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e vai Vittorio


dana74
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E vai Vittorio! Stampa
Scritto da adnkronos
Domenica 30 Agosto 2009 10:47

Non sono affatto pentito. Finché i moralisti speculeranno su ciò che succede sotto le lenzuola di altri, noi ficcheremo il naso sotto le loro”

''Silvio Berlusconi ha diramato un comunicato nel quale si dissocia dal Giornale perché contrario alle polemiche sulla vita intima di chiunque -scrive Feltri- Ci saremmo stupiti se il premier avesse detto il contrario, e cioè che approvava la nostra iniziativa. Non c'è bisogno di rammentare che il compito di decidere in una redazione spetta al direttore il quale può essere licenziato da un momento all'altro, ma non limitato nei suoi poteri. Se sbaglia, paga; ma è libero di sbagliare. Su questo punto il contratto di lavoro non lascia margini a dubbi. Sono pronto a rispondere di quanto abbiamo pubblicato nella consapevolezza che fornire informazioni e commentarle è nostro dovere. Aggiungo che non sono affatto pentito di aver divulgato la notizia su Boffo e, in una circostanza analoga, il mio atteggiamento non cambierebbe di una virgola''.

''Abbiamo la certezza che questa faccenda non finirà qui. Replicheremo agli attacchi (scontati) di cui saremo oggetto, e rassicuriamo i lettori: non siamo mammole. Finché i moralisti speculeranno su ciò che succede sotto le lenzuola di altri, noi ficcheremo il naso (turandocelo) sotto le loro''.

Feltri sottolinea ancora che Boffo ''non ha smentito una riga'' di quanto pubblicato dal 'Giornale'. E osserva: ''Le reazioni sgangherate registrate ieri su questo fatto (e immagino la stampa di oggi quanto strillerà) dimostrano la malafede e il doppiopesismo di tanti politici e giornalisti. Per mesi la Repubblica (e non solo) ha sbattuto in prima, seconda, terza pagina articoli zeppi di insinuazioni, intercettazioni galeotte, interviste a prostitute e amiche di prostitute: una campagna interminabile finalizzata a demolire la reputazione del presidente del Consiglio, enfatizzando le sue performance di amatore instancabile''.

''I giornali sedicenti indipendenti e i politici progressisti hanno applaudito al gossip, talvolta alimentandolo; poi noi scopriamo che uno dei massimi censori, il numero uno di Avvenire, è un tipo che prima di parlare male di altri dovrebbe guardarsi allo specchio, e veniamo ricoperti di insulti''.

''La Cei, non senza imbarazzo, ha espresso generica e formale solidarietà a Boffo; non poteva fare diversamente -aggiunge- Forse non era al corrente del vizietto del suo portavoce giornalistico e, quand'anche fosse stata informata, sperava non sarebbero uscite indiscrezioni e ora, colta alla sprovvista, deve riflettere sul da farsi''.

Vai Vittorio! Il nemico è forte, arrogante e ipocrita ma la causa è santa e ce la puoi fare.
Da parte sua Vittorio Feltri, nel suo editoriale su 'Il Giornale', intitolato 'La rabbia dei moralisti smascherati', torna sul caso sollevato in merito al direttore di 'Avvenire' per ribadire la sua linea e sottolineare la sua indipendenza: ''Non sono affatto pentito''.
Ultimo aggiornamento Domenica 30 Agosto 2009 10:49

http://www.noreporter.org/index.php?option=com_content&view=article&id=13136conflitti&Itemid=16


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cloroalclero
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Va bhe: chi crede all' "indipendenza" di Feltri in questioni come questa (e come quella delle foto di Veronica a tette nude) nuota nella melma dell'idiozia. Una volta per far funzionare un giornale "di partito" (com'è oggi l'ex tettata di Montanelli) c'era 'ufficio politico. Oggi il rapporto Feltri- Berlusconi è diretto. Persone cosi importanti si colpiscono solo su commissione del padrone e al momento buono (la storia di Boffo era conosciuta da tutti, ma solo oggi, dopo le minacce di Berlusca è stata fatta opportunamente saltar fuori.
Questo per ribadire chi è il padrone.

cloro

http://www.cloroalclero.com/?p=2038


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mendi
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Vai Vittorione, sei tutti noi!


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psy
 psy
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cloro, invece tu sei un po' ingenuo, o meglio conosci poco feltri.

feltri è noto in ambiente giornalistico per essere un cane sciolto, uno che fa sempre di testa sua e mal-sopporta dei padroni. può essere berlusconi come montanelli.

poi feltri è di quel lato, è filo berlusconiano alla morte, e non deve stupire che difenda la sua parte. sarebbe come stupirsi che il manifesto faccia una politica di sinistra. tuttavia anche il manifesto non lesina un politica autonoma dal partito comunista e da bertinotti-diliberto.

poi, se la vuoi sapere ancora meglio, sappi che feltri ha deluso molti in ambiente perchè tornare al giornale è un po' come sottoporsi al potere di berlusconi perchè lui, volente o nolente, è l'editore. ma pensare che si sottoponga in tutto e per tutto al volere del papi è un po' ingenuo, o quantomeno prematuro. Lo vedremo tra un po' di mesi, ora è presto secondo me.


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cloroalclero
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figurati. Feltri lo leggo da 30 anni, lo conosco eccome. Appare insofferente, ma lo è verso le gabbie ideologiche, non verso il Padrone in carne e ossa, per cui ha un istintivo attaccamento, da cane quale è.
E cmq non c'è bisogno di inoltrarsi nella psicologia di Feltri per capire che attaccare la moglie di Berlusconi o il direttore di avvenire (per una faccenda del 2004) è una cosa che feltri ha fatto su mandato del padrone.
Maneggia il potere, Feltri. Sa su cosa ha mano libera e su cosa no, per me non c'è dubio che ha agito su mandato del padrone.
Fessi sì, ma fino a un certo punto.

E del resto qualche settimana fa berlusconi aveva avvisato un po' tutti che ci sarebero state ritorsioni. Boffo è stato l'esempio educatore. Colpirne uno x educarne 100. E Feltri è stato il maglio.


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icemark
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com'è oggi l'ex tettata di Montanelli

Lapsus freudiano? 🙂


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psy
 psy
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Sul fatto della moglie credo anche io che si sia agito su imboccatura. Sul fatto di Boffo non so, ho (ancora) dei dubbi. Poi vedremo, magari hai ragione tu, sarà il tempo a dircelo.


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radisol
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"Il Manifesto" non è più un organo di partito da più di 30 anni, cioè da quando fu sciolto il Pdup.

"Il Giornale" è invece di diretta proprietà di Berlusconi anche se formalmente del fratello Paolo ... IL PARAGONE NON REGGE ....

E Feltri è stato messo lì soltanto da una decina di giorni proprio perchè serviva un "killer" ... e Feltri ha svolto il suo compito appunto di "killer" ... che poi l'abbia fatto probabilmente nel giorno più tatticamente sbagliato per gli interessi di Berlusconi è un altro discorso .... ma il compito era chiarissimo ....

La novità non è quindi nell'uso strumentale del giornale di famiglia .... non è che i predecessori di Feltri fossero in materia granchè più teneri di lui .... ma nell'utilizzo di "veline" tipiche dei servizi, cosa che nemmeno Belpietro aveva mai fatto .... e che invece Feltri a "Libero" aveva già usato a man bassa ... ricordo, tanto per citarne una delle più clamorose, la campagna contro il giudice Salvi, fratello dell'allora ministro Ds e membro del CSM, sul quale si era insinuato fosse in rapporto con alcuni brigatisti che avvisava di eventuali inchieste contro di loro .... bufala clamorosa .....


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cloroalclero
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Ma che dici? Ti bevi che la storia di Boffo sia un autogol per Berlusconi? La cena con Bertone l'ha annullata su richiesta del vaticano, ma non è un gran danno. L'obiettivo che si prefiggeva, e cioè tirare giu' un importante direttore di giornale perchè lo criticava reiteratamente, è stato raggiunto nei tempi e nei modi che Berlusconi aveva deciso e, ribadisco, dopo aver avvertito che l'avrebbe fatto

http://www.denaro.it/VisArticolo.aspx?IdArt=572567&KeyW=

Non ti credere: questo gesto avrà delle conseguenze di autocensura da parte di tutti che per noi sarà impalpabile, forse, ma che inciderà. Già ha inciso, difatti i toni con cui avvenire ha commentato la vicenda sono molto "soft" tutto sommato. E Boffo se ne dovra andare, per forza, a fare qualcos'altro.

Chi crede nell'indipendenza di Feltri in 'ste storie, non ha proprio capito in che tipo di paese stiamo vivendo e quali sono i meccanismi interpersonali di questo potere.


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cloroalclero
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Che Feltri dica la verità o no, peraltro, è ininfluente. Puo' dirla o non dirla. Le campagne contro la gente "grossa" però, menzogne o meno (per lo piu' sn menzogne quelle del giornale, ma mischiate con "mezze verità" Feltri le intraprende SOLO con lo start del padrone. A prescindere.


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radisol
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Dove è finita l'informazione

di EDMONDO BERSELLI

Esploso in questi mesi come una battaglia di verità, davanti alle contraddizioni e alle bugie del premier, lo scandalo Berlusconi diventa oggi un problema di libertà, come sottolineano tutti i grandi quotidiani europei, evidenziando ancor più il conformismo silente dei giornali italiani. Prima la denuncia giudiziaria delle 10 domande di "Repubblica", un caso unico al mondo: un leader che cita in giudizio le domande che gli vengono rivolte, per farle bloccare e cancellare, visto che non può rispondere. Poi l'intimidazione alla stampa europea, perché non si occupi dello scandalo. Quindi il tentativo di impedire la citazione in Italia degli articoli dei giornali stranieri, in modo che il nostro Paese resti all'oscuro di tutto. Ecco cosa sta avvenendo nei confronti della libertà di informazione nel nostro Paese.

A tutto ciò, si aggiunge lo scandalo permanente, ma ogni giorno più grave, della poltiglia giornalistica che la Rai serve ai suoi telespettatori, per fare il paio con Mediaset, l'azienda televisiva di proprietà del premier. È uno scandalo che tutti conoscono e che troppi accettano come una malattia cronica e inguaribile della nostra democrazia. E invece l'escalation illiberale di questi giorni conferma che la battaglia di libertà si gioca soprattutto qui. La falsificazione dei fatti, la mortificante soppressione delle notizie ridotte a pasticcio incomprensibile, rendono impossibile il formarsi di una pubblica opinione informata e consapevole, dunque autonoma. Anzi, il degrado dei telegiornali fa il paio con il pestaggio mediatico dei giornali berlusconiani. Molto semplicemente, il congresso del pd, invece di contemplare il proprio ombelico, dovrebbe cominciare da viale Mazzini, sollevando questa battaglia di libertà come questione centrale, oggi, della democrazia italiana.

In quest'ultima stagione del berlusconismo abbiamo contemplato l'apice del conflitto d'interessi, l'anomalia più grave (a questo punto la mostruosità) della politica italiana. Si è vista l'occupazione della Rai e specialmente dei vertici dei telegiornali, cioè ruoli pubblici trasformati in postazioni partigiane; e nello stesso tempo la blindatura militare dei media di proprietà diretta o indiretta del capo del governo.
Berlusconi voleva un'anestesia della società italiana, in modo da poter comunicare ai cittadini esclusivamente le sue verità, i successi, le vittorie, le sue spettacolari "scese in campo" contro i problemi nazionali. L'immondizia a Napoli, il terremoto in Abruzzo, la continua minimizzazione della recessione. Una e una sola voce doveva essere udita, e gli strumenti a disposizione hanno fatto sì che fosse praticamente l'unica a essere diffusa e ascoltata.

Ma evidentemente tutto questo non bastava. Non bastava una maggioranza parlamentare praticamente inscalfibile. Non bastava al capo del governo neppure il consenso continuamente sbandierato a suon di sondaggi. Nel momento in cui la libertà di informazione ha investito lo stile di vita di Berlusconi, e soprattutto il caotico intreccio di rozzi comportamenti privati in luoghi pubblici o semi-istituzionali, il capo della destra ha deciso che occorreva usare non uno bensì due strumenti: il silenziatore, per confondere e zittire l'opinione pubblica, e il bastone, per impedire l'esercizio di un'informazione libera.

Negli ultimi mesi chiunque non sia particolarmente addentro alla politica ha potuto capire ben poco, in base al "sistema" dei telegiornali allineati, dello scandalo che si stava addensando sul premier. Un'informazione spezzettata, rimontata in modo incomprensibile, privata scientemente delle notizie essenziali, ha occultato gli elementi centrali della vicenda della prostituzione di regime. Allorché alla lunga lo scandalo ha bucato la cortina del silenzio, è scattata la seconda fase, quella dell'intimidazione. L'aggressione contro il direttore di Avvenire, Dino Boffo, risulta a questo punto esemplare: il giornale di famiglia, riportato rapidamente a una funzione di assalto, fa partire il suo siluro; nello stesso tempo l'informazione televisiva, con una farragine di servizi senza capo né coda, rende sostanzialmente incomprensibile il caso.

Come in una specie di teoria di Clausewitz rivisitata e volgare, il killeraggio giornalistico, cioè una forma di guerra totale, priva di qualsiasi inibizione, si rivela un proseguimento della politica con altri mezzi. In grado anche di fronteggiare le ripercussioni diplomatiche con la segreteria di Stato vaticana e con la Cei. La strategia rischia di essere efficace, peccato che configuri un drammatico problema di sistema. Ossia una ferita gravissima a uno dei fondamenti della democrazia reale (non dell'astratta democrazia liberale descritta dai nostri flebili maestri quotidiani). Purtroppo non si sa nemmeno a quali riserve di democrazia ci si possa appellare. Ci sono ancoraggi, istituzioni, risorse di etica e di libertà a cui fare riferimento? Oppure il peggio è già avvenuto, e i principi essenziali della nostra democrazia sono già stati frantumati?

Basta una scorsa alla più accreditata informazione straniera per rendersi conto del penoso provincialismo con cui questo problema viene trattato qui in Italia, della speciosità delle argomentazioni, del servilismo della destra (un esponente della maggioranza ha dichiarato ai tg che la rinuncia di Berlusconi a partecipare alla Perdonanza, dopo l'attacco del Giornale a Boffo, "disgustoso" per il presidente della Cei Angelo Bagnasco, era un atto "di straordinario valore cristiano"). Oltretutto, risulta insopportabile l'idea che nel nostro futuro, cioè nella nostra politica, nella nostra cultura, nella nostra idea di un paese, ci sia un blocco costituito dall'informazione di potere, un consenso organizzato mediaticamente nella società, e al di fuori di questo perimetro pochi e rischiosi luoghi di dissenso. Questa non è una democrazia. È un regime che non vuole più nemmeno esibire una tolleranza di facciata. Quando tutti se ne renderanno conto sarà sempre troppo tardi.

(31 agosto 2009)

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-23/berselli-informazione/berselli-informazione.html


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radisol
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autore:
Alessandro Gilioli

La prima patacca accertata è del 1990, ai tempi in cui Vittorio Feltri dirige “L’Europeo”: un’intervista sul rapimento Moro a tale Davide, “carabiniere infiltrato nelle Br” che avrebbe fatto irruzione nel covo di via Montenevoso.

E’ un racconto “esplosivo” su presunti memoriali e audio di Moro dalla prigionia, con tanto di dettagli erotici sui brigatisti Franco Bonisoli e Nadia Mantovani sorpresi nudi a letto. Peccato che sia tutto falso, dalla prima all’ultima riga, e il “Davide” in questione non esista neppure.

Nasce così, quasi vent’anni fa, il fenomeno Feltri: un misto di bufale (come quella su Alceste Campanile “assassinato da Lotta Continua”, mentre è stato ucciso da Avanguardia nazionale), rivalutazioni del fascismo (”Peccato che a scuola si continui a studiare la Resistenza”) e linguaggio da bar (vale per tutti il titolo sul calcio negli Usa: “Agli uomini piace, alle donne no, ma i negri non lo sopportano”, da cui si deduce che i “negri” non appartengono alla categoria né degli uomini né delle donne.

Nel ‘92 Feltri è contattato da Andrea Zanussi, editore de “L’indipendente”, al quale spiega che il quotidiano “ha bisogno di una bella iniezione di merda”. Detto, fatto. è il periodo di Mani Pulite e lui lo cavalca proponendo titoli come “Cieco, ma i soldi li vedeva benissimo”, riferito a un presunto tangentista non vedente.

Segue un falso scoop sulla morte di Pinelli, un attacco a Indro Montanelli (”è arrivato il tuo 25 luglio”), e il linciaggio di Norberto Bobbio (”mandante morale dell’omicidio Calabresi”), più un po’ di insulti alla Guardia di Finanza (che in quel periodo sta indagando sul Cavaliere).

Quasi inevitabile nel ‘94 la promozione al “Giornale”, appena lasciato da Montanelli. Qui Feltri si fa riconoscere subito per i titoli farlocchi tra cui un mitico “La lebbra sbarca in Sicilia, contagiati a Messina quattro italiani” (vero niente). Notevole anche “Berlusconi vende la Fininvest”, così come la patacca sui miliardi di Milosevic “trasportati in sacchi di juta dalla Serbia all’Italia”.

Altrettanto sballate le accuse ai giudici Piercamillo Davigo e Francesco Di Maggio di essere soci in una cooperativa edilizia con Curtò e Ligresti. Non mancano nuove “inchieste” revisioniste sul fascismo, come quella sull’attentato di via Rasella corredata da una foto falsificata della testa di un bambino staccata dal tronco: la cosa arriverà alla Cassazione, che nell’agosto 2007 condannerà il direttore parlando di un “quadro di vere e proprie false affermazioni”.

Avanti così, e nel ‘95 Feltri si inventa che “la scorta del presidente Scalfaro ha sparato a un elicottero dei pompieri” (ovviamente è il periodo dello scontro politico fra il Quirinale e Berlusconi).

Di due anni dopo è un’intervista taroccata a Francesco De Gregori contro il Pci, un pezzo per cui il cantante porta Feltri in tribunale ottenendone la condanna. Sempre nel ‘97 una nuova – più grave – patacca costa a Feltri il posto: è quella sul presunto “tesoro” di Antonio Di Pietro, cinque miliardi di lire che l’ex pm è accusato di aver preso da Francesco Pacini Battaglia. Dopo parecchie querele, alla fine è lo stesso direttore a dover ammettere che si tratta di “una bufala”.

Segue per Feltri un periodo al “Borghese” e al gruppo Riffeser, fino alla fondazione di “Libero”, dove chiama a scrivere il puparo di Calciopoli Luciano Moggi e l’ex agente del Sismi Renato “Betulla” Farina.

Per lanciarsi, il quotidiano ha bisogno di fuochi artificali: di qui la falsa notizia che un centro sociale milanese è un covo dell’Eta basca, di qui uno “scoop” su Donna Rachele titolato “Mussolini era cornuto”. Poi arrivano le accuse trasversali a Sergio Cofferati per l’omicidio Biagi (”La Cgil indica i bersagli da colpire”) e un altro falso scoop su Berlusconi (”Vuole lasciare la politica”).

Ma non basta, e allora Feltri parla di pedofilia pubblicando cinque foto di preadolescenti nudi in pose inequivocabili (con conseguente radiazione dall’Ordine, poi tramutata in “censura”). Di questa fase resta però ai posteri soprattutto l’elegante prima pagina con un disegno di Prodi nudo a quattro zampe e con il sedere alzato, pronto a farsi sodomizzare da un tappo di champagne con la faccia di Berlusconi.

Richiamato in agosto al “Giornale”, Feltri parte subito con la campagna più desiderata dal suo editore, puntando a tre obiettivi: intimidire i giornalisti non allineati (occhio che se critichi il premier ma poi paghi la colf in nero o non versi gli alimenti all’ex moglie, io lo scrivo in prima pagina); livellare tutti nel fango per provare che Berlusconi non è peggiore di chi lo attacca, in base al “così fan tutti” autoassolutorio; far fuori quanti nella Chiesa osano criticare il premier.

Così in poche settimane “il Giornale” diventa una fabbrica di linciaggi in serie: da Eugenio Scalfari a Enrico Mentana, da Gustavo Zagrebelsky a Concita De Gregorio, da Dino Boffo a Ezio Mauro, fino a Ted Kennedy e Gianni Agnelli (a Feltri infatti piace sparare anche sui morti).

A proposito: negli ultimi anni di vita, Indro Montanelli diceva che non riconosceva più il suo “Giornale”, gli sembrava “un figlio drogato”. Adesso pare entrato in un’overdose senza ritorno.

Da "L'Espresso" di questa settimana


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