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La violenza delle parole e la censura


materialeresistente
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"Ma le leggo quello che John Maynard Keynes scriveva il 30 dicembre del ‘33 al presidente americano Franklin Delano Roosevelt: “Durante un rallentamento la spesa pubblica è il solo mezzo sicuro di ottenere rapidamente una produzione crescente a prezzi crescenti. Questo è il motivo per cui una guerra ha sempre portato intensa attività industriale»."
Guido Rossi

"La carcerazione a volte è funzionale a salvaguardare il resto del corpo sociale: i delinquenti vengono arrestati non solo perché il sistema è crudele, ma anche per consentire al resto della società di vivere più tranquilla"
Sora Lella Pettinari

"Siccome per me i clericofascisti piddini e i fascisti clericali del pdl sono la stessa cosa e devono morire impiccati in piazzale loreto, questi nazisti sono pregati di non rompere i coglioni. Se vi va bene è così se no è così lo stesso. Questo è il mio blog e non si accettano fascisti."
Precariopoli

Queste tre frasi sono in qualche modo collegate.
Le prime due sono asettiche, oggettive.Definiscono un effetto tra una causalità ed il suo dispiegarsi negli eventi.
La terza è cruda, "barbara" e violenta.Descrive uno stato d'animo ed è quasi un auspicio.
Eppure le tre frasi hanno "dignità" diversa rispetto ad un pubblico rispettabile.Se si scava nella sostanza del loro significato dove è la differenza?
Con la prima, anche se non la si auspica, si evidenzia ciò che accade se "si aumenta" la spesa pubblica in conseguenza di una guerra.nelle mani di qualche presidente "democratico" una constatazione così "elementare" dal punto di vista economico a cosa può indurre?Cosa c'è di più inumano di una guerra se poi la misuriamo con la necessità di creare, in qualche modo, un effetto volano per l'economia?

La seconda frase auspica un modello di difesa per far star tranquilla una comunità.Quale sia il comune denominatore di questa comunità non è detto.Nel caso dell'autrice c'è un riferimento ad un'accusa di "censura" che ha coinvolto l'autore di questo blog che difendeva il diritto dell'autore della terza frase a scrivere quello che vuole e nella forma che gradisce.Il delinquente in questione è uno che scrive.
Con la stessa logica provarono a censurare Carlo Marx.Se lo leggete quanta violenza c'è in molte delle sue frasi?
Se la diamo in pasto a tutti una frase del genere e la "giustifichiamo" in funzione della forma e non della sostanza, applicata ad una comunità in cui il comune denominatore è il reddito delle persone si può pensare che, per quel tipo di tranquillità, sia normale e giusto ingabbiare uno che lava i vetri e lo fa con insistenza, uno zingaro che chiede l'elemosina, un senza fissa dimora,un povero.In fondo tutti, in un modo o nell'altro, possono essere potenziali "delinquenti".Ed in fondo basta la creazione di una norma per creare un delitto.
Se il comune denominatore è di tipo religioso, per sentirci tranquilli, è utile non far circolare donne con il velo, i Salafiti, quelli che fanno le prediche in arabo, quelli che vogliono uno spazio per manifestare la propria fede, quelli che hanno usi e consuetudini diversi dai nostri.

La questione, a mio modo di vedere, rimane sempre di tipo culturale.Bisognerebbe avere la voglia di leggere ed accettare quelle frasi per batterle sul piano culturale (se si hanno gli argomenti).Bisognerebbe non estrapolarle ma analizzarle nel loro contesto, risalendo magari indietro per capire meglio il perché.Bisognerebbe separare gli uomini dalle idee e giudicare i primi in funzione di ciò che fanno e non per ciò che dicono.
Però questo è un esercizio complesso.Richiede la possibilità di confrontarsi, di esplorare le differenze, di lavorare sui punti critici di incomunicabilità.Bisognerebbe sempre lasciare aperto uno spiraglio.Eppure si preferisce chiudere la porta e buttare via la chiave. La questione è che da quel momento aumenterà in modo esponenziale il grado di insicurezza delle comunità.Il paradosso è che l'economia ne troverà giovamento.
http://pensareinprofondo.blogspot.com/2008/09/la-violenza-delle-parole-e-la-censura.html


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