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Identità, vincolo, saldo, bilancio....Alberto Bagnai


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PS: vi consiglio di andare direttamente sul sito perche certe formule non sono riuscito ad importarle qui! http://goofynomics.blogspot.it/2013/01/identita-vincolo-saldo-bilancio.html#comment-form

Identità, vincolo, saldo, bilancio

(post tecnico)

Partiamo da un principio che spero sia condivisibile, anzi, due:

1)ogni scienza ha un suo linguaggio tecnico il cui scopo, in linea di principio, non è quello di ostacolare l’accesso alla conoscenza da parte del "popolo", ma quello di esprimersi con precisione, risparmiando tempo;
2)chi si esprime in modo impreciso, anche terminologicamente, disinforma, e la disinformazione è sempre un’operazione favorevole al regime, perché attivamente impedisce il formarsi di una coscienza civile.

Astenersi complottisti: io parlo di risultati. Le intenzioni interessano il Padreterno, anzi, non interessano nemmeno lui più di tanto, visto che nella sua infinita scienza le conosce già.

Facciamo allora un po’ di chiarezza su quattro termini che dal dibattito corrente mi pare di poter dire siano poco capiti. La colpa, come sapete, è di alcuni disinformatori dall’italiano maccheronico. Per salvare la propria patria bisognerebbe almeno conoscerne la lingua, che ne dite? Allora facciamo il punto, ripartendo dall’identità del debito pubblico. Voi vi annoierete, ma io, dopo, potrò permettermi il lusso di parlare con voi usando il linguaggio appropriato. Avete mai provato a svitare una vite usando un paio di forbici anziché un cacciavite di opportuna dimensione? Nessun lusso è più grande di quello di poter usare lo strumento giusto al momento giusto (Alex, non occorre che tu faccia altri esempi...).

Identità
Le relazioni (1), (2) e (3) del post sull’aritmetica del debito:

indicano che la variazione del debito D (definita dalla (1)) è uguale al fabbisogno dello Stato (lo dicono la (2) e la (3) in due modi diversi ma equivalenti). Ricordatevi, per favore, che questa relazione è valida solo in teoria. Chi segue bene il blog sa cosa intendo (suggerimento: Panizza).

La (2) e la (3) sono identità, cioè relazioni contabili che vengono sempre soddisfatte. Vi ricordo che in esse il fabbisogno F è un flusso e il debito D è uno stock, che varia per effetto del flusso F.

Molto semplicemente, la (2) (o la (3)) ci spiegano in che modo il Tesoro finanzia il proprio deficit: emettendo titoli del debito pubblico. Voi direte: “ma ci sono altre possibilità!”. Certo: le vediamo dopo. Ma il concetto è che le relazioni (2) e (3), di per sé, non pongono alcun vincolo economico sul comportamento del governo. Dicono solo che se hai un fabbisogno lo copri con titoli. Non ti dicono né dove collochi i titoli, né se riesci a farlo, né a quale tasso, chiaro? Quindi non pongono alcun vincolo.

Per motivi che non capisco, alcuni colleghi chiamano identità come la (2) o la (3) “vincolo di bilancio” del settore pubblico. Ma questa definizione ovviamente non ha alcun senso, per il motivo che ho appena spiegato. Questo problema però rimane confinato alla letteratura scientifica: nel dibattito corrente non ho visto fare un equivoco simile, ma è utile segnalarvelo perché se capite cosa non è un vincolo, poi capite anche meglio cosa è un vincolo. Questa cosa, in effetti, ci sarà utile, data l’infestazione di sconclusionati dilettanti i quali sostengono l’inesistenza di certi vincoli.

Vincolo
Giustamente, mi chiederete allora di vedere un vincolo. Il comportamento del settore pubblico può essere vincolato in mille modi. Il più semplice (al limite della rozzezza) è il vincolo di pareggio del bilancio, che possiamo esprimere in tre modi equivalenti:
Dire che il fabbisogno pubblico deve essere nullo, significa dire che la variazione del debito deve essere nulla, significa quindi che il debito dell’anno in corso deve restare uguale a quello dell’anno precedente. Questo è un vincolo, ovviamente, perché implica che lo Stato non possa spendere più di quello che incassa (ne parliamo subito dopo).

Ma c’è anche un’altra implicazione. Ricordate l’aritmetica del debito? Nel lungo periodo il rapporto debito/Pil d tende a:

dove f è il rapporto fabbisogno/Pil, cioè f=F/Y. Quindi? Quindi con la regola del pareggio di bilancio, intesa in senso stretto, in teoria nel lungo periodo il rapporto debito pubblico/Pil tende a zero, per qualsiasi valore del tasso di crescita dell’economia (gamma, nella formula (5)).

Il Nirvana dei Gianninizzeri, e anche della finanza privata, che potrebbe finalmente avviare al circuito delle bolle tutte le somme attualmente intermediate dallo Statoinefficientebrutto (che però alla finanza privata sta salvando le terga: signora mia, quanta ingratitudine...).

Si possono immaginare vincoli più complessi, ma per il momento non ci sono necessari. Ricordate però che il pareggio di bilancio è un vincolo estremamente stringente: esso non richiede semplicemente che il debito nel lungo periodo possa essere ripagato. Richiede che il debito scompaia, non ci sia più. Il che, oltre a essere assurdo economicamente, lo è anche storicamente: da quando c’è lo Stato, c’è il debito pubblico. Non si capisce bene il senso di questo integralismo finanziario (o meglio: lo si capisce se si pensa a Ugo... in questo caso non Panizza).

Saldo
Il fabbisogno F è un flusso, perché è una grandezza riferita a un arco di tempo, ed è anche un saldo, cioè la differenza fra due flussi, uno di entrate e uno di uscite. In un modo un po’ impreciso possiamo definirlo così:
dove G è la spesa pubblica (la spesa del Governo) e T sono le entrate (con la T di Tasse, ma ci sono anche le imposte).

Nota: G è più precisamente la spesa per “consumi collettivi”, cioè la spesa pubblica che compete con quella privata nell’acquisire risorse. Ci rientrano gli stipendi pagati ai dipendenti pubblici (i quali, se sono pubblici, generalmente non sono privati), e i consumi intermedi, cioè gli acquisti di beni e servizi da parte delle Amministrazioni Pubbliche (la lampadina che è avvitata nell’aula di università non può simultaneamente essere avvitata nello studio di un commercialista: capito il significato di “compete con quella privata”?).

Nota: T non sono solo “tasse”. Sono più precisamente imposte nette, cioè il risultato di tutte le spese che hanno una funzione redistributiva. Ci rientrano quindi le pensioni (ovviamente col segno meno, visto che sono soldi che lo Stato dà, invece di prendere) e anche i pagamenti per interessi (idem). Insomma: T = raccolta fiscale – prestazioni sociali (di vario tipo) – pagamenti per interessi.

Nota: non stiamo mettendo in evidenza le spese per investimenti, ecc. Facciamo finta che stiano in G.

Ecco: la rappresentazione che diamo è molto stilizzata, ma noi ne siamo consapevoli (a differenza di altri) e ce la teniamo così perché si parte dalle cose semplici per arrivare a quelle complicate.

Bilancio
F è il saldo contabile fra le entrate e le uscite del settore pubblico, è il saldo settoriale del settore pubblico.

F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T
non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
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F = G – T non è un bilancio settoriale.
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F = G – T non è un bilancio settoriale.
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F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.
F = G – T non è un bilancio settoriale.

(scusate: non siete voi a essere di coccio, avrete capito chi è...).

Perché? Semplice. In macroeconomia si intende per “bilancio” una identità di bilancio, cioè una relazione come la (2) o la (3), che spiega come un determinato saldo venga finanziato o allocato. Il saldo (nel caso in specie, F) è solo un pezzo del bilancio: corrisponde al conto economico, quello che spiega come si forma un surplus o un deficit. Esempio: un deficit pubblico si forma se le spese G superano le entrate nette T.

L’altro pezzo dell’identità corrisponde al conto finanziario, quello che spiega come si copre un deficit (o come si investe un surplus). Nel caso del settore pubblico, lo abbiamo visto: con una variazione del debito (in aumento se hai un deficit, in diminuzione se hai un surplus).

Chiamare bilancio un saldo significa essere molto ignoranti, direi pericolosamente ignoranti. Come avrete capito significa, in buona sostanza, ignorare il lato finanziario della relazione, parlare cioè solo di G-T senza spiegare come viene coperto. Significa, insomma, ignorare l’esistenza e la dinamica degli stock. Il “bilancio settoriale” è l’identità di bilancio che mette in relazione il saldo (flusso) con lo stock pertinente. Nel caso del settore pubblico, il bilancio settoriale è l’identità (2) o (3).

Ovviamente chi si fa araldo e propugnatore di questa cialtroneria lessicale in Italia? Ma bravi, avete indovinato, proprio quello che pretende di essere il rappresentante unico in Italia di una scuola di pensiero, quella post-keynesiana, che ha fatto della coerenza stock/flusso un proprio tratto distintivo! Paradossi italiani. Sarebbe come se Oscar Giannino cominciasse a chiamare padroni gli imprenditori, e capitalisti i risparmiatori! Lo so, alcuni di voi non lo troveranno esilarante. Ma io ogni volta che sento Donald parlare di “bilanci” mi spancio dalle risate.

Riassunto
Un’identità stock/flusso è una relazione che risulta sempre verificata contabilmente e che descrive l’evoluzione di un certo stock (generalmente finanziario, ma anche di macchinari, o di immobili) per effetto dei flussi di entrate e di uscite di un certo operatore.

In alcuni casi questa identità può corrispondere al bilancio di un operatore, cioè alla relazione che spiega in che modo questo operatore finanzia il proprio deficit o alloca il proprio surplus.

Un’identità non è un vincolo: l’identità è verificata sempre, per definizione, e in quanto tale non vincola il comportamento di nessuno. Per definire un vincolo occorre imporre condizioni aggiuntive: ad esempio, quella che il saldo contabile fra entrate e uscite sia nullo, e sia quindi tale la variazione dello stock.

Un saldo non è un bilancio. Il saldo fra entrate e uscita spiega come si forma un deficit/surplus, il bilancio (identità di bilancio) spiega come questo deficit/surplus viene coperto/allocato.

Bene. Ora sapete parlare, e quindi possiamo parlare. Dal prossimo post.


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