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Intervista a Claudio Moffa


Tao
 Tao
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CANZANO – Allora, il 19 giugno a Controcorrente, su Sky, c'è stata una
significativa svolta per la vicenda Faurisson …

MOFFA - Direi proprio di sì. Al di là della solita arroganza di
qualcuno, il passaggio più significativo è stato quando Nicola
Tranfaglia ha accettato l'idea di un contraddittorio pubblico con
Faurisson: smentiti dunque i "negazionisti" dei "negazionisti" . Non si
può continuare a tacere, chi– come Tranfaglia – vuole veramente
battere il revisionismo olocaustico è opportuno che si cimenti in un
dibattito pubblico. E discutere fa sempre bene, a tutti …

CANZANO – Come ci si è arrivati nella trasmissione?

MOFFA - La puntata è iniziata sul caso Priebke, in studio Tranfaglia
ed io, in teleconferenza il prof. Faurisson e Victor Magiar della
Comunità ebraica romana. Poi a un certo punto è uscito fuori il tema
della libertà di espressione, e si è passati alla vicenda di Teramo e
a Faurisson. Magiar ha attaccato frontalmente lo studioso francese, ma
se l'è presa anche col master e col mio invito, sostenendo che ero
stato unilaterale, e che non avrei proposto il contraddittorio. Ho
replicato snocciolando i nomi di tutti gli studiosi, storici ed
esponenti della comunità ebraica da me invitati, citando fra gli altri
Sarfatti, Pisanty e Pezzetti, e dicendo che per un motivo o per
l'altro (Sarfatti all'inizio, prima ancora che avessi pensato ad
invitare Faurisson) non erano voluti venire. E' stato a questo punto
che Tranfaglia ha detto che se avessi invitato lui, lui sarebbe venuto
a Teramo. Ho "rilanciato" , e l'ho invitato per il prossimo anno ad un
contraddittorio con Faurisson. Ha accettato: mi pare una svolta
positiva per tutti, compresi gli storici antinegazionisti, che alla
fine se insistono a rifiutare ogni confronto, rischiano di perdere la
faccia. Non leggo nessuna indulgenza in Tranfaglia, solo un
atteggiamento corretto e responsabile di storico e di intellettuale.

CANZANO - Andiamo all'inizio di questa vicenda. Quando è nata l'idea
di fare il master in Medio Oriente e parlare dell'olocausto?

MOFFA – Il master Enrico Matteo Medio Oriente è un master
multidisciplinare che tratta di storia, politica internazionale,
culture e religioni, economia, diritto e informazione. Il corso dura
in tutto trecento ore, di cui 120 di lingua araba e 180 appunto di
argomenti multidisciplinari: nulla di più normale è stato dunque
dedicare un po' di spazio anche al tema dell'Olocausto, ivi compreso
il revisionismo sull'argomento, e non solo per il noto convegno di
Teheran – emblema dell'uso politico dell'olocausto anche da parte
iraniana – ma più in generale per il ruolo svolto dal dogma
olocaustico in tutta la storia di Israele dalla fine della II guerra
mondiale ad oggi. Come ricordano Norman Finkelstein e Tom Segev,
l'olocausto è utilizzato da Israele per avere una patente di impunità
riguardo alla violazione del diritto internazione almeno a partire dal
'67. Inizialmente, secondo il programma caricato sul sito fin dal
dicembre 2006, era prevista una settimana intera dedicata a "il medio
oriente e l'olocausto" . Nei fatti, alla questione sono state dedicate
teoricamente quattro ore (la lezione di Thion, e quella, però saltata,
di Faurisson) più un convegno della durata complessiva di 16 ore
spalmate su tre giorni - "La storia imbavagliata" - ma di carattere
prevalentemente giuridico, e con una forte presenza di storici e
studiosi anti Faurisson.

CANZANO – Perché questo titolo?

MOFFA – Perché in tutta Europa si vanno affermando leggi liberticide
che pretendono di imporre una "verità di stato" protetta dal codice
penale su alcuni eventi chiave del secolo passato: non c'è solo
l'Olocausto, c'è anche il genocidio armeno – la cui negazione e la cui
affermazione sono condannate rispettivamente in Francia e in Turchia:
assurdo!! – e ci sono, nella repubblica ceca i "crimini del comunismo"
la cui negazione è appunto punita. Ecco l'imbavagliamento della
storia. Dai giuristi che hanno partecipato al convegno, come Ainis e
Sinagra è venuto fuori il dato allarmante di una tendenza
totalitaristica strisciante, resa ancora più pericolosa dalla spada di
Damocle dal mandato di cattura europeo. Dentro questo quadro generale,
sicuramente il negazionismo gioca un ruolo notevole, perché la legge
colpisce soprattutto questa tendenza storiografica. Se per ipotesi è
totalmente infondata e propagandistica, oppure se ci possono essere
degli appigli di parziale verità o comunque c [testo troncato nel sito]

CANZANO – Perché continuare ad usare il termine olocausto o shoa?

MOFFA – Siamo di fronte ad un fatto storico, che da alcuni viene
interpretato o in chiave religiosa, da cui il termine come la shoa e
l'olocausto che ricorda il sacrificio della vittima a Dio, o con
finalità politica. A parlare di queste cose sono gli studiosi a
livello di Finkelstein da me invitato per primo in Italia, a Teramo
nel 2002, dove lui parlò per la prima volta di un'industria
dell'olocausto. Neppure Faurisson che riduce drasticamente le cifre
fino a 150.000 gli ebrei morti nei campi di concentramento, che sono
comunque una cifra enorme orribile, nega lo sterminio degli ebrei.

CANZANO – Allora l'aggressione che avete subito non è giustificata?

MOFFA - Quelli che ci hanno aggredito non sono dentro questo
meccanismo. C'è un clima di intossicazione creato dalla stampa, che
dice quasi sempre le stesse cose ed emargina le voci dissenzienti.
Alcune testate hanno raccontato su Teramo fatti completamente diversi
da quelli effettivamente svoltisi, omettendo e falsificando i dati.
C'è poi un clima generale che riguarda la stessa comunità ebraica
italiana e l'intellettualità ad essa vicina. Fino all'82, esisteva una
dialettica fra sionisti e antisionisti, ricordo uno studioso come
Guido Valabrega, una giornalista come Livia Rokach di Repubblica, o
altre voci dentro il vecchio PCI. Oggi tutto è cambiato: il
martellamento della stampa, la politica di recupero dei vertici della
comunità ebraica italiana, hanno portato alla formazione di
generazioni che sono sempre allineate con Israele, qualsiasi cosa
faccia, e che accrescono di anno in anno la loro attenzione e la loro
"memoria" degli eventi della II guerra mondiale. Il rischio è sfociare
in una sorta di ossessione mistica religiosa. Faccio un esempio,
prendersela con Faurisson perché avrebbe "negato il lutto" di
qualcuno, intendo dire di qualche specifica famiglia di deportato ben
individuabile con nome e cognome, come ha scritto su Repubblica una
persona di solito intelligente come Michele Serra, è un'assurdità,
oltre che una sorta di istigazione a reiterare quanto accaduto a
Teramo: la riduzione drastica del numero delle vittime dello sterminio
di ebrei nei lager, operata da Faurisson - giusto o sbagliato che sia
- non comporta certo automaticamente l'esclusione dal nuovo computo
del deportato Tizio o della deportata Caia. Per cui la reazione
ossessiva alle tesi dello studioso francese e degli altri
"negazionisti" , non riguarda affatto i sentimenti individuali offesi,
ma il dogma dell'Olocausto: uno sterminio di ebrei che sarebbe
avvenuto secondo modalità e quantità ormai "accertate" per sempre: 6
milioni di ebrei, uccisi con le camere a gas. E' accettabile un dogma
da un punto di vista storiografico? In realtà
la storiografia è
revisione continua: uno storico serio deve valutare tutte le fonti e
ascoltare tutte le voci: e un coordinatore di master, anche se non è
esperto di questo o quell'argomento, può proporre agli studenti con
pieno diritto voci diverse su uno stesso argomento: senza che questo
voglia dire condividerle.

CANZANO – Perché la venuta di Faurisson in Italia ha dato così tanto
fastidio?

MOFFA – C'è il fatto oggettivo di uno studioso inviso alle comunità
ebraiche europee. Ma di Faurisson hanno in qualche modo approfittato
coloro cui comunque il master ha sempre dato fastidio, fin dal suo
inizio: in realtà il primo attacco al corso di studi intitolato a
Enrico Mattei risale nientemeno che al 16 novembre del 2005, giorno in
cui il sito di un tal Institut for Jewish History di Londra, ha
pubblicato l'articolo di un allora collaboratore del Foglio di
Ferrara, Emanuele Ottolenghi, che, parlando dell'antisemitismo in
Italia, mi dedicava sedici righe per un articolo datato … 2001. Come
mai tanto ritardo, fino alla data in cui scadevano le domande di
iscrizione alla prima edizione del master? Quelle sedici righe poi
erano e sono piene di menzogne, come ho documentato sul sito:
Ottolenghi mi attribuiva infatti fra virgolette frasi tratte dal
Corriere della Sera o da altri giornali, e scriveva "according to
Moffa", invece che citare le mie fonti; sosteneva poi che queste
consistevano in "unquoted articles", cosa non vera vista le date dei
giornali citati, il titolo dell'articolo e l'autore. Insomma, un
attacco preventivo nella speranza che il master fallisse alla prima
edizione, perché mi conoscevano come un "pericoloso" intellettuale e
giornalista libero, che non ha paura di affrontare i problemi spinosi.
Poi il secondo attacco, all'inizio della seconda edizione: un convegno
su Medio Oriente e Mass media colpevole di aver ospitato giornalisti
controcorrente come Blondet e Fini, e soprattutto gli ambasciatori
iraniano e siriano; e ancora di più colpevole per aver dato la parola
in quella stessa settimana anche a Dan Vittorio Segre, e per aver
invitato l'ambasciatore israeliano. Per i settori oltranzisti
filoisraeliani ciò è inconcepibile: per essi, quello che è effettivo
pluralismo di un corso di studi, diventa inaccettabile
"legittimazione" del Nemico. Un Nemico che per loro è da annientare,
non da interloquire o affrontare in un dibattito civile. Ritengo che
proprio questa apertura del master sia stata la causa di tante
reazioni isteriche: un master a cui sono state ripetutamente invitati
esponenti e intellettuali della comunità ebraica italiana come Renzo
Gattegna, Marcello Pezzetti del Centro di documentazione ebraica,
Valentina Pisanty autrice del libro "le irritanti questioni delle
camere a Gas", o Furio Colombo. Tutti a parlare di assenza di
contradditorio al master, e contemporaneamente a rifiutare l'invito
che, se accettato, avrebbe reso possibile il contraddittorio stesso.
In un crescendo di isteria, fino al 18 maggio …

CANZANO – … Il giorno dell'aggressione a lei, a Faurisson e alle forze
di polizia: per concludere, qual è il suo giudizio sui fatti di Teramo?

MOFFA – Ci sono tanti aspetti. Quello che sottolinerei più di altri è
questo: in Italia non esiste per fortuna una legge liberticida come la
francese Gayssot-Fabius. Ma ecco che all'occorrenza si scatena la
violenza di piazza, che finisce per creare un problema di presunto
"ordine pubblico", e dunque per impedire nei fatti la libertà di
insegnamento, di parola e di pensiero. A Teramo è andata così: la
legge non ci poteva impedire né la conferenza né la lezione di
Faurisson all'Università . E' stata la piazza ad imporre la sua
"legge", scavalcando il Parlamento sovrano: la legge della violenza.
Non è certo una cosa edificante per lo stato di salute della
democrazia nel nostro paese.

CURRICULUM Claudio Moffa, è professore ordinario di Storia ed
Istituzioni dei Paesi afroasiatici presso la Facoltà di Scienze
Politiche dell'Università di Teramo. Come studioso, saggista e notista
di problemi internazionali, si è occupato in particolare, sia da un
punto di vista politologico che (per quel che riguarda in particolare
l'Africa) etno-antropologico, delle seguenti aree di crisi, prima e
soprattutto dopo la fine del bipolarismo Est-Ovest: Medio Oriente:
Iraq, conflitto israelo-palestinese (fin dal suo primo libro, La
resistenza palestinese, Roma 1976), Afghanistan. Africa: tutta, e in
particolare Etiopia-Eritrea (due libri: Etiopia dietro la trincea,
Milano 1978, e La rivoluzione etiopica Testi e documenti, Urbino) e
Somalia; Ruanda e Burundi (conflitto tutsi-hutu) e Regione dei Grandi
laghi, Zaire-Congo e "prima guerra mondiale africana", Sierra Leone,
Costa d'Avorio, Liberia, Nigeria, Zimbabwe, Sudan, Angola, Namibia,
Sudafrica. Quanto alle problematiche "traversali" si è occupato
diffusamente del "fattore etnico" in Africa, della "questione
nazionale" nell'età postcoloniale e postbipolare, e della sua
proiezione giuridica, il "principio di autodecisione dei popoli",
proponendo già nel 1988 (Quaderni Internazionali n. 2-3, "La questione
nazionale dopo la decolonizzazione" ) "una rilettura del principio di
autodecisione dei popoli", alla luce sia della nuova epoca storica
(fine del bipolarismo, "globalizzazione" anche finanziaria, crisi
dell'assetto interstatuale sortito dalla II guerra mondiale e dalla
decolonizzazione) , sia della multietnicità della maggioranza degli
stati teatro delle più gravi crisi di fine secolo (i secessionismi
africani, ma anche, in questo quadro, i Balcani e l'Est Europa).
Inoltre si è occupato, come membro del Comitato Scientifico
"Intemigra" (un progetto internazionale diretto dalla Regione
Abruzzo), e come Direttore scientifico e Coordinatore dell' ODEG -
Osservatorio contro le discriminazioni etniche e di genere, progetto
internazionale finanziato dall'UE e che ha coinvolto (anni 1999-2001)
quattro Università Europee, del problema dell'immigrazione, proponendo
anche in questo caso una revisione ponderata della "sociologia
dell'immigrazione `facile'" e della questione delle "identità" e delle
"differenze" , e cercando di collegare la questione immigrazione -
oltre una visione immediatistico- microsociologica - agli scenari di
crisi internazionali, con particolare riferimento ai Balcani e al
Curdistan. Attualmente svolge un corso su "I conflitti in Africa e
Medio Oriente dopo la fine del bipolarismo" , presso l'Università di
Teramo, tema che è stato oggetto anche (attraverso una selezione degli
scenari di crisi) di un seminario presso la SIOI; ed è impegnato in un
progetto di ricerca sulla questione chiave – da un punto di vista non
solo giuridico, ma anche politico e diplomatico – dei due Tribunali
internazionali operanti in Africa, quello di Arusha (Ruanda) e quello
della Sierra Leone. Collaboratore di diverse testate giornalistiche
sin dagli anni Ottanta e Novanta (Paese sera, Corriere della Sera, Gr
RAI direttore Gianni Raviele, RadioRaitre di Enzo Forcella - ciclo di
trasmissioni sulla storia dell'Africa - Panorama, Espresso, L'Ora, Il
Centro, La Sicilia, La Stampa,etc.) e più recentemente delGR-RAI,
RAI-news 24, Il Terzo Anello, L'Eco di Bergamo, ha scritto numerosi
saggi per riviste specialistiche italiane e st
raniere (Politique
Africaine, Le monde diplomatique, Limes, Studi Piacentini, Politica
Internazionale, Africa, Africana, Estudia Africana, Rivista di Storia
contemporanea, Giano, Marxismo oggi, Euntes Docete). Fra i suoi libri,
Saggi di Storia Africana (Milano 1996), L'etnia fra invenzione e
realtà (Torino 1999), Storia dell'Africa (Milano 1999), e L'Africa
alla periferia della Storia (Napoli 1993, Parigi 1995), premio cultura
Presidenza del Consiglio 1996. I suoi ultimi lavori sono i volumi La
favola multietnica. Per una critica della sociologia dell'
"immigrazione facile", Harmattan, Torino 2002, con prefazione di
Umberto Melotti che qui si allega; Msiri e il capitano Bodson.
Colonialismo yeke e colonialismo europeo nel Katanga dell'Ottocento,
Aracne, Roma 2003; Lamerica. Ideologie e realtà dell'immigrazione,
Aracne, Atti del Convegno, Roma 2004, e un libro di prossima
pubblicazione sul Tribunale penale internazionale per il Ruanda.

Fonte: www.iniziati vameridionale. it
Link: http://www.iniziati vameridionale. it/index. asp?IdSezione= 11&IdArticolo= 1359
23.06.07


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