La solitudine di Sa...
 
Notifiche
Cancella tutti

La solitudine di Sallusti e il silenzio del mainstream


Tao
 Tao
Illustrious Member
Registrato: 3 anni fa
Post: 33516
Topic starter  

La solitudine di Sallusti e il grande silenzio del mainstream

Quattordici mesi di carcere, per un reato di opinione: che, in primo grado, era costato appena 5.000 euro di multa. Paga, in modo abnorme, Alessandro Sallusti. Un “antipatico” di professione: «Forcaiolo coi deboli e garantista coi potenti», lo definisce Gad Lerner, che però gli manifesta assoluta solidarietà: punizione eccessiva e inaccettabile. Idem Enrico Mentana, che parla di una vicenda assurda e definisce «insensato» finire addirittura in arresto, nel 2012, per omesso controllo di un articolo del 2007 nel quale peraltro non si annunciavano notizie false, ma si presentava un commento (sia pure pessimo e scritto da altri, sotto pseudonimo) che riprendeva una notizia – quella sì, falsa – già pubblicata il giorno prima da un altro giornale, “La Stampa”. Fu il quotidiano torinese, e non il giornale di Sallusti, a raccontare il falso: e cioè che un magistrato avrebbe “indotto all’aborto” una minorenne. Sallusti non pubblicò mai una smentita, peraltro non richiesta: anziché pretenderla (inviando alla redazione una lettera raccomandata, come da prassi) la parte lesa si limitò a diffondere la precisazione tramite agenzie di stampa.

«Non ci voleva molto, comunque, a prendere nota della segnalazione e pubblicare una rettifica, chiudendo il caso», hanno commentato molti L'arresto di Alessandro Sallustigiornalisti. Con alcuni di questi – tra cui Gianni Barbacetto del “Fatto Quotidiano” – Sallusti ha avuto uno scontro verbale, durante la conferenza stampa convocata al “Giornale” poco prima dell’arresto. «Vieni qui a fare il maestrino», ha detto Sallusti a Paolo Colonnello, della “Stampa”: «Dovresti invece cominciare a lavorare per giornali che non pubblicano falsi». Inevitabilmente, a pesare è anche il vero autore dell’articolo incriminato: si tratta di Renato Farina, già “fonte Betulla”, radiato dall’albo dei giornalisti per aver pubblicato un dossier completamente inventato, su indicazione del Sismi: dietro compenso, Farina (ora parlamentare del Pdl) scrisse che Romano Prodi aveva dato il proprio consenso alle “extraordinary rendition” come quella del mullah Abu Omar, cioè i rapimenti illegali condotti dalla Cia: cittadini prelevati senza mandato, trasferiti all’estero in qualche carcere segreto e ferocemente torturati, solo perché sospettati di terrorismo dall’intelligence statunitense.

E’ stato Vittorio Feltri a svelare l’identità di “Dreyfus”, lo pseudonimo dietro al quale Farina si è nascosto per colpire il magistrato accusato ingiustamente di aver “autorizzato l’aborto” di una ragazzina. Dal canto suo, Farina si è auto-denunciato pubblicamente fuori tempo massimo: lo ha fatto, con un intervento alla Camera, solo all’indomani della condanna definitiva di Sallusti. Una vicenda paradossale, sotto molti punti di vista: innanzitutto perché Sallusti – racconta Feltri – non è stato adeguatamente difeso, in aula, dato che il suo legale di allora aveva trascurato il processo di primo grado. Inoltre, aggiunge Feltri, in appello Sallusti fu difeso da un semplice avvocato d’ufficio: e il procedimento fu celebrato per un insolito ricorso contro la prima sentenza: presentato cioè non dall’imputato (Sallusti) ma dalla parte lesa (il magistrato). Dulcis in fundo: lo stesso reato, per rimediare al quale in primo grado bastava una piccola multa, ora “vale” Vittorio Feltril’enormità di 14 mesi di detenzione. La notifica è stata effettuata dalla Digos, il 1° dicembre 2012, con un’irruzione “storica” nella redazione.

«La polizia non dovrebbe varcare la soglia di un giornale, se non per reati di sangue», protesta Sallusti, che aveva espressamente chiesto di evitare quella che ritiene una “violazione”. Il direttore del “Giornale” era intenzionato a costituirsi direttamente presso il carcere milanese di San Vittore, rifiutando gli arresti domiciliari. «La magistratura milanese – sostiene il vicedirettore del “Giornale”, Nicola Porro – ha il coraggio di arrestare un direttore di giornale, ma non ha il coraggio di tradurlo in carcere». Sallusti ha provato ostinatamente a rifiutarli, i domiciliari: per non apparire privilegiato «di fronte a tanti cittadini – migliaia – detenuti in condizioni indegne, in attesa di giudizio», e anche per provare a “costringere” i magistrati a indossare i panni dei “cattivi”. Gli è andata male: dovrà rassegnarsi a restare per oltre un anno nel suo domicilio milanese, la casa della compagna Daniela Santanchè, da cui peraltro è “evaso” – simbolicamente – non appena la polizia l’ha congedato: un atto dimostrativo di ribellione, condotto sotto gli occhi degli agenti, costretti ad arrestarlo nuovamente e a contestargli anche il reato di evasione, che sarà poi il magistrato a valutare.

«Mi avrebbe fatto piacere il sostegno di tanti colleghi, direttori di giornale», ha commentato amaramente Sallusti, «ma evidentemente questo paese si merita questa stampa». Assordante il silenzio dei “giornaloni”: «Cosa sarebbe accaduto – ci si domanda nello studio televisivo di Luca Telese, su La7 – se al posto di un direttore di destra fosse stato arrestato Ferruccio De Bortoli del “Corriere” o Ezio Mauro della “Repubblica”?». Be’, «non sarebbe male vederli davvero in galera, quei direttori», commenta in diretta con un’e-mail firmata “Nilo” un ascoltatore della trasmissione. L’ordine dei giornalisti e i sindacati di categoria si limitano a flebili mormorii: Sallusti è stato lasciato solo, nonostante il fatto che l’arresto di un direttore di giornale (per un reato d’opinione, nell’Europa del 2012) rappresenti un caso di portata internazionale. Protesta Mentana: Enrico Mentana«Non vorrei che questa misura sia un ammonimento, da parte dei poteri forti, nei confronti della categoria: i giornalisti devono “stare buoni”?».

Molti di loro, in realtà, sono già più che allineati alla “voce del padrone”: ieri Berlusconi, oggi Monti e Bersani. Lo stesso Beppe Grillo raccomanda ai suoi di evitare giornali e tivù, data la loro sistematica inaffidabilità. Il panorama mediatico italiano non fa quasi più notizia. Un “eretico” d’altri tempi come Gianni Minà è scomparso dai radar, e personalità prestigiose come Giulietto Chiesa e Massimo Fini devono accontentarsi di sparute apparizioni. Un reporter di razza come Paolo Barnard è stato clamorosamente emarginato dalla Rai per le sue inchieste scomode – dall’industria dei farmaci alle lobby politico-affaristiche di Bruxelles – mentre su un caso-simbolo che da anni tormenta le cronache, la battaglia della valle di Susa contro lo scandalo della Torino-Lione, è rarissimo leggere brandelli di verità e tantomeno ascoltarli in televisione: persino per vedere finalmente in azione la troupe di Michele Santoro tra le montagne valsusine è stato “necessario” che Luca Abbà rischiasse la pelle, precipitando dal traliccio sul quale si era arrampicato per protesta.

Fonte: www.libreidee.org
2.12.202


Citazione
Condividi: