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Il fallimento italiano nel viaggio di Monti in Cina


oldhunter
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IL FALLIMENTO ITALIANO NEL VIAGGIO DI MONTI IN CINA. UNA CATASTROFE PSICO-ECONOMICA VOLUTAMENTE TACIUTA SUI GIORNALI.

di Sergio Di Cori Modigliani

1° Aprile 2012

Fonte: sergiodicorimodiglianji.blogspot.it

Io non ci sto.
Né come italiano, né come europeo, né tantomeno come libero pensatore terrestre.
Non li voglio gli applausi e i complimenti dei cinesi.
Mi ripugnano e mi riempiono di rabbiosa indignazione.
Anche la vanità e il narcisismo hanno un limite.

Ma prima di venire al punto, un breve commento sullo squallore della politica di comunicazione attuata dallo sbiadito ragionier Mario Monti, il quale, evidentemente si avvale di consulenti scarsi, ignoranti, o – ancora peggio - autentici falsari, dotati di quella arrogante caratteristica aristocratica da ancien regime di chi si sente vincitore e superiore ai propri simili.

I famosi complimenti di Obama, sdoganati in Italia per i palati ingrassati dalla narcolessia dal nuovo - servo–sciocco-che-se-la-tira, al secolo “il sito Dagospia”, che già da qualche mesetto dimostra di navigare a vista nel consueto panorama della truppa mediatica asservita, sono stati sbugiardati ufficialmente e ufficiosamente dagli americani.

Talmente smentiti, che dopo essere stati rispediti al mittente, nessun funzionario statunitense è disposto neppure a commentare la vicenda definita “un’operazione indecorosa di cui non capiamo se sia stata originata da un atto di mitomania, da uno scherzo goliardico o ancora peggio dalla proposizione di un clamoroso falso che definire “infantile” è poca cosa: non si riesce a comprendere il guadagno per chi l’ha diffusa”. (Monica Kael, responsabile della comunicazione itinerante del presidente Usa quando è in missione ufficiale all’estero).

Ingenui come al solito, gli americani (notoriamente) non sono eccelsi nella comprensione delle astuzie perverse delle varie diplomazie planetarie. E in quanto a furbizia e perversione, ahinoi, i nostri polli italioti sono degli autentici campioni da champions league.

Una catastrofe per l’immagine dell’Italia. Una vera catastrofe.

Non contenti della serie di falsi pubblicati con enorme risonanza nazionale quando tre mesi fa Monti andò in Usa (e da allora è entrato in rotta di collisione con l’amministrazione Obama e con l’ala democratico-libertaria della massoneria occidentale) i responsabili della comunicazione governativa hanno avuto – mi piacerebbe davvero sapere chi può aver avuto simile idea peregrina - di replicare il falso di allora.

In data 30 marzo 2012, il corriere della sera sottoscriveva il proprio stato di asservimento con il seguente pezzo:

Ecco la conferma del consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Terracciano «Obama ha citato il premier parlando a braccio» Obama ha realmente citato Monti nel discorso tenuto a Seul, alla fine della conferenza sulla sicurezza nucleare? C`è chi è andato a verificare sul sito della Casa Bianca, e non ha trovato riscontro nel discorso pubblicato. Ne è nata una polemica. L`ambasciatore Pasquale Terracciano, consigliere diplomatico di Monti, chiarisce che non c`è alcun mistero, in questo modo:
«Quello pubblicato dal sito è il discorso ufficiale di Obama al vertice. Ma alla fine del vertice stesso, il presidente sudcoreano Lee, ha chiesto al presidente americano di tirare anche lui delle conclusioni. Monti era fuori al telefono, io ero in sala. Obama ha accettato, ha parlato due o tre minuti a braccio e ha detto testualmente che "pochi minuti prima" aveva "scambiato delle impressioni con il primo ministro italiano, Mario Monti", e aveva trovato giusto il ragionamento del nostro premier: ovvero dell`utilità di fare anche "piccoli passi verso la sicurezza nucleare, perché anche se le probabilità di incidenti sono molto basse, quando si verificano danno luogo a eventi catastrofici". Parole e pensiero di Monti che Obama ha fatto suoi e citato davanti ad alcune decine di capi di governo e di Stato». Ulteriore dettaglio: quando Monti è tornato al suo posto, Terracciano l`ha trovato già informato. Della citazione, al nostro premier, sull`uscio della sala, era stato riferito dal segretario generale dell`Interpol, Ronald Kenneth Noble.

Interrogati sulla questione, al dipartimento di stato Usa hanno risposto con un comunicato scritto laconico: “non ci risulta affatto che Mr. Ronald Noble abbia riferito alcunché”.
In Usa i giornali non hanno neppure commentato, rendendosi conto che hanno a che fare con una nazione di rango inferiore. Hanno semplicemente fatto un paio di telefonate ai loro colleghi accreditati alla Casa Bianca chiedendo ragguagli e poi sono passati ad altro. Neppure Berlusconi nei suoi momenti più deliranti aveva “osato” costruire un falso del genere, il cui obiettivo è semplicemente quello di distrarre l’attenzione dalla vera materia in questione: la resa incondizionata ai disegni neo-colonialisti di stampo imperialista della Cina, mettendosi in ginocchio con chiara posizione servile, e chiarendo pubblicamente al mondo che in Cina, il nostro governo c’è andato a elemosinare un aiuto finanziario per mettere una toppa alla propria clamorosa debacle in patria. Consentendo, in tal modo, l’ingresso della potenza orientale dentro il Mediterraneo con la prospettiva di un abbattimento della spina dorsale del paese.

Io non li voglio.

Nè gli applausi né i complimenti della Cina.

Così come nessuno avrebbe voluto i complimenti di Adolf Hitler nel 1938.

Si dovrebbe vergognare anche Obama e tutta la classe politica dirigente europea.
Neppure una parola, un cenno, una menzione, sull’abbattimento in Cina dei più elementari diritti umani dei cinesi; neppure una parola sulla continua persecuzione (con arresti, denunce, torture, e assassinii) ai danni dei cristiani cattolici cinesi ai quali viene impedita e negata la libertà di costruire una chiesa per accogliere i fedeli. La libertà di culto è sacrosanta e garantire il rispetto per la diversità multiculturale del credo per ogni popolo ed etnìa, è uno dei pilastri fondamentali di qualunque civiltà che intenda e aspiri definirsi tale.

Io non voglio i loro applausi e complimenti.

Neppure una menzione sulla nazista persecuzione dei monaci buddisti tibetani, per la sistematica violazione dei diritti più elementari dei seguaci di una dottrina e di una religione che (in assoluto) è la più pacifica mai inventata sulla Terra, dato che praticano il distacco dalle passioni e in tutte le loro esternazioni pubbliche e in tutti i loro scritti veicolano sempre l’esercizio della compassione umana, la ricerca dell’armonia tra opposti, il rispetto della diversità.

Non li voglio i loro applausi.

Neppure una parola relativa alla costituzione di campi di concentramento in Togo, Benin, Darfur e Nigeria, nelle zone sotto controllo politico-economico-militare cinese in cui centinaia di migliaia di profughi disperati vengono assiepati, ridotti in stato di schiavitù e costretti a lavorare dieci ore al giorno senza percepire alcun salario sotto la minaccia delle armi per produrre merci (soprattutto tessile) che poi vengono a vendere in Europa a prezzi stracciati devastando le conquiste economiche dell’Italia nel settore della moda, abbigliamento, design, mobili.

Non li voglio i loro complimenti. Mi disgustano.

Le merci cinesi grondano sangue vero.

E’ il sangue soprattutto dei milioni di africani mandati al macello di cui nessuno se ne occupa perché tanto sono negri e non acquistano né automobili né ipod. Gli Usa e l’Europa insieme si sono presi l’Africa del Nord lasciando alla Cina comunista la parte meridionale del continente, attuando la variante del piano Yalta versione ter
zo millennio.

Non voglio i complimenti di una nazione che pratica l’esercizio della schiavitù come norma di vita.

Ecco qui di seguito l’elenco della presenza cinese in Africa.

Negli ultimi dieci anni gli scambi commerciali tra Cina e Africa sono trentuplicati.
Nel gennaio del 1999 (prima dell’entrata in vigore dell’euro) il volume degli scambi tra la Repubblica popolare della Cina e l’Africa era intorno ai 5,6 miliardi di dollari.
Nel 2005 aveva raggiunto i 40 miliardi di euro.
Nel dicembre del 2011 siamo arrivati ai 155 miliardi di euro di investimento.
Attualmente (dati ufficiali diffusi dall’Unesco, dall’Onu e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) soltanto nel continente africano risulta che almeno 10 milioni di individui sono ridotti in stato di schiavitù animale costretti con la forza a lavorare gratis per produrre merci che invadono poi l’Europa.

Io non voglio i complimenti e gli applausi di una nazione che ha questa interpretazione dell’esistenza.

Le aziende cinesi presenti in 30 paesi africani sono ormai 2.500, da aziende petrolifere a quelle agricole, da quelle militari a quelle energetiche, da quelle minerarie a quelle alimentari: Sono peggio delle cavallette. Dove arrivano i cinesi, in Africa, in pochissimi mesi, in quel territorio esplodono rivolte, muoiono persone, le risorse vengono depredate e portate via. Mentre il resto del mondo tace sotto il ricatto del rialzo dello spread perché le banche occidentali sopravvivono grazie al fatto che i cinesi acquistano bpt al mercato secondario e tengono il sistema finanziario occidentale sulla graticola. Così ricattano tutti. E l’occidente accetta. Passivo e masochista

Io non voglio né i loro applausi né i loro complimenti.

Il seguente elenco era stato pubblicato in Italia, in parte, da Il Sole 24ore che aveva lanciato l’allarme – a nome della Confindustria - sulle modalità di conquista dei territori economici da parte dei cinesi. Eravamo nel 2006. Non ebbe alcuna eco. Anzi. I giornalisti che allora se ne occupavano vennero isolati, silenziati. Ci pensarono poi Prodi e D’Alema a calmare le acque stabilendo un’alleanza di ferro tra l’Italia e la Cina. Con le conseguenze che oggi possiamo vedere. L’ultimo dato è del 30 marzo 2012 (cioè due giorni fa, mentre Monti sta in Oriente). Il governo pachistano, in accordo con quello cinese, deliberatamente, senza nessuna protesta formale, ha stabilito di adottare una pesantissima imposta sulle importazioni di tutti i prodotti tessili, abbigliamento, designer e industria dell’arredamento per prodotti made in Italy in tutto il sud est asiatico. Che favoriscono merci cinesi e indiane, divenute così in 24 ore super competitive.
Ecco perché i due marò finiranno sotto processo.

Un danno valutato intorno ai 20 miliardi di euro nei prossimi due anni. Chiuderanno circa 5.000 aziende italiane, soprattutto nel settentrione e nel nord-est, che saranno costrette a riconvertirsi o dichiarare bancarotta.
Di tutto ciò neppure una parola sui giornali che inneggiano al trionfo orientale di Monti.

Io non voglio i loro applausi e i loro complimenti.

Soprattutto come italiano.

Ecco l’elenco della presenza cinese in Africa.

Eritrea. Pur mantenendo buoni rapporti con tuttii paesi del Corno d'Africa, la Cina ha nel corso degli anni alimentato il conflitto fra Etiopia ed Eritrea attraverso la vendita di armi ed equipaggiamenti militari ad entrambe le parti, accompagnata da frequenti consultazioni delle alte gerarchie dell'esercito. Oltre a ciò essa è presente nel settore delle costruzioni, nella vendita di macchine industriali e di prodotti medici. Nel 2005 l'interscambio commerciale e' stato del valore di 8,41 milioni di dollari. Nel 2010 sale fino 18 miliardi di dollari. Nel solo biennio 2010/2011 sono state vendute 2 milioni di mitragliatrici per un fatturato complessivo di 2 miliardi di euro.

Etiopia. Nel 2007 il ministro del Commercio etiopiano aveva dichiarato che «la Cina è il partner più affidabile», essendo l'Etiopia, assieme al Sudan, il principale beneficiario degli investimenti cinesi nella regione. Prestiti a basso tasso di interesse, cancellazione del debito e tariffe preferenziali sono la strategia di Pechino per lusingare un partner che non ha grosse potenzialità energetiche ma ha una posizione strategica di sbocco sul mare per i ricchi vicini come Sudan ed Egitto. Le compagnie cinesi oggi si aggiudicano le costruzioni di quasi tutte le infrastrutture, collegamenti stradali e ferroviari, aeroporti e così via. Nel 2005 l'interscambio commerciale fra i due paesi è stato di 370 milioni di dollari. Nel 2007 di 800 milioni e nel 2011 arriva a 2 miliardi di euro. Tutte le infrastrutture e il loro controllo sono nelle mani dei militari del genio di pechino.

Sudan. È il secondo fornitore africano di petrolio per la Cina, secondo solo all'Angola, che per questo il gigante asiatico difende su tuttii forum internazionali dalle accuse di violazione dei diritti umani e di genocidio nella regione del Darfour. Nel 2008, la Cina ha definito il regista Steven Spielberg, e gli attori Warren Beatty e George Clooney “persone non grate” in Cina ed è stato vietato loro il visto d’ingresso in seguito alla denuncia da loro fatta contro il massacro di civili operato nel Darfur dai cinsei, responsabili della eliminazione di circa 2 milioni di persone.. Vanno a raggiungere Richard Gere definito in Cina “un autentico criminale” per il suo costante impegno di denuncia della persecuzione dei monaci buddisti tibetani.
Recentemente la Cina si è opposta alla proposta dell'Onu di sanzioni contro il regime sudanese e ha minacciato l'uso del veto contro l'invio di una forza internazionale nella regione. Dal canto suo il governo cinese ha inviato 4 mila soldati dell'Esercito di liberazione nazionale per controllare le zone di suo interesse e vegliare sugli oleodotti costruiti e sfruttati dalle compagnie cinesi, esprimendo oltretutto l'intenzione di voler rafforzare la cooperazione militare con l'esercito locale. Oltre alla fornitura di armi, la Cina ha anche aiutato il governo sudanese nella costruzione di 3 industrie belliche per farle diventare autonome, a condizione che la manodopera sia strettamente cinese, tutti provenienti dalla regione dello Yuang Tze. Tutto ciò per difendere gli interessi asiatici nel settore petrolifero: il Sudan fornisce da solo il 7% di tutte le importazioni cinesi di petrolio, il 50% della sua produzione finisce in estremo oriente e beneficia i piu' consistenti investimenti nella regione. Tredici delle 15 compagnie petrolifere straniere presenti in Sudan sono cinesi, la China National Petroleum Corporation (Cnc) possiede il 40% della Greater Nile Petroleum Operating Company, che controlla i giacimenti petroliferi del paese, e ha investito 3 miliardi di dollari nella costruzione di raffinerie e eoleodotti. Nel 2005 l'interscambio commerciale fra i due paesi ha raggiunto 3,9 miliardi di dollari. Nel 2011 arriva a 40 miliardi di euro.

Uganda. Nel 2006 il volume complessivo del commercio con la Cina è stato di 99,37 milioni di dollari, dovuto soprattutto agli investimenti cinesi nei settori delle costruzioni e delle infrastrutture. China Petroleum Pipeline Engineering Corporation che ha costruito un oleodotto di 320 km a collegare l'Uganda con il vicino Kenya produttore di petrolio. Al forum il governo ugandese intende chiedere l'aiuto cinese per la costruzione di una linea ferroviara che collegherà il paese con il Sudan. I cinesi sono riusciti a corrompere i funzionari locali che nel 2010 hanno alterato la spesa di budget nazionale spostando il 90% delle proprie risorse finanziarie dal’investimento nella sanità e nell’istruzione per dirottarle nella costruzione di altri quattro oleodotti, ponti ferrati e una ferrovia pesante sulla quale transitano i barili di petrolio.

Kenya. Dopo il pass
aggio di Hu Jintao nell’aprile del 2006, la Cina ha concluso nuovi accordi soprattutto nel campo della ricerca di giacimenti petroliferi in Kenya, una regione in cui le compagnie occidentali non vogliono più investire. La compagnia petrolifera Cnooc condurrà i lavori di esplorazione in mare e sulla terra ferma, oltre a fornire tecnologia e formazione. Altra merce di importazione sono il cemento e i minerali. Nel 2006 la Cina ha elargito prestiti per 36 milioni di dollari al governo kenyano per la modernizzazione dell'industria energetica, l'impiantazione d iindustrie per beni di consumo e la costruzione di infrastrutture. Nel 2011 i prestiti hanno raggiunto la cifra di 600 milioni di dollari. I lavori sono poi stati condotti dalle grandi aziende cinesi presenti anche qui, la cui ultima opera è stata la costruzione della strada che collega Mombasa a Nairobi. Nel 2010 l'interscambio commerciale è stato di 2, 6 miliardi di dollari.

Somalia. È un altro porto di sbocco per i prodotti petroliferi provenienti dall'entroterra, che la Cina intende ammodernare con la costruzione di infrastrutture, strade, porti e ferrovie. Vista la crescita del settore delle telecomunicazioni somalo, le imprese cinesi, come Huawei, investono nel paese per erigere le infrastrutture necessarie e fare ingresso nella telefonia mobile. Nel 2011 hanno dato il via alla costruzione di 48 fabbriche di telefoni cellulari con le quali intendono invadere l’Europa. A tal fine hanno iniziato l’attacco e smantellamento della finlandese Nokia (paese dell’euro) considerato ilo nemico più pericoloso. Contano di farla fallire entro il 2012.

Senegal. Il governo cinese ha annullato nel 2007 un debito di 20 milioni di dollari al Senegal e accordato un prestito di 7 milioni di dollari per la costruzione di scuole, strade e centrali elettriche. L'accordo include la clausola di realizzazione dei lavori da parte di imprese costruttrici cinesi, nonostante gli asiatici non godano di buona reputazione presso la popolazione locale. Da alcuni anni, infatti, è in corso una battaglia dei senegalesi contro l'invasione di prodotti cinesi a basso costo che distruggono l'industria locale specializzata anch'essa nei beni di consumo. Nel 2005 l'interscambio commerciale fra i due paesi è stato di 141 milioni di dollari. Nel 2006 era sceso 90 milioni di dollari. Nel 2007 a 50. Nel 2008 sono esplose delle rivolta interne che in tre anni hanno causato la morte di circa 400 mila civili. Nel 2011 l’interscambio commerciale tra le due nazioni è passato da 50 milioni di dollari a 800 milioni.

Mali. La Cina è saldamente insediata nei settori delle costruzione e dell'industria leggera (zucchero, farmacia tessile), dal 1994 possiede l'80% della più grande industria cotoniera del paese, la Comatex (il restante 20% è detenuto dal governo malese). Ma anche qui l'invasione di prodotti cinesi e di manodopera a basso costo ha destabilizzato l'equilibrio del paese. Nel 2005 il valore totale del commercio tra i due paesi è stato di 145 milioni di dollari, principalmente dovuto alle importazioni cinesi di oro. Nel 2008 in seguito a continue rivolte e scontri tra diverse etnie che hanno causato la morte di decine di migliaia di persone innocenti, la Cina ha avuto il permesso del governo di gestire il controllo totale dei servizi di polizia nazionale. Così facendo nel 2010 è riuscita a costruire duecento campi di concentramento all’interno dei quali i cosiddetti “prigionieri politici” lavorano gratis tessendo il cotone di proprietà locale che poi viene venduto come manufatto in Europa e che ha provocato il crollo e la scomparsa dell’industria tessile di Prato e di Haarlem in Olanda, da almeno 500 anni due tra i più importanti centri produttivi al mondo dei filamenti.

Niger. Come anche in Mali, qui la Cina finanzia un progetto di esplorazione di giacimenti petroliferi, nonostante la rentabilità' non sia assicurata, e prevede di allargare la cooperazione economica. Nel 2005 il commercio complessivo è stato solo di 34 milioni di dollari. Nel 2008 è salito a 90 e nel 2011 a 400 milioni di dollari.

Ciad. Ha scelto di abbandonare il fronte taiwanese e riallacciare i rapporti diplomatici con la Cina appena ad agosto del 2006, ma nonostante ciò l'interscambio commerciale nel 2007 ha raggiunto 206 milioni di dollari. I legami del paese con Taiwan non hanno impedito alla China National Petroleum Corporation (Cnpc) di sviluppare progetti per lo sfuttamento dei giacimenti petroliferi del Chad.

Guinea. I paesi del Golfo di Guinea, che producono 5 milioni di barili al giorno, sono la risorsa pretrolifera più promettente della regione su cui la Cina ha già messo gli occhi. La compagnia cinese CNOOC ha firmato un accordo, all'inizio del 2007, per l'estrazione di petrolio in una piattaforma al largo della costa della Guinea, su una superficie di 2.300 km quadrati. Nel 2005 l'interscambio commerciale è stato di 147 milioni di dollari. Nel 2010 ha raggiunto i 2 miliardi di dollari.

Liberia. La Cina è stata ripetutamente accusata di alimentare il traffico di armi in Liberia e negli stati vicini della Costa d'Avorio e Sierra Leone, per ottenere in cambio le risorse naturali della regione, quali legno e diamanti. Ma dal 2003 la Cina partecipa alla forza di pace dell'ONU stanziata in Liberia con 550 uomini, la sua più grande missione all'estero. Nel 2005 l'interscambio commerciale fra i due paesi ha raggiunto 164 milioni di dollari. Dopo sedici devastanti guerre civili che hanno causato la morte di circa 500 mila persone provocando la fuga di almeno due milioni profughi, l’interscambio con la Cina è passato da 170 milioni di dollari a 3 miliardi nel 2011.

Costa d’Avorio. Nel 2010 gli scambi totali con la Cina hanno raggiunto 600 milioni di dollari, costituiti essenzialmente dall'esportazione verso l'Asia di materie prime (oro, alluminio, rame). Per l'esplorazione petrolifera la Costa d'Avorio è già stata indicata da Pechino come zona di interesse per futura cooperazione.

Togo. Paese destinatario di prestiti agevolati da parte del governo cinese, che negli ultimi anni ha finanziato e costruito il palazzo presidenziale ed altri uffici governativi. All'inizio di quest'anno i due governi hanno firmato accordi per la costruzione da parte della Cina di una centrale idroelettrica e di altri progetti nel settore delle telecomunicazioni. In cambio la Cina riceve dal Togo materie prime importanti come cemento, fosfati e cotone. Nel 2006 l'interscambio commerciale ha raggiunto 570 milioni di dollari.

Benin. La Cina è diventata il primo partner commerciale e primo investitore del Benin, con un interscambio che nel 2005 ha raggiunto 1,09 miliardi di dollari. Imprese cinesi hanno rilevato parti delle più importanti industrie del paese, da quella cotoniera a quella della pesca e dell'agroalimentare. Grandi aziende come Zet e Huawei forniscono le tecnologie per l'installazione di una rete di telecomunicazioni GSM e telefonia di terza generazione. Nel 2004 il Benin ha esportato verso la Cina cotone per un valore di 110 milioni di dollari. Che era salito a 350 milioni nel 2008. Dal 2009, la Cina è diventata proprietaria dell’intera industria locale cotoniera che adesso esporta in Europa, soprattutto Italia, Spagna, Grecia e Portogallo a prezzi dieci volte inferiori a quelli europei.

Nigeria. È il terzo fornitore africano di prodotti petroliferi alla Cina. Lo scorso anno Petro China ha concluso un accordo da 800 milioni di dollari con la Nigerian National Petroleum Corporation per l'acquisto di 30 mila barili di petrolio al giorno per un anno. All'inizio di quest'anno è stata Cnooc a siglare un'intesa con il governo nigeriano per una partecipazione del 45% in un giacimento offshore. La Cina ha anche realizzato il primo satellite nigeriano per le telecomunicazioni che è statolanciato ad inizio 2007, costruito dalla China Great Wall Industry e finanziato dalla banca cinese Eximbank. Dal punto di vista po
litico, la Cina sostiene nei forum internazionali il conferimento alla Nigeria di un seggio permanente all'Onu. Nel 2005 l'interscambio commerciale e' stato di 2,83 miliardi di dollari. Nel 2011 di 12 miliardi, il più alto in assoluto. In questa nazione, la Cina è il più importante produttore e venditore di armi leggere ai ribelli di Al Qaeda e i suoi consiglieri militari sono in prima fila nell’istruire le milizie locali per attaccare la forte comunità cattolica nigeriana.

Io gli applausi e i complimenti da gente così, non li voglio.

A differenza di Mario Monti, io all’Italia e alla sua integrità ci tengo.

Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2012/04/il-fallimento-italiano-nel-viaggio-di.html
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hal900
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Post: 19
 

Ma quant'è brutta e cattiva questa Cina e quanto son o belli e buoni gli USA che, tanto per ricordarne una, sono l'unico Paese ad essere stato condannato dalla CIGA negli anni '80 per atti di terrorismo verso un altro Paese, il Nicaragua


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Santos-Dumont
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 168
 

Ma quant'è brutta e cattiva questa Cina e quanto son o belli e buoni gli USA che, tanto per ricordarne una, sono l'unico Paese ad essere stato condannato dalla CIGA negli anni '80 per atti di terrorismo verso un altro Paese, il Nicaragua

Non è mica che una cosa esclude l'altra, eh? ❗ Fanno schifo entrambi, l'essenziale è non cadere nella trappola de il nemico del mio nemico è mio amico.


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grillone
Prominent Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 880
 

forse il promo post è stato un pò esagerato(anche se molte cose li scritte sono vere), però non capisco perchè dobbiamo andare in cina o corea o giappone ecc per chiedergli in ginocchio di venire ad investire qui in italia; mi sembrava ancor peggio che andare a chiedere l'elemosina. piuttosto dovremmo creare lavoro con le nostre piccole medie imprese, e anche con il pubblico impiego. le multinazionali è bene che vadano in cina brasile vietnam, ecc ecc. e se poi se ne vanno all'inferno, meglio ancora


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Giancarlo54
Famed Member
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Post: 2622
 

forse il promo post è stato un pò esagerato(anche se molte cose li scritte sono vere), però non capisco perchè dobbiamo andare in cina o corea o giappone ecc per chiedergli in ginocchio di venire ad investire qui in italia; mi sembrava ancor peggio che andare a chiedere l'elemosina. piuttosto dovremmo creare lavoro con le nostre piccole medie imprese, e anche con il pubblico impiego. le multinazionali è bene che vadano in cina brasile vietnam, ecc ecc. e se poi se ne vanno all'inferno, meglio ancora

Vero, però Monti non ci arriva proprio a capirlo, anzi non vuole capirlo. Bisogna cacciarlo al ppp.


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Giovina
Noble Member
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L'aspetto piu' grave e' che per risolvere lo stallo, la stagnazione del processo di accumulo del profitto, tipico del capitalismo, si ricorra al palliativo di ridurre quello che viene chiamato indegnamente il costo del lavoro ( quando riferito al lavoratore, all'uomo ) per rendere appetibile il mercato italiano alle fauci del capitalismo comunista cinese o simil necessitante.
Il processo e' lento ma inesorabile, si sviluppa in intelligenti mosse che possano essere assorbite senza danno per l'encomiabile progetto: riforma pensioni, riforma del lavoro.
Un arma letale sara' il licenziamento individuale senza reintegro, un proiettile che una volta giunto a segno, esplodera' con effetto ritardato ma esponenziale e rapido nelle sue conseguenze.
Non sara' tanto il licenziamento in se' in quanto gravemente lesivo dei diritti umani ad essere imputato se non supportato da un giusto welfare, quanto l'effetto ricattatorio sulla massa dei lavoratori che cosi' dovranno assoggetarsi a qualsiasi limitazione altra e imposizione che in seguito a loro verra' sempre piu' indirettamente imposto per essere cosi' sfruttati al massimo delle loro potenzialita', senza essere ne' tutelati appunto, ne' protetti, specialmente nella salute fisica e psicologica: questo sara' il primo grave atto legalizzato dal governo tecnico.
Stato e imprenditoria: costo zero per la mattanza, i lavoratori si sostituiscono senza costi ulteriori e senza problemi.


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