della crisi globale che ha investito il pianeta (nonostante le trasmissioni di Lerner cerchino di presentarceli come dei benefattori).

Curiosamente, questa A coincide anche con antiamericanismo (altro incubo del buon Lerner …), posizione politica legittima che, se adottata coerentemente, avrebbe potuto far guadagnare notevoli consensi a qualsiasi movimento di opposizione (che in Italia però non esiste).

B – Berlusconi

Ancora una volta un protagonista, nel bene e nel male.

Prima consiglia quali azioni comprare in borsa (ENI ed ENEL sono effettivamente le uniche aziende con una discreta partecipazione statale e godono di una buona posizione sul mercato russo), poi “licenzia” il Fondo Monetario Internazionale, dichiarandone terminata l’utilità e accusandolo di avere sbagliato tutte le previsioni, infine accenna ad una posizione eurasiatista, condannando l’allargamento della NATO ad Est, lo scudo spaziale statunitense e l’indipendenza del Kosovo. Tutto, per ora, finisce in una bolla di sapone ma ancora una volta l’Italia dimostra la sua vocazione badogliana e si prepara a stare dalla parte del futuro schieramento vincente.

L’ambasciata di Via Veneto è avvisata.

C – Crisi finanziaria

Per salvarsi le banche non prestano più denaro alle imprese, che in breve falliscono, facendo sprofondare l’economia in una recessione profonda.

C, infatti, significa anche consumismo, il perno del sistema liberalcapitalista, ma quando non si hanno più soldi da spendere non si consuma più.

Dopo le belle parole pronunciate contro gli speculatori, gli Stati occidentali utilizzano le loro riserve per salvare le banche, le quali, a loro volta, si guardano bene dal salvare le imprese dal fallimento ed a pagare il conto saranno i lavoratori.

Fanno eccezione, per ora, Russia e Cina; la prima sta approfittando dei crolli di borsa per erodere agli oligarchi privati ulteriori posizioni e far guadagnare peso specifico all’economia statale, il che consentirà al Cremlino di aumentare pensioni e sussidi di disoccupazione, la seconda ha varato una manovra pari a 1/6 del PIL a favore di investimenti produttivi ed ecologici, perché a Pechino comanda il Partito Comunista e non il generale Clark.

Si chiama, è vero, Capitalismo di Stato, ma costituisce l’antidoto immediato alla dittatura del capitale finanziario, che negli Stati Uniti approfitta della crisi per ingigantire ulteriormente il proprio monopolio.

D - Dodici mesi decisivi

Sono quelli che ci attendono ed i vari nodi verranno al pettine.

Dalla continuazione della guerra strategica per il controllo delle risorse mondiali, che gli Stati Uniti dichiararono nel 2001 ma che in realtà iniziarono nel 1989, fino all’assordante propaganda che i vari mass media propineranno al mondo per convincerci che non esiste alternativa al sistema liberista e che quello guidato dall’Occidente rimane il migliore dei mondi possibili.

Le “libertà personali” continueranno ad essere fortemente a rischio e la controinformazione su internet diverrà il primo bersaglio della “polizia del pensiero”.

E – Eurasia

Unica alternativa geopolitica al sistema unipolare del terrore orchestrato dagli Stati Uniti e incubo dei pensatori strategici riuniti intorno alla Casa Bianca, si basa attualmente solo sulla comprensione russa verso un’Europa imbelle e sulla determinazione cinese a diventare la prima potenza in Asia (questa storica concorrenza per il controllo del mercato dell’Oriente pone Pechino e Washington in rotta di collisione e per questo motivo gli Stati Uniti mantengono l’embargo sulle forniture militari alla Cina).

Euro e Organizzazione per la Cooperazione di Shangai potrebbero rimanere quali unici punti fermi per iniziare la costruzione dell’Eurasia, la dinamica degli avvenimenti dovrebbe produrre il resto ma l’Unione Europea costituisce la più grande incognita della partita.

F – Fondo Monetario Internazionale

Doveva essere il grande sconfitto della crisi ma il suo legame con il Ministero del Tesoro statunitense lo rende indispensabile al rilancio delle ambizioni globali dell’imperialismo nordamericano e ha ripreso ad elargire prestiti a tutti (Islanda, Ucraina, Pakistan, solo per citare gli esempi di questi giorni).

La recente riunione del G20 ha confermato come tutto debba cambiare perché nulla cambi … gli appelli lanciati da più parti per un rinnovamento del sistema finanziario mondiale sono stati vanificati dalla paura delle rappresaglie di Bush jr. (che rimarrà in carica ancora per alcuni mesi …) e il solo presidente russo Medvedev ha avuto l’ardire di indicare negli Stati Uniti i veri responsabili della crisi.

F anche come Forza, i cui rapporti, ancora una volta, stabiliscono la reale gerarchia tra le nazioni del pianeta (e come sottolineato dal Cremlino dopo la guerra contro la Georgia: “La Russia non ha paura di niente … il tempo della ritirata è finito”).

G – Guerra globale

Come risposta alla crisi della Globalizzazione liberalcapitalista, inevitabile strada che anche l’attuale Amministrazione nordamericana si troverà costretta ad imboccare, dopo aver constatato che le sue ricette economiche volte a risolvere l’attuale dissesto non servono a nulla.

Pakistan ed Iran ne costituiscono i bersagli immediati ma vista la tendenza “ideologica” dell’attuale presidenza non si escludono puntate contro Sudan, Zimbabwe e Myanmar, a suon di “bombardamenti umanitari”, “rivoluzioni colorate” ed “esportazione della democrazia” stile ONG.

Russia e Cina sarebbero i veri obiettivi, ma nonostante il poderoso potenziale militare ancora a disposizione, nemmeno gli Stati Uniti osano sfidarle apertamente.

H – Helsinki

Nella capitale finlandese fu firmata la dichiarazione sul diritto all’autodeterminazione dei popoli, i quali si trovano ad essere sempre più ostaggi dei giochi geopolitici intrapresi dalle grandi potenze. Così come avvenne per il famoso “proletariato” di Marx, i “popoli” costituiscono l’ultima illusione su un possibile soggetto rivoluzionario contro la tirannide mondialista, dimenticando che senza il sostegno di attori internazionali intenzionati a cambiare le regole del gioco, le resistenze popolari non possono determinare nessun reale cambiamento nella distribuzione del potere complessivo, se non a brevissimo termine.

Gli Stati resteranno, ancora per diverso tempo, i protagonisti delle relazioni internazionali.

I – Immigrati

Vittime della globalizzazione liberalcapitalista, non solo dal punto di vista economico ma anche da quello della propaganda che li ha indotti a spostarsi in un altro Paese alla ricerca del “benessere”, pagheranno duramente la crisi ma hanno dimostrato di non poter costituire quel soggetto rivoluzionario capace di scardinare il sistema.

Già lo si era visto con la mitica classe operaia negli anni Sessanta, gli immigrati (come gli operai allora) sognano una vita “borghese” e non certo “paradisi senza classi”.

Le stesse rivolte nelle periferie parigine scaturiscono dalla comprensione di non essersi integrati nel sistema consumistico occidentale, in quanto la piena accettazione nelle “mitiche” democrazie occidentali avviene solo sulla base del censo (“Sei un ricco sceicco arabo? Ti stendo il tappeto rosso. Sei uno straccione marocchino? Torna a casa tua …”).

Quello che si rischia, invece, è una guerra tra poveri, che in Paesi senza coesione sociale come l’Italia può accompagnarsi ad una sorta di gue
rra civile; in ogni caso, il sistema resterebbe in piedi, mantenendo intatte le proprie forze repressive.

L – Liberismo e liberalismo

Sono le parole d’ordine che nascondono un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento dell’uomo e della natura.

Nei prossimi mesi sentiremo ribadire sempre di più questi concetti, che servono a giustificare conflitti ed aggressioni scatenati per il profitto di pochi, ma mascherati come indispensabili per difendere la libertà di molti …

Non è un caso che l’ipocrisia degli attuali padroni del mondo costituisca uno degli aspetti più ripugnanti della loro egemonia e uno dei principali motivi per combatterla.

Incredibile come si voglia negare il fallimento totale di un sistema antieconomico, antisociale e antiumano, pure di fronte alle evidenze di questi giorni.

Sono bastati meno di 20 anni dalla caduta del regime sovietico, che aveva avuto il grande merito di impedire il dilagare della mondializzazione e l’abbassarsi degli standard sociali nello stesso Occidente, per assistere al crollo del capitalismo.

“Economisti” ed “intellettuali” che ancora ne negano l’evidenza, lo fanno perché timorosi di non potersi riciclare al di fuori delle leggi del “libero mercato”, che nel mondo reale equivalgono invece all’appoggio di lobby senza scrupoli.

M – Marx

Aveva in parte ragione, come dimostrato dalla lettera A e dal fatto che l’unica seria risposta alla crisi consisterebbe nella socializzazione dei mezzi di produzione.

Tutte le banche e le imprese che chiedono finanziamenti allo Stato dovrebbero, coerentemente, seguire questa sorte.

Socializzare diritti e doveri permetterebbe anche di porre fine all’orrenda diseguaglianza classista delle società moderne, nelle quali la differenza tra un lavoratore precario ed un calciatore è molto più profonda di quella che nel Medioevo esisteva tra un sovrano ed un contadino.

Per non parlare, ovviamente, di continenti come l’Africa, autosufficienti dal punto di vista alimentare fino all’arrivo delle multinazionali.

In questa situazione geostrategica, il lusso di un’eventuale socializzazione è consentito solo agli Stati sovrani, ovverosia a quelli che sfuggono all’influenza/dominazione yankee.

Sarebbe interessante se i movimenti che si richiamano al marxismo si ricordassero di queste lezioni ma la maggior parte dei comunisti, in Italia, è troppo impegnata a tifare per la vittoria di Luxuria sull’ “Isola dei famosi” …

N – NATO

Il gendarme globale, strumento militare per la realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale e mezzo di pressione su quei governi che non vogliono adeguarsi al dogma liberista ed alla globalizzazione Made in USA.

Soprattutto in quelle nazioni come l’Italia, occupate da oltre 100 basi militari atlantiste, il cambiamento politico passa necessariamente attraverso una sovranità ancora tutta da conquistare.

I vari agenti dello spionaggio militare e civile dell’Alleanza Atlantica, più che funzioni militari, svolgono proprio il ruolo di addomesticare e reprimere le tendenze indipendentiste che potrebbero svilupparsi nei paesi colonizzati.

Insieme ad Inghilterra ed Israele, la NATO rimane il migliore amico di Washington.

O – Obama

Rappresenta una vera novità, da un certo punto di vista.

Naturalmente tutti sappiamo che non avrebbe avuto alcuna possibilità di successo senza lo spropositato appoggio ottenuto dalle lobby finanziarie (cioè dalle principali responsabili della crisi che il neo inquilino della Casa Bianca dovrebbe risolvere …).

Nessun analista razionale, però, avrebbe potuto prevederne l’elezione in un Paese profondamente classista e razzista, come sono ancora oggi gli Stati Uniti d’America, se l’imperialismo di Washington non si trovasse in un momento storico drammatico.

Obama è quindi il candidato scelto dall’establishment per l’Europa, “la testa di ponte essenziale dell’America per il controllo strategico dell’Eurasia”, l’uomo volto a rilanciare il ruolo dominante del colosso a stelle e strisce dopo i disastri provocati da Bush.

Senza l’appoggio europeo, infatti, gli Stati Uniti non sarebbero più in grado di intervenire efficacemente nei molteplici teatri geopolitici ai quali sono interessati e le terribili scelte che la nuova Amministrazione nordamericana si trova costretta ad intraprendere per mantenere l’altissimo tenore di vita delle proprie classi dirigenti, hanno imposto un radicale cambio d’immagine.

Su questo punto, le nomine della signora Clinton, di Rubin e della Albright non lasciano dubbi in proposito; un paese disperato, con un terribile potenziale militare, non ha altra via d’uscita se non quella dell’avventurismo bellico: prepariamoci al peggio.

P – Protezionismo

Dovrebbe essere la parola d’ordine per qualsiasi persona sana di mente, in un momento in cui la globalizzazione consente di importare solo disastri.

Certo, non sarebbe la panacea di tutti i mali, però consentirebbe di far rifiatare le produzioni nazionali e ridistribuire poi la ricchezza creata.

Si continua invece a prospettare un sistema basato sulle regole del libero mercato, quelle stesse norme che vengono sistematicamente violate dai propri estensori, ben consci che un “mercato libero” non è mai esistito, non esiste e mai esisterà.

Il loro unico problema consiste nell’evitare l’intromissione dello Stato e il conseguente primato della politica sull’economia, che metterebbe fine alla divisione internazionale del lavoro (e allo sfruttamento della maggior parte della popolazione mondiale per mano delle multinazionali …).

Q – Quarantenni

Se è vero che i nostri ventenni, con le loro proteste per la riforma scolastica ed universitaria hanno dimostrato una certa vitalità, esiste tuttavia in Italia un’intera generazione di quarantenni che non hanno più nulla da perdere (e sono quindi liberi di fare qualsiasi cosa).

Molti di loro, infatti, non nutrono alcuna illusione sul futuro, al contrario di quei ventenni la cui “esuberanza” è attenuata dai sogni tipici dell’età giovanile.

Questi quarantenni, spesso appartenenti al sottoproletariato intellettuale (nel senso di aver conseguito titoli di studio, anche prestigiosi, che in ambito lavorativo non gli hanno però portato alcun vantaggio), sono stati i primi ad aver sperimentato la precarietà dell’esistenza postmoderna (lavorativa, affettiva, comunicativa ecc. ecc.) e ne hanno le palle piene.

Incapaci di conformarsi o di fare carriera, perché non ruffiani o non interessati a partecipare alle riunioni di loggia, se a quindici anni erano curiosi, a venti idealisti e a trenta furiosi, a quaranta si sentono disperati e costituiscono probabilmente il miglior serbatoio dal quale attingere per un reale cambiamento del sistema.

R – Responsabilità della crisi

Dopo qualche scatto iniziale (ricordiamo un clamoroso titolo di “Repubblica”, “L’Europa accusa gli USA”), il poderoso apparato mediatico controllato dalle lobbies d’Oltreoceano ci ha fatto quasi dimenticare a chi vanno attribuite per intero i “meriti” dell’attuale situazione.

L’elezione di Obama va inquadrata anch’essa in questo gioco di prestigio, nel quale eliminato Bush jr. (cioè il responsabile di tutte le disgrazie arrecate al mondo negli ultimi anni dagli Stati Uniti), la politica di Washington torna ad essere il baricentro ed il faro dell’umanità.

Dimenticando che gli Stati Uniti hanno dimostrato una coerenza di fondo, in tutta la loro storia, che dura almeno da duecento anni: dal genocidio dei nativi americani agli auto-attentati per avere il pretesto di entrare in guerra, allo sganciamento di due bombe atomiche
sulla popolazione giapponese, fino all’uccisione di oltre trenta milioni di civili durante la “guerra fredda” (il periodo di maggior pace dell’umanità, stando agli occidentalisti …), il tutto condito con embarghi, torture, spiate e tradimenti nei confronti sia degli “amici” che dei “nemici” ma senza essere in grado di governare il mondo nemmeno dopo il crollo dell’URSS e la miriade di conflitti scatenati negli ultimi 20 anni.

Una sapiente capacità di calcolo unita ad una fredda e razionale spietatezza, elementi tipici di quanti sono abituati a vivere alle spalle degli altri, prima con il sistema imposto a Bretton Woods, poi con gli aggiustamenti in corsa operati da Nixon nel 1971.

Eppure, ancora, c’è chi dubita sulla loro pericolosità e sul loro parassitismo.

S – Soros

L’agente dei Rotschild per la conquista dell’Europa Orientale, ritiene che l’attuale crisi finanziaria sia andata aldilà delle sue previsioni (non delle nostre però …).

Negli anni scorsi, il noto speculatore nonché finanziatore delle varie “rivoluzioni colorate” e della “sinistra new global”, ci aveva lanciato vari segnali che, ovviamente, erano stati interessatamente interpretati.

In questi giorni, Soros è tornato a parlare della necessità di una gestione internazionale dell’economia e di “governare” l’inevitabile processo di globalizzazione.

Questo maestro del “soft power” statunitense è il principale sostenitore di quel concetto popperiano di “società aperta”, che dietro ad innocue ed accattivanti parole nasconde la volontà di liberare l’individuo da qualsiasi legame e dovere sociale, in nome di un comportamento egoistico funzionale solo all’apparato di riproduzione capitalistico.

Per lui, “democrazia” significa esportazione del libero mercato e neutralizzazione di quegli Stati che ancora non si sono arresi all’ingranaggio totalizzante del Made in USA.

T – Tremonti

Molto simpatico con quel suo modo di fare un po’ strafottente, il Mourinho della politica si è però trovato di fronte alla scelta fatidica che il buon Shakespeare ci aveva ricordato: “Essere o non essere? Questo è il problema”.

Allora, dopo tanti bei proclami: “la crisi finanziaria è colpa degli Stati Uniti”, “i banchieri che hanno sbagliato o vanno a casa o vanno in galera”, “la globalizzazione è fallita” … ha rispolverato come soluzione l’immancabile triade “Dio, patria e famiglia”, ricordandosi soprattutto di tenere quest’ultima (come dicono a Napoli).

Meglio non rischiare troppo: Mattei, Moro, Craxi ed una ventina di testimoni sull’incidente di Ustica insegnano.

U – Unione Sovietica

Molti nell’Est Europa ora la rimpiangono, ricordandosi di quando istruzione, sanità e lavoro erano servizi gratuiti garantiti dallo Stato.

Ma soprattutto, l’URSS, dovrebbero rimpiangerla i cittadini dell’Occidente, perché il Muro di Berlino impedì per decenni all’Europa di conoscere il vero volto del capitalismo, sperimentandone solo una sua variante, tutt’altro che disprezzabile, rivestita da stato sociale e protezionismo economico.

I costi della tensione tra le due superpotenze furono fatti pagare agli altri, all’Africa, all’Asia, all’America Latina, continenti che dopo il crollo del comunismo, infatti, non si aspettano nulla di buono dall’Occidente.

Finita la concorrenza sovietica, i Fukujama de no’antri si sono sbizzarriti nel farci “apprezzare” le meraviglie del “migliore dei mondi possibili”, se non fosse che adesso il sogno americano si è trasformato in un incubo.

V – Verità

Fa male, lo sai …

Z – Zarathustra

Così parlò: “Eccoli lì, ridono: non mi comprendono, io non sono una bocca adatta per orecchi. Sarà prima necessario spezzar loro gli orecchi, perché imparino ad udire con gli occhi?”.

Steve Brady
Fonte: http://cpeurasia.org
Link: http://cpeurasia.org/?read=15525
28.11.08


Citazione
Condividi: