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Lavorare comunque e dovunque: eccco i nuovi schiavi


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Un rapido riepilogo delle ultimissime notizie, semmai ce ne fosse bisogno. In Italia, come ha appena ricordato il sottosegretario al Lavoro, Carlo Dell'Aringa, dall’inizio dell’anno le persone che perdono il posto sono 40 mila al mese, e ovviamente vanno ad aggiungersi a tutte le altre che lo avevano già perso in precedenza.

A sua volta, la prima analisi Coldiretti/Swg su "I giovani e la crisi" attesta che una percentuale crescente di giovani, compresa tra il 30 e il 50 per cento a seconda del titolo di studio e di altre caratteristiche individuali, è disposta a fare tutto quello che capita, dallo spazzino al pony express e all’operatore di call center. Inoltre, citando dall’Ansa, «il 43 per cento si accontenterebbe di un compenso di 500 euro al mese a parità di orario di lavoro, mentre il 39 per cento sarebbe disposto ad un maggiore orario di lavoro a parità di stipendio». E ancora: «più di un quarantenne su quattro si mantiene grazie alla “paghetta” dei genitori che aiutano finanziariamente i figlioli fino ad età avanzata».

Infine, si fa per dire, il governo pensa di mitigare la disoccupazione giovanile ricorrendo al trucchetto del job sharing, prontamente ribattezzato “staffetta generazionale”. Come spiega il Sole 24 Ore (qui) «Un lavoratore prossimo alla pensione accetta una riduzione del proprio orario di lavoro fino al pensionamento, conseguentemente l’azienda assume un giovane con un contratto part time corrispondente alla quota lavoro che residua da tale riduzione fino a sostituire per l’intero la posizione lasciata libera dal lavoratore in uscita».

Tutto chiaro, vero? Sia pure nella loro frammentarietà, legata alle cronache del giorno, si tratta di segnali omogenei. Che vengono a confermare la prospettiva in cui ci sta muovendo già da parecchi anni, ossia da ben prima che la crisi del 2008 fornisse l’alibi di un’emergenza “involontaria”. Importata dall’estero e dunque incolpevole. Profondissima e quindi inderogabile.

Una prospettiva che viceversa è stata accuratamente pianificata, e puntualmente ottenuta. L’obiettivo è una delle trasformazioni strutturali perseguite dai neoliberisti: il lavoro umano come apporto residuale sia ai processi di produzione, sempre più automatizzati grazie all’informatica e al crescente utilizzo di robot che tendono agli androidi, sia alle alchimie finanziarie volte a moltiplicare i capitali per via speculativa.

Il lavoro come qualcosa che è difficile trovare e che, quindi, va accettato anche a condizioni per nulla soddisfacenti, dal tipo di attività alle condizioni in cui lo si svolge. Dalla tutela sempre più esigua dei “diritti”, comprese le assenze per malattia o maternità, agli stipendi sempre più modesti. Insufficienti. Ridicoli.

Il lavoro come una sorta di privilegio, che essendo inseguito da moltissimi pretendenti scatena una lotta – una lotta tra poveri, una lotta al ribasso – a chi è maggiormente in grado di dare di più ricevendo di meno. Un abbassamento delle richieste, retributive e contrattuali, che la retorica della competizione globale cerca di spacciare per una dimostrazione di “sano” adattamento alle nuove sfide dell’economia planetaria, ma che al contrario erode la dignità individuale e costituisce la premessa di una corruzione morale. Non foss’altro perché induce a rapportarsi agli altri come ad avversari, ai quali contendere con ogni mezzo l’assunzione iniziale, la riconferma successiva e gli eventuali (molto eventuali) avanzamenti di carriera.

Il lavoro come un ricatto, al quale la stragrande maggioranza dei cittadini non può sfuggire perché altrimenti non avrà nessuna fonte di reddito. E quindi, o prima o dopo, nessuna possibilità di provvedere al proprio mantenimento. O sostentamento, che sembra all’incirca la stessa cosa ma non lo è: così come i discount non sono esattamente i supermercati. Così come le case piccole, e inserite nel palazzi-alveare delle vecchie e nuove periferie, non sono esattamente le abitazioni in cui si dovrebbe vivere. Così come l’intrattenimento televisivo, infarcito di pubblicità e di mille altre manipolazioni, non è esattamente un’attività ricreativa, e men che meno culturale.

Questo è lo scenario.

Questa è la strategia.

Questo è il futuro da schiavi che ci hanno preparato e in cui stiamo sprofondando.

Federico Zamboni
Fonte: www.ilribelle.com
Link: http://www.ilribelle.com/la-voce-del-ribelle/2013/5/22/lavorare-comunque-e-dovunque-ecco-i-nuovi-schiavi.html
23.05.2013


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SentieroIndiano
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Anche in tv si cerca di inculcare nei giovani questo immaginario: il posto di lavoro è un privilegio da conquistare lottando contro gli altri. Pensiamo agli orribili programmi 'the apprentice' o masterchef dove un branco di aspiranti lavoratori viene messo l'uno contro l'altro, subendo a testa bassa e diligentemente gli insulti e le angherie dei vari 'boss' o 'superiori' di turno.
Solo nell'ultima puntata gli 'eletti' sopravissuti alla carneficina delle selezioni vengono trattati con grande rispetto e l'atteggiamento nei loro riguardi da parte dei cuochi cambia improvvisamente: ora sono entrati simbolicamente nell'elite o casta leccaculo dei potenti.

Immaginario molto diverso da quello mandato in onda negli anni 70 in serie come Fantozzi o Fracchia dove l'impiegato che subiva le angherie senza ribellarsi veniva descritto come un perdente preso in giro da tutti e i leccaculo venivano comunque resi ridicoli.


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No_Fear87
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Immaginario molto diverso da quello mandato in onda negli anni 70 in serie come Fantozzi o Fracchia dove l'impiegato che subiva le angherie senza ribellarsi veniva descritto come un perdente preso in giro da tutti e i leccaculo venivano comunque resi ridicoli.

Vorrei precisare che ai tempi la situazione era un pò diversa....La figura del "ragioniere" stava prendendo sempre più forza nella società (a causa del boom, e di conseguenza del fatto che chiunque avesse un lavoro poteva mettere su casa e famiglia)...Si prendeva di mira comunque chi aveva un titolo di studio..."geometri"..."ragionieri" ecc..Tutti quelli che stavano emergendo con lavori da impiegato....l'èlite di allora volevano ricacciarle giù nel girone dei poveracci....

La situazione attuale è molto più degradante di 40 anni fa...


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SentieroIndiano
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Certamente al giorno d'oggi lo sfigatissmo ragionier fantozzi appare come un privilegiato. In fondo aveva tutto ma la sua sfortuna stava nel fatto di non rendersene conto.

Immaginario molto diverso da quello mandato in onda negli anni 70 in serie come Fantozzi o Fracchia dove l'impiegato che subiva le angherie senza ribellarsi veniva descritto come un perdente preso in giro da tutti e i leccaculo venivano comunque resi ridicoli.

Vorrei precisare che ai tempi la situazione era un pò diversa....La figura del "ragioniere" stava prendendo sempre più forza nella società (a causa del boom, e di conseguenza del fatto che chiunque avesse un lavoro poteva mettere su casa e famiglia)...Si prendeva di mira comunque chi aveva un titolo di studio..."geometri"..."ragionieri" ecc..Tutti quelli che stavano emergendo con lavori da impiegato....l'èlite di allora volevano ricacciarle giù nel girone dei poveracci....

La situazione attuale è molto più degradante di 40 anni fa...


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