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Il Job Guarantee attraverso l’imprenditoria no-profit


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Il Job Guarantee attraverso l’imprenditoria no-profit
di Pavlina R. Tcherneva

(…) Io propongo che i programmi di creazione di lavoro siano svolti nel settore del no-profit. Alcuni, in maniera scorretta, vedono nel modello ELR/JG1 una politica top-down: pianificata, istituita, gestita e amministrata dal settore governativo, amministrata dal governo, con nuove implicazioni relative alla burocrazia. (…) La particolare visione che offro è quella che coinvolge la partecipazione del no-profit e richiede che il settore governativo inviti i proponenti, gli imprenditori.
È incentrato su scala locale in cui la comunità propone programmi che possono essere implementati in tutte le fasi del ciclo del business e che possono essere indirizzati verso differenti tipi di disoccupati e in base alle esigenze della comunità. Questo approccio dal basso, nel vero senso del termine, è alimentato dalle comunità locali e dagli individui. Il progetto sarebbe pensato in maniera da essere compatibile con le differenze regionali e con le variazioni relative alle competenze dei partecipanti. In altre parole, questo metodo adatta la politica fiscale alle persone, alle comunità e ai loro bisogni, piuttosto che una politica che cerca di adattare le persone e le comunità all’ “agenda macroeconomica”. Le comunità, i no-profit e i disoccupati saranno parte integrante della progettazione e dell’esecuzione del progetto. Questo tipo di job guarantee è volontario e rappresenta una opportunità tangibile per coloro che sono costretti ad essere disoccupati di partecipare attivamente contribuendo all’interno della comunità. Il governo concederà contribuiti ai no-profit che già compiono molti dei lavori che sia il privato sia il pubblico hanno fallito di offrire. Sono le stesse associazioni no-profit che forniscono servizi sociali cruciali ma che operano senza risorse adeguate. Da notare che le nuove associazioni no-profit sono organizzate in maniera imprenditoriale in modo da riempire i nuovi bisogni, quali bonifiche ambientali, agricoltura sostenibile e agricoltura urbana (orti urbani, ndt). Le associazioni no-profit sono meglio organizzate, conoscono meglio le risorse e le caratteristiche della comunità locale e hanno sempre più bisogno di braccia per rendersi utili. I contributi forniti dal governo saranno basati su una selezione che valuterà il progetto per la sua efficacia e il rendimento in base a specifici parametri socio-economici, come il numero di nuovi occupati generati, l’impatto ambientale, la fornitura di beni pubblici, lo sviluppo della comunità, la creazione di risorse umane e fisiche, il loro rinnovamento e miglioramento. I leader della comunità sanno bene che molti uomini e donne che vivono in povertà hanno un basso livello di scolarizzazione e sono destinati ad essere inoccupabili dal settore privato; tuttavia hanno una buona conoscenza dei problemi locali e hanno proposte su come affrontarli. Ciò che non hanno è l’opportunità e il supporto istituzionale per soddisfare queste esigenze. Per eseguire un programma di job guarantee dal basso non sono necessari grandi piani governativi e processi decisionali. Il settore no-profit, il cui scopo è quello di soddisfare i bisogni sociali, può creare il lavoro necessario e implementare i progetti fino a quando ha le risorse. Il governo deve studiare le proposte, valutare i progetti nella maniera in cui valuterebbe qualsiasi contratto del settore privato, esigere la diligenza attraverso report e controlli della qualità, allocare i fondi per gli stipendi dei lavoratori e i materiali (e in molti casi i fondi necessaria ammonterebbero al 100%). La differenza tra il modello no-profit del job guarantee e una politica fiscale tradizionale è che il primo è un programma di lungo periodo che ha un obiettivo esplicito per trattare i problemi della disoccupazione direttamente piuttosto che trattarlo come un effetto secondario della crescita. Piuttosto che estendere contratti a compagnie private che garantiscono profitti che potrebbero dare luogo o meno alla nuova occupazione, il modello dei fondi del JG per le imprese sociali e del no-profit si avventura verso la progettazione di programmi con finalità pubblica e i ruoli sono ricoperti da individui attualmente disoccupati, al salario base. Il settore no-profit è altamente anti-ciclico e questo è il motivo per cui si presta bene per essere lo stabilizzatore automatico discusso sopra. Come l’economia crolla, le agenzie di collocamento esistenti possono essere usate per ricollocare i senza lavoro nei progetti no-profit. Come l’economia recupera, le stesse agenzie possono ricollocare il lavoratore nel settore privato che ha paghe maggiori. Negli USA esiste già un’infrastruttura utile per eseguire il JG. Certamente, dove grandi miglioramenti infrastrutturali sono necessari, dovrebbero essere realizzati. Le imprese private pagheranno i salari per eseguire questi progetti alcuni dei quali richiederanno competenze limitate e occuperanno i lavoratori con il salario base. Il modello no-profit che ho descritto sopra non preclude investimenti infrastrutturali. Esiste l’evidenza che investimenti pubblici di larga scala sono necessari in maniera significativa negli USA, come per esempio massicci investimenti infrastrutturali per favorire l’ambiente. I lavori pubblici non garantiscono la piena occupazione nel lungo periodo. Al contrario, assumere i disoccupati direttamente in progetti per la comunità dalle associazioni no-profit sia quando l’economia va male sia quando va bene è una strada efficiente per risolvere questo grande errore delle economie di mercato moderne.
Progettare il JG non sarà facile ma abbiamo molti modelli sparsi nel mondo da cui imparare. Allo stesso tempo, le reti di conoscenza e innovazione del settore no-profit, che sta mutando rapidamente, possono essere sfruttate per migliorare il programma stesso. Ci saranno molti problemi da risolvere e i politici dovranno essere coscienti che il JG non è la panacea di tutti i mali sociali che piagano le moderne economie. Ciononostante, rappresenta il nuovo approccio di una politica fiscale per la piena occupazione e la stabilizzazione macroeconomica.

1 – ELR – Employment of Last Resort: datore di lavoro di ultima istanza

Paragrafo tratto da: Pavlina R. Tcherneva, 2012, Full Employment through Social Entrepreneurship, Levy Economics Institute, Policy Note
http://memmt.info/site/


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