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Il salario minimo in Europa


Rosanna
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Il salario minimo in Europa

Nel cantiere della rete ferroviaria rapida Crossrail, che passa sotto la città di Londra, il 25 settembre 2013. (Andrew Winning, Reuters/Contrasto)

Il 16 gennaio il governo britannico si è impegnato ad aumentare il salario minimo, che entro il 2015 dovrebbe passare da 6,31 a 7 sterline (8,5 euro) all’ora. Ma il dibattito europeo sulla questione delle retribuzioni minime era già stato rilanciato a novembre dalla cancelliera tedesca Angela Merkel che aveva annunciato la creazione in Germania di un salario minimo obbligatorio per tutti a partire dal 2015.

Attualmente 21 dei 28 stati che compongono l’Unione europea prevedono un salario minimo nazionale. Sono: Belgio, Bulgaria, Croazia, Estonia, Francia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria.

Come ricorda Eurostat (l’ufficio statistico della Ue), le retribuzioni minime nazionali sono fissate dalla legge o da accordi di categoria. Di norma si applicano a tutti i lavoratori dipendenti, o comunque alla maggioranza dei lavoratori dipendenti di un paese. Gli importi delle retribuzioni minime sono lordi, comprendono cioè le imposte sul reddito e i contributi di sicurezza sociale, che variano da paese a paese.

Questi stipendi cambiano molto a seconda dello stato: si passa da 157 euro in Romania a 1.462 in Irlanda, fino ai 1.502 in Belgio e ai 1.874 euro in Lussemburgo.

Nei paesi che non prevedono un salario minimo nazionale (Danimarca, Italia, Austria, Finlandia e Svezia) le retribuzioni sono fissate per contrattazione tra le parti sociali, a livello aziendale o per singolo contratto. In genere gli accordi a livello settoriale in pratica equivalgono a retribuzioni minime. Cipro prevede salari minimi stabiliti dalla legge che però non valgono per tutti i lavoratori, ma sono limitati a specifici settori o professioni.

I pro e i contro. In un documento presentato nell’aprile del 2012, la Commissione europea sottolineava che “fissare salari minimi di livello adeguato può contribuire a evitare l’aumento della povertà lavorativa ed è un fattore importante per garantire la qualità e la dignità dei posti di lavoro”. E il 9 gennaio 2014 il ministro delle finanze britannico George Osborne ha dichiarato: “Il salario minimo permette di trovare un compromesso chiave: proteggere i dipendenti che hanno uno stipendio basso e assicurarsi che trovino un lavoro”.

Ma alcuni economisti giudicano le retribuzioni minime non del tutto efficaci. “Senza il salario minimo, il datore di lavoro paga i suoi dipendenti in base al loro livello di produttività. Invece, grazie al salario minimo, anche lavoratori scarsamente qualificati, che hanno una bassa produttività, possono essere pagati di più. Ciò rende la loro assunzione non conveniente per le imprese ed esclude questi lavoratori dal mercato occupazionale”, spiega a Le Monde Eric Heyer, dell’Observatoire français des conjonctures économiques. Heyer aggiunge però che i costi per le aziende potrebbero essere alla fine compensati. “Se aumenta il salario minimo aumenterà anche il potere d’acquisto dei dipendenti, che consumeranno di più e così faranno crescere anche il fatturato delle aziende”.

Una retribuzione minima europea? Anche se la creazione di un salario minimo condiviso da tutte le imprese in Europa sembra ancora lontana, nel testo del 2012 della Commissione europea si legge: “Deve essere possibile poter adeguare in misura sufficiente i minimi salariali, con il coinvolgimento delle parti sociali, per rispecchiare gli sviluppi economici globali. In tale contesto salari minimi differenziati, già d’applicazione in diversi stati membri, possono essere un mezzo efficace per sostenere la domanda di manodopera”.

http://archivio.internazionale.it/news/unione-europea/2014/01/22/il-salario-minimo-in-europa


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