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La Prigione nella Mente


paper8
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"Solo poche persone sono in grado di resistere alle tentazioni fornite dal potere e dal dominio su altri soggetti. Io stesso scoprii di non far parte di questa ristretta schiera" ( P. Zimbardo, "The Lucifer Effect" ).

Il film "The Experiment" è la fantasiosa trasposizione cinematografica di un reale esperimento scientifico, noto con il nome di esperimento carcerario di Stanford, condotto nel 1971 dallo psicologo Philip Zimbardo presso l' omonima Università di Palo Alto. ( cfr: Wikipedia, Sito Ufficiale dell' Esperimento, Documento video ).
Per tale esperimento, volto ad indagare le reazioni psicologiche che avvengono in persone normali inserite in un ambiente ad alto stress e deidentificante quale un carcere, vengono selezionati 24 giovani studenti sani, senza nessuna traccia di devianze psicologiche o comportamento violento, e dalla fedina penale pulita. Insomma persone del tutto "normali", ben adattate e tutte appartenenti alla classe media, alle quali viene spiegato che si tratterà di una simulazione della vita carceraria e che, estratti a sorte, dovranno sostenere il ruolo di carcerati o di guardie. Viene altresì vietata ogni forma di violenza fisica, pena la sospensione immediata dell' esperimento.
Lo studio, che si rifà alla teorie di Gustave Le Bon ( cfr. Psicologia delle Folle ) sulle trasformazioni che avvengono nell' individuo quando esso si trasforma in "massa", inizialmente pensato per durare un periodo di due settimane, dovette interrompersi appena al sesto giorno perchè sfuggito al controllo. Non solo da parte delle "cavie" che si erano ormai completamente identificate nel loro ruolo perdendo qualsiasi contatto con la realtà e la loro vera essenza di cittadini liberi che avrebbero potuto andarsene in qualsiasi momento, ma anche da parte dello stesso Zimbardo che, talmente preso dal suo compito, tenta di sopprimere con la forza un tentativo di fuga pur di non dover interrompere l' esperimento. E se da una parte le guardie, che assumono un ruolo sempre più violento e punitivo e, gratificate del loro senso di appartenenza al gruppo, vorrebbero continuare, dall' altra i prigionieri, che manifestano uno stato sempre maggiore di stress, isolamento e disturbi vari, non sono più in grado di percepire la finzione e pensando che ormai sarà impossibile uscire da lì si affidano illusoriamente chi ad un prete, chi ad un avvocato, arrivando infine ad organizzare un tentativo di rivolta.

A noi interessa notare come entrambe le parti, e lo stesso supervisore, nel giro di soli pochi giorni abbiano talmente interiorizzato la finzione, talmente sostituita la loro reale identità con quella fittizia, da identificarsi completamente col ruolo, col personaggio, fino a perdere i confini di personificazione, fino a cedere gli uni alla più completa disperazione, gli altri ai comportamenti più efferati. Lo stesso Zimbardo viene costretto a sospendere l' esperimento grazie al provvidenziale intervento esterno di una collega che, facendogli notare quanto ormai si siano travalicati gli obiettivi iniziali, lo fa rinsavire e ritornare in sè.

L' IMMAGINARIO COLLETTIVO DIVENTA REALTA'
Una prima considerazione da fare è quanta potenza abbia l' immaginario collettivo creato dalla situazione imposta a trasformarsi in Realtà pienamente creduta come unica ed irreversibile ( notare l' inquietante somiglianza con l' attuale mantra sociale del "TINA" ).
La condizione carceraria viene completamente introiettata da tutti gli attori, al punto tale che non sono più gli studenti liberi di soli 2-3 giorni prima, ma ora "sono" a tutti gli effetti la guardia o il prigioniero xy; e che la fuga da quella è pur sempre una finzione viene prima ritenuta impossibile, e poi tentata in forme di rivolta violenta. Il finto carcere non solo ha trasformato l' originario tentativo di pacifica convivenza in una netta scissione tra una parte sadica ed una masochista, ma ha letteralmente trasformato la realtà in una completa follia collettiva, dove tutti si sono ormai completamente depersonificati, sostituendo il "ruolo" alla loro "essenza", perdendo gli uni qualsiasi freno inibitorio e qualsiasi empatia, gli altri qualsiasi senso di personalità e collaborazione di gruppo.

In altre, brevi e semplici parole, è l' "idea" che si trasforma in "struttura".
E' il mostro che abbiamo visto agire nella nostra prima lettera, il quale a sua volta genera ulteriore paura, odio, divisioni all' interno del gruppo, e così si autosostiene ed auto-alimenta, rigenerandosi continuamente. O, per dirla con Fromm, si è realizzato in questo micro-ambiente quello che su scala maggiore avviene con l' intera società attuale, quello schema "adattivo alla morte" dove una struttura "malata" seleziona ed alimenta impulsi altrettanto malati, finendo con l' ammalare tutti quanti i membri della società. Come si vede è il solito Uroboro che si morde la coda, il solito circolo vizioso, per spezzare il quale altro non possiamo fare che partire da noi stessi.

IL SOLITO FRATTALE
Non ci troviamo forse oggi NOI TUTTI nella stessa situazione descritta dall' esperimento ? Le analogie sono talmente tante, talmente forti ed inquietanti che ci sarebbe da parlarne per giorni interi. Non è forse una delle tecniche maggiori di controllo quella di dividere la massa in contrapposti schieramenti e fazioni, con il solito schema a frattale ripetuto dal piccolo al grande, dal gioco di calcio praticato sul campetto dell' oratorio fino alle grandi contrapposizioni ideologiche, nazionaliste, religiose, ecc ? Non è forse ancora una volta lo schema a Piramide Autoritaria che spinge al formarsi di una forte contrapposizione sadomasochista tra controllori e controllati, investendo lo stesso vertice ? Quanto contribuiscono i Media a farci accettare come "unico ed immutabile" questo stato di artificiosa prigionia ?

Ma, ancora una volta, quanto mettiamo di nostro nell' accettare acriticamente che tutto ciò avvenga ? Quanto crediamo che la divisione e la tifoseria cieca create dal gioco del calcio, per esempio, sia solo una forma di innocuo intrattenimento ? Quanto crediamo che un talk-show sia un luogo di sano e democratico dibattito ? Quanto ardentemente desideriamo schierarci con una fazione vuoi politica, vuoi religiosa, vuoi semplicemente in una discussione amichevole, per poi comportarci in modo fideistico ed intollerante dell' opinione altrui ? Quanto la contrapposizione in genere ci allontana dalla vista della porta del carcere che sarebbe spalancata, ma noi non la sappiamo vedere perchè ormai il carcere ce l' abbiamo nella testa ?
Per finire con la solita domanda che ormai, Amica mia, sarà il nostro tormentone: supponiamo che domani per miracolo tutte le brutture spariscano dal mondo e che abbiamo la possibilità di riorganizzarci liberamente. Cosa faremo ? Torneremo a ripetere pedissequamente la piramide, torneremo a ripetere l' inferno delle contrapposizioni di Stanford, o sapremo intravvedere la porta d' uscita ? Ecco che, ancora una volta, vediamo come sia innanzitutto questione di pensiero, di immaginare il diverso, e una diversa forma di convivenza. Di quanto necessaria sia l' Utopia.
Non perchè l' uomo sia "intimamente cattivo", anzi. Se così fosse la civiltà si sarebbe probabilmente già estinta da un pezzo, e comunque non avremmo speranza. Ma ogni tecnica di vera autocoscienza ci rivela invece quanto l' uomo sia naturalmente portato ad operare per il bene, anche se le stesse pulsioni "adattive alla vita" possano facilmente venire distorte verso il male. Tutto dipende da una somma di fattori, sia individuali che sociali, che ancora una volta concorrono in un "unico", in un solo inconscio collettivo, in un solo grande organismo. Ma appunto per questo occorrerà trasmutarlo partendo innanzitutto dai singoli individui, perchè l' uomo non fa che realizzare la struttura che, c
onsapevolmente o meno, è operante nella sua mente.

Alla fine del film un compagno di cella chiede al protagonista Trevis se si sente ancora sul gradino più alto della scala evolutiva, dopo tutto quel che è successo, e questi gli risponde che a differenza degli animali a loro resta ancora la possibilità di cambiare.

Alla prossima, Patrick Troll

( Fonte: http://utopia-possibile.blogspot.it/2015/02/la-prigione-nella-mente.html )


Citazione
DaniB
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 224
 

Condivisibile a grandi linee, ma il lessico usato mi puzza da psicoanalisi... quindi condivisibile, ma un po' ingenuotto.


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sandrez
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 426
 

alla fine siamo solo pecore

https://www.youtube.com/watch?v=1GSzCBv1-qA

http://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_di_Asch

"Solo poche persone sono in grado di resistere alle tentazioni fornite dal potere e dal dominio su altri soggetti. Io stesso scoprii di non far parte di questa ristretta schiera" ( P. Zimbardo, "The Lucifer Effect" ).

Il potere tende a corrompere e il potere assoluto corrompe assolutamente.
John Acton

~certevolteilsolebatteanchesulculodiuncane~


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