L’ago che sgonfierà...
 
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L’ago che sgonfierà la bolla finanziaria


ilnatta
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Cosa succederà quando le Banche centrali dovranno invertire le misure eccezionali messe in piedi per tamponare la Grande Crisi? I banchieri centrali professano fiducia nelle proprie taumaturgiche capacità di gestire la transizione come tanti Von Karajan, con i tassi e direttive al posto della bacchetta, a cui risponderà con brio l’orchestra delle banche, degli investitori, dei consumatori, degli imprenditori e persino dei ministri. E se invece dei Berliner Philharmoniker si scoprissero alle prese con gli orchestrali disfunzionali immortalati da Fellini in Prova d’Orchestra? È bastato che il presidente della Federal Reserve americana, Ben Bernanke, ventilasse la fine dell’andazzo monetario per ristabilire il principio di gravità. Che nei mercati, come nei cartoni animati di Wile Coyote, si sospende solo per intervalli limitati.
La piramide fragile
Le Banche centrali sembrano affidarsi (come la cavalleria polacca contro i panzer) a strategie e strumenti adeguati per il secolo scorso, nonostante i meccanismi di trasmissione della politica monetaria siano sfuggiti da tempo al controllo delle autorità monetarie. Mentre una volta la creazione di liquidità era determinata dalla riserva obbligatoria sui depositi e dalle operazioni tra banche commerciali e banca centrale, oggi essa si alimenta in modi eclettici, endogeni al sistema finanziario. In primis nel mercato dei prestiti collateralizzati (i repurchase agreements, in gergo “repo”) con scadenza da un giorno a qualche mese dove operano oltre a banche private, fondi monetari, hedge fund, e altri intermediari atipici.
Il detentore di un titolo può darlo in pegno per un prestito e lo stesso titolo può essere dato in pegno più volte (re-ipotecazione). Si determina un effetto a catena che, per ogni dollaro di titoli arriva a generarne fino a tre di prestiti (in teoria garantiti), e su cui la banca centrale influisce poco. Conta l’haircut, cioè la frazione del valore di mercato del titolo chiesta in garanzia e il tasso di interesse repo, entrambi stabiliti da accordi tra i contraenti.

Questa liquidità poi si diffonde attraverso ulteriori meandri dello shadow banking, il sistema bancario ombra. Per esempio con tassi asfittici sulle obbligazioni AAA, i fondi pensione privati per assicurare un vitalizio decente ai membri si lanciano in investimenti “alternativi ” tipo i fondi di private equity. Un fondo di private equity che riceva un euro di capitale riesce ad ottenere un prestito addizionale di 3 euro. Se questi 3 euro sono impiegati per un aumento di capitale in un’azienda, questa a sua volta potrebbe indebitarsi di almeno un altro euro. Quindi da un euro si arrivano a generare 4 euro di debiti.

In questa girandola il settore bancario è coinvolto fino al collo, oggi come prima del 2008. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, nelle sue “considerazioni finali” del 31 maggio, ha sottolineato che in media le banche italiane hanno una leva di 14 e quelle europee di 20. Significa che per per 10 euro di capitale le banche europee hanno (in media) attivi per 200 euro.

Le banche sembrano sane
Il nodo cruciale è l’effetto che la massa di crediti ha sull’economia reale. Se la tecnologia e la produttività rimangono inalterate, cioè se questo credito non stimola la crescita reale di lungo periodo, è semplicemente aumentato il rischio complessivo: se un investimento va male l’effetto contagio deflegra in modo più dirompente perché il contagio è più rapido. Insomma se il credito viene usato per comprare azioni o contratti futures su materie prime nell’aspettativa (avulsa da fondamenti concreti) di corsi in aumento, si gonfia quella che comunemente si definisce bolla speculativa. Mantenendo i tassi di interesse a zero e – soprattutto – imbottendo il propri bilanci di debiti sovrani e titoli di dubbia qualità, la banca gonfia i prezzi e garantisce implicitamente asset che poi vengono scontati allegramente nelle repo oppure per imbellettare i bilanci.

Cosa succede quando la Banca centrale aumenta i tassi di interesse? Il valore delle obbligazioni scende e quindi la creazione di liquidità endogena si attenua. Ma se la politica monetaria ha innescato principalmente una girandola nei mercati finanziari, la stretta ha effetti drastici perché tutti capiscono che la catena di Sant’Antonio sta per spezzarsi. Quindi le repo si prosciugano, chi ha una leva alta subisce perdite devastanti, i debitori più esposti diventano insolventi, la fiducia evapora e il ritornello cantato a Madama la Marchesa si strozza in gola.

Gli effetti della politica monetaria e del quantitative easing, cioè l’espansione del bilancio delle banche centrali, sono fortemente asimmetrici, specie quando alimentano aspettative pompate da analisti che confondono i fogli Excel con la realtà, dalla prospettiva di bonus milionari e dall’idea che l’economia reale si stimoli con operazioni di finanza creativa tra governo e banche centrali.

Il Fatto Economico, Il Fatto Quotidiano, 5 Giugno 2013

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/06/lago-che-sgonfiera-bolla-finanziaria/617761/


Citazione
mincuo
Illustrious Member
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Il detentore di un titolo può darlo in pegno per un prestito e lo stesso titolo può essere dato in pegno più volte (re-ipotecazione).

Non è esattamente così. La re-ipotecazione ha potuto aver luogo sfruttando una interpretazione legale tra legge US e UK.
Ed è materia di contenziosi infiniti.

Questo ha consentito di effettuare molteplici truffe. Non molto pubblicizzate sui giornali. MF Global e Jon Corzine (ex chairman di Goldman Sachs) è uno di cui si è appena appena parlato per via del buco da 2mld di USD e del suo processo.

Lo stesso fallimento di Lehman Brothers è gran parte attribuibile a questo sistema.

Molti titoli di Stato (specie Grecia, Italia, Spagna ecc...) sono stati re-ipotecati 3, 4 volte e ciò significa che a fronte di 100 del titolo stavano prestiti per 400, garantiti dal medesimo 100.

Specifico che sono stati usati specialmente asset dei clienti, non solo asset patrimonio della banca o della Società finanziaria. Per cui i clienti, all'incirca a loro insaputa, avevano ipotecato i loro asset 4 volte.

Questo detto molto sinteticamente e grossolanamente.

Per chi volesse approfondire un po', questo è un articolo fatto bene.
http://newsandinsight.thomsonreuters.com/Securities/Insight/2011/12_-_December/MF_Global_and_the_great_Wall_St_re-hypothecation_scandal/


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ilnatta
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L’inflazione resta il male minore
Kenneth Rogoff, Jun. 6, 2013

CAMBRIDGE – Le principali banche centrali del mondo continuano a manifestare timori per le spinte inflazionistiche provenienti dagli interventi tesi alla lotta contro la recessione. È un errore. Mettendo sulla bilancia i rischi politici, sociali ed economici della prolungata e lenta crescita seguita a una crisi finanziaria di grande portata, una spinta di inflazione moderata non è nulla di preoccupante. Anzi, molte regioni dovrebbero adottarla.

Forse, il caso di un’inflazione moderata (diciamo, 4-6% annuo) non è così convincente come lo è stato al momento dello scoppio della crisi, quando sollevai per la prima volta la questione. Allora, contro il clima di riluttanza del governo di applicare svalutazioni dei debiti, insieme ai prezzi immobiliari massicciamente sopravvalutati e agli eccessivi salari reali in alcuni settori, un’inflazione moderata sarebbe stata estremamente d’aiuto.
L’opinione generale all’epoca, ovviamente, era che una robusta ripresa “a forma di V” fosse dietro l’angolo e che fosse assurdo abbracciare l’approccio eterodosso sull’inflazione. La pensavo diversamente, sulla base delle ricerche condotte per il mio libro del 2009, scritto con Carmen M. Reinhart, dal titolo Questa volta è diverso. Esaminando le profonde crisi finanziarie scoppiate in passato, c’erano tutte le ragioni per credere che il calo dell’occupazione sarebbe stato catastroficamente profondo e la ripresa straordinariamente lenta. Un’attenta valutazione dei rischi a medio termine avrebbe contribuito a giustificare la mia conclusione nel dicembre del 2008 in base alla quale “Servirà ogni strumento a disposizione per risolvere la crisi finanziaria odierna”.
Cinque anni più tardi, il debito pubblico, il debito privato e quello estero hanno raggiunto livelli record in molti Paesi. Bisogna ancora attuare degli enormi aggiustamenti salariali tra la periferia e il cuore dell’Europa. Ma le principali banche centrali non sembrano averlo notato.
Negli Stati Uniti, la Federal Reserve ha mandato i mercati obbligazionari in tilt segnalando che l’allentamento monetario (QE) sarebbe giunto alla fine. L’exit strategy proposta sembra riflettere la tregua tra i falchi e le colombe della Fed. Le colombe hanno ottenuto massicce iniezioni di liquidità, ma con l’economia in ripresa, i falchi insistono per portare a termine il QE.
Si tratta di una variante moderna della classica formula di iniziare una stretta prima che l’inflazione prenda piede con forza anche se l’occupazione non è in piena ripresa. Come ha affermato una volta William McChesney Martin, che è stato presidente della Fed negli anni Cinquanta e Sessanta, il lavoro della banca centrale è “di portare via la zuppiera del punch proprio nel bel mezzo della festa”.
Il problema è che non si tratta di una comune recessione e molte persone non hanno ancora avuto il punch. Certo, è legittimo temere che il QE stia distorcendo i prezzi azionari, ma lo scoppio delle bolle non sono al momento il rischio principale. Questa è esattamente la migliore chance per gli Usa di intraprendere una ripresa reale e prolungata dalla crisi finanziaria. E sarebbe una catastrofe se la ripresa non decollasse a causa dell’eccessiva devozione ai demoni antiinflazionistici, tanto quanto alcune banche centrali sono state eccessivamente devote al gold standard negli anni Venti e Trenta.
Il Giappone deve far fronte a un problema diverso. Haruhiko Kuroda, il nuovo governatore della Banca centrale, ha mandato un chiaro segnale ai mercati: la Banca del Giappone (BOJ) sta fissando il target dell’inflazione annua al 2%, dopo anni di crescita dei prezzi pari quasi a zero.
Con i tassi di interesse a lungo termine ora in leggero rialzo, la BOJ sembra fare una pausa. Cosa si aspettavano Kuroda e i suoi colleghi? Se la BOJ riuscisse a far salire le aspettative di inflazione, i tassi di interesse a lungo termine dovrebbero necessariamente incorporare un premio alto per l’inflazione attesa. Fino a quando i tassi di interesse nominali crescono a causa delle aspettative di inflazione, l’incremento è parte della soluzione e non del problema.
La BOJ farebbe bene a preoccuparsi, ovviamente, nel caso in cui i tassi di interesse lievitassero a causa di un crescente premio di rischio, piuttosto che per le maggiori aspettative di inflazione. Il premio di rischio potrebbe salire, ad esempio, se gli investitor mostrassero incertezza sulla possibilità o meno che Kuroda mantenga il proprio impegno. La soluzione, come accade sempre con la politica monetaria, è una chiara, coerente e inequivocabile strategia di comunicazione.
La Banca centrale europea si trova in una posizione del tutto differente. Dal momento che sta già usando il proprio bilancio per riuscire ad abbattere i costi di indebitamento della periferia dell’Eurozona, la Bce si muove con cautela rispetto all’allentamento monetario. Ma una maggiore inflazione contribuirebbe ad accelerare l’aggiustamento disperatamente necessario per le banche commerciali d’Europa, dove molti prestiti restano sui libri contabili ben al di sopra del valore di mercato. Garantirebbe altresì uno scenario contro il quale i salari in Germania potrebbero crescere senza necessariamente far scendere quelli della periferia.
Ciascuna grande banca centrale del mondo può avanzare argomentazioni plausibili a favore di un atteggiamento cauto. E i banchieri centrali fanno bene ad insistere sulle riforme strutturali e su piani credibili per mettere in ordine i bilanci nel lungo termine. Sfortunatamente, però, non ci troviamo affatto al punto in cui i policy maker farebbero bene a spaventarsi per i rischi di inflazione. Dovrebbero rendere più forte il punch, invece che portarlo via.

http://www.project-syndicate.org/commentary/the-benefits-of-higher-inflation-by-kenneth-rogoff/italian#rAAAQzYIM4G2egTu.99


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affossala
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
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L ‘ordine finanziario in cui viviamo è quello costruito dalla massoneria finanziaria che noi chiamiamo democrazia . Un ramo della quale ad esempio , fece l unita d italia sotto i Savoia .....Alla massoneria finanziaria non interessa nulla della giustizia delle classi sociali , interessa che i conti economici quadrino e questi siano per determinati settori sociali più illuminati e privilegiati , quelli occupati dalla loro casta . In una famiglia è vero che conta la base finanziaria ,ma l’ unione non è determinata da quella .La famiglia è unita soprattutto perché ci sono dei vincoli etici e morali senza i quali l’ unione delle famiglie che formano poi la società sarebbe impossibile .


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