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Il lungo silenzio di Stalin dopo l’invasione tedesca

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Tao
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Il 21 giugno 1941 le truppe tedesche attaccano e invadono l'Urss. È solo ai primi di luglio che Stalin prende la parola per denunziare al popolo sovietico l'invasione e per esortare il popolo alla resistenza. Qual è il motivo per quel lungo periodo di silenzio?
Pietro Imperia

Caro Imperia,
Secondo molti studiosi, Stalin sapeva che Hitler avrebbe attaccato l'Unione Sovietica. Ma era convinto che l'aggressione sarebbe avvenuta soltanto nel 1942, dopo la sconfitta della Gran Bretagna. Gli sembrava impossibile che la Germania volesse ripetere l'errore della Grande Guerra, quando il suo esercito aveva combattuto su due fronti, e pensava di potere rinviare di qualche mese il programma per la riorganizzazione delle forze armate sovietiche. Più in là, non appena fosse giunto il momento di agire, l'Urss avrebbe preceduto i tedeschi e colpito per prima. Fu questa la ragione per cui il generalissimo, come amava essere chiamato durante il conflitto, rifiutò ostinatamente di dare retta ai numerosi segnali che provenivano dai confini occidentali del Paese. Fra il maggio e il giugno non passò giorno senza che qualche sconfinamento tedesco in territorio sovietico lasciasse trapelare le intenzioni ostili della Germania, e non passò settimana senza che gli agenti dei servizi sovietici confermassero i piani militari del Reich.
Ma a Stalin quelle notizie non piacevano. In un libro pubblicato nel 2007 da Corbaccio (Il silenzio di Stalin) Costantine Pleshakov racconta la tempestosa conversazione del leader sovietico, alla vigilia dell'attacco tedesco, con due generali, Semën Timošenko, commissario del popolo per la Difesa, e Georgij Žukov, capo di Stato maggiore. I generali gli proponevano un piano per la massiccia dislocazione di forze sovietiche verso Occidente e Stalin ribatteva bruscamente che non intendeva offrire a Hitler il pretesto di una provocazione. Dietro quell'atteggiamento vi era la coscienza dell'estrema debolezza di cui soffriva l'Armata Rossa dopo le purghe che ne avevano decimato i quadri superiori. Non voleva credere all'attacco tedesco perché sapeva che le forze armate dell'Urss, in quel momento, non erano in condizione di resistere.

I risultati dell'imprevidenza di Stalin furono catastrofici. Pleshakov scrive che l'Armata Rossa, nelle prime tre settimane del conflitto, perdette 28 divisioni e quasi un milione di uomini, di cui 600.000 uccisi (il numero dei morti italiani nella Grande Guerra) e 328.898 prigionieri. Il 1° luglio, otto giorni dopo l'inizio delle operazioni, 20 milioni di cittadini sovietici vivevano ormai in territori occupati dal nemico. Stalin, intanto, cadde in una sorta di cupa prostrazione. Questo non gli impedì di dare ordini importanti come quello per il trasferimento verso l'estremo Oriente sovietico dell'apparato industriale del Paese, ma temeva di avere perduto la sua autorevolezza ed era probabilmente preoccupato dalla possibilità di una congiura di palazzo contro la sua persona. Una guerra all'interno del partito dovette sembrargli più pericolosa della guerra contro Hitler. Quando capì che non vi erano concorrenti pronti a succedergli, uscì dalla prostrazione, riprese il controllo della situazione e parlò al Paese.

Sergio Romano
Fonte: www.corriere.it
28.09.2012


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antiUsrael
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La rivelazione del piano di Stalin per la conquista dell'Europa Il libro di Vladimir Rezun "L'ultima Repubblica" spiega come i Sovietici "persero" la Seconda Guerra Mondiale Suvorov esibisce un mucchio di prove che dimostrano che le forze tedesche, nell'Operazione Barbarossa , riuscirono ad infliggere enormi perdite ai sovietici perché le truppe dell'Armata Rossa erano sì meglio preparate ad una guerra, ma di aggressione, non di difesa

Recensito da Daniel W. Michaels

Per molti anni, un ex ufficiale del controspionaggio militare sovietico, Vladimir Rezun, ha provocato accese discussioni in Russia per la sua sorprendente opinione che Hitler attaccò la Russia sovietica nel Giugno 1941 proprio mentre Stalin si stava preparando a travolgere la Germania e l'Europa occidentale come parte di una operazione ben pianificata per "liberare" tutta l'Europa e porla sotto il giogo sovietico. Scrivendo con lo pseudonimo di Viktor Suvorov, Rezun ha sviluppato questa tesi in tre libri. Icebreaker (il rompighiaccio) che è stato pubblicato in una edizione in lingua inglese. Dni M (il Giorno M). Entrambi recensiti nel Journal of Historical Review del Novembre-Dicembre 1997. Il terzo libro, qui recensito, è un'opera di 470 pagine: "L'Ultima Repubblica: Perché l'Unione Sovietica Perse la Seconda Guerra Mondiale", pubblicato in russo a Mosca nel 1996. Suvorov esibisce un mucchio di prove che dimostrano che quando Hitler lanciò "l'Operazione Barbarossa" contro la Russia sovietica il 22 Giugno 1941, le forze tedesche riuscirono ad infliggere enormi perdite ai sovietici proprio perché le truppe dell'Armata Rossa erano sì meglio preparate ad una guerra, ma per una guerra di aggressione, prevista per gli inizi di Luglio, e non per una guerra difensiva alla quale furono costretti in seguito all'attacco preventivo di Hitler. Nel Il Rompighiaccio Suvorov elenca in dettaglio le forze messe in campo dalle forze sovietiche nel Giugno 1941, descrivendo proprio come Stalin ammassò enormi quantità di truppe e armamenti lungo la frontiera europea, non per difendere la patria sovietica ma in preparazione di un attacco ad ovest e cruenti battaglie sul territorio nemico. Così, quando le forze tedesche colpirono, il grosso della forza aerea e terrestre russa era concentrata lungo le frontiere occidentali sovietiche che si affacciavano su Paesi vicini, specialmente il Reich tedesco e la Romania, pronta all'assalto finale all'Europa. Nel suo secondo libro sulle origini della guerra, " Il Giorno M " (M sta per Mobilitazione), Suvorov spiega dettagliatamente come, fra la fine del 1939 e l'estate del 1941, Stalin allestiva metodicamente e sistematicamente la più potente e meglio armata forza militare al mondo, anzi, la prima superpotenza mondiale, per la sua conquista pianificata dell'Europa. Suvorov spiega come la drastica conversione di Stalin dell'economia del Paese ad economia di guerra, rese la guerra inevitabile.

UN'UNIONE SOVIETICA GLOBALE

Nel libro "L'Ultima Repubblica", Suvorov aggiunse alle prove esibite nei suoi due precedenti libri, a rinforzo dei suoi argomenti, che Stalin si stava preparando per una guerra di aggressione, mettendo in evidenza in particolare la motivazione ideologica delle azioni del leader sovietico. Il titolo si riferisce a quello sfortunato Paese che sarebbe stato incorporato come la "repubblica finale" nelle "Repubbliche Socialiste dell'Unione Sovietica" globali, completando in tal modo la rivoluzione proletaria mondiale. Come spiega Suvorov, questo piano faceva completamente parte della dottrina Marxista-Leninista e delle politiche di Lenin nei primi anni del regime sovietico. Lo storico russo sostiene in modo convincente che non fu Leon Trotsky (Bronstein), ma piuttosto Stalin, il suo amico meno sfavillante, ad essere un discepolo fedele di Lenin nel promuovere la rivoluzione comunista mondiale. Trotsky insisteva con la sua dottrina di "rivoluzione permanente" in base alla quale il giovano stato sovietico avrebbe aiutato a fomentare i disordini e la rivoluzione dei lavoratori locali nei paesi capitalisti. Stalin invece voleva che il regime sovietico si avvantaggiasse degli "armistizi" occasionali nella lotta globale per consolidare la forza militare sovietica in attesa del momento giusto, quando forze sovietiche più imponenti e meglio armate avrebbero invaso l'Europa centrale e occidentale, aggiungendo nuove repubbliche sovietiche man mano che questa schiacciante forza si faceva strada attraverso il continente. Dopo il consolidamento riuscito e la sovietizzazione di tutta l'Europa, l'URSS, raggiunta una tale espansione, sarebbe stata pronta per imporre il potere sovietico sull'intero pianeta.

Come Suvorov dimostra, Stalin si accorse che, dando loro una libera scelta, i popoli dei paesi occidentali avanzati non avrebbero mai scelto volontariamente il Comunismo. Questi andava quindi imposto con la forza. Questo piano ambizioso, decise poi in seguito Stalin, poteva essere realizzato solo attraverso una guerra mondiale.

Una prova critica in merito è il discorso di Stalin del 19 Agosto 1939, venuto recentemente alla luce negli archivi sovietici (citato in parte nel Journal of Historical Review del novembre-dicembre 1997, pag. 32-33). In esso, l'erede di Lenin affermava:

" L'esperienza degli ultimi 20 anni ha dimostrato che in tempo di pace il movimento Comunista non è mai abbastanza forte da prendere il potere. La dittatura di tale partito sarà possibile solo in conseguenza di una grande guerra. In seguito, tutti i paesi che avevano accettato la protezione della rinata Germania, diverranno anch'essi nostri alleati. Avremo un'ampia prospettiva per sviluppare la rivoluzione mondiale ".

Inoltre, come hanno anche accentuato teorici sovietici, il Comunismo non avrebbe mai potuto coesistere pacificamente sul lungo termine con altri sistemi socio-politici. Pertanto, la guida comunista sarebbe stata inevitabilmente imposta in tutto il mondo. Questo obiettivo di "rivoluzione mondiale" era così radicato nella natura e nello sviluppo del "primo stato dei lavoratori" che rappresentava un aspetto vitale del programma sovietico persino prima che Hitler e il suo movimento Nazionalsocialista arrivassero al potere in Germania nel 1933. Stalin decise di colpire in una data e in un luogo di sua scelta. A questo scopo, lo sviluppo sovietico dei più avanzati armamenti offensivi, in particolare carri armati, aerei e truppe avio-trasportate, era già iniziato agli inizi degli anni 3o. Per assicurarsi il successo di questa intrepida avventura, alla fine del 1939 Stalin ordinò l'allestimento di una potente macchina da guerra che fosse stata superiore in quantità e qualità a tutte le possibili forze nemiche.

Il suo primo ordine segreto per una totale mobilitazione militare-industriale del paese fu emesso nell'Agosto del 1939.

Un secondo ordine di mobilitazione totale, questa volta di mobilitazione militare, veniva emesso lo stesso giorno nel quale ebbe inizio la guerra.

DELUSIONE

L'attacco "Barbarossa" tedesco mandò a monte il ben progettato piano di Stalin di "liberare" l'Europa.

Al riguardo, Suvorov sostiene che Stalin "perse" la Seconda Guerra Mondiale.

Il premier sovietico poteva considerare la sconfitta della Germania e la conquista dell'Europa orientale e centrale solamente come una delusione. Secondo Suvorov, Stalin rivelò la sua delusione sull'esito della guerra in vari modi.

Primo, la parata della vittoria del 1945 non fu condotta da lui in persona ma dal comandante supremo Gen. Georgi Zhukov.

Secondo, non fu più autorizzata nessuna parata ufficiale del 9 Maggio fin dopo la morte di Stalin.

Terzo, Stalin non portò mai nessuna delle medaglie del
le quali fu insignito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Quarto, una volta, in un momento di umore depresso, espresse ai membri del suo circolo esclusivo il desiderio di ritirarsi ora che la guerra era finita.

Quinto, e forse il più significativo, Stalin abbandonò l'opera a lungo progettata del Palazzo dei Soviets.

UN MONUMENTO INCOMPIUTO

L'enorme palazzo dei Soviets, approvato dal governo sovietico agli inizi degli anni '30, doveva essere alto 1.250 piedi (381 metri), sormontato da una statua di Lenin alta 300 piedi (91 metri), più alto dell'Empire State Building di New York. Doveva essere costruito al posto della vecchia Cattedrale di Cristo Salvatore. Su ordine di Stalin il magnifico simbolo della vecchia Russia fu fatto saltare nel 1931, un atto per mezzo del quale i governanti comunisti del paese radevano al suolo simbolicamente l'anima della vecchia Russia per fare posto all'epicentro dell'URSS mondiale. Tutte le "repubbliche socialiste" del mondo, inclusa "l'ultima repubblica", sarebbero state infine rappresentate nel Palazzo. La sala principale di questo santuario secolare doveva portare l'iscrizione del giuramento che Stalin aveva reso ai funerali di Lenin con cadenze quasi religiose:

" Quando ci ha lasciati, il compagno Lenin ci ha lasciato in eredità la responsabilità di rafforzare ed espandere l'Unione delle Repubbliche Socialiste. Ti facciamo la solenne promessa, compagno Lenin, che noi assolveremo con onore il tuo sacro comandamento ".

Comunque, furono terminate solo le fondamenta di questo grandioso monumento e, durante gli anni '90, dopo il collasso dell'URSS, la Cattedrale del Cristo Salvatore fu accuratamente ricostruita nello stesso luogo.

LA VERSIONE UFFICIALE

Per decenni la versione ufficiale del conflitto germano-sovietico del 1941-1945, sostenuta dagli storici di regime sia in Russia che in Occidente, è stata più o meno qualcosa del genere:

Hitler lanciò una "guerra lampo" a sorpresa contro una misera Unione Sovietica impreparata, ingannando il suo leader, l'ignaro e fiducioso Stalin. Il Fuhrer tedesco era mosso dalla bramosia di "spazio vitale" e di risorse naturali nell'Est arretrato e, con la sua determinazione covata da lungo tempo, spazzare via il "Comunismo Ebraico" una volta per tutte. In questa vigliacca aggressione, che era una parte importante del folle progetto di Hitler di "conquistare il mondo", gli aggressori "nazisti" o "fascisti" all'inizio sbaragliarono ogni resistenza con la loro superiorità di aerei e carri armati moderni.

Questa opinione, affermata dai giudici alleati al Tribunale postbellico di Norimberga, viene ancora largamente accettata sia in Russia che negli Stati Uniti. In Russia oggi, la maggior parte della gente (e non solo coloro che sono nostalgici del vecchio regime sovietico), accetta questa linea "politicamente corretta". Da un lato essa "spiega" le enormi perdite in uomini e materiali dell'Unione Sovietica durante la Seconda Guerra.

SEGNATI FIN DALL'INIZIO

Contro la tesi ufficiale che l'Unione Sovietica non era preparata alla guerra nel Giugno 1941, Suvorov in effetti evidenzia che erano i tedeschi a non essere veramente pronti. Il piano "Operazione Barbarossa" frettolosamente preparato dalla Germania, che prevedeva una vittoria nella "guerra lampo" in quattro o cinque mesi da parte di forze inferiori su tre vasti fronti, era segnato fin dal suo inizio.

Inoltre, continua a mettere in evidenza Suvorov, la Germania mancava di materie prime (incluso il petrolio), essenziali a sostenere un conflitto di tali dimensioni. Suvorov sostiene che, un'altra ragione della mancanza di preparazione da parte della Germania era che i suoi leaders militari sottovalutarono seriamente l'azione delle forze sovietiche nella guerra invernale contro la Finlandia del 1939-1940. Va detto che combatterono in condizioni invernali tremendamente rigide, temperature di meno 4o gradi e molti centimetri di neve, contro le fortificazioni di cemento armato ben predisposte e basi sotterranee della "Linea Mannerheim" finlandese. Nonostante questo, viene spesso dimenticato che l'Armata Rossa, dopo tutto, costrinse i finlandesi ad un umiliante armistizio. Suvorov sottolinea che è sempre un errore sottovalutare il proprio nemico. Ma Hitler fece questo calcolo sbagliato. Nel 1943, quando la marea bellica si era rivolta contro la Germania, egli ammise la sua valutazione errata delle forze sovietiche due anni prima.

DISPARITA' NELLE UNITA' CORAZZATE A CONFRONTO

A riprova che era Stalin, e non Hitler, ad essere pronto per la guerra, Suvorov mette a confronto l'armamento sovietico e quello tedesco alla metà del 1941, in particolar modo per quanto riguarda tutto quell'armamento di natura offensiva come carri armati e forze avio-trasportate.

E' un assioma generalmente accettato nell'arte militare che le forze attaccanti debbano avere una superiorità numerica di tre a uno nei confronti degli aggrediti.

Come spiega Suvorov, quando i tedeschi lanciarono l'offensiva la mattina del 22 Giugno 1941,

attaccarono con un totale di 3.350 carri,

mentre i sovietici ne avevano un totale di 24.000,

cioè Stalin aveva sette volte più carri armati rispetto a Hitler, ossia un numero di carri ben 21 volte superiore a quello che sarebbe stato necessario per una difesa adeguata.

Inoltre Suvorov evidenzia che i carri sovietici erano superiori in tutti gli aspetti tecnici, inclusa la potenza di fuoco, raggio e spessore della corazza.

Heinz Wilhelm Guderian.jpgLo sviluppo della produzione di carri pesanti era già iniziato agli inizi degli anni 30. Ad esempio, già nel 1933 i sovietici stavano già producendo in serie e distribuendo al loro esercito, il modello T-35, un carro da 45 tonnellate con tre cannoni, sei mitragliatrici e 3o mm di protezione corazzata. Mentre invece i tedeschi iniziarono lo sviluppo e la produzione di un carro armato similare, da 45 tonn, solo dopo che la guerra era iniziata alla metà del 1941. Nel 1939 i sovietici avevano già aggiunto tre modelli di carri pesanti al loro inventario. Inoltre i sovietici disegnarono i loro carri con cingoli più larghi e con motori a diesel (che erano meno infiammabili di quelli che usano carburanti convenzionali). Inoltre i carri armati sovietici erano costruiti con il motore e la guida posteriore, migliorando l'efficienza generale e la vista dell'operatore. I carri armati tedeschi avevano un allestimento meno efficiente, col motore posteriore ma con la guida nella parte anteriore. Quando iniziò il conflitto nel Giugno del 1941, afferma Suvorov, la Germania non aveva carri pesanti, solo 309 carri medi e solamente 2.668 carri inferiori leggeri. Dal canto loro, i sovietici, allo scoppio della guerra, non avevano a loro disposizione solo carri più pesanti ma anche di migliore qualità. In merito, Suvorov cita il ricordo del generale tedesco delle forze corazzate Heinz Guderian (foto), il quale scrisse nelle sue memorie Panzer Leader (1952/1996, pag. 143):

Nella primavera del 1941, Hitler aveva specificatamente ordinato che venissero mostrate ad una commissione militare russa le nostre scuole per carristi e le nostre fabbriche. Questo affinché non fosse loro nascosto niente. Gli ufficiali russi in questione si rifiutavano di credere che il Panzer IV fosse in effetti il nostro carro più pesante. Dissero ripetutamente che stavamo nascondendo loro i nostri modelli più nuovi e asserivano che non stavamo eseguendo gli ordini di Hitler di mostrare loro ogni cosa. La commissione militare fu così insistente su questo punto che, alla fine, i nostri produttori ed i funzionari dell'Ufficio Armamenti conclusero: "sembra che i russi siano già in possesso di carri migliori e più pesanti dei nostri ".

Fu alla fine di Luglio
del1941 che il carro T34 fece la sua apparizione al fronte ed il mistero del nuovo modello russo fu risolto. Suvorov cita un altro fatto rivelatorio, tratto da World War II Almanac (almanacco della Seconda Guerra Mondiale) di Robert Goralski (1982, pag. 164). Il 24 Giugno 1941, solo due giorni dopo lo scoppio della guerra tedesco-sovietica: I russi fecero entrare in azione vicino a Raseiniai (Lituania) il loro carro armato gigante Klim Voroshilov. Modelli che pesavano da 43 a 52 tonnellate sorpresero i tedeschi che trovavano il KV quasi inarrestabile. Uno di questi carri russi ricevette 70 colpi diretti ma nessuno penetrò la sua corazza.

Per farla breve, la Germania affrontò i colossi sovietici con carri troppo leggeri, troppo pochi numericamente e inferiori sia nelle prestazioni che nella potenza di fuoco.

E questa disparità continuava mentre la guerra andava avanti. Solo nel 1942, le fabbriche sovietiche produssero 2.553 carri pesanti, mentre i tedeschi ne produssero soltanto 89. Persino alla fine della guerra, il miglior carro in combattimento era il modello sovietico IS ("Iosif Stalin"). Suvorov invita sarcasticamente gli storici militari di regime di studiare un libro sui carri armati sovietici di Igor P. Shmelev, pubblicato nel 1993, tra le altre cose, dalla Hobby Book Publishing Company di Mosca. Il lavoro di un onesto analista militare come Shmelev, uno che si interessa e ama il suo hobby e la verità, dice Suvorov, è spesso superiore a quello di un impiegato pagato dal governo.

DISPARITA' NELLE FORZE AVIOTRASPORTATE

Persino più evidente era la superiorità sovietica nelle forze aviotrasportate. Prima della guerra, i bombardieri sovietici DB-3f e SB, nonché i TB-i e i TB-3 (dei quali Stalin ne possedeva un migliaio), erano stati modificati per il trasporto sia di truppe che di bombe.

Alla metà del 1941 le forze armate sovietiche avevano addestrato centinaia di migliaia di paracadutisti (Suvorov dice almeno un milione) per l'attacco pianificato contro la Germania e l'Occidente.

Queste truppe aviotrasportate dovevano essere paracadutate e dispiegate dietro le linee nemiche in diverse ondate, ognuna di esse consistente di cinque corpi di assalto aviotrasportati (VDK's), ogni corpo consistente di 10.149 uomini, personale di servizio, una divisone di artiglieria ed un battaglione corazzato a parte (50 carri).

Suvorov elenca gli ufficiali comandanti e le basi delle prime due ondate, cioè dei primi dieci corpi. I corpi della seconda e della terza ondata includevano truppe che parlavano francese e spagnolo.

Poiché l'attacco tedesco non permise a queste truppe altamente addestrate di essere usate come pianificato in origine, Stalin le convertì in "divisioni di guardie", che usò come riserve e "vigili del fuoco" in situazioni di emergenza, un po' come Hitler dispiegava le forze della SS.

MAPPE E FRASARI

A sostegno della sua tesi principale, Suvorov cita ulteriori dati che non furono menzionati nelle sue due precedenti opere sull'argomento.

Per prima cosa,

alla vigilia dello scoppio della guerra nel 1941, le forze sovietiche avevano in dotazione mappe topografiche solo di zone di frontiera ed europee;

non avevano mappe per difendere il territorio o le città sovietiche, visto che la guerra non doveva essere combattuta in casa.

Il capo dei Servizi Topografici Militari dell'epoca, e quindi responsabile per la distribuzione delle mappe militari, Maggiore Generale M .K. Kudryavtsev, non venne punito e nemmeno espulso per non aver fornito mappe del proprio paese, ma continuò a godere di una lunga carriera militare di successo. La stessa cosa per il Capo di Stato Maggiore Generale Zhukov, il quale non fu mai ritenuto responsabile per le sconfitte nei primi mesi della guerra.

Nessuno dei massimi comandanti militari poteva essere ritenuto responsabile, fa notare Suvorov, perché avevano tutti seguito alla lettera gli ordini di Stalin.

Seconda cosa,

agli inizi del Giugno del 1941 le forze armate sovietiche iniziarono a ricevere migliaia di copie di libretti con frasi dal russo al tedesco, con capitoli dedicati a queste operazioni offensivi militari come la presa di stazioni ferroviarie, orientare i paracadutisti e così via, ed espressioni utili come " smettila di trasmettere altrimenti sparo ". Questi libri-frasari furono prodotti in grandi quantità dalle case editrici militari di Leningrado e Mosca. Tuttavia non raggiunsero mai le truppe sulle linee del fronte e si dice che siano stati distrutti nella fase iniziale della guerra.

AIUTI DAGLI STATI UNITI "NEUTRALI"

Suvorov fa notare che gli Stati Uniti hanno rifornito la Russia sovietica di armamenti pesanti sin dalla fine degli anni 30. Cita lo studio di Antony C. Sutton, National Suicide (suicidio nazionale), Arlington House, 1973, il quale racconta che nel 1938 il Presidente Roosevelt concluse un accordo segreto con l'URSS per lo scambio di informazioni militari. Per uso e consumo del pubblico americano, comunque, Roosevelt annunciò l'imposizione di un "embargo morale" all'Unione Sovietica. Nei mesi precedenti all'entrata in guerra ufficiale dell'America (Dicembre 1941), i bastimenti navali nell'Atlantico degli Stati Uniti apparentemente neutrali erano già in guerra contro le forze navali tedesche. (Vedi: Mr. Roosevelt's Navy: The Private War of the U.S. Atlantic Fleet, 1939-1942, di Patrick Abbazia (la marina del Sig. Roosevelt: la Guerra privata della flotta atlantica Americana, 1939-1942), Annapolis; Naval Institute Press, 1975.

E due giorni dopo l'attacco "Barbarossa", Roosevelt annunciò gli aiuti americani alla Russia sovietica nella sua guerra per la sopravvivenza contro l'Asse.

Traduzione a cura di Gian Franco Spotti
- Poslednyaya Respublika (“L’Ultima Repubblica”), di Vikto Suvorov (Vladimir Rezun). Mosca: TKO ACT, 1996. 470 pagine. Rilegato. Con fotografie.
Fonte: The Journal of Historical Review, Luglio-Agosto 1998 (Vol. 17, N° 4), pag. 30 in poi
Tratto da: http://www.ihr.org/jhr/v17/v17n4p30_Michaels.html

Fonte: http://80.241.231.25/ucei/Viewer.aspx?Date=Today&ID=2012090822558423 del 08.09.2012 ripreso da: Rinascita dell'08.09.2012,pag 8 http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=16634


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22 giugno 1941: Operazione Barbarossa

Una guerra preventiva per la salvezza dell’Europa

di Gianantonio Valli

Revisionismo: tre pilastri

Col presente saggio vogliamo illustrare, alla luce delle più recenti risultanze storiografiche, la dinamica ed il significato dell’Operazione Barbarossa, e cioè dell’attacco portato dalla Germania Nazionalsocialista all’Unione Sovietica il 22 giugno 1941. La vulgata democratica, marxista come liberale, considera da un sessantennio tale attacco come una pura e semplice aggressione, non provocata e in violazione di un patto sottoscritto, ad una Unione Sovietica pacifica, pressoché inerme e pressoché all’oscuro di ogni preparativo nemico.
Da un lato serve a eternare l’abusato cliché di un Terzo Reich sentina di ogni malvagia brama di potenza, proteso alla conquista del mondo. Dall’altro serve a mettere in netto secondo piano quanto non cancellato tout court dall’attenzione i piani strategici e la volontà di aggressione sia delle potenze democratiche occidentali – Inghilterra e Stati Uniti in testa – sia dalla potenza democratica orientale. Di quella Unione Sovietica cioè che, dopo il vergognoso crollo del 1989, dovrebbe essere considerata ancora oggi vittima pressoché innocente, artefice non di una sanguinaria guerra di conquista rivoluzionaria mondiale progettata a sangue freddo da un ventennio, ma protagonista incolpevole e reattivo di una più che giusta Grande Guerra Patriottica. Quasi che Stalin – e ovviamente la cricca dirigente bolscevica, da lui selezionata, formata e debitamente “purgata” – non fosse sempre stato un più che genuino e conseguente rivoluzionario marxista-leninista, bensì un nazionalista russo, seppure contorto, tardivo e sui generis. In realtà, esattamente opposta è l’interpretazione che ogni spirito libero, dotato di onestà intellettuale e conoscenze storiche, deve trarre dalla considerazione di quegli eventi.
I tre pilastri sui quali si fonda l’interpretazione corrente della Seconda Guerra Mondiale, e di conseguenza l’assoluzione delle suddette tre potenze dalle responsabilità per lo scoppio di quel conflitto, il più atroce mai occorso nella storia, e la criminalizzazione non solo della Germania nazionalsocialista ma anche dell’intero popolo tedesco, sono costituiti dalle tre imputazioni fatte al Terzo Reich: 1) aggressione a Occidente 2) aggressione a Oriente 3) Olocausto. In realtà, nessuno di tali pilastri è fondato, e solo un’occhiuta vigilanza e una ignobile repressione del pensiero possono difendere quella vulgata. Per il primo punto rimandiamo alla Bibliografia. Per il terzo, alle opere censite nel numero monografico 41 de l’Uomo Libero, edito nell’ormai lontano 1996, cui sono da aggiungere decine di altri volumi editi, malgrado la persecuzione democratica, successivamente.
Per ogni spirito desideroso di capire le vere coordinate della più recente storia è quindi assolutamente doveroso approfondire tale tema centrale per l’interpretazione dell’intero conflitto, tema ancor oggi mistificato da ogni gazzettiere e pseudostorico, e cioè il carattere genuinamente difensivo e preventivo della suddetta “aggressione” alla “pacifica” URSS.
E ciò anche se il pugno di autori sovietici e tedeschi – in primis Manfred Messerschmidt, ex superiore dello storico tedesco Joachim Hoffmann al Militargeschchtliches Forschungsamt “Ufficio storico militare di ricerca” di Friburgo, e l’Halbjude storico Hans Mommsen – radunati da Bianca Pietrow-Ennker, reitera che “tale “nuova” tesi è la vecchia tesi della propaganda di guerra tedesca”. E ciò, anche se l’ebreo Emil Facknheim, esponente di spicco della “Teologia dell’Olocausto”, osa sostenere, in Baccarini-Thorson: “non c’è prova che l’Unione Sovietica stesse preparando un attacco”.
Paradigmatica di tali capziose posizioni, nonché offensiva per ogni intelligenza, è la tesi dell’inglese Donovan Webster, esposta con disinvoltura formale ed errori sostanziali, summa delle più classiche teorie del Sistema: “Nel giugno del 1941, mese e anno in cui le armate del terzo Reich dilagarono in Russia, il mondo pareva essere stato creato per un unico scopo: affinché Adolf Hitler potesse invaderlo. In dieci anni, l’oscuro caporale boemo, facinoroso ex galeotto, si era innalzato al rango di Comandante supremo tedesco…A quel punto, con l’intera Europa continentale a tutti gli effetti conquistata, con Italia e Spagna collocate in termini molto prossimi alla sudditanza verso la Germania, Adolf Hitler decise che era giunto il momento di allargare i propri orizzonti. La sua prima mossa fu dare il via all’Operazione Leone marino. Obiettivo: la capitolazione dell’Inghilterra attraverso il controllo dell’aria e dell’acqua. Per settimane intere, con stormi della Luftwaffe nel cielo, con orde di sottomarini U-boat (sic) nel mare del Nord e nella manica, la Germania nazista strinse le Isole Britanniche d’assedio. Ma quando gli inglesi non cedettero, ed era ormai nel settembre del 1940, Hitler cambiò idea. Nel dicembre del 1940 la sua strategia era già mutata: pur continuando a tenere una pressione bellica di routine contro l’Inghilterra, il suo futuro di espansione si erà già spostato verso est. E verso l’Unione Sovietica guidata da Stalin. Nel 1939 Hitler e Stalin avevano firmato un patto di non aggressione, ma Hitler era risoluto ad infrangerlo. In fondo, per lui i trattati erano “solo pezzi di carta”. E riguardo ai russi: “Tutto quello che dobbiamo fare è sfondare la porta a calci”, sosteneva, “e l’intera baracca bolscevica verrà giù come un castello di carte”.
Altrettanto non documentata (in particolare, in quanto per ovvi motivi temporali resta ignota all’autore la documentazione edita nei ventenni seguenti l’uscita del libro) è la tesi del tedesco Hartmut Schustereit, il cui titolo suona: “Azzardo – L’attacco di Hitler all’Unione Sovietica nel 1941 quale tentativo di vincere l’Occidente attraverso la vittoria ad Oriente”.
Altrettanto infantile è l’interpretazione dell’inglese Richard Overy: non solo Hitler avrebbe cercato di trarsi dall’inpasse in cui si era cacciato a occidente (avendo lasciato in armi un’Inghilterra impossibile a invadersi) attaccando ad oriente un nemico infinitamente più potente sul quale Londra contava (l’URSS rappresentava l’ultima chance per la Gran Bretagna: una volta eliminata la minaccia sovietica, la Gran Bretagna avrebbe acconsentito alla pace e l’America non avrebbe più rappresentato un pericolo), ma avrebbe irrevocabilmente deciso di muoversi fin dal luglio 1940. “In quello stesso mese Hitler aveva già ordinato di allestire un’armata più grande di tutte le armate nemiche messe insieme (?), da schierare poco per volta a Est. Stalin doveva essere portato a credere che quelle truppe fossero destinate all’impiego nell’Europa Occidentale (!), e che fossero stanziate là per evitare gli attacchi aerei britannici (!)”.
Indichiamo al contrario, a conferma della correttezza delle tesi del nazionalsocialista Theodor Adamheit e della genuina rispondenza dei documenti tedeschi del 1941, editi allora anche in italiano, venticinque autor principali con trentacinque opere: Fritz Becker, Hans-Henning Bieg, Karl hans Ertl, Erich Helmdach, Volker Detlef Heydonr, Joachim Hoffmann, Ewald Klapdor, max Kluver, Hans Magenheimer, Werner Maser, Daniel Michaels, Andreas Naumann, Joachim Nolywaika, Walter Post, Stefan Scheil, Russel Stolfi, Wolfgang Strass, Viktor Suvorov, Adolf Von Thadden, Ernst Topitsch, Udo Walendy, Albert Weeks, Kalus-Rainer Woche, Bernhard Zurner e, perché no?, Constantine Pleshakov. Di essi, gli autori centrali sono Suvorov, Hoffmann, Post e Magenheimer.

Aggressione ad una pacifica URSS?

A prescindere dal discorso sulla qualità dell’armamento, peraltro decisamente superiore per i sovietici in ogni settore per quantità e qualità, in particolare per aviazione e corazzati, offriamo i
seguenti dati. E’ però prima doveroso ricordare che solo 1) la sorpresa strategico/tattica più totale 2) l’immediato annientamento dell’aviazione sovietica sui campi di volo 3) la superiore strategia e articolazione dei comandi affiancata 4) dalla più salda determinazione, dal più elevato morale e dall’estremo valore dei soldati tedeschi potè in qualche modo ovviare alla sproporzione di mezzi bellici, sia all’iniziale rapporto globale di 3 a 10 che a quello del 1944 di 2 a 10. Ricordiamo infine che sia gli equipaggiamenti personali sia i veicoli, le armi ed i mezzi corazzati tedeschi (per non parlare ovviamente di quelli degli alleati del Reich) non erano stati concepiti per l’impiego nella stagione invernale, aspetto del resto acclarato già nella drole de guerre “guerra finta” a Occidente nella quale, contro le 34 divisioni tedesche schierate dal Mare del Nord alle Alpi nel settembre-ottobre 1939 (solo 23 quelle presenti il 1° settembre) gli anglo-francesi schieravano 110 grandi unità, oltre che decine di brigate a presidio della Linea Maginot.
In primo luogo – e a prescindere dall’aggressiva Langzeitstrategie “strategia a lungo termine” di matrice leninista-trotzkista dei primi anni Venti di cui ha trattato in particolare Erns Topitsch: favorire un conflitto fra i paesi occidentali per innescare la rivoluzione proletaria e l’intervento dell’URSS in Europa – la mobilitazione delle Forze Armate, fatto “irreversibile e irrevocabile”, riconosciuto dai capi militari e politici di tutte le nazioni quale dichiarazione di guerra a motivo della rivoluzione provocata in tutti i settori della società (1), viene segretamente ordinata da Stalin il 19 agosto 1939. Questo è lo stesso giorno della firma dell’accordo commerciale tedesco-sovietico che assicura all’URSS un credito di 200 milioni di Reichsmark a un tasso di interesse più che vantaggioso, quattro giorni prima della firma del patto Ribbentrop-Molotov, prima ancora quindi dello scoppio delle ostilità polacche e dell’aggressione anglo-francese. Tra le tante dichiarazioni: “So che cosa vuole Hitler. Pensa di avermi messo nel sacco, ma in realtà sono io che ho messo nel sacco lui”.confiderà soddisfatto Stalin a Nikita Chrusciov (le ultime misure di mobilitazione, approvate dal Politburo il 12 febbraio 1941, prevedono il mostruoso schieramento anti-europeo di 9 milioni di uomini, 37.800 carri armati e 22.200 aerei).
In quei giorni, 19 agosto 1939, inoltre, Stalin tiene al Politburo un “discorso segreto” sottratto al pubblico per mezzo secolo (ma reso noto nelle sue linee essenziali già il 12 luglio 1940 dal corrispondente ginevrino dell’Havas Henry Ruflin sul Journal de Genere), che ribadisce i concetti già espressi davanti al Comitato Centrale il 19 gennaio 1925. Un discorso che, edito a Mosca nel 1994 sul numero 12 del periodico Novij Mir (Mondo Nuovo) e nel 1995 in Vojna 1939-1945 – Dve podkhoda “La guerra del 1939-1945 – Due punti di vista”, col documento rimasto anch’esso segreto “Considerazioni sul dispiegamento strategico delle forze dell’Unione Sovietica in caso di guerra con la germania e i suoi alleati” indirizzatogli nel maggio 1941 dal Maresciallo Timoshenko e dal generale Zhukov, Commissario alla Difesa il primo e Capo di Stato Maggiore il secondo, non ha finora suscitato la minima curiosità tra gli storici organici al Sistema. Aspetto del resto comprendibile, in quanto, perseguendo Stalin la sovietizzazione dell’Europa, possibile unicamente attraverso una guerra tradizionale su larga scala e non con rivoluzioni interne ai vari paesi, tale discorso smentisce non solo l’”ingenuità” e l’”amore di pace” del Padre dei Popoli, ma rende totale ragione alle tesi nazionalsocialiste sulla guerra di “aggressione nazista”. Inchiodando infine, last but not least, a un severo giudizio morale tutti quegli “studiosi” di professione che hanno per mezzo secolo pontificato da cattedre universitarie, in libri e su ben pagate gazzette.
In attesa dell’assalto a occidente, nell’imminenza del conflitto sono poi due tra i massimi esponenti staliniani a dichiarare pubblicamente la coerenza dell’azione sovietica con l’ideologia marxista. Così il 15 maggio 1941 l’ebreo Andrei Zdanov, futuro responsabile supremo della cultura, in una conferenza ai lavoratori del cinema, prossimi propagandisti sia in terra di soviet che nell’Europa aggredita: “Quando le condizioni saranno favorevoli, faremo avanzare il fronte del socialismo ancora più a occidente (…) Per farlo abbiamo lo strumento necessario: l’Armata Rossa, alla quale non più tardi del gennaio 1941 è stato dato il titolo di <armata>”. Così il 20 maggio il presidente dell’URSS Mikhail Kalinin: “Se siete marxisti, se studiate la storia del partito, allora comprenderete che il concetto basilare della dottrina marxista è che nel caso di grandi conflitti umani, tali conflitti portano al comunismo il massimo dei vantaggi”.
Commenta al proposito Weeks: “Quale che sia l’opinione che una persona può avere riguardo all’influenza dell’ideologia sulla politica di un regime, assegnando le priorità all’ideologia o alla Realpolitik non ideologica, dobbiamo tenere presente quanto segue. Specialmente il regime sovietico assegnò un’altissima importanza all’ideologia, e non solo come razionalizzazione dei fatti o propaganda. Nessun dubbio che l’ideologia, nei termini di qualche suo aspetto, abbia ceduto o sia mutata in seguito a nuove circostanze. Ma concludere che l’ideologia fosse qualcosa tipo usa e getta, priva di senso o irrilevante per l’azione politica sovietica, in particolare per quanto concerneva la scena globale e gli obiettivi leninisti a lungo termine, è irrealistico, antistorico e semplicemente inesatto. Per il regime sovietico i fondamenti ideologici avevano un’importanza primaria. Non è esagerato dire che, per usare un’espressione sovietica, l’ideologia era la “stella polare” del regime sovietico”.
Ma ecco uno stralcio del testo del 19 agosto, reso noto in Italia dallo slavista Vittorio Strada nell’agosto 1996 (testo completo riportato da Von Thadden II e Weeks): “La questione della pace e della guerra entra in una fase per noi critica. Se stipuliamo un trattato di mutua assistenza con la Francia e la Gran Bretagna, la Germania rinuncerà alla Polonia e cercherà un modus vivendi con le potenze occidentali. La guerra sarà evitata, ma in seguito gli eventi possono assumere un carattere pericoloso per l’URSS. Se accetteremo la proposta della Germania di stipulare un patto di non aggressione, essa certamente attaccherà la Polonia, e l’intervento della Francia e dell’Inghilterra in questa guerra sarà inevitabile. L’Europa occidentale andrà incontro a serie agitazioni e disordini. In queste condizioni noi avremo buone possibilità di restare fuori dal conflitto e potremo sperare di entrare in guerra nel momento favorevole. L’esperienza degli ultimi vent’anni dice che in tempo di pace è impossibile avere in Europa un movimento comunista forte al punto da permettere al partito bolscevico di prendere il potere. La dittatura di questo partito diventa possibile soltanto dopo una grande guerra. Noi faremo la nostra scelta,ed essa è chiara. Dobbiamo accettare la proposta tedesca di rimandare indietro cortesemente la missione anglo-francese. Il primo vantaggio per noi sarà la distruzione della Polonia, la Galizia ucraina compresa. La Germania ci dà piena libertà di azione nei paesi baltici e non si oppone al ritorno della Besserabia nell’URSS. Essa è disposta a cederci in qualità di zone di influenza la Romania, la Bulgaria e l’Ungheria. Resta aperta la questione della Jugoslavia. Nello stesso tempo dobbiamo prevedere le conseguenze che deriveranno sia da una sconfitta che da una vittoria della Germania.
Nel caso di una sconfitta si avrà inevitabilmente una sovietizzazione della Germania e si formerà un governo comunista. Non dobbiamo dimenticare che una Germania sovietizzata si troverà di fronte a un grande pericolo, se quest
a sovietizzazione sarà la conseguenza di una sconfitta in una guerra di breve durata. L’Inghilterra e la Francia saranno abbastanza forti per prendere Berlino e annientare la Germania sovietica. E noi non saremo in grado di venire in aiuto ai nostri compagni bolscevichi in Germania. Il nostro compito, quindi, consiste nel far sì che la Germania possa condurre la guerra quanto più a lungo possibile in modo che l’Inghilterra e la Francia, spossate, non siano in grado di sgominare una Germania sovietizzata. Su una posizione di neutralità, l’URSS presterà aiuto all’attuale Germania, fornendole materie prime e derrate alimentari. Ma il nostro aiuto non dovrà mai superare certe dimensioni per non danneggiare la nostra economia. Nello stesso tempo dobbiamo svolgere un’attiva propaganda comunista, soprattutto nel blocco anglo-francese e, in particolare, in Francia. Dobbiamo essere pronti al fatto che in questo paese durante la guerra il partito sia costretto a rinunciare all’attività legale e ad entrare in clandestinità. Sappiamo che questo lavoro richiederà molti sacrifici, ma i nostri compagni francesi non avranno dubbi. I loro compiti in primo luogo consisteranno nella disgregazione e demoralizzazione dell’esercito e della polizia. Se questo lavoro sarà svolto bene, la sicurezza della Germania sovietica sarà assicurata, e ciò favorirà la sovietizzazione della Francia. Per attuare i piani è necessario che la guerra duri il più a lungo possibile ed è proprio in questa direzione che devono essere orientate tutte le forze di cui disponiamo nell’Europa occidentale e nei Balcani.
Consideriamo ora la seconda ipotesi, cioè la vittoria della Germania. Alcuni sono dell’opinione che questa eventualità costituisca per noi un serio pericolo. Una dose di verità in questa affermazione non manca, ma sarebbe sbagliato pensare che questo pericolo sia così vicino e così grande come alcuni ritengono. Se la Germania riporterà la vittoria, uscirà dalla guerra troppo stremata per dare inizio ad un conflitto con l’URSS almeno per una decina d’anni. La sua preoccupazione maggiore sarà quella di tenere sotto controllo l’Inghilterra e la Francia vinte allo scopo di impedirne la rinascita. D’altra parte, la Germania Vincitrice disporrà di territori enormi e nel corso di molti decenni sarà impegnata nel loro “sfruttamento” e nell’instaurazione in essi dell’ordine tedesco. E’ evidente che la Germania sarà troppo impegnata altrove per volgersi contro di noi. C’è poi un’altra cosa che servirà alla nostra sicurezza. Nella Francia vinta il Partito Comunista Francese sarà molto forte. La rivoluzione comunista avverrà inevitabilmente e noi potremo valerci di questa circostanza per accorrere in aiuto alla Francia e farne la nostra alleata. Più tardi tutti i popoli caduti sotto la “protezione” della Germania vincitrice diventeranno anch’essi nostri alleati. Avremo così un ampio campo di attività per lo sviluppo della rivoluzione mondiale. Compagni! E’ nell’interesse dell’URSS, Patria dei Lavoratori, che si scateni una guerra tra il Reich e il blocco capitalista anglo-francese. Bisogna fare di tutto affinché questa guerra duri il più possibile allo scopo di estenuare le due parti. Proprio per questa ragione dobbiamo accettare il patto proposto dalla Germania e lavorare affinché la guerra, una volta dichiarata, si prolunghi per un massimo di tempo. Si dovrà rafforzare il lavoro di propaganda nei paesi belligeranti per essere pronti al tempo in cui la guerra finirà”.
Analisi e previsioni, queste di Stalin, azzeccate pressoché in tutto (unici nostri rilievi: l’aggressione alla Germania era stata freddamente pianificata anche da Londra dando carta bianca alla follia polacca, incitano Varsavia ai persistenti dinieghi di un compromesso e tollerando quando non suggerendo le sanguinose provocazioni nei confronti della minoranza tedesca (2); la “mano libera” concessa dal Reich nei Paesi Baltici e in Besserabia, e tantopiù un qualsivoglia espansionismo sovietico in Romania e Ungheria, rientrava poi, quando non in un wishful thinking staliniano, in una palese forzatura degli accordi), tranne che nel fattore temporale: a sconvolgere, o meglio ad accelerare la corsa alla guerra di Stalin sarebbe stata la rapidità e la vastità del crollo degli Occidentali.
Ma tornando al problema “mobilitazione”, al contrario di Stalin, il 23 giugno 1940, dopo la vittoriosa campagna di Francia, in attesa di giungere ad una pace generale dopo aver più volte reiterato prove di buona volontà, Hitler ordina la smobilitazione di 35-40 divisioni (da circa 155 a 120 grandi unità), numero poi presto ridotto a 14 in attesa di vedere chiarite le intenzioni sovietiche, i cui uomini sarebbero stati reintegrati in un’economia di pace. E non solo: due giorni dopo, un (quasi incredibile) “ordine del Fuhrer” prevede la ripresa di grandiosi programmi di costruzione non solo a Berlino e Norimberga (termine previsto: il 1950), ma in tutta una serie di città quali Monaco, Linz e Amburgo. Ad esse, successivi decreti e ordinanze aggiungono 27 centri, tra cui Hannover, Augusta, Brema e Weimar, impostando, come l’ordinanza del 15 settembre o i decreti 15 novembre 1940 e 4 febbraio 1941, o le disposizioni di Albert Speer al tesoriere della NSDAP del 19 febbraio 1941, dettagliati programmi di edilizia popolare e/o rinnovamento delle principali città, aspetti affiancati dalla volontà di salvaguardare il tenore di vita dell’intera popolazione, un obiettivo che per Hitler, ossessionato dall’evitare il crollo del “fronte interno” com’era avvenuto nella Grande Guerra, avrebbe per tre anni costituito una preoccupazione primaria. Solo la dura realtà porrà termine a tali sogni, dapprima il 24 gennaio 1942 con un comunicazione di Speer ai Gauleiter riuniti a Monaco, poi, d’ordine personale di Hitler, il successivo 8 settembre ed infine il 13 gennaio 1943, per sospendere ogni progetto e pianificazione edilizia non tesa ai fini bellici e indirizzare risorse umane e materiali alla costruzione, in particolare, delle fortificazioni del Vallo Atlantico.
“Ma c’era in Germania chi imponeva sacrifici alla popolazione, chi pensava alla priorità delle esigenze belliche, che avrebbero dovuto portare a ridurre lo standard di cita dei cittadini?” si chiede Zurner, sottolineando i capitali errori commessi nel campo dell’economia bellica e, implicitamente, demolendo ogni tesi sulla volontà di “conquistare il mondo” da parte del Reich – “Si continuavano a produrre beni di consumo, si continuava a permettere l’edilizia privata, si progettava la costruzione di edifici per il partito (inoltre, scandalosamente incoscienti in un’epoca di tutto-o-nulla, le mostre d’arte che, promosse dalle pubbliche autorità, continuarono a tenersi fin quasi alla fine, come la Grosse Kunstausstellung sotto l’egida del Gau Westfalen-Nord dal 21 maggio al 18 giugno 1944, mentre si sarebbe dovuto indirizzare all’impegno bellico ogni e pur minima risorsa!); nelle famiglie lavoravano un milione e mezzo di domestiche. Ancora troppi uomini e non abbastanza donne erano occupate nelle imprese, nelle industrie: nel 1942 oltre cinque milioni di uomini abili alla guerra. E non esistevano piani per rafforzare con molti di loro gli otto milioni e mezzo di soldati in armi. Proprio in quell’anno, l’anno della presa di coscienza tedesca della realtà, del capovolgimento e della correzione della condotta bellica, si ebbe l’opportunità di raddoppiare o triplicare il personale femminile nell’industria, di occupare nella produzione di armamenti almeno un milione di donne, di impostare allora, in quel momento, la guerra totale, e non un anno più tardi!
“Ma la capacità produttiva inciampò anche in fattori tecnici: non si produceva abbastanza in serie, c’era una eccessiva varietà di produzioni in tutti i campi; c’era una produzione di serie solo in quantità limitata, non una produzione di massa, non la standardizzazione dei metodi. Non c’era neppure un addestramento di massa della forza-lavoro.
Lo spirito inventivo tedesco sviluppava sempre nuovi tipi di armi, cercava sempre cambiamenti; le ditte concorrevano tra loro come in tempo di pace, cercando di ottenere le commesse per i propri modelli, tutti prodotti in piccola serie. Tutti costruivano di tutto, pressoché nessuno si concentrava su ciò in cui era esperto, pressoché nessuno si limitava su pochi prodotti. Nell’industria, criticò il Generale Milch in una conferenza già il 29 ottobre 1941, financo i tre quarti della forza-lavoro era occupata in attività antidiluviane! Risultato: i dati della produzione degli armamenti restarono ben sotto le aspettative dei capi. Nel 1940 la quota fu il 15% di tutta la produzione industriale; nel 1941, solo di poco più alta, il 19%; e anche nel 1942 non fu molto diversa (a confronto: nel 1944, quando i due errori strategici di Hitler (compiuti nel 1941 fin dal 22 giugno: lo stravolgimento dell’originaria Operazione Barbarossa, che prevedeva gli attacchi principali sui fianchi nord e sud, sostituiti invece da un più forte attacco centrale contro Mosca, e l’impostazione dell’Operazione Taifun, l’offensiva contro Mosca rinnovata il 2 ottobre, entrambe imposte dall’OKH con un una pervicacia al limite del sabotaggio, contro le concezioni di Hitler) non potevano più essere corretti ed era ormai tardi, la quota salì al 50%). Nel dopoguerra gli esperti giudicarono che la Germania avesse perso la guerra già nel 1940-41, non essendo riuscita ad incrementare la capacità produttiva bellica!”
Bisogna riconoscere, rileva Maurizio Blondet, che “l’economia tedesca fu messa a regime di mobilitazione totale solo dal 1943. Solo allora la Germania spinse a fondo l’accelleratore. Albert Speer, il genio della mobilitazione economica bellica, racconta che nel 1943 – sotto gli incessanti, apocalittici bombardamenti – la Germania fu ancora capace di produrre 5.234 locomotive, il doppio dell’anno precedente. Fra il 1941 e il 1944 la produzione di munizioni triplicò, quella dei pezzi per mezzi corazzati fu quintuplicata, pur con un risparmio del 79% della manodopera e del 93% dell’acciaio impiegato (rispetto al 1941) grazie ad una razionalizzazione scientifica dei processi produttivi. E la mobilitazione della manodopera fu sempre ben lontana dalla militarizzazione attuata in Inghilterra, dove tutte le forze del lavoro erano inquadrate in battaglioni, che venivano dislocati dove ce n’era bisogno. Tutta la popolazione civile inglese, comprese le donne, era una gigantesca armata mobile. In Inghilterra il 61 per cento delle donne era nel 1944 impiegato nello sforzo bellico; in Germania il 45 per cento. Quanto ai beni di consumo, fatta 100 la produzione del 1939, in Gran Bretagna era scesa nel 1942 a 79, in Germania era a 88. Ancora a metà della guerra, il tenore di vita tedesco restava più alto di quello dei suoi nemici”.
In effetti, il programma di armamento tedesco si compie sulla base di sole 180 divisioni – dislocate, non lo si scordi, da Capo Nord alle sabbie africane – mentre il minimo necessario per il solo attacco ad oriente viene valutato a 300. Infine, l’ordine di impostare i piani dell’Operazione Barbarossa vengono emessi solo il 21 luglio 1940, cioè dopo l’occupazione sovietica dei Paesi baltici, della Besserabia e della Bucovina Settentrionale (regione, questa, strategica al di là del fiume Prut e assolutamente esclusa dal protocollo aggiuntivo Ribbentrop- Molotov) avvenuta a tambur battente tra il 15 e il 24 giugno; dopo i frustranti, illuminanti colloqui del 12-13 novembre con Molotov a Berlino il benestare al conflitto preventivo viene dato il 18 dicembre (e già pochi giorni dopo comunicato a Mosca, in particolare dalla spia Ilse Strofe); l’irrevocabile via solo il 1° aprile 1941, dopo la riconferma delle trame aggressive sovietiche col colpo di stato antitedesco a Belgrado. In parallelo, l’11 febbraio l’ambasciata tedesca di Bucarest aveva avvertito Berlino dell’imminenza di un colpo di stato in Romania anch’esso gestito da elementi sovietici in collaborazione coi servizi segreti inglesi, mentre il 1° marzo il sottosegretario di Stato Sumner Welles aveva comunicato all’ambasciatore sovietico Umanskij il contenuto di massima della Fuhrerweisung n. 21; del resto, una stretta collaborazione tra i due colossi democratici vigeva fin dal gennaio 1939, con la fornitura a Mosca di materiali strategici, e dal marzo con la firma di un accordo per la costruzione di sommergibili sovietici nei cantieri americani; quanto all’Inghilterra, ricordiamo che un accordo militare segreto era stato sottoscritto da Churchill con Mosca il 15 ottobre 1939.
Ricordiamo inoltre – dopo la conferenza del Comando Supremo dell’Armata Rossa tenutasi per nove giorni dal 23 al 31 dicembre 1940, riguardo una “possibile” guerra di aggressione alla Germania, cui partecipano trecento tra marescialli, generali e ammiragli – non solo l’aggressivo discorso tenuto da Stalin il 5 maggio 1941 all’Accademia Militare di Mosca (sintomaticamente, nello stesso giorno Stalin, segretario generale del Partito, si fa nominare presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo, cioè primo ministro, ufficializzando/monopolizzando in tal modo anche formalmente l’intero potere decisionale), ma anche le conformi direttive impartite quattro giorni dopo dal Comitato Esecutivo del Komintern ai capi del comunismo internazionale (testo in Salvatore Francia):
“E’ giunto il tempo di compiere nuovi passi decisivi sulla strada della rivoluzione mondiale. Gli ostacoli da superare sono ancora formidabili e richiedono una nuova elasticità tattica che deve essere accuratamente elaborata e posta in pratica arditamente secondo le linee seguenti:
a) La rivoluzione mondiale comunista dev’essere presentata come una serie di misure destinate ad attuare la “vera democrazia”; tutti i dirigenti politici e militari del movimento comunista debbono rappresentare le loro attività sotto questa luce. I membri del Partito, in una quota massima del 30%, potranno presentarsi apertamente come “linea dei combattenti del fronte per la democrazia” agli occhi delle masse.
b) Il governo dell’Unione Sovietica potrà altresì ritenere necessario fare temporaneamente concessioni nello stesso senso, allo scopo di favorire la causa rivoluzionaria nei paesi dove le condizioni lo richiedano.
c) Fino a che non abbia conquistato il potere, il Partito Comunista del paese dove si sta preparando la rivoluzione avrà cura di mantenere buoni relazioni con i circoli patriottici e religiosi. Non debbono venir fatte distinzioni fra le varie Chiese: tutte dovranno venir trattate allo stesso modo agli occhi delle masse. Anche le tradizioni nazionali dovranno venir rispettate. Là dove sia necessario e con l’autorizzazione del Comitato Centrale del partito, i rappresentanti delle Chiese potranno venir chiamati a prendere parte alla preparazione e all’effettuazione della rivoluzione. La loro forza numerica determinerà la misura in cui l’influenza della Chiesa verrà esclusa più tardi dalle faccende dello Stato.
d) La stampa dovrà essere usata per divulgare le nuove teorie fra le masse. Le circolari destinate a impartire istruzioni confidenziali ai membri e alle organizzazioni del Partito saranno redatte con lo stesso sistema finora usato. Le circolari segrete continueranno a tenere informati sulla situazione tutti i rivoluzionari attivi.
e) Dopo che il Partito avrà conquistato il potere, la politica estera verrà stabilita dai rappresentanti diplomatici dell’URSS, che riceveranno le necessarie direttive dal Komintern. I rappresentanti manterranno il collegamento fra il Comitato Centrale del Partito Comunista dell’URSS e quelli dei paesi in cui il Partito avrà assunto di recente il potere. I rapporti e le informazioni saranno consegnati a essi, mentre una copia verrà inviata direttamente al Komintern.
f) Immediatamente dopo la conquista del potere, i CC provvederà a costituire un nuovo governo. Questo dovrà rappresentare la vasta massa del popolo e conservare tutte le apparenze della
democrazia. Il paese sarà amministrato attraverso i comitati subordinati, provinciali, regionali, distrettuali e locali. Per quanto riguarda gli affari interni, il CC continuerà a rimanere la suprema autorità esecutiva, mentre la politica estera verrà diretta dal Comitato Esecutivo del Komintern.
g) Gli avversari del nuovo governo, specialmente coloro che godono ancora di qualche prestigio fra il popolo e quelli la cui partecipazione alla rivoluzione ha permesso di avere conoscenza dei documenti segreti del movimento comunista, dovranno essere allontanati il più presto possibile, ma secondo un sistema democratico, cioè processati dinanzi a un regolare collegio giudicante del Tribunale del Popolo. Questo dovrà comprendere un membro noto del Partito e due membri segreti o simpatizzanti di fiducia. I processi importanti dovranno svolgersi dinanzi a tribunali superiori di natura ugualmente democratica. Si potranno incontrare difficoltà considerevoli nell’arrestare e sterminare gli oppositori interni e i nemici di classe. Non bisognerà tuttavia perdere tempo nel porli in stato d’arresto e nel sollevare contro di essi imputazioni formali per giustificare la loro detenzione agli occhi del mondo democratico.
h) IL termine “nemico di classe” comprende le seguenti categorie: membri dei movimenti ideologici a carattere nazionalista o religioso, preti, membri delle forze di polizia, del corpo ufficiali, dei servizi diplomatici e civili che si siano rifiutati di parteggiare per le forze rivoluzionarie, tutti i membri delle dinastie regnanti, tutti gli individui noti per essersi attivamente opposti alla preparazione ed effettuazione della rivoluzione. Il modo di far scomparire questi nemici di classe sarà determinato dalla situazione generale, e i metodi da usare verranno prescritti dal Delegato del Comitato Esecutivo del Komintern, che verrà assegnato al CC non appena avrà assunto il potere, per porre la sua vasta esperienza a disposizione del Comitato stesso.
i) Dopo la conquista del potere, il Partito disporrà di fondi, tenuti separati dai fondi dello Stato, ricavandoli dalle seguenti fonti: proprietà appartenute ai nemici di classe che sono stati liquidati o i cui beni sono stati confiscati in seguito a sentenza di un tribunale; proprietà appartenenti ai movimenti e alle organizzazioni avversarie; proprietà confiscate alle Chiese, alle dinastie regnanti e ai profittatori di guerra”

DATI BELLICI 1939-1945

Sette potenze: dati all’inizio del 1938, senza accennare agli alleati né al controllo dei centri delle materie prime e delle vie di comunicazione L’Impero Britannico non comprende le terre antartiche né i Mandati di tipo A.

Nazioni............estensione in kmq......abitanti
Gran Bretagna................242.606......................47.500.000
Impero Britannico........33.800.000....................524.000.000
Francia..........................550.986.....................42.000.000
Territori Francesi.........11.846.000.....................69.000.000
USA............................9.357.848...................130.750.000
URSS.........................21.267.714...................178.000.000
Germania........................554.473.....................74.600.000
Italia..............................310.150....................43.000.000
Impero Italiano..............3.485.000......................8.500.000
Giappone........................382.253.....................71.500.000
Corea e Formosa..............256.702.....................28.850.000

Occidentali e sovietici.. .81.500.000.................1.100.000.000
German. Italia Giapp........5.000.000...................230.000.000


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antiUsrael
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-iva permanente lungo la frontiera. Inoltre, se tutto ciò e visto nel contesto della già ricordata dottrina di Zhukov (nei distretti di frontiera, anche in tempo di pace dovevano esserci truppe in grado di entrare in territorio nemico sin dal primo giorno di guerra per “rompere” la mobilitazione del nemico e coprire la propria), diventa chiaro che l’unica credibile intenzione che Stalin poteva avere era quella di cominciare, lui pure, la guerra nell’estate del 1941”.
Tesi ribadite a Massimo Caprara un quindicennio più tardi: “Da gennaio a febbraio 1941 Stalin iniziò a spostare le truppe sovietiche verso i confini tedeschi. Il 13 giugno 1941 si diede inizio allo spostamento segreto verso i confini occidentali di ben sette Armate sovietiche contemporaneamente. Si trattò del più colossale spostamento di truppe di tutta la storia dell’umanità. Fra le truppe che contavano milioni di uomini, c’erano centinaia di migliaia di prigionieri dei gulag che Stalin aveva fatto uscire dai campi e che aveva armato. Era ormai impossibile togliere loro le armi e rispedirli nei lager”.
Assolutamente inconsistente, quindi, l’abusata tesi che un pacifico, addirittura impaurito Stalin muovesse tali masse per affrontare a difesa la Wehrmacht:

“Stalin non aveva alcun piano difensivo. Nemmeno una divisione, nemmeno un corpo d’Armata, nemmeno una delle ventisei armate si preparava alla difesa. Nessuno scavava fosse o trincee, nessuno stendeva filo spinato, nessuno piazzava mine. Tutt’altro. La differenza consisteva nel fatto che Hitler aveva 3.500 carri armati e Stalin 24.000, compresi i migliori al mondo. Hitler non aveva nemmeno un carro armato natante. Stalin ne aveva 2.000. Hitler aveva 2.500 aerei da combattimento, Stalin 22.000”.

Inoltre, conclude Caprara, gli Osnaz erano le formazioni d’assalto più aggressive della macchina punitiva sovietica. Andavano famose per la loro spietatezza durante la guerra civile. Nella prima metà del 1941 comparve infatti una seconda divisione Osnaz e immediatamente un intero corpo Osnaz dell’NKVD, armati di obici offensivi. “Il compagno Stalin, quali altri territori aveva in mente di depurare?”, si chiede Suvorov. Con questo agghiacciante interrogativo e con una documentatissima intervista, assai più folta ed appassionata di quanto sia possibile riferire, termina la sua esposizione. Ce n’è di che abbondantemente pensare al passato e all’avvenire”.
Ben difficilmente contestabili, quindi, le conclusioni di due tedeschi. La prima, ripetutaci da David Pike, la risposta di un prigioniero tedesco del campo di Krasnogorsk, nei pressi di Mosca, al comunista Erich Weinert: “Neghi che Hitler ha invaso a tradimento l’Unione Sovietica?”. “Non ha invaso l’Unione Sovietica, ha solo preceduto un’invasione compiuta dall’Unione Sovietica”. “E perché l’Unione Sovietica avrebbe dovuto invadere la Germania?”. “Per diffondere il bolscevismo in Germania. L’obiettivo dei comunisti, dopo tutto, è la rivoluzione mondiale”.

La seconda, il discorso del Fuhrer il 30 gennaio 1943:

“Appena oggi, nel decimo anniversario dell’ascesa al potere, ci rendiamo esattamente conto di quello che sarebbe successo della Germania e dell’Europa se al 30 gennaio 1933 la Provvidenza non avesse – per tramite del Presidente del Reich Maresciallo von Hindenburg – affidato al nazionalsocialismo il potere (…) che sarebbe successo del popolo tedesco e dell’Europa se il 22 giugno 1941, proprio all’ultimo momento, il nuovo esercito tedesco non avesse fatto scudo di sé al continente? Chi mai crederà che le ridicole garanzie cartacee degli uomini di Stato britannici avrebbero salvato il mondo dall’attacco di una potenza la quale – come oggi cinicamente dichiarano i corrispondenti dei giornali d’America – da vent’anni aveva un fine solo, quello di saltare addosso, come al tempo delle trasmigrazioni dei popoli o delle invasioni dei mongoli, all’Europa, di annientarne la cultura e soprattutto di far strage delle sue genti per ricavarne degli schiavi per le tundre siberiane? Quale Stato se non la Germania avrebbe potuto affrontare quel pericolo? Se dal 1941 in poi la maggior parte d’Europa si stringe attorno alla Germania nella lotta contro il pericolo d’oriente, questo avviene soltanto perché la Germania, nel 1933, aveva creato le premesse politiche, morali e materiali atte a condurre oggi una lotta nella quale si decide dell’avvenire del mondo. Come allora non v’erano nell’interno che due possibilità: o la vittoria della rivoluzione nazionalsocialista, e con ciò il metodico risorgimento sociale del Reich, oppure il sovvertimento bolscevico con la catastrofe e l’asservimento di tutti, così anche oggi v’è solo una di queste due alternative: o vincono la Germania e i paesi ad essa associati, e quindi l’Europa, o l’ondata asiatica bolscevica partendo da oriente si riverserà sul Continente di più antica civiltà, abbattendo e distruggendo tutto, com’è successo in Russia. Soltanto dei sognatori con la testa fra le nuvole possono prestar fede alle chiacchiere ebraiche che una qualche dichiarazione cartacea, inglese o americana, potrà essere in grado di arrestare una simile catastrofe universale”.

Partenza ritardata: un errore?

Un luogo abusato contro gli italiani, ripetuto sulla scia delle esternazioni compiute da Hitler in particolare il 15, 17 e 26 febbraio 1945, è che l’Operazione Barbarossa sarebbe fallita principalmente per la perdita del mese e mezzo impiegato dai tedeschi per correre in aiuto agli alleati in difficoltà nei Balcani e per ovviare alle complicazioni (complotti sovietico-britannici e sommosse nel governo jugoslavo filo-Asse, possibilità per gli inglesi dell’uso di basi greche per bombardare i pozzi petroliferi romeni, etc.) venutesi a creare a causa dell’intervento contro la Grecia iniziato da Roma il 28 ottobre 1940 (intervento compiuto in parte anche in stupida funzione anti-tedesca e comunque nell’esiziale strategia della “guerra parallela”): Ricordiamo il 17 febbraio 1945: “Se la guerra fosse rimasta una guerra condotta dalla Germania e non dall’Asse, saremmo stati in grado di attaccare la Russia entro il 15 maggio 1941. Doppiamente rafforzati dal fatto che le nostre forze avevano riportato soltanto vittorie decisive e inconfutabili, avremmo potuto concludere la campagna prima dell’inizio dell’inverno”. In verità, per quanto mal gestita anche a causa delle velleità e dell’incompetenza dei vertici politici fascisti nonché dei traditori della cricca generalizia del Maresciallo Badoglio, l’improvvida apertura delle ostilità contro la Grecia non è da porre in conto del fallimento della strategia orientale di Berlino.
A prescindere dai ben più gravi tradimenti interni che colpirono la dirigenza politica e militare tedesca, teniamo presente che l’anticipo dell’attacco a metà maggio, a parte considerazioni di più ampia portata geopolitica, avrebbe trovato:
1. un numero di divisioni tedesche schierate nettamente inferiori (88) a quello, peraltro già cospicuo, del 22 giugno (153),
2. un numero di divisioni sovietiche non solo ancora superiore (190 + 47 del secondo scaglione) ma, soprattutto, non così disperse e/o squilibrate in senso offensivo, bensì ancora all’interno del loro territorio, in grado quindi di riorganizzarsi a difesa e contrattacco molto più rapidamente,
3. la presenza di campi, strade e ponti minati, così come delle flottiglie difensive sui grandi fiumi russi, flottiglie poi spostate nel Mar Nero per l’assalto alla Romania, e le linee difensive Stalin e Molotov ancora pressoché intatte, linee poi demolite o abbandonate in quanto giudicate superflue per la strategia aggressiva sovietica ed anzi tali da ostacolare lo schieramento offensivo dell’imponente massa d’urto del Primo, Secondo e Terzo Scaglione,
4. i grandi fiumi: Bug settentrionale, Niemen, Dvina, Prut, Dnestr, Bug meridionale e Dnepr, così come le grand
i paludi del Pripjet, tutti con flusso in direzione nord-sud e quindi tutti da attraversare, ancora più gonfi d’acqua perle conseguenze di un inverno con copiose nevicate e abbondanti piogge primaverili,
5. l’assenza degli immensi rifornimenti sovietici di ogni tipo ammassati nei pressi del confine e dai tedeschi catturati ed usati per le proprie esigenze(carburanti, munizionamento del più vario, binari e traversine ferroviarie, mezzi da combattimento e materiale di ogni tipo, etc.).

Politica obbligata

Le considerazioni conclusive le lasciamo interamente, causa l’ampio sguardo storico e l’estrema chiarezza espositiva, a Vajda e Dancey:

“Nel 1933 Hitler divenne dittatore col consenso, sia interno dei tedeschi che esterno delle nazioni. Della comunità internazionale solo i sovietici non l’accettarono, incoraggiando nell’opposizione i comunisti tedeschi. Naturalmente i nazionalsocialisti affrontarono in primo luogo il problema principale di quegli anni, la disoccupazione. Vennero lanciate grandi opere pubbliche,costruite autostrade, risanati terreni e migliorate le infrastrutture agricole, costruiti nuovi impianti industriali…I sindacati vennero aboliti e fu creato un unico sistema di cooperazione la Deutsche Arbeitsfront, il Fronte Tedesco del Lavoro. L’obiettivo era di unire il popolo, l’unione pacifica dei suoi sforzi, delle sue risorse e delle sue finanze per edificare quanto prima un’economia sana, una forte Germania nella quale ogni tedesco avrebbe trovato lavoro, tranne ovviamente gli oppositori del nuovo regime. Nei loro sforzi di unire il popolo, i nazionalsocialisti curarono i minimi dettagli. Il 20 agosto 1933 fu inaugurato a Berlino un Salone della Radio. L’obiettivo era di fornire una radio ad ogni famiglia. Ventotto ditte furono invitate a produrre una “radio del popolo”, da porre in vendita al basso prezzo di 76 marchi. Ogni famiglia tedesca avrebbe dovuto averne una. Il primo giorno ne furono vendute oltre 100.000…Più avanti Hitler ideò la Volkswagen, o “auto del popolo”, una per ogni famiglia, per 1.000 marchi…

Al 30 settembre 1933, il numero dei disoccupati era precipitato a 3.849.000. (Dai 5.598.855 disoccupati presenti il 5 marzo), i nazionalsocialisti avevano ridotto la disoccupazione del 31% in meno di sette mesi. Un vero miracolo! Il 12 novembre 1933 la NSDAP ottenne il 92,1% dei voti. Il futuro del Reich era assicurato sotto la guida del Fuhrer. La fiducia di Hitler e degli 80 milioni di suoi concittadini era ben motivata. I tedeschi erano industriosi, inventivi e artistici. Producevano grandi artigiani, ingegneri, scienziati, filosofi e compositori. Hitler era costantemente all’opera per rafforzare sempre di più il carattere e gli sforzi del suo popolo. Comunque, è difficile definire esattamente perché… A meno che non fosse per prepararlo per le possibili avversità future. Indubbiamente, il popolo tedesco dopo dieci anni di indottrinamento resistette con molto stoicismo agli attacchi aerei alleati che annientavano centinaia di migliaia di persone. Il Fuhrer aveva costruito il movimento nazionalsocialista non sulla base di un capriccioso voto elettorale, ma sul Volk, sul popolo; e il popolo gli aveva dato una vasta maggioranza e un incondizionato sostegno fino alla fine. Nelle pagine precedenti abbiamo visto come nel tempo la Germania costruì una forte industria aeronautica e di armamenti. All’inizio essa fu un mezzo per eliminare la disoccupazione e solo in un secondo tempo un’arma per difendere la Germania. Fin dai primi anni Hitler fu terrorizzato dall’idea che potenze straniere come la Cecoslovacchia, la Francia, la Polonia, l’URSS, etc., avrebbero potuto attaccare con estrema facilità l’allora indifesa Germania e abbattere il nazionalsocialismo.

Per questo nel 1933 egli chiese il disarmo totale di ogni paese europeo, o il permesso di un parziale riarmo tedesco. Le richieste vennero respinte da quei paesi, in particolare la Francia. Il primo successo politico del reich fu il patto di non-aggressione con la Polonia agli inizi del 1934. Comunque, l’incontro di Hitler con Mussolini nel luglio 1934 a Venezia non ebbe successo, in primo luogo a causa della questione austriaca. Dopo qualche mese l’Italia scelse di formare una coalizione antitedesca con l’Austria e l’Ungheria. La Germania restò isolata, senza alleati.
“Non stupisce che, data tale situazione, dal marzo 1935 cercasse di costruire un esercito di 36 divisioni di 500.000 uomini, quando la molto più piccola Italia già possedeva un esercito di 600.000 uomini. Comunque, già nel maggio 1935 i progetti di riarmo tedeschi vennero vanificati dalla stipula dei patti di cooperazione militare franco-sovietico e franco-ceco. Che speranza di vittoria avrebbe avuto il Fuhrer, nel caso di un conflitto? La documentazione tedesca dell’epoca conferma che molti dei capi europei e tedeschi erano terrorizzati dall’idea di una guerra. La Germania cercava di presentarsi più forte di quanto non fosse per due ragioni: per evitare la guerra evitando di essere attaccata da potenze straniere; per conseguire il massimo successo internazionale instillando la paura nei capi delle potenze straniere. Era la politica del terrore senza la bomba atomica! Perché mutò allora la storia? Perché ne seguì una guerra costosa e sanguinosa? Questo non era, dopo tutto, nell’interesse del Fuhrer e degli altri capi nazionalsocialisti. Hitler dispiegò molta prudenza. Quando la Wehrmacht inviò pochi battaglioni ad occupare la Renania tedesca demilitarizzata, essi ricevettero ordini severissimi di rientrare se un solo soldato francese si fosse mostrato. Ma nessuno si mostrò…Un’altra indicazione della prudenza di Hitler fu il Trattato Navale anglo-tedesco del 18 giugno 1935 (…) Hitler voleva la guerra negli anni Trenta? No! Ogni evento di allora e tutta la documentazione lo prova, con estrema chiarezza. Il Fuhrer voleva un’espansione pacifica, non la guerra. Tutti i capi militari e politici tedeschi stimavano all’epoca che una guerra europea non fosse possibile prima del 1942-43. Il programma di riarmo puntava su questo. L’esercito, la marina e la Luftwaffe erano stati pianificati per essere pronti nel 1942-43. Non prima. Anche l’obiettivo era, in primo luogo, difendere la Germania, ed eventualmente, se necessario, prevenire la guerra in Europa orientale, certo non lo scoppio di un conflitto a Occidente (…) Lo storico inglese Trevor-Roper sbaglia completamente, quando scrive che “per molti aspetti la Seconda Guerra Mondiale fu la guerra personale di Hitler. Lui l’aveva ideata, l’aveva preparata, aveva scelto il momento giusto per scatenarla e per tre anni, in complesso, ne aveva pianificato l’andamento”.
“Nelle pagine precedenti abbiamo visto che queste accuse sono infondate. Hitler, la Wehrmacht, il popolo, l’industria e l’economia tedesche non erano preparati per la guerra. Questa fu, invero, una delle ragioni della sconfitta del Reich.

Il momento dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu scelto dall’Inghilterra e dalla Francia, non da Hitler; egli non aveva previsto una guerra europea prima del 1942-43. Fin dall’inizio Hitler non fu padrone delle decisioni strategiche. La guerra scoppiò per una serie concatenata di eventi , non voluta nel momento migliore per la Germania. L’attacco alla Francia venne rinviato più volte.

La guerra aerea contro l’Inghilterra fu lanciata soltanto dopo che le numerose offerte di pace di Hitler erano state respinte.

In ogni caso, l’invasione delle isole britanniche era impossibile per la debolezza delle forze aeree e navali tedesche. L’attacco alla Jugoslavia venne deciso solo all’ultimo momento, e sotto l’urgenza della necessità. In ogni caso, esso provocò un rinvio fatale dell’attacco all’Unione Sovietica, attacco che non fu che un tentativo di abbreviare il conflitto…La realtà è che Hitler non aveva possibilità di scelta. Più tardi, quando la situazione peggiorò, la Germania continuò a soffrire le
conseguenze di tali eventi e delle decisioni degli Alleati. Essa non aveva scelta…la Germania era talmente presa nell’affrontare ogni nuova disgrazia che non aveva davvero tempo per pensare e pianificare la mossa seguente. Molte osservazioni generali possiamo fare sulla situazione politica e militare del reich. Ma possiamo tenere per fermo il quadro dell’industria aeronautica tedesca (in parallelo, per l’esercito e la marina vedi Madej e Guntram Schulze-Wegener). In rapporto alle altre potenze mondiali la Germania era un paese povero; tranne che rispetto all’Italia e al Giappone. La carenza di materie prime e in seguito di manodopera le impedì di sviluppare un’industria aeronautica pari a quella inglese, americana o sovietica. Se la visione di Trevor-Roper fosse corretta, se cioè basandosi su un’industria forte e bene organizzata i capi tedeschi avessero costruito una macchina militare efficiente per attaccare specifici obiettivi strategici, allora la guerra avrebbe avuto tutt’altro corso. La Germania avrebbe vinto…Se il Reich avesse impostato una vera forza aerea strategica negli anni trenta, sviluppando e costruendo bombardieri pesanti strategici a quattro motori…Se nel 1940 Hitler avesse occupato tutta la Francia, catturato la flotta francese o l’avesse usata contro quella inglese…Se la Wehrmacht fosse sbarcata in Inghilterra nel 1940 e avesse attaccato l’URSS nel maggio 1941, dopo il crollo dell’Inghilterra…Se Hitler avesse brutalizzato, al pari di Stalin, il proprio popolo e i paesi occupati…Se avesse trattenuto a forza i numerosi tedeschi e gli altri scienziati migrati negli USA, dove poi svilupparono la bomba atomica…Molti “se”…Troppi.

NOTE

1 – “Oggi l’importanza politica della mobilitazione è ancora maggiore, poiché tale atto militare investe ogni settore della vita statale (…) Non siamo dunque fautori di una mobilitazione parziale; poiché nelle attuali circostanze la mobilitazione non è solo il fantasma della guerra, ma è la guerra stessa, riteniamo opportuno avviare solo la mobilitazione generale, in quanto impiego di ogni forza disponibile al conseguimento della vittoria (…) La mobilitazione è la guerra, tesi diverse non possiamo immaginarcele”, recita la dottrina predicata alle scuole di guerra del Maresciallo Boris S. Shaposhnikov, poi capo di Stato Maggiore, fin dal 1929 con l’opera “Il cervello dell’esercito”.
2 – Come definire, se non “follia polacca”, quel misto di insania espansionista, feroce intolleranza, perdita del senso delle proporzioni, criminale incoscienza e sanguinaria voluttà di guerra che afferra un intero popolo, e non solo contro il Terzo reich, ma fin dal 1919 contro i tedeschi della Prussia Occidentale, di Danzica e dell’Alta Slesia e contro i sovietici, contro i lituani, ai quali nell’ottobre 1920 viene sottratta la capitale Vilna e che nell’estate 1938 vengono costretti con minacce di guerra a riconoscere de jure il maltolto, e quindi contro i cechi, sciacallescamente derubati nell’ottobre dello stesso anno della regione di Teschen-Oderberg?
Follia che già il 9 ottobre 1925 fa scrivere alla Gazeta Gdansk (Gazzetta di Danzica): “La Polonia deve capire che non può sussistere senza Konigsberg né l’intera Prussia Orientale. Dobbiamo esigere a Locarno che tutta la Prussia Orientale sia liquidata. Potrà avere un’autonomia sotto la sovranità polacca. In tal modo non ci sarà più alcun Corridoio. Non dovessimo arrivarci con mezzi pacifici, ci sarà una seconda Tannenberg (ove nel 1410 furono sconfitti i Cavalieri Teutonici: anche infra), e certo tutte le terre torneranno allora nel grembo dell’amata patria” (il 13 giugno 1926 lo stesso quotidiano incita all’esproprio dei tedeschi: “I carri armati più sicuri della Pomerania sono i milioni di coloni polacchi. Tutta la terra ancor oggi in possesso dei tedeschi deve essere tolta dalle mani tedesche”)? O le urla di guerra lanciate il 3 agosto 1929, e ripubblicate il 17 marzo 1930, dal giornale varsaviano Mocarstwowiec (Lega per la potenza): “La guerra tra Polonia e Germania è inevitabile. Dobbiamo quindi prepararci sistematicamente. Il nostro obiettivo è una nuova Grunwald (località presso Tannenberg ove, come detto, vennero sconfitti i Cavalieri Teutonici), ma questa volta una Grunwald alle porte di Berlino, il che significa la sconfitta della Germania portata dalle truppe polacche al centro del terrorismo, per colpire al cuore la Germania. Sogniamo una Polonia coi confini occidentali all’Oder e alla Meisse (sic!). La Prussia sarà riconquistata alla Polonia, anche quella parte che arriva alla Sprea. In una guerra con la Germania non ci saranno prigionieri, né spazio per sentimenti di umanità o civiltà” (articolo riportato il 3 ottobre 1930 dal quotidiano Munchener Neueste Nachrichten col titolo “Fanfare di guerra polacche”: negli stessi termini si esprimerà tale B. Colonna in Poland from the Inside, edito a Londra nel 1939)?
O i piani di invasione della Slesia nell’autunno 1931, comunicati da fonte francese al cancelliere Bruning, che ottiene il singolare appoggio, a difesa, delle nazionalsocialiste S.A., del socialista Rechsbanner e del comunista Rotfrontkampferbund? Cosa pensare dell’illegittimo invio della corazzata Wilja e di un battaglione di fanteria di marina, il 6 marzo 1933, nella Westerplatte di Danzica (forze ritirate dopo dieci giorni sotto le pressioni della SdN), come anche del successivo schieramento di alcune divisioni nel Corridoio, nella speranza di un appoggio francese e con l’obiettivo di invadere e occupare non solo Danzica (porto, del resto, non necessario a Varsavia fin dalla costituzione del vicino porto commerciale e militare di Gdingen sulla penisola di Hela, che già nel 1933 aveva registrato un movimento merci di un milione di tonnellate più di Danzica), ma addirittura la Prussia Orientale? O delle tre proposte lanciate alla Francia ancora di Pilsudski per una “guerra preventiva” contro il reich (febbraio-marzo, metà aprile e dicembre 1933), con ciò violando il patto Briand-Kellogg, che dal 27 agosto 1928 aveva bandito la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali (per inciso, massone come il francese Aristide Briand, ministro degli Esteri, e il connazionale Frank Billings Kellogg, Maestro della loggia Rochester n. 21 e segretario di Stato di Coolidge, è Owen D. Young, massone della loggia Evergreen n. 363 di Springfield Center, New York, e presidente della General Electric, autore del piano che dal febbraio 1929 avrebbe dovuto schiavizzare economicamente la Germania per due generazioni, fino al 1984, in sostituzione del piano ideato dal massone Charles Dawes)? O delle rinnovate proposte avanzate ai francesi dal ministro degli Esteri colonnello Jozef Beck, il 7 marzo 1936, contemporaneamente alla rimilitarizzazione della Renania, onde scatenare una “guerra preventiva” contro il Reich?
Come definire la mobilitazione parziale, del tutto ingiustificata e da Berlino non provocata, del 23 marzo 1939, e la illegittima marcia di divisioni alle porte di Danzica, città tedesca per il 95%, salutata dal giubilo dell’intera popolazione polacca, O, ormai forti della prossima “garanzia” inglese, la chiusura delle trattative e l’arrogante rigetto di una qualunque possibilità di proposta tedesca per Danzica e per il Corridoio, accompagnato dalla minaccia, da parte dell’ambasciatore a Berlino Josef Lipski, che ulteriori proposte sarebbero state considerate un casus belli? O le vanterie lanciate a Parigi il 18 maggio dal ministro della Guerra Kasprzycki a una conferenza dello Stato Maggiore francese sui piani contro il Reich: “Non abbiamo fortificazioni al confine, perché prevediamo di condurre una guerra di movimento e fin dall’inizio delle operazioni di marciare in Germania”? O gli aggressivi, non smentiti programmi di esponenti governativi riportati il 26 giugno dal quotidiano Dziennik Poznaski (Diario di Poznam) e accompagnati da una carta geografica in cui il confine orientale dei territori lasciati ad un futuro Sta
to tedesco si snoda lungo la linea Brema-Hannover-Gottinga-Fulda-Norimberga-Ratisbona?
O la sessantina di canzoni pervase da odio antitedesco (tipici nei giorni immediatamente precedenti il conflitto, i popolari versi: “Con Rydz-Smigly marceremo fino al Reno e oltre il Reno”), mentre non esistono canti tedeschi incitanti all’odio contro la Poponia? O le grida di guerra alzate nel luglio, davanti a decine di ufficiali, dal Maresciallo Esward Rydz-Smigly (poi inglorioso fuggiasco in Romania già il 17 settembre, vituperato dalle sue stesse truppe e ricacciato a Varsavia, ove sarebbe vissuto sotto falso nome fino al decesso, il 2 dicembre 1941): “Marceremo presto contro l’eterno nemico tedesco per strappargli per sempre i denti velenosi. La prima tappa di questa marcia sarà Danzica”? O l’isteria che trabocca il 10 agosto dalle colonne del moderato Kurjer Polski (Corriere Polacco): “Vogliamo la distruzione della Germania, così come duemila anni fa fu distrutta Cartagine”? O le assicurazioni date il 15 agosto dall’ambasciatore a Parigi Juliusz Lukasiewicz al Ministro degli Esteri Georges Bonnet: “Sarà l’esercito polacco a invadere la Germania, fin dai primi giorni di guerra”? O le smargiassate del varsavico Depesza (Dispaccio) del 20 agosto: “Noi polacchi siamo pronti a stringere un patto col diavolo, se ci aiuta contro Hitler. Anzi, contro la Germania, non solo contro Hitler (…) Nella prossima guerra il sangue tedesco scorrerà in tali fiumi che il mondo non ha visto da quando esiste”? Il giudizio l’aveva del resto dato il 20 dicembre 1938 l’Alto Commissario della Società delle nazioni Carl Burckhardt: “I polacchi sono folli; si bruciano i ponti alle spalle e ignorano il senso della misura. Sono l’unico popolo d’Europa così infelice da avere nostalgia del campo di battaglia. Sono ambiziosi e non sanno controllarsi”.
Egualmente impietoso Marco Patricelli, mettendo inoltre in luce la fredda strumentalizzazione compiuta dalle grandi democrazie per creare il casus belli contro il Reich: “La Polonia dei colonnelli era un gigante di cartapesta, di cartone erano le lance della sua orgogliosa cavalleria, cartastraccia le assicurazioni che aveva stipulato. La sua inetta e velleitaria classe dirigente, fuggita in Romania, viene spazzata via dalla sconfitta, ma i suoi soldati continueranno coraggiosamente a combattere anche dopo la resa del Paese, su tutti i fronti e con alto tributo di sangue, fino all’ultimo giorno della seconda guerra mondiale, scoppiata col pretesto di salvaguardarne l’indipendenza ma con lo scopo reale di ridisegnare gli equilibri e i confini dell’Europa. Per questo la Polonia pagò un prezzo altissimo prima, durante e dopo”. Quos deus vult perdere prius dementa, suona il monito.
Dopo aver scatenato fin dal novembre 1938 bande assassine contro i Volksdeutschen, con chiusura di scuole e centri culturali, processi e condanne pecuniarie dei genitori che rifiutano di mandare i figli in scuole polacche, divieti di acquistare giornali e merci tedesche imposte a grandi magazzini e ristoranti, proibizione dell’uso del tedesco durante le funzioni religiose, licenziamenti di operai e impiegati, incarcerazione di esponenti e sequestro dei conti bancari di associazioni culturali e assistenziali, espropriazione di decine di fattorie, devastazioni di giornali, negozi ed abitazioni fino a giungere, come il 13 maggio a Tomaszow, a vere e proprie cacce all’uomo, assassinati (Walter Dumbsky riporta 3.500 vittime) e persino castrati, spinto alla fuga nel Reich 75.535 “connazionali sgraditi” e vessato in tutti i modi il governo e la popolazione del “Libero Stato” di Danzica – dopo tutto Varsavia, resa ancora più folle dalla “garanzia” inglese, non solo interrompe il 21 marzo le trattative col Reich aperte il 24 ottobre 1938 (vani sono i tentativi avanzati da Berlino il 19 novembre 1938, il 5 gennaio, il 25 gennaio, il 21 marzo e il 28 aprile 1939 fino all’estrema richiesta del 30 agosto), non solo il 23 dichiara per bocca di Beck – invasato dall’idea di costruire una “Terza Europa” dal Baltico all’Ellesponto sotto guida polacca – ai massimi politici e generali, giunta l’ora della “riscossa” ordinando una mobilitazione parziale e distribuendo ai responsabili i piani per una marcia su Berlino, ma lancia le più clamorose provocazioni persino contro i Reichsdeutschen.
Tra i più esagitati guerrafondai sono i polacchi Stanislaw Ligon, direttore della radio di Kattowitz, e Marian Dombrowski, editore e caporedattore dell’Illustrowany Kuryer Codzienny (Corriere Quotidiano Illustrato), aizzato dagli ebrei Stankiewicz, Rohatiner, Ferdinand Zweig, capo della sezione economia, Ludwig Gross, responsabile della sezione scientifica, e Ludwig Rubel, già deputato al Sejm e anima nera del quotidiano. Quanto ai più attivi ebrei radiofonici citiamo Konrad Wrzos, giornalista e già redattore dell’IKC, soprannominato, dal notissimo pubblicista ebreo-americano, lo “Knickerbocker polacco”, i direttori Heller e Gorecki, il direttore dell’orchestra e autopromosso “orgoglio della radio polacca” Girsz Girszowicz Fitelberg, i suoi collaboratori Aszer Fuchs, Mieczyslaw Goldberg, Rafal Halber, etc.
Che dietro a tali provocazioni vi sia la volontà di Londra di giungere alla guerra lo rileva il 9 agosto l’Evening Standard, sottolineando lo stupefacente abbandono della tradizionale, plurisecolare politica inglese delle no entangling alliances, “alleanze non compromettenti”:

“Mai prima d’ora nella nostra storia abbiamo lasciato la decisione se l’Inghilterra possa o non possa essere trascinata in guerra dalle mani di una potenza minore (Polonia). Tuttavia, oggi tale decisione è nelle mani di un gruppetto di uomini i cui nomi il popolo inglese non abbia udito una sola volta, tranne forse il colonnello Beck. Questi individui oscuri potrebbero decidere domani l’inizio della guerra europea”

(dopo la “garanzia” annunciata il 31 marzo, definita dall’ambasciatore belga a Berlino Jacques Davignon “assegno in bianco”, a scatenare definitivamente la follia polacca è, il 25 agosto, la trasformazione della “garanzia” in un vero e proprio trattato di “mutua assistenza militare”, accompagnato da un protocollo segreto per sancirne la validità contro la sola Germania, anche nel caso “una minaccia all’indipendenza” arrivasse anche attraverso un processo di sola penetrazione economica…alleanza siglata, per inciso, proprio il giorno dell’annunciata defezione dell’Italia dal Patto d’Acciaio; il 5 settembre, due giorni dopo la dichiarazione di guerra anglofrancese, i polacchi vengono ancora ingannati da Londra: 1.500 aerei inglesi stanno giungendo in soccorso su suolo polacco e i francesi hanno sfondato la Linea Sigfrido in due punti, penetrando a fondo in Germania, cose entrambe non vere).
Anche lo storico americano di origini polacche Edward J. Rozek giunge alle stesse amare conclusioni in Allied Wartime Diplomacy – A Pattern in Poland, uscito a New York nel 1958:

“Per la Polonia sarebbe stato meglio accordarsi pacificamente con la Germania nel 1939, piuttosto che seguire Londra, Parigi e Washington, che spingevano a rifiutare ogni abboccamento con Berlino (…) Probabilmente per la Polonia sarebbe stato più vantaggioso partecipare ad un conflitto a fianco della Germania. Il comportamento di Francia e Inghilterra non si è mai fondato sul sentimento di una sincera amicizia con la Polonia. La Dichiarazione di Garanzia per la Polonia è stata emessa nel 1939 (dagli occidentali) solo per i propri interessi, perché Londra temeva un nuovo ordine europeo che andasse a discapito dell’Inghilterra”.
Tra le innumerevoli provocazioni ricordiamo:

la minaccia di invadere Danzica e scatenare una guerra col Reich, formulata il 26 marzo a Berlino dall’ambasciatore polacco Lipski;

soperchierie di ogni tipo operate dai doganieri polacchi sia contro i cittadini di Danzica sia contro i passeggeri in transito nel corridoio della Prussia Orien
tale;

fucilate contro gli stessi convogli sparate sia da truppe polacche sia da irregolari;

duecento tra violazioni di confine e aggressioni ai villaggi della Prussia Orientale, penetrazione della cavalleria anche per 7 km all’interno del Reich, incendi del raccolto e di fattorie, edifici minati e fatti saltare, distruzioni di ponti, assassinio di contadini a sciabolate e pistolettate, scontri a fuoco con le truppe inviate a soccorso (a Garnsee presso Neidenburg il 26 agosto restano a terra 47 aggressori); il 23 e 24 agosto cannonate contro tre aerei della civile Lufthansa da parte della contraerea di Hela e di un incrociatore a 40 km dalla costa, in ambo i casi, quindi, in spazio extraterritoriale; il 25, dopo un incidente stradale occorso a Bielitz ad un camion che trasportava verso l’interno della Polonia trenta Volksdeutschen imprigionati nel corso del quale alcuni erano riusciti a fuggire, assassinio di otto e ferimento di una quindicina dei civili da parte dei militari di scorta (è di conseguenza a tale massacro che Hitler ordina, alle 15.01, di muovere le truppe alle 04.00 del giorno seguente…bloccando poi il tutto alle 18.00 appresa la stipula di un esplicito patto di alleanza anglo-polacco); il 26 incendio del posto di guardia forestale di Dietrichswalde, distruzione del ponte ferroviario di Zandersfelde e interruzione del traffico stradale e telefonico col Reich; il 28 agosto truppe polacche sconfinano per 15 km e incendiano il villaggio di Haldenburg; il 29 agosto mobilitazione generale, invano frenata dalla Francia, evento equivalente ad una dichiarazione di guerra (come già detto, già il 31 marzo, il giorno della “garanzia”, era stata proclamata una mobilitazione, seguita dall’invio di tre divisioni d’assalto e una brigata corazzata contro la Prussia Orientale, di due divisioni e una brigata di cavalleria contro l’Alta Slesia, e di altre forze ad accerchiare Danzica); il 30 agosto blocco del traffico ferroviario tedesco per la Prussia Orientale, assalto ai convogli, arresto dei rifornimenti alimentari a Danzica ed assassinio a Cracovia del console Schillinger; il 31 distruzione del ponte ferroviario di Dirschau e occupazione della periferia di Danzica; nella notte dal 31 al 1° settembre mitragliamento, da parte di trenta militari polacchi, della dogana di Neukrug/Elbing, assassinio di un doganiere 75 metri all’interno del Reich a Pfanzdorf/Grunberg, fucilate ad un altro doganiere a Rohrsdorf/Fraustadt (in precedenza erano stati fatti segno di proiettili i posti di confine di Sonnerwalde, Alt-Eiche e ancora Neukrung), cannonate su Beuthen.

Ed infine attacco alla radiostazione di Gleiwitz che, sulla scia delle “confessioni” dello Sturmbannfuhrer Alfred Naujocks, disertore durante l’ultima offensiva delle Ardenne, attore e testimone principe dell’”accaduto” (nonché, a differenza di decine di milioni di tedeschi derubati ed espropriati, rimasto indisturbato dopo la guerra, in pieno possesso delle sue case e della sua cava di ghiaia ad Amburgo), il TMI sanzionerà a Norimberga invece, “giuridicamente”, quale provocazione nazi costruita a casus belli. Considerati i 15.000 rapporti sulle violenze polacche giunti all’Auswartiges Amt fin dal marzo 1933 e le centinaia di cruenti episodi dall’autunno 1938, si pensi al contrario all’assoluta inutilità di un tale casus, tanto più che nessun cenno ne fece Hitler il 1° settembre al Reichstag (l’episodio però serve ai demo storici – exempli gratia l’ebrea Gitta Sereny – per celare al lettore le migliaia di precedenti violenze). Il tutto, accompagnato a mezzanotte da un delirante comunicato di Radio Varsavia:

“Stiamo marciando vittoriosamente e saremo a Berlino a fine settimana, le truppe tedesche indietreggiano in disordine sull’intero fronte”.

3 – Da citare sono pure, in tale disperato contesto, le ingenti forniture all’alleata Italia: a tutto il 1942, nota Riccardo Lazzeri, l’Italia ricevette dal reich 421.000 tonnellate di nafta e gasolio per la marina, 225.000 tonnellate di benzina avio, 22.000 tonnellate di gomma sintetica, 2,5 milioni di tonnellate di materiali metallici e 40 milioni di tonnellate di carbone, oltre ad armamenti vari, tra i quali, fino a tutto l’aprile 1943, 1.500 cannoni antiaerei da 88 mm e oltre 150 centrali di tiro.
4 – Un inciso quanto alle materie prime. Dalla Norvegia, occupata dalla Wehrmacht il 7 aprile 1940, un giorno prima degli sbarchi anglofrancesi progettati da mesi per interrompere i vitali rifornimenti di minerali, proveniva alla Germania la quasi totalità del ferro, estratto in particolare dalle miniere di Kolajarvi, la quasi totalità del molibdeno, proveniente da Knaben sul Flekke Fjord tra Stavanger e Kristiansand, e pressoché l’intero fabbisogno di nichel, estratto dalle miniere di Kolosjokki nella Penisola dei Pescatori, oltre che nella regione finlandese di Petsamo (dopo averle occupate nella guerra d’inverno ed averle sgombrate nel febbraio 1940 dopo il trattato di pace, l’URSS vi aveva lasciato tecnici e un direttore, ripartendo a metà tra Mosca e Berlino il minerale estratto), la produzione interna tedesca soddisfacendo, e nel 1938, in tempo quindi di pace, un misero 7% del fabbisogno. Il cromo, altro minerale essenziale alla produzione bellica, veniva importato dalla Turchia, depositi nettamente minori esistendo nel nord dell’Albania e della Grecia, nella Bosnia orientale e nel banato. Quanto ad altri minerali essenziali per l’industria bellica – a prescindere ovviamente dal petrolio, disponibile solo in Romania e per proteggere i cui pozzi il reich difese fino allo stremo l’Egeo ed i Balcani – le miniere più ricche di rame si trovano a Bor, nella Serbia a sudovest delle Porte di Ferro, altre nella Serbia settentrionale, Macedoni, Banato e bulgaria nordoccidentale; la bauxite era presente in Transilvania e Dalmazia, nella Focide e nell’isola di Nasso; il tungsteno proveniva dal Portogallo e dalla Spagna, con la Francia terza a grande distanza; il maggiore centro minerario europeo di manganese, che per due anni, fino all’8 febbraio 1944, data della sua caduta in mano sovietica, aveva provvisto ai tedeschi un terzo del minerale, era addirittura Nikopol, a sudest del Dnepr.
Simile situazione quanto all’Italia: “Nello specifico settore metallurgico delle leghe speciali (i paesi nemici) erano assai più avanzati del nostro, che era rimasto al palo per oltre un quinquennio anche a causa dell’applicazione delle sanzioni che erano state decise nel 1935 dalla Società delle Nazioni al tempo della guerra d’Etiopia. La produzione di nichel in particolare era allora controllata quasi al 100% dai paesi anglosassoni e dalla Francia essendo proveniente in gran parte dai giacimenti canadesi e dalla Nuova Caledonia. L’embargo sui metalli strategici che ne derivò rese quindi difficilmente reperibili per il nostro paese i metalli pesanti usati per la costruzione di turbine (e materiale bellico di ogni tipo). Da noi, inoltre, il nichel, con il rame e lo stagno, rientrava tra i più costosi materiali pregiati, tanto che negli anni immediatamente precedenti all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, pur essendo ormai cadute dette sanzioni, l’assottigliamento delle riserve auree derivante dalle guerre d’Etiopia e Spagna ne impedì in approvvigionamento effettivamente commisurato alle necessità del Paese. All’atto dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale l’Italia disponeva infatti di scorte di nichel ammontanti a sole 250 tonnellate, sufficienti a coprire il fabbisogno di soli venti giorni di normale produzione industriale già in atto. Una fornitura in corso di 100 tonnellate era rimasta bloccata in Norvegia a seguito di un diretto intervento ostruzionistico britannico,malgrado l’Italia avesse dichiarato la sua non belligeranza. La situazione era rimasta quindi estremamente grave, tanto che venne preventivato il recupero forzoso di circa 2.500 tonnellate di monete in lega di nichel che erano allora in circolazione, i cosiddetti nichelini da venti centesimo (!), che
erano stati in gran parte tesaurizzati dalla popolazione, in quanto tutti sapevano che il valore del metallo con cui erano fatti superava ampliamente quello di emissione. L’altro materiale fondamentale (…), costituito dal cromo, veniva invece importato in Italia dalla Turchia. La sua disponibilità decrebbe rapidamente a partire dal 1939-40, poiché il governo turco fu contattato dai britannici che acquistarono tutta la relativa produzione, malgrado non ne avessero alcuna necessità, per impedirne l’approvvigionamento da parte italiana (…) Dopo l’occupazione dell’Albania la disponibilità di cromo venne ripristinata con l’avvio dell’importazione di minerali provenienti da quello stesso paese, mentre quella del nichel avrebbe invece avuto un’evoluzione nettamente più favorevole solo dopo la sconfitta e l’occupazione della Grecia, data l’esistenza in quel paese di un minerale a base di nichel denominato “lokris” del quale venne rapidamente avviata l’importazione di ben 5.000 tonnellate al mese. Pertanto iniziò subito la produzione di ghise contenenti il prezioso metallo, mentre in seguito fu messa a punto il relativo processo di estrazione di nichel industrialmente puro. Nel corso della guerra la sua disponibilità crebbe quindi notevolmente, tanto che ai primi di luglio del 1943 ne era stata accumulata una riserva pari a 1.300 tonnellate” (Giuseppe Ciampaglia).
5 – Quattro solo esempi: nel giugno 1943 l’intero fronte vede 6.610.000 sovietici 10.200 carri armati e semoventi contro tre milioni di tedeschi con tremila mezzi corazzati; nel luglio, durante l’Operazione Zitadelle contro il saliente di Kursk, 2.440 corazzati tedeschi combattono non solo contro il tradimento e le imponenti difese fisse sovietiche, ma anche contro 4.720 corazzati; ancora più squilibrato il rapporto un anno dopo, cosa che avrebbe comportato il crollo esiziale del Gruppo Armate Centro; nel 1945, infine, l’offensiva generale sovietica, iniziata il 12 gennaio, vede 1.820.000 tedeschi fronteggiare 6.700.000 sovietici appoggiati da 12.000 corazzati, 107.000 pezzi d’artiglieria e 14.700 aerei, con un rapporto di forze uomini e mezzi nel settore principale – fronte dell’Oder – all’ingrosso valutabile, scrive Magenheimer (II), tra 1 a 7 e 1 a 10.
6 – Viene tuttora propinata ancor oggi, dopo mezzo secolo, la favola inventata da Chrusciov nel 1956 al XX Congresso del PCUS, della perdita di auto controllo di uno Stalin tremebondo, che dopo il 22 giugno si sarebbe reso pressoché irreperibile ai suoi più stretti collaboratori, rifugiato in una dacia superprotetta. Al contrario, i più recenti documenti giunti alla luce, rileva Weeks, testimoniano che Stalin “was constantly present in his office on all the days following the german attack, working, as usual, past midnight, fu sempre presente nel suo ufficio in ogni giorno che seguì l’attacco tedesco, lavorando come sempre fin dopo mezzanotte”.
7 – In quello stesso giorno Radio Mosca trasmette a copertura un insolito comunicato TASS: “Le voci che la Germania intenderebbe rompere il patto Ribbentrop-Molotov e starebbe preparando un attacco contro l’Unione Sovietica sono prive di qualsiasi fondamento”, essendo “rozza propaganda delle forze ostili all’Unione Sovietica e alla Germania, interessate ad un’estensione del conflitto (…) Le voci che l’Unione Sovietica si stia preparando alla guerra contro la Germania sono false e provocatorie (…) L’adunata estiva delle riserve dell’Armata Rossa e le prossime manovre non hanno altro scopo che l’esercitazione dei riservisti e il controllo del funzionamento dei trasporti ferroviari. E’ noto che questo è un evento annuale e quindi descrivere queste misure come ostili alla Germania è assolutamente assurdo”.
8 – Alla luce di quanto sin qui detto, avendo sempre presente

1. l’assoluta mancanza di tempo per la Germania ai fini del consolidamento nei più vari settori civili e militari

2. l’inferiorità strategica di fondo del Tripartito quanto a materie prime, popolazione e situazione geografica

3. il fatto che, a prescindere dagli eventi dell’agosto-settembre 1939, sempre la Germania fu costretta a seguire non una propria autonoma strategia, ma a contenere e rimediare alla strategia dei suoi nemici, quali furono gli errori primari, o più esattamente le cause primarie per la sconfitta della Germania, e quindi dell’intera Europa, nella Seconda Guerra Mondiale? Non furono: la dispersione delle forze tedesche in tutta Europa; la ritardata partenza dei tedeschi per la guerra all’URSS; la sottovalutazione delle forze sovietiche; l’alienazione dei popoli sovietici dovuta a politica repressiva; e tantomeno la dichiarazione di guerra agli USA e il “rifiuto” della bomba atomica. Furono invece: il patto con Stalin e l’attacco alla Polonia; l’evacuazione inglese di 338.000 uomini a Dunkerque; il non avere avviato una mobilitazione totale fin dall’inizio (la Guerra Totale viene proclamata da Goebbels solo il 18 febbraio 1943); la mancanza di coordinamento strategico con gli alleati: da un lato il defilarsi/tradimento dell’Italia nell’agosto 1939 e successivamente la scelta della “guerra parallela”, dall’altro la scelta, pressoché obbligata, del Giappone di lottare contro gli USA e non contro l’URSS (per quanto l’alleanza militare con la Germania venga siglata il 18 febbraio 1942, il patto di non aggressione con Mosca risale addirittura al 13 aprile 1941).

FONTE: http://www.italiasociale.net/storia07/storia310309-1.html


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mincuo
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Basta semplicemente prendere i numeri delle forze in campo a ridosso dei confini il 22 Giugno. 30 almeno testi di storia militare. Si può fare una lista praticamente divisione per divisione, compresi pure i riservisti, e le differenze sono poche tra uno storico e l'altro ma mai meno di 260 divisioni Sovietiche (senza contare quelle immediatamente attivabili) contro circa 150 Tedesche, e sempre 5 milioni circa contro 3. Senza contare qualitativamente dove si va da 4 a 1 a 7 a 1 dipende, a favore di quelle Sovietiche (e si parla solo di quelle schierate lì), poste tutte in chiave offensiva, e non difensiva. Era stata infatti smantellata la linea difensiva Stalin, non solo, ma tutte queste divisioni erano al di qua di quella linea, e cioè in chiave offensiva.
Oltre a questo e solo per fare un esempio 164 basi aree erano state costruite ex novo a ridosso del confine. E infine tutta la logistica, i ricambi, le munizioni ecc.. erano ammassate a cielo aperto, e quindi dovevano essere utilizzate prima dell'inverno.
Si possono fare pagine intere di numeri. Stupisce (anzi non stupisce per niente) che si citi a sproposito proprio Costantine Pleshakov, che anche lui fa non solo un quadro delle forze, ma delle intenzioni, degli ordini offensivi, delle disposizioni e del numero di persone a conoscenza dei piani offensivi.


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mincuo
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Se vi piacciono le curiosità qui Hitler accenna alla potenza dell'URSS nell'unica registrazione audio conosciuta in cui parla in privato (con il Gen. Mannerheim).
http://www.youtube.com/watch?v=E8raDPASvq0

Sottotitolata (traduzione un pò così ma insomma...)


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Giancarlo54
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Se si esaminano le forze in campo e la strategia militare, non si può che essere d'accordo con chi ritiene l'Operazione Barbarossa una guerra preventiva per evitare l'invasione della Germania da parte dell'URSS. Hitler scrisse e ripetè più volte la sua critica al "doppio fronte" che causò la sconfitta della Germania nella I° GM, appare perciò assurdo che abbia ripetuto lo stesso errore nella II° GM.
A meno che, come qualche storico insinua, nell'attacco preventivo all'URSS giocò un fattore importante la "fuga" di Hess in GB. Qualcuno sostiene che ci siano fondati motivi che sia Hess che il Fuhrer potessero essere stati ingannati da non meglio precisate autorità britanniche che avrebbero loro assicurato la pace a Occidente e lasciando via libera ad Oriente. Ipotesi, a distanza di 71 anni dai fatti, possiamo ancora fare solamente ipotesi, la verità è ancora lontana.


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Merio
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Ipotesi, a distanza di 71 anni dai fatti, possiamo ancora fare solamente ipotesi, la verità è ancora lontana

Infatti... perché la storia la scrivono i vincitori... l'importante è dare un'apparente verità alle masse, qualcosa di semplice e che faccia trasparire pochi lati oscuri... i soggetti che scaveranno a fondo saranno in pochi e relativamente controllabili... e quando salterà fuori la verità, palese, logica, limpida, ormai saranno passati almeno cinquant'anni e a nessuno importerà più...

Pace ai vostri sensi


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oriundo2006
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Tutta questa valanga di dati conferma che l'attacco, perchè fu tale ( ed è inutile minimizzarne l'intenzione omicida verso il popolo russo ), condotto da una Germania attardatasi a dare man forte all'Italia nel Peloponneso ( perdendo tempo e uomini: dove sono finiti i carteggi Mussolini-Churchill ?), ebbene, tutto cio' dimostra la FOLLIA di Hitler, che anche qui disattese ogni raccomandazione dello stato maggiore prussiano. Non esisteva ALCUNA possibilità di vittoria, impostata la campagna come lo era stata di Blitzkrieg ( dunque a 'colpo unico' subitaneo: e dopo se falliva o semplicemente i tempi si dilatavano ? Non c'era alcuna pianificazione al riguardo... ), non esisteva alcuna possibilità di poter compensare l'allungamento delle linee di rifornimento nelle immense distanze della Russia, non era assolutamente pensabile a mente lucida combattere contro milioni e milioni di uomini estremamente ben equipaggiati ed armati, e motivati dalla giusta difesa del loro suolo natìo.
Chè forse la Germania, senza considerare altro, avrebbe potuto vincere e tenere durevolmente la conquista per anni e anni fra sabotaggi, sollevazioni popolari, risentimenti tra le stesse truppe mandate a fare i macellai in un paese che una stolta propaganda antislava dipingeva come esseri inferiori ? Chi puo' crederlo ? E nel contempo garantire vitto sufficiente alle truppe e agli alleati, o anche fra i popoli occupati, quando in realtà scarseggiava paurosamente nella stessa Germania ?
Follia, dunque, anche se c'è stato 'metodo' in ciò, ed anche se sappiamo oggi meglio di ieri quale efferato criminale fosse Stalin, anch'esso sanguinario omicida verso il suo popolo. Rimane da chiedersi PERCHE' cio' avvenne ed in base a quali segrete 'motivazioni' extra-razionali l'ordine fu dato. I marxisti 'vecchio stampo' tipo Lukàcs hanno avuto la risposta facile facile: coerenza con gli assiomi 'imperiali' del capitalismo, desiderio di realizzarne le premesse di egemonia globale: ma che 'coerenza' poteva esserci nell'aver occupato ( anche con 'pugno di ferro' ) paesi che capitalisti erano da tempo ? Capitalismo dunque 'cannibale' verso paesi piu' deboli militarmente, quali che fossero, fino a scontrarsi col muro socialista... Dunque, Hitler succube degli 'animal spirits', senza più alcuna parvenza di razionalità...ma lui solo o ALTRI erano i 'superiori' di cui era succube, fino all'obbedienza cieca ed autodistruttiva ? Di fatto attraverso queste scelte suicide la Germania intera è stata vittima di chi voleva finalmente distruggerla: e che risulta il vero effettivo vincitore della Seconda Guerra. Attenzione, perchè con gli stessi metodi si sta preparando alla Terza, e finanche se non bastasse alla Quarta. La Quabbalah è sempre in funzione.


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ws
 ws
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I generali gli proponevano un piano per la massiccia dislocazione di forze sovietiche verso Occidente

qui Romano non la racconta giusta ( sara' perche' scrive sul corriere? :-))
In realta' l' offensiva tedesca si tramuto' in gigantesca disfatta sovietica proprio perche' il dispositivo militare sovietico era troppo avanzato . Una cosa incomprensibile perche' cosi' il dispositivo non era" ne pesce ne carne" , non poteva di certo( a meno di grossolane illusioni ) procedere ad un efficace attacco a sorpresa ne poteva sostenerne uno di sorpresa tedesco ( come poi infatti ando ' )
E di quella errata dislocazione gli storici danno la responsabilta' proprio a stalin e senza aver mai chiarito bene il perche' .


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ws
 ws
Honorable Member
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l’industria e l’economia tedesche non erano preparati per la guerra. Questa fu, invero, una delle ragioni della sconfitta del Reich.

verissimo, ma in tal caso, se non si e' "dilettanti allo sbaraglio " , si sta lontani il piu possibile dal farsi portare in guerra...... 8)


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yakoviev
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La guerra contro il bolscevismo era uno degli obiettivi principali di Hitler, la vera guerra da combattere, a meno che il Mein Kampf non sia considerato un apocrifo. D'altronde la ricerca di una pace separata con l'Inghilterra, nel quadro di una divisione di ruoli nell'ipotetico futuro (la Germania dominatrice sul continente, la Gran Bretagna grande potenza marittima), fu ampiamente perseguita, fino addirittura al "viaggio" di Hess, anche se la fazione inglese favorevole a questa ipotesi risultò perdente. Rovesciare le cose è veramente un esercizio difficile. Curiosamente anche Israele, anni dopo, considererà la Guerra dei sei giorni un attacco preventivo perchè gli altri stavano per attaccare, invece che un'aggressione a mano armata, come è stata.


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yakoviev
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In realta' l' offensiva tedesca si tramuto' in gigantesca disfatta sovietica ...

Mah, mi sono convinto che poi una così grande disfatta non fu: certamente arretrarono di moltissimo e persero molte battaglie, ma avevano di fronte le forze di vari paesi, non solo della Germania, e tante sacche di resistenza continuarono ad operare all'interno del territorio invaso, non solo sotto forma di unità di guerriglia, ma anche di forze regolari, fino al ritorno dell'Armata Rossa. Tant'è che se si va a vedere quanto il territorio formalmente conquistato dai nazisti e alleati fosse sotto il loro controllo effettivo, si trovano delle sorprese.


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Matt-e-Tatty
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Inoltre Suvorov evidenzia che i carri sovietici erano superiori in tutti gli aspetti tecnici, inclusa la potenza di fuoco, raggio e spessore della corazza.

Modelli che pesavano da 43 a 52 tonnellate sorpresero i tedeschi che trovavano il KV quasi inarrestabile. Uno di questi carri russi ricevette 70 colpi diretti ma nessuno penetrò la sua corazza.

Non esiste oggi e non esisteva al tempo un carro tanto inarrestabile, anche i carri moderni sono bare... non importa se il proiettile sfonda o non sfonda la corazza... la parti del corpo appoggiate (di solito i piedi) arrivano ad esplodere, la soppressione della leva obbligatoria continua far danni.
Altra cazzata: l'efficacia dei carri più pesanti è tutta roba di fantasia, i carri troppo pesanti sono i mezzi più piantati... non passano i ponti, affondano nella melma... dei bofili assoluti specialmente se si parla di Russia e di inverno. C'erano periodi dell'anno in cui gli unici mezzi che riuscivano a girare erano gli URAL che sono sidecar a trazione 2x3 ( armati pesavano la metà di una punto). I tedeschi pensarono ad un carro grande, lo chiamarono l'incrociatore di terra. Alto come un palazzo doveva essere armato con cannoni di derivazione navale e i ponti non sarebbero stati un problema perchè sarebbe stato tanto grande da far diventare i fiumi come "fossi", non fu mai costruito perchè andava a benzina o nafta e non era possibile attaccarcvici un oleodetto per muoverlo.
I carri russi infine, erano tanti ma erano dei trabicoli, addirittura si incastravano di continuo le marce e le dovevano sbloccare a martellate.

Ma poi, se i russi avessero avuto mezzi tanto superiori... questo qui chi era, Dio? http://digilander.libero.it/historia_militaria/witt1.htm

Infine, i tedeschi avevano una tecnologia in campo aereo all'avanguardia, durante il conflitto in Russia i carri sovietici dovevano guardarsi più dai bombardieri da picchiata che non dai panzer.

Mi fermo quì, dopo tante stupidaggini non me ne do pena di andare oltre.
L'unica cosa vera è la superiorità nel numero... la "guerra preventiva" può anche essere... non lo sò... di certo infarcire il tutto di cazzate per avvalorare una tesi non è il metodo migliore di far revisionismo storico.


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antiUsrael
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Mi fermo quì, dopo tante stupidaggini non me ne do pena di andare oltre.

Capisco benissimo le perplessità, ma i dati evidenziati da Suvorov e co. provengono e/o sono confermati dagli archivi sovietici e non solo da testimonianze e perizie di varia natura.
Come si ''carta canta''


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