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In morte di un imprenditore di se stesso


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Tutto regolare, tutto legale, tutto secondo flessibilità. E così, quando muore un facchino sfruttato sotto un palco che crolla, dovrebbero anche avere la faccia tosta di ripetere: è morto un imprenditore di se stesso

Se fosse stato extracomunitario, se fosse caduto da un'impalcatura di un qualsiasi palazzone di periferia, avrebbe meritato a malapena un trafiletto. Ma era un bel ragazzo italiano e lavorava per una popstar, quindi la tragica morte di Francesco Pinna ( http://cronacaeattualita.blogosfere.it/2011/12/crollo-palco-jovanotti-francesco-pinna-una-morte-che-vale-5-euro-lora.html?lnk=1&q=jovanotti&source= ) è su tutte le prime pagine.

Non importa. Quel che conta è che Francesco non ci sia più, che abbia perduto la vita per mettersi in tasca 5 euro l'ora e vedere un concerto gratis. A 19 anni sembra tanto.

Mi chiedo quale fosse il contratto di lavoro di Francesco, che lavorava a giornata per una coop. Cococo? Cocopro? A progetto? Non è una questione secondaria.

La morte sul lavoro è un rischio che corrono in tanti, non solo chi fa lavori oggettivamente pericolosi: gente che finisce vittima di incidenti stradali, di disgrazie, di disattenzioni proprie o altrui. Si rischia sul lavoro, come si rischia semplicemente nel vivere. Quello che fa differenza, quello che indigna (almeno a me indigna), è che il rischio sul lavoro dovrebbe essere sempre compensato almeno con la dignità del lavoro. Dignità che si esprime nella messa in sicurezza dell'ambiente ( http://petrolio.blogosfere.it/2007/07/centrali-nucleari-gestite-proprio-come-tutto-il-resto.html ) circostante, che costa, e che si esprime in un contratto e una paga dignitosi, come recita la Costituzione. Anche questi ahinoi costano ( http://crisis.blogosfere.it/2009/10/precariato-e-ipocrisia.html ) .

Per diminuire questi costi, è arrivata la "flessibilità". E per farla digerire ai cittadini recalcitranti, è stata accompagnata da una propaganda battente che ha valorizzato il precariato come se fosse una conquista: basta col posto fisso, vendi le tue competenze e guadagnaci su, diventa imprenditore di te stesso. "Imprenditore di te stesso": uno slogan efficacissimo che innesca l'automatica associazione mentale imprenditore=ricco, di successo, libero, figo. Tutti imprenditori di se stessi. Poi nella realtà, paghe da fame, sfruttamento, lavoretti a giornata, tasse e contributi opprimenti, insicurezza e disperazione. Milioni di persone in queste condizioni. Le aziende, contente, risparmiano in dignità.

Si arriva al punto che si firmano contratti a ore per cooperative di facchinaggio, tutto regolare, tutto legale, tutto secondo flessibilità. E così, quando muore un facchino sfruttato sotto un palco che crolla, dovrebbero anche avere la faccia tosta di ripetere: è morto un imprenditore di se stesso.

Ma forse il furbo slogan non funzionerebbe più.

Debora Billi
Fonte: http://crisis.blogosfere.it
Link: http://crisis.blogosfere.it/2011/12/in-morte-di-un-imprenditore-di-se-stesso.html
14.12.2011


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