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Il Risorgimento secondo Lucio Villari

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Bubba
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Intervista a Lucio Villari, autore di:

# Il Risorgimento. Storia, documenti, testimonianze, a cura di, 8 voll., Roma, Gruppo editoriale L'Espresso, 2007.

# Bella e perduta. L'Italia del Risorgimento, Roma-Bari, Laterza, 2009.

Secondo lui le storie dei revisionisti sono tutte balle.
E' prof di storia contemporanea all'univ. Roma Tre.
_________________

Lucio Villari: il Risorgimento “una felice congiunzione astrale sotto il segno della modernizzazione”

15 - 11 - 09

In un’intervista apparsa oggi su “Tuttolibri” della “Stampa”, lo storico Lucio Villari aggiunge la sua autorevole voce all’ormai rovente dibattito di queste settimane su Risorgimento e Unità d’Italia, in occasione dell’uscita del suo libro Bella e perduta. L’Italia del Risorgimento (Laterza). Nella conversazione Villari definisce il Risorgimento “humus fondamentale delle nostre origini”, sottolineandone il valore di processo modernizzatore del paese. E riguardo al presente cita Croce: “Ci sono popoli, come ci sono individui che hanno tratto forza di rinnovamento dalla nausea di se stessi, cioè del loro passato”.
Come sapeva Croce, ci salverà la nausea

di Mirella Serri

Le dame di corte piemontesi lo avevano ribattezzato sporcaciun. Più lieve, Francesco De Sanctis discettava di «un certo amabile folleggiare… pieno di buon umore ». E così a volte la fama di bon vivant e donnaiolo, o tutt’ al più quella di scrittore e pittore, ha oscurato l’abile politico. Massimo D’Azeglio, il grande bardo liberale moderato – dopo una fugace simpatia e vicinanza alle sette mazziniane e segrete – diventerà dal 1849 al 1852 un presidente del Consiglio del Regno di Sardegna pronto a giocare tutte le sue carte a favore della pace e delle riforme costituzionali. Insomma sarà un grande e sottovalutato tessitore dell’unità della Penisola, questo scrittore nelle cui opere lo storico Lucio Villari s’imbatté da ragazzino.

Andando a frugare tra gli scaffali della biblioteca paterna, a Reggio Calabria, troverà I miei ricordi. «E’ uno degli esempi migliori di memorialistica risorgimentale, di gentiluomo piemontese legato alle sue tradizioni e tuttavia aperto alle esigenze del liberalismo ottocentesco, capace di cimentarsi nella difficile impresa di “fare gli italiani” una volta “fatta l’Italia”», commenta Villari. Lo studioso, formatosi alla scuola di Federico Chabod e Rosario Romeo nel tempio degli «Studi storici italiani», l’istituto fondato da Benedetto Croce, oggi, in controtendenza con le rivisitazioni critiche del Risorgimento come culla dei tanti mali dell’Italia postunitaria, ha utilizzato proprio D’Azeglio come nume tutelare per dare vita al suo ultimo saggio, Bella e perduta. L’Italia del Risorgimento ( Laterza, pp. 345, e 18 ). Un libro di storia che si legge come un romanzo e che fa la sua apparizione in un momento assai caldo.

Professor Villari, come valuta le polemiche intorno alle celebrazioni del 2011 per il 150° anniversario dell’unità d’Italia.

«Il Risorgimento è stato spesso soffocato dalla retorica. Adesso invece accade il contrario: ricorrenze e festeggiamenti ne coprono il senso più vero, di humus fondamentale delle nostre origini, mentre le vicende risorgimentali si presentano sempre più come reperti d’antiquariato. Con Berchet, Carducci, Mameli, Ippolito Nievo, ma anche con Carlo Cattaneo e Vincenzo Gioberti, questo momento della nostra storia fu epico e combattivo. Altro che le interpretazioni di quei ricercatori come Angela Pellicciari – il cui libro è stato addirittura consigliato dal premier – dell’“altro” Risorgimento ovvero dell’imperialismo piemontese e sabaudo che perseguitò i cattolici e si impossessò delle terre della Chiesa.

Il Risorgimento fu invece una felice congiunzione astrale sotto il segno della modernizzazione. Per dirla con una battuta: la strada ferrata appena impiantata faceva da volano alla rivoluzione.

Un momento memorabile anche per la giovinezza dei protagonisti, da Mazzini a Garibaldi a Mameli – che compone l’inno d’Italia a 20 anni e muore durante la repubblica romana del 1849 a soli 22 anni -, a Ippolito Nievo che a 17 anni partecipa al primo tentativo insurrezionale. Uno spirito unitario che nulla ha a che fare con i nazionalismi e torna ciclicamente a dare impulso alla nostra storia».

Come la guerra di liberazione, ribattezzata Secondo Risorgimento?

«Io all’epoca ero molto giovane ma percepivo uno sgomento esistenziale, reale e condiviso da tanti. Era il timore che la “patria” fosse “sì bella e perduta” come si canta nel Nabucco di Verdi. Bisognava agire e reagire. Nel 1943, quando l’Italia fu tagliata in due e percorsa da eserciti stranieri, affamata e stremata, fu protetta anche dalla sua tenuta culturale, dall’eredità degli entusiasmi unitari».

Quale fu il suo libro-guida alla fine della guerra?

«Spaziavo dalla letteratura francese a quella tedesca alle opere di Gramsci. Il Politecnico, rivista fondata nel 1945 da Elio Vittorini, pubblicò a puntate Per chi suonano le campane di Ernst Hemingway, tradotto curiosamente con questo titolo. Un racconto non solo d’amore ma anche d’avventura, ambientato durante la guerra di Spagna. Era esaltante».

E successivamente la sua educazione cultural-sentimentale quali sentieri ha battuto?

«Quelli tracciati da professori indimenticabili, come il classicista Santo Mazzarino, il filosofo Galvano Della Volpe e il critico letterario Giacomo Debenedetti. Ci coinvolgevano in lezioni e in grandi passioni. Il cinema, per esempio. Si andava al secondo spettacolo – rigorosamente di pomeriggio – a vedere tanto la produzione sovietica quanto una favolosa Marilyn in Giungla d’asfalto di John Huston o La foresta pietrificata o i capolavori di Marcel Carné, da Gli amanti perduti a Mentre Parigi dorme a La vergine scaltra».

Narrativa e cinema dialettale, che in periodo neorealista erano molto à la page?

«Non ho mai apprezzato nemmeno La terra trema di Luchino Visconti.E neppure l’egemonia del romanesco portato alla ribalta da tante commedie degli Anni Cinquanta-Sessanta che hanno segnato il degrado del cinema italiano. Oggi la rivendicazione da parte della Lega di Umberto Bossi dell’insegnamento dei dialetti la considero strumentale per menar bastonate all’unità faticosamente conquistata. Ai leghisti del maggior poeta in dialetto meneghino, Carlo Porta, o del Goldoni delle Baruffe chiozzotte, chiaramente non interessa nulla».

Delusioni del passato?

«Un vulnus fu inflitto all’eredità risorgimentale dal voto dato dai comunisti all’articolo 7 della Costituzione che riconosceva un regime privilegiato alla Chiesa cattolica. Nell’Italia nata dalla Resistenza si abdicava a una politica laica».

Lei ha formato generazioni di studenti con le sue lezioni: come giudicò il rinnovamento del ‘68?

«Da un punto di vista culturale il Sessantotto mi appassionò. Soprattutto per la prospettiva internazionale. Mi ero formato sui testi di Karl Kautsky e di Rudolf Hilferding, ministro delle Finanze nella Repubblica di Weimar, fuggito nel 1933 in Francia e arrestato dai nazisti. Auspicavo anche in Italia una svolta socialdemocratica. In quel periodo mi dedicavo al Capitale di Marx. E, mentre tutte le lezioni erano bloccate dall’ ”onda” della contestazione, le mie erano seguitissime. Poi arrivarono gli anni bui del terrorismo e anche quell’aria da “primavera culturale” esaurì il suo slancio».

Un terzo Risorgimento, c’è stato?

«Grandi aspettative erano state prospettate dall’operazione [sic] Mani pulite. Si percepiva la necessità di agire, di tagliare i ponti».

Alle rivoluzioni seguono poi le restaurazioni.

«Ascolti questa
affermazione: “Ci sono popoli, come ci sono individui che hanno tratto forza di rinnovamento dalla nausea di se stessi, cioè del loro passato”. Chi le sembra? Nietzsche? Macché. E’ Benedetto Croce nel 1924.Ancora prima D’Azeglio aveva spiegato come la restaurazione postnapoleonica avesse interrotto modernizzazione e civilizzazione. Oggi viviamo in tempi molto bui ma sarà la nausea a farci da motore e a farci uscir fuori. “Quando un popolo è politicamente malato di solito ringiovanisce se stesso”». E questa volta è veramente Nietzsche.

link:
http://www.blogstoria.it/2009/11/15/lucio-villari-il-risorgimento-una-felice-congiunzione-astrale-sotto-il-segno-della-modernizzazione/


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Pellegrino
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Non è il caso di sprecare troppe parole, Villari è un cretino.


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Markus40
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Splendida intervista ad un grande storico, Lucio Villari. Solo un cretino non potrebbe apprezzarla.


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... e dell'intento mai sopito d'imporre senso di gratitudine per unioni e situazioni mai chieste e per le quali ancora oggi si paga tutti il conto (letteralmente)?

Tanto di cappello al sig. Villari, che esprime un parere, che com'è sempre... ricordiamoci che vale però solo per uno, ma quando si cita il '68, be' cari signori...

basta guardarsi intorno per comprendere la grandissima buffonata, che è stato; la storia sta sentenziandone il fallimento totale e senza possibilità di replica.

Il Risorgimento poi... è stato o no l'antipasto del Fascismo? Certo, ogni evento porta qualcosa di buono e cattivo, ma... va be', perchè poi è retorica.

Dante si rivolta nella tomba... e non è il solo, perchè molti nonni e immolati sull'altare della Patria lo stanno facendo!

Tu chiamale se vuoi... annessioniii...

Gran bella rivolta culturale!

Alla grande!

Ciao 😉


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Anonymous
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@ Marcus40. Concordo con Lei: solo un cretino non apprezza questo grande storico. E' il solito problema. Meno si capisce e più si è tranchant nei giudizi. C'è gente che crede di aver capito tutto perchè sa farsi si o no il nodo delle scarpe e si permette di dare del cretino ad uno storico apprezzato in tutta Europa. Povera Italia in mano ai cultori di "amici" della De Filippi. Ameno stessero zitti.


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Pellegrino
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solo un cretino non apprezza questo grande storico. E' il solito problema. Meno si capisce e più si è tranchant nei giudizi. C'è gente che crede di aver capito tutto perchè sa farsi si o no il nodo delle scarpe e si permette di dare del cretino ad uno storico apprezzato in tutta Europa. Povera Italia in mano ai cultori di "amici" della De Filippi. Ameno stessero zitti.

Giusto. Meno si capisce e più si è tranchant nei giudizi.
Come al solito Lei usa delle logiche palindrome che potrebbero essere facilmente ritorteLe contro. Dichiarare Villari un grande storico vuol dire non sapere NULLA del "risorgimento".
Se poi il Villari menta e masconda per malafede o per la classica autoreferenzialità dei tromboni dell'accademia non so, ma la crassa retorica di cui sono intrisi i di Lui giudizi può competere solo con quella cui e uso quel tale che qualcuno omaggia come Presidente della nostra Repubblica.

"uno storico apprezzato in tutta Europa"?? ...esticazzi!!!
Il solito principio di autorità cui voi borghesi siete così assoggettati...
... “una felice congiunzione astrale sotto il segno della modernizzazione” ? ...già un incipit così dovrebbe far sbellicare dalle risate....

Quanto alla De Filippi il Suo citarla ad ogni piè sospinto fa sospettare una sorta di ossessione che travalica nell'infatuazione per il disgustoso personaggio...


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@Pellegrino. A lei non rispondo. Mi è già stato sgradevole interloquire in passato con Lei come con il nazista sig.Erwin. Ho gà dato. Lei con quella bocca può dire ciò che vuole.
___________________________________________________________
"La risposta ad uno sciocco è il silenzio" (Proverbio afgano)


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Elias
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"Il Risorgimento fu invece una felice congiunzione astrale sotto il segno della modernizzazione."

Imposta col fucile e con la spada. Ma oramai i criminali sono diventati gli alfieri del progresso.

"Povera Italia in mano ai cultori di "amici" della De Filippi."

Forgiati da gentaglia come questo tipo. Più che altro, poveri noi in mano ai cultori dell'unità nazionale.

"Ameno stessero zitti."

Occhio, avete contraddetto il grande capo.


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Pellegrino
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Come già evidente dalla gesta dei 'settari' durante il "risorgimento",
gli epigoni di quella corrente culturale e politica (Villari e i suoi pedissequi seguaci...) rivelano il loro vero volto 'giacobino', plumbeo, totalitario e censorio!!!

A cotali sostenitori della storiografia 'marxista' mi piacerebbe ricordare i contenuti esoterici sostenuti dai loro disprezzabili 'eroi'... ma difficilmente ne capirebbero la reale portata.

p.s. Cesare, è inutile ripetere a pappagallo "La risposta ad uno sciocco è il silenzio" se poi quel 'silenzio' non si riesce neanche a sostenere...


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@Elias. Se ne faccia una ragione. I borboni non torneranno. Per il resto se vuole imboccare la strada degli insulti, io ho pronto per lei un antico proverbio afgano "la risposta giusta ad uno sciocco è il silenzio". Sarà ripetitivo ma quanto è giusto!. Lo sa perchè? C'è della gente che è infelice, a Roma si dice "Gli prudono le corna" e quindi il povero cornuto cerca di grattarsele da qualche parte, le dispiace troppo se io mi sottraggo e non collaboro? Naturalmente io parlo in generale e lei non c'entra, ma è meglio ricoradre certi concetti. A me piacciono le discussioni, soprattutto con chi la pensa diversamente. I duelli rusticani no. Quelli stanno bene nel capolavoro di Mascagni "La cavalleria rusticana". Per questo trovo molto giusto il proverbio afgano che mi permetto di ripetere e di raccomandare alla sua attenzione :"la risposta giusta ad uno sciocco è il silenzio". Come dice Stig Dagermann nel suo "Il nostro bisogno di consolazione" : Il mare non dovrebbe essere costretto a sorreggere tutte le imbarcazioni e tutte le vele" nessuno, compreso me medesimo, quindi dovrebbe essere costretto a sostenere conversazioni con pellegrini di internet vari biliosi perchè magari sono in quel momento di cattivo umore perchè hanno digerito male o magari gli fanno male le emorroidi. Questo per chiarezza prima di applicare anche a lei il proverbio afgano. Saluti garibaldini.


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Pellegrino
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La risposta giusta ad un garibaldino sciocco è la verità:
GARIBALDI FU NEGRIERO E SCHIAVISTA!

"Tratto negri e cavalli" disse di se stesso (in realtà 'trattava' anche cinesi, ma per un razzista come l'eroe dei due mondi, questo è un dettaglio).

Cesare, provo a rispiegarLe la battuta che usa:
per dire "la risposta giusta ad uno sciocco è il silenzio",
bisogna poi stare zitti.

Per quanto riguarda "le emorroidi" è un problema che Lei dovrebbere conoscere molto meglio di me ...e ci siamo capiti...


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Elias
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"Se ne faccia una ragione. I borboni non torneranno."

E chi li ha mai menzionati?

"A me piacciono le discussioni, soprattutto con chi la pensa diversamente."

E si vede. Tiri fuori un sacco di modi di dire, ma di argomenti a favore della congiunzione astrale, manco mezza riga.

Come del resto questo autoproclamato storico, che ci ha largamente descritto la storia della sua vita, ma di spiegare perchè l'unità sarebbe stata un passo avanti della modernizzazione manco a parlarne.

"le dispiace troppo se io mi sottraggo e non collaboro?"

Perchè fino adesso che hai fatto?


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@Elias. Vedo che ha digerito male. E che da del "tu" non autorizzato mentre io invece mi rivolgo alla sua persona con il Lei. Naturalmente con questi toni che usa non è decente nessuna interlocuzione.


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Elias
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"Vedo che ha digerito male."

Argomentazioni: ancora nulla.

"E che da del "tu" non autorizzato mentre io invece mi rivolgo alla sua persona con il Lei."

Chiedo perdono, barone Von Sbruffonen, desidera anche che la chiami vostra eccellenza?

"Naturalmente con questi toni che usa non è decente nessuna interlocuzione."

Ti sei offeso? Povera vittima...


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http://www.arrigopetacco.net/petacco/nuovolibro.html

l'antipasto del Ri-sorgi-men-TO

ciao 😉


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