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Krugman - Il 2010 come il 1938


Tao
 Tao
Illustrious Member
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“Ecco la situazione: l’economia statunitense è rimasta bloccata dalla crisi finanziaria, le politiche del presidente hanno limitato i danni, ma sono state troppo prudenti, e la disoccupazione è rimasta alta in modo disastroso. Un intervento più deciso sarebbe chiaramente necessario. Eppure l’opinione pubblica guarda invelenita a qualsiasi azione del governo, e sembra avviata ad infliggere ai democratici una dura sconfitta nelle elezioni di medio termine.”

Il presidente in questione è Franklin Delano Roosevelt, l’anno è il 1938.

Nel giro di pochi anni, naturalmente, la Grande Depressione sarà finita. Ma è istruttivo e nello stesso tempo scoraggiante guardare allo stato dell’America nel 1938 – istruttivo perché la natura della ripresa che seguì contraddice gli argomenti che oggi dominano il pubblico dibattito – scoraggiante perché è difficile che si possa ripetere qualcosa di simile al miracolo del 1940.

Ora, noi non avremmo dovuto ritrovarci a rivivere gli ultimi anni ’30. Gli economisti del Presidente Obama avevano promesso di non ripetere gli errori del 1937, quando Franklin Delano Roosevelt ritirò troppo presto gli stimoli fiscali. Ma con il suo programma troppo ridotto e troppo breve, il signor Obama ha fatto proprio questo: lo stimolo ha portato crescita finché è durato, ma ha ridotto solo di poco la disoccupazione – e adesso si sta spegnendo.

E proprio come alcuni di noi temevano, l’inadeguatezza del piano economico iniziale dell’amministrazione l’ha condotta – insieme alla nazione – in una trappola politica. Un maggiore stimolo è assolutamente necessario, tuttavia agli occhi del pubblico il fallimento del programma iniziale di ripresa ha screditato l’azione del governo volta a creare posti di lavoro.

In breve, benvenuto il 1938.

La storia del 1937, della disastrosa decisione di Roosevelt di ascoltare chi diceva che era tempo di tagliare il deficit, è ben nota. Qual che è meno noto è che la pubblica opinione trasse le conclusioni sbagliate dalla recessione che seguì: lungi dal richiedere una ripresa dei programmi del New Deal, gli elettori persero la fiducia nella espansione fiscale.

Consideriamo i sondaggi Gallup da marzo 1938. Alla domanda se la spesa pubblica dovesse essere aumentata per combattere la crisi, il 63 per cento degli intervistati rispose di no. Alla domanda se fosse meglio aumentare la spesa o tagliare le tasse sugli affari, solo il 15 per cento era favorevole alla spesa, mentre il 63 per cento preferiva i tagli fiscali. E il 1938 fu un disastro elettorale per i democratici, che persero 70 seggi alla Camera e sette al Senato.

Poi venne la guerra.

Da un punto di vista economico la seconda guerra mondiale fu, soprattutto, una raffica di spesa pubblica finanziata in deficit, in una misura che non sarebbe mai stata approvata altrimenti. Nel corso della guerra il governo federale prese in prestito un importo pari a circa il doppio del valore del PIL del 1940 – l’equivalente di circa 30.000 miliardi dollari di oggi.

Se qualcuno avesse proposto di spendere anche solo una frazione di quella cifra prima della guerra, la gente avrebbe detto le stesse cose che si dicono oggi. Avrebbero messo in guardia circa il collasso del debito e l’inflazione galoppante. Avrebbero anche detto, giustamente, che la depressione era in gran parte causata da un eccesso di debito – e avrebbero anche dichiarato che era impossibile risolvere questo problema mediante l’emissione di ancora più debito.

Ma sapete una cosa? I deficit spending crearono un boom economico – e il boom ha gettato le basi per una prosperità di lungo periodo. Il debito complessivo dell’economia – pubblico e privato – di fatto diminuì in percentuale del PIL, grazie alla crescita economica e, sì, anche a un po’ di inflazione, che ridusse il valore reale del debito non ancora rimborsato. E dopo la guerra, grazie alla migliorata posizione finanziaria del settore privato, l’economia fu in grado di prosperare senza continuare col deficit.

La morale economica è chiara: quando l’economia è profondamente depressa, le regole ordinarie non si applicano. L’austerità è autodistruttiva: quando tutti nello stesso tempo cercano di ripagare il debito, il risultato è la depressione e della deflazione, e i problemi del debito crescono ancora peggio. E viceversa, è possibile – anzi, necessario – per la nazione nel suo insieme trovare una via d’uscita dal debito: un aumento temporaneo del deficit spending, su una scala sufficiente, è in grado di curare i problemi causati dagli eccessi del passato.

Ma la storia del 1938 mostra anche come sia difficile applicare tali intuizioni. Anche sotto FDR, non c’è mai stata la volontà politica di fare ciò che era necessario per porre fine alla Grande Depressione, e la risoluzione finale è arrivata essenzialmente per caso.

Avrei sperato che questa volta avremmo fatto di meglio. Ma si scopre che i politici e gli economisti in questi decenni trascorsi hanno dimenticato le lezioni del 1930, e sono determinati a ripetere tutti gli errori passati. Ed è un po’ nauseante rendersi conto che i probabili vincitori delle elezioni di medio termine saranno proprio coloro che prima ci hanno messo in questo pasticcio, e poi hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per bloccare l’azione necessaria a tirarcene fuori.

Ma ricordiamoci sempre: questa crisi può essere curata. Tutto ciò che ci vuole è un po’ di chiarezza intellettuale, e molta volontà politica. Speriamo di trovare queste virtù in un futuro non troppo lontano.

Versione originale:

Paul Krugman
Fonte: www.nytimes.com
Link: http://www.nytimes.com/2010/09/06/opinion/06krugman.html
5.09.2010

Versione italiana:

Fonte: www.stampalibera.com/
Link: http://www.stampalibera.com/?p=15687
9.09.2010

 


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